I pedoni rappresentano gli utenti più vulnerabili della strada. La legge e la giurisprudenza recenti assicurano una forte tutela per le vittime pedonali, imponendo rigorosi obblighi di prudenza ai conducenti e chiarendo quando – e in che misura – il comportamento del pedone può incidere sul risarcimento dei danni.
Gli incidenti stradali che coinvolgono pedoni purtroppo non sono eventi rari. Attraversare la strada può diventare pericoloso a causa della distrazione o imprudenza di chi è alla guida. “Il buon senso c’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune”, scriveva Alessandro Manzoni: un monito letterario che ben descrive come a volte, nelle nostre città, la prudenza venga offuscata da abitudini errate condivise. Proprio per contrastare questo fenomeno e proteggere i più deboli sulla strada, il legislatore e i giudici hanno predisposto una serie di principi che puntano ad assistere concretamente le vittime pedoni.
In base al codice civile italiano, vige una regola cardine a tutela dei pedoni: il conducente di un veicolo è sempre presunto responsabile al 100% in caso di investimento di un pedone, a meno che non riesca a provare di aver fatto tutto il possibile per evitare l’incidente (art. 2054, comma 1, c.c.). Questa presunzione legale pone dunque in capo all’automobilista un onere probatorio molto difficile da superare e nasce dalla considerazione che chi guida un mezzo potente debba adottare ogni cautela verso chi attraversa a piedi.
Una recente pronuncia della Corte di Cassazione civile ha ribadito con forza tale principio. Con l’ordinanza n. 20137 del 13 luglio 2023, la Suprema Corte ha affermato che nei sinistri stradali vige la presunzione di colpa integrale del conducente, e che in presenza di un investimento occorre accertare in concreto l’eventuale colpa del pedone, “riducendo progressivamente quella [colpa] presunta a carico del conducente”. In altre parole, la responsabilità dell’automobilista verso il pedone si presume totale finché non si dimostri esattamente quale percentuale di colpa sia eventualmente ascrivibile al pedone stesso. Solo dopo tale accertamento la colpa del conducente – inizialmente al 100% per legge – potrà essere ridotta della quota attribuibile alla vittima.
Dal principio sopra esposto discende che al pedone investito spetta sempre il risarcimento, salvo i casi di condotta davvero imprevedibile (che vedremo più avanti). Tuttavia, se il pedone ha avuto un comportamento imprudente che ha contribuito al sinistro, il risarcimento potrà essere diminuito in proporzione. Si parla in questo caso di concorso di colpa del pedone.
Ad esempio, un pedone che attraversa fuori dalle strisce o col rosso potrebbe vedersi attribuire una percentuale di colpa. È importante sottolineare che non basta un generico addebito: occorre determinare con precisione la misura della colpa pedonale. La Cassazione civile ha precisato che solo accertando “in concreto” tale percentuale si può ridurre in modo corrispondente la responsabilità del conducente. Ciò evita che si neghi arbitrariamente il ristoro al pedone: anche se quest’ultimo ha violato alcune regole (per esempio, attraversando in punti non consentiti), ciò non annulla automaticamente il diritto al risarcimento, ma al più lo riduce.
I giudici, caso per caso, valuteranno le circostanze: visibilità, velocità dell’auto, eventuale attraversamento improvviso, presenza o meno di strisce pedonali nelle vicinanze, ecc. Ad esempio, se un pedone attraversa a pochi metri dalle strisce, la sua colpa può essere valutata minima, considerando che il conducente avrebbe comunque dovuto aspettarsi possibili attraversamenti in zona. La Cassazione penale ha affermato che il pedone ha diritto di precedenza “in ogni caso” quando attraversi nell’area delle strisce pedonali, anche qualora non stia passando esattamente sopra le strisce ma nelle immediate vicinanze. Dunque, anche un lieve scostamento dal passaggio pedonale non esime l’automobilista dal dovere di massima prudenza in prossimità dell’attraversamento.
Di contro, casi estremi di imprudenza pedonale (si pensi al pedone che sbuca di corsa tra le auto in movimento, magari in autostrada o in condizioni notturne) potranno far aumentare in modo significativo la percentuale di colpa a suo carico. Se addirittura si accerta che il comportamento imprudente della vittima è stato l’unica causa del sinistro, il conducente potrebbe essere esonerato da responsabilità civile. Ma queste situazioni sono davvero residuali e devono essere provate rigorosamente da chi le invoca.
Come anticipato, la presunzione di responsabilità del conducente verso il pedone può venire meno solo in frangenti molto particolari. Secondo la Cassazione, il guidatore può andare esente da colpa solo se la condotta del pedone ha rappresentato una causa eccezionale, atipica, del tutto imprevedibile e da sola sufficiente a provocare l’evento. In sostanza, deve trattarsi di una situazione in cui il pedone compie un’azione così inattesa e repentina da rendere impossibile al conducente evitarlo, nonostante quest’ultimo procedesse in modo diligente.
La quarta sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 39167 depositata il 27 settembre 2023, ha richiamato proprio questo rigoroso criterio: “il conducente del veicolo investitore [...] si sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di avvistare il pedone... attuati [i movimenti] in modo rapido, inatteso, imprevedibile”. Solo in tal caso l’evento è attribuibile esclusivamente al pedone e il nesso causale con la condotta del guidatore viene meno.
È evidente dunque che l’esenzione di responsabilità per chi investe un pedone costituisce l’eccezione rarissima, non la regola. Nella normalità dei casi, anche qualora il pedone abbia commesso imprudenze, al conducente rimarrà in capo almeno una parte di colpa. Anzi, la giurisprudenza sottolinea che chi guida deve sempre mantenere un margine di sicurezza per reagire all’imprevisto. Ad esempio, la Cassazione ha ricordato che in prossimità degli attraversamenti pedonali il conducente deve osservare la massima prudenza e moderare la velocità, così da garantire il diritto di precedenza del pedone. Questo vale anche se il pedone attraversa fuori dalle strisce ma nelle vicinanze: l’obbligo di attenzione non viene meno solo perché il passante non ha i piedi esattamente sulla zebra.
Oltre al risarcimento civile, il conducente che investe un pedone può andare incontro a gravi conseguenze sul piano penale. Se il pedone subisce lesioni personali gravi o gravissime, scatta il reato di lesioni stradali (art. 590-bis del codice penale), introdotto nel 2016, che punisce chi provoca lesioni a qualcuno violando le norme della circolazione. Tale reato oggi è procedibile a querela della persona offesa (salvo aggravanti come la guida in stato di ebbrezza), ma ciò non toglie che comporti pene significative e la sospensione della patente.
Nei casi più tragici, in cui la vittima pedone perde la vita, si applica il reato di omicidio stradale (art. 589-bis c.p.), che prevede la reclusione fino a 7 anni (aumentati fino a 12 in presenza di aggravanti come l’ebbrezza alcolica elevata). La Cassazione penale ha recentemente ribadito che il conducente può essere ritenuto colpevole di omicidio colposo se un passeggero o un terzo perde la vita a causa di una sua violazione grave delle norme di prudenza. Anche se questa affermazione riguardava il caso di un passeggero senza cintura (tema che approfondiremo nel prossimo articolo), il principio generale vale a maggior ragione per il pedone investito: la legge punisce duramente chi, guidando in modo pericoloso, cagiona la morte di altri utenti della strada.
Da vittima di un investimento, è importante sapere che l’eventuale procedimento penale a carico del conducente può costituire un ulteriore strumento di tutela. I pedoni feriti (o i familiari in caso di decesso) possono costituirsi parte civile nel processo penale, chiedendo il risarcimento dei danni all’imputato direttamente in sede penale. In alternativa, possono attendere l’esito del processo penale e utilizzare eventuali accertamenti di responsabilità a proprio favore in sede civile. In ogni caso, l’esistenza di pene severe per i colpevoli funge anche da deterrente, spingendo gli automobilisti a essere più cauti e rispettosi.
Essere investiti da un veicolo è un’esperienza traumatica, ma è fondamentale, per quanto possibile, agire con prontezza per tutelare i propri diritti. Ecco alcuni consigli operativi per le vittime pedoni e i loro familiari:
Allertare immediatamente le autorità e i soccorsi: chiamare il 112 (Numero Unico di Emergenza) per far intervenire ambulanza e forze dell’ordine. La presenza della polizia locale o dei carabinieri servirà a redigere un verbale dell’incidente, documento importante per stabilire dinamica e responsabilità.
Raccogliere prove e testimonianze: se le condizioni lo permettono, cercare di ottenere i riferimenti di eventuali testimoni oculari che abbiano assistito all’investimento. Inoltre, scattare fotografie del luogo, della posizione dei veicoli e di eventuali tracce (frenata a terra, segni di impatto) può rivelarsi utile. Tali prove saranno preziose in caso di contestazioni sulla dinamica.
Documentare le lesioni subite: recarsi al pronto soccorso anche per traumi apparentemente lievi, in modo da avere un referto medico immediatamente dopo l’incidente. Conservare tutta la documentazione medica (certificati, referti, ricevute di spese mediche, terapie di riabilitazione) poiché servirà per quantificare il danno biologico ai fini risarcitori.
Non accettare accordi affrettati o colpe improprie: talvolta il conducente potrebbe tentare di minimizzare o persino di incolpare il pedone (“Mi è saltato davanti all’improvviso!”). È bene rilasciare dichiarazioni dei fatti alle autorità in modo oggettivo, senza ammettere colpe che non si hanno. Ogni valutazione sulle responsabilità sarà fatta sulla base delle prove; ricordiamo la presunzione di colpa a carico del conducente, che protegge il pedone salvo prova contraria.
Richiedere il risarcimento dei danni: il pedone (o, in caso di decesso, i suoi eredi) ha diritto a essere risarcito dall’assicurazione del veicolo investitore per tutti i danni subiti: danno biologico (lesioni fisiche), danno morale, danno emergente (spese mediche, danni materiali a oggetti personali) e danno da perdita parentale in caso di morte della vittima. La richiesta può essere avanzata tramite una denuncia di sinistro alla compagnia assicurativa del veicolo, preferibilmente con l’assistenza di un legale. In Italia, la normativa sull’RCA (Responsabilità Civile Auto) prevede il risarcimento diretto tra compagnie assicurative solo fra veicoli a motore; il pedone, non essendo alla guida di un veicolo, deve pertanto rivolgersi direttamente all’assicurazione del responsabile civile (il conducente investitore).
Valutare l’assistenza di un avvocato specializzato: affidarsi a uno studio legale esperto in infortunistica stradale può fare la differenza. Un avvocato potrà interfacciarsi con l’assicurazione, quantificare adeguatamente i danni (anche attraverso consulenti medici-legali) e assicurarsi che la vittima non venga indennizzata con somme inferiori al dovuto. Inoltre, il legale potrà seguire l’eventuale procedimento penale, consigliando se costituirsi parte civile o perseguire separatamente l’azione civile.
Fondo di garanzia vittime della strada: se il veicolo pirata non viene identificato (omissione di soccorso e fuga) oppure risulta privo di assicurazione, non tutto è perduto. Esiste in Italia il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, gestito da Consap, che interviene per risarcire i danni alle vittime in questi casi estremi. Le procedure con il Fondo sono più complesse e prevedono alcuni limiti (franchigie sui soli danni a cose, massimali, ecc.), ma rappresentano comunque una rete di sicurezza importante. Anche in tal caso, è opportuno farsi assistere da un legale per istruire la pratica di indennizzo.
In conclusione, i pedoni coinvolti in incidenti stradali dispongono oggi di una tutela robusta sia sul piano normativo sia giurisprudenziale. Le sentenze recenti confermano un orientamento chiaro: la sicurezza del pedone è una priorità, e chi guida deve prevedere anche l’imprevedibile per evitare di nuocere agli altri. D’altra parte, il sistema riconosce che talvolta anche il pedone può commettere errori: in questi frangenti, l’approccio equilibrato dei giudici è di non privare la vittima del giusto ristoro, ma di modulare il risarcimento secondo il grado di incidenza causale della condotta pedonale. Come scrisse Manzoni, il buon senso (in questo caso, quello dell’ordinamento) non deve cedere al “senso comune” fatto di pregiudizi o abitudini scorrette. Conoscere i propri diritti e doveri è il primo passo per viaggiare sicuri: sia per chi attraversa a piedi, sia per chi si mette al volante.
Avv. Marco Panato, avvocato del Foro di Verona e Dottore di Ricerca in Diritto ed Economia dell’Impresa – Discipline Interne ed Internazionali - Curriculum Diritto Amministrativo (Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Verona).
E' autore di pubblicazioni scientifiche in materia giuridica, in particolare nel ramo del diritto amministrativo. Si occupa anche di docenza ed alta formazione.