Quando è possibile registrare conversazioni con colleghi o superiori senza violare la legge? Cosa dice la Cassazione su privacy, prove audio e tutela dei diritti del lavoratore.
Registrare una conversazione durante l’orario di lavoro può sembrare una pratica scorretta o perfino illecita. In molti contesti, come quello lavorativo, il confine tra diritto alla riservatezza e diritto alla prova è sottile. Ma è davvero sempre vietato registrare senza consenso? La risposta, in realtà, è no: a condizione che vi siano specifici presupposti, tale registrazione può essere perfettamente lecita e utilizzabile anche in giudizio.
Negli ultimi anni, la Corte di Cassazione si è più volte espressa in materia, fissando alcuni principi fondamentali che possono guidare lavoratori e datori di lavoro nella comprensione dei propri diritti e limiti.
Il riferimento normativo principale è l’art. 615-bis c.p., che punisce l’intromissione illecita nella vita privata altrui mediante l’uso di strumenti di registrazione audio o video. Tuttavia, la norma si applica quando la registrazione avviene a insaputa dell’interessato e in un contesto privato, senza che l'autore della registrazione sia parte della conversazione.
Nel contesto lavorativo, invece, il lavoratore che registra una conversazione cui partecipa direttamente, non viola il diritto alla riservatezza dell’altro interlocutore, purché lo faccia per tutelare un proprio diritto, ad esempio in casi di mobbing, discriminazioni o minacce.
Cass. Pen., Sez. V, sentenza n. 31204/2021
Questa importante sentenza ha affermato che:
“È legittima la registrazione di un colloquio da parte di un soggetto presente alla conversazione, anche senza il consenso degli altri interlocutori, se finalizzata alla tutela di un proprio diritto.”
Nel caso specifico, un dipendente aveva registrato una discussione con il proprio superiore da cui emergevano comportamenti intimidatori. La Corte ha ritenuto valida e lecita la prova audio in quanto diretta a dimostrare un contesto lesivo dei diritti del lavoratore.
Cass. Civ., Ord. n. 24797/2024
Ancor più recente, questa ordinanza ha riaffermato che:
“La registrazione è lecita quando effettuata da un partecipante alla conversazione e destinata esclusivamente all’uso processuale per tutelare un diritto.”
Ciò che viene condannato, invece, è l’installazione di dispositivi di intercettazione ambientale senza essere parte della conversazione, configurando un’attività illecita assimilabile alle intercettazioni abusive.
La giurisprudenza ha tracciato una linea chiara: la registrazione è lecita se rispetta questi criteri:
- Chi registra è parte attiva della conversazione.
- Lo scopo è esclusivamente difensivo, cioè legato alla necessità di tutelare un proprio diritto (in giudizio o in fase stragiudiziale).
- Non c’è diffusione della registrazione a terzi o sui social, ma uso limitato al contesto legale.
Mobbing e vessazioni
In situazioni di mobbing, spesso il lavoratore non ha testimoni né prove tangibili. Una registrazione può diventare uno strumento fondamentale per ricostruire il clima ostile e dimostrare atteggiamenti reiterati di esclusione, umiliazione o minaccia.
Contestazioni disciplinari
Un lavoratore accusato ingiustamente può registrare un confronto con il responsabile da cui emerga una gestione ambigua del procedimento disciplinare o addirittura ammissioni implicite di errori procedurali. Anche in questi casi, la registrazione può essere determinante.
Minacce o molestie
Se un superiore o collega minaccia il dipendente, o lo molesta verbalmente, la registrazione immediata della conversazione può evitare che si tratti di "parola contro parola" e costituire una prova difficilmente contestabile.
La registrazione è illecita se:
- È effettuata da chi non è parte della conversazione (es. nascondere un registratore per captare dialoghi altrui).
- È diffusa pubblicamente (es. inviata su WhatsApp, condivisa sui social).
- È manipolata o tagliata per alterarne il contenuto.
Tali comportamenti possono configurare reati (quindi versante penale), oltre a poter comportare gravi conseguenze disciplinari e civili.
- Registrare è lecito se partecipi alla conversazione e lo fai per difendere un tuo diritto.
- Le registrazioni possono essere utilizzate come prove in giudizio, se rispettano i criteri sopra citati.
- Diffondere o registrare di nascosto conversazioni altrui è illecito e punibile penalmente.
- La Corte di Cassazione legittima l’uso difensivo delle registrazioni, ma invita alla cautela.
La registrazione delle conversazioni sul lavoro non è sempre un reato. Al contrario, in molte situazioni, rappresenta l’unico mezzo per tutelare sé stessi da abusi, ingiustizie o discriminazioni. Tuttavia, è fondamentale sapere come, quando e perché farlo, per evitare di incorrere in conseguenze legali. La legge tutela il lavoratore, ma esige rispetto per le regole.
Se ti trovi in una situazione difficile sul lavoro e non sai se puoi registrare una conversazione o usare una prova audio, contatta subito il nostro studio per una consulenza riservata. Ti aiuteremo a tutelare i tuoi diritti con competenza e discrezione.
Avv. Marco Panato, avvocato del Foro di Verona e Dottore di Ricerca in Diritto ed Economia dell’Impresa – Discipline Interne ed Internazionali - Curriculum Diritto Amministrativo (Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Verona).
E' autore di pubblicazioni scientifiche in materia giuridica, in particolare nel ramo del diritto amministrativo. Si occupa anche di docenza ed alta formazione.