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Tutela Legale per Vittime e Terzi Trasportati negli Incidenti Stradali - Studio Legale MP - Verona

Diritti, risarcimenti e normative a protezione di chi subisce danni in un incidente stradale, con focus sui passeggeri trasportati.

Gli incidenti stradali continuano a rappresentare una piaga sociale di grande rilievo, con numeri preoccupanti: nel 2023 in Italia si sono registrati oltre 3.000 morti e 225.000 feriti, pari a circa 8-9 decessi e 600 persone ferite ogni singolo giorno. Anche la città di Verona, con le sue strade trafficate dal centro storico alle tangenziali, vede quotidianamente sinistri di ogni tipo. Dietro ciascun incidente ci sono vittime – automobilisti, motociclisti, ciclisti, pedoni o passeggeri – le cui vite possono cambiare in un attimo, tra lesioni, traumi, danni materiali e complessi iter assicurativi. In questo contesto drammatico, l’ordinamento giuridico italiano offre tutele robuste sia sul piano normativo che su quello giurisprudenziale per garantire alle vittime la piena tutela dei propri diritti. Vediamo dunque quale protezione è prevista per chi subisce danni in un sinistro stradale, con particolare attenzione alla figura del terzo trasportato (il passeggero) e alle normative e pronunce giurisprudenziali più rilevanti in materia.

 

Il quadro normativo: responsabilità civile e obbligo di assicurazione

La tutela delle vittime di incidenti stradali poggia anzitutto sulle regole generali della responsabilità civile. L’art. 2043 del Codice Civile sancisce che qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto obbliga chi lo ha commesso al risarcimento – principio cardine che si applica anche ai sinistri stradali. A questa norma generale si affianca la disciplina specifica della circolazione dei veicoli: l’art. 2054 c.c. prevede una presunzione di colpa a carico del conducente in caso di danni a persone o cose causati dalla circolazione del veicolo. In particolare, se due veicoli entrano in collisione, la legge presume – salvo prova contraria – un concorso di colpa paritetico fra i conducenti (50% ciascuno). Ciò significa che, in mancanza di prove sull’esatta dinamica, ciascun danneggiato potrà comunque ottenere almeno un risarcimento parziale, distribuendo l’onere economico tra le parti coinvolte. Questa regola incentiva la prudenza alla guida e tutela la vittima evitando che un’incertezza probatoria pregiudichi completamente il suo diritto al ristoro.

Un ulteriore pilastro normativo della tutela è l’obbligo di assicurazione per la responsabilità civile automobilistica (RCA). Ogni veicolo a motore deve essere coperto da una polizza assicurativa per i danni causati a terzi dalla circolazione (art. 122 del Codice delle Assicurazioni Private, d.lgs. 209/2005). Ciò garantisce che vi sia capienza finanziaria per risarcire le vittime: in caso di sinistro, infatti, interviene la compagnia assicurativa del responsabile a pagare i danni entro i massimali previsti. La legge consente al danneggiato di agire direttamente contro l’assicuratore del veicolo civilmente responsabile (azione diretta ex art. 144 d.lgs. 209/2005), senza dover prima escutere il responsabile stesso. Questa possibilità, introdotta sin dal 1969 con la legge istitutiva dell’obbligo assicurativo, rappresenta un importante strumento di tutela: evita lungaggini e incertezze, permettendo alla vittima di rivolgersi subito alla fonte assicurativa del risarcimento. Inoltre, il Codice delle Assicurazioni stabilisce tempistiche precise per l’offerta di indennizzo da parte della compagnia (di norma entro 90 giorni per le lesioni e 60 giorni per i danni materiali, una volta ricevuta la richiesta completa): un meccanismo pensato per assicurare un ristoro tempestivo e ridurre i ritardi nell’indennizzo.

 

Il diritto al risarcimento integrale delle vittime

Chi resta vittima di un incidente stradale causato anche solo in parte dalla condotta altrui ha, per legge, il diritto di ottenere il pieno risarcimento di tutti i danni subiti. Questo principio di integralità del risarcimento implica che la persona lesionata debba essere compensata sia per i danni patrimoniali che per quelli non patrimoniali sofferti. In concreto, rientrano nel ristoro dovuto, ad esempio:

Danni alla persona: il cosiddetto danno biologico, ossia le lesioni fisiche e psichiche quantificate in termini medico-legali (inabilità temporanea, postumi permanenti); il danno morale soggettivo (sofferenza interiore, dolore d’animo) e ogni ulteriore ripercussione esistenziale significativa subita dalla vittima.

Danni economici: le spese mediche sostenute (cure di pronto soccorso, ricoveri, riabilitazione, farmaci, protesi), le spese di assistenza e trasporto, i costi di riparazione dei veicoli o altri beni danneggiati; inoltre il lucro cessante per eventuali perdite di reddito (es. mancato guadagno dovuto all’impossibilità di lavorare durante la convalescenza).

Danni ai congiunti in caso di decesso: se l’incidente ha esito mortale, i familiari stretti della vittima (coniuge, figli, genitori, conviventi) hanno diritto al risarcimento dei danni morali e materiali patiti per la perdita del proprio caro, incluso il vuoto affettivo e il trauma subito dalla famiglia.

È fondamentale sottolineare che nessuna voce di danno deve essere ignorata: la giurisprudenza invita a personalizzare il risarcimento tenendo conto di tutte le specificità del caso concreto. Ad esempio, la Cassazione ha chiarito che eventuali aumenti per personalizzare il danno non patrimoniale vanno riconosciuti solo se emergono circostanze peculiari non coperte dalle ordinarie tabelle risarcitorie. Ciò garantisce un equo indennizzo commisurato alla reale sofferenza patita dalla vittima.

Parallelamente, la legge prevede il principio del concorso di colpa del danneggiato (art. 1227 c.c.): se anche la vittima ha tenuto una condotta imprudente che ha contribuito a causare il danno, il risarcimento può essere ridotto proporzionalmente alla gravità della sua colpa. Ad esempio, un pedone che attraversa col rosso, o un automobilista che viaggiava leggermente oltre i limiti contribuendo all’impatto, vedranno diminuita la loro quota di risarcimento in base alla percentuale di colpa a loro ascrivibile. Tuttavia, è importante precisare che non basta un generico addebito di imprudenza: occorre accertare in concreto la misura della colpa della vittima, evitando arbitrarie negazioni del ristoro. Anche in presenza di comportamento colposo del danneggiato, infatti, il diritto al risarcimento non viene annullato automaticamente, ma al più ridotto. La Corte di Cassazione ha più volte ribadito che solo condotte eccezionalmente imprevedibili ed esclusivamente causative dell’evento possono esonerare del tutto il responsabile dal pagare i danni. In altre parole, casi limite in cui la vittima ha provocato da sé l’evento in modo del tutto imprevedibile (si pensi al pedone che si lancia all’improvviso in autostrada di notte) potranno escludere la responsabilità altrui, ma si tratta di ipotesi rarissime e di stretta prova. Nella generalità dei casi, anche se la vittima ha commesso qualche infrazione o imprudenza, resta comunque il diritto a un risarcimento proporzionale. Le pronunce giudiziarie sottolineano infatti che chi guida deve sempre mantenere un margine di sicurezza per reagire all’imprevisto, e che l’eventuale colpa del danneggiato va valutata caso per caso dal giudice, in un giudizio equilibrato e concreto.

 

Protezione speciale per il terzo trasportato (il passeggero)

Una posizione particolarmente tutelata nell’ambito dei sinistri stradali è quella del terzo trasportato, ovvero il passeggero che subisca danni a seguito dell’incidente. Proprio perché il passeggero si trova, per definizione, in una condizione di parte debole (non ha alcun controllo sulla guida e spesso subisce passivamente le conseguenze), il legislatore gli ha riservato una disciplina di favore. L’art. 141 del Codice delle Assicurazioni Private (d.lgs. 209/2005) stabilisce infatti che – “salva l’ipotesi di sinistro cagionato da caso fortuito”il danno subito dal terzo trasportato è risarcito dall’impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro, entro il massimale minimo di legge e “a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti”. In altre parole, il passeggero che rimane ferito ha diritto al risarcimento integrale dei suoi danni senza dover neppure dimostrare chi abbia torto o ragione nello scontro. Può rivolgere la richiesta direttamente all’assicurazione del veicolo su cui viaggiava, che dovrà indennizzarlo immediatamente (almeno fino ai limiti del massimale minimo obbligatorio) indipendentemente dalle cause del sinistro e dalle eventuali dispute di colpa tra i conducenti coinvolti.

Questa previsione configura una sorta di corsia preferenziale risarcitoria per i trasportati. Il vantaggio pratico è evidente: il terzo trasportato ha un onere probatorio semplificato, dovendo soltanto provare di trovarsi a bordo di un veicolo al momento dell’incidente e di aver riportato danni, senza doversi addentrare nell’accertamento della responsabilità di uno o dell’altro conducente. La ratio della norma è chiaramente quella di tutelare il passeggero in quanto soggetto debole, applicando un principio solidaristico per cui chi subisce lesioni in un sinistro deve “prima di tutto, essere risarcito”. Solo in un secondo momento, eventualmente, le assicurazioni dei conducenti si regoleranno tra loro in base alle rispettive colpe (spesso tramite la procedura di indennizzo diretto prevista dall’art. 149 Cod. Ass.). Ma intanto la vittima trasportata non resta in balia di lunghe cause: viene indennizzata subito dal vettore su cui viaggiava.

Questo approccio protettivo è stato confermato e rafforzato sia a livello europeo che nazionale. La Corte di Giustizia UE, ad esempio, ha affermato che il trasportato danneggiato ha diritto al risarcimento senza dover attendere l’accertamento delle responsabilità, in ossequio alle direttive comunitarie sull’assicurazione obbligatoria (v. CGUE 1° dicembre 2011, causa C-442/10). La Corte di Cassazione italiana ha recepito tali principi, consolidando un orientamento univoco: “il trasportato che abbia subito danni nel sinistro ha diritto, prima di tutto, ad essere risarcito” (Cass. Sez. III civ. n. 16181/2015). In un caso del 2020, inoltre, la Cassazione ha ribadito l’ampiezza di questa tutela stabilendo che anche se il veicolo su cui era a bordo il passeggero era condotto da un soggetto non abilitato alla guida (privo di patente), ciò non preclude il diritto del trasportato al risarcimento. In sostanza, secondo la Suprema Corte (ord. n. 13738/2020), il terzo trasportato ha “sempre e comunque” diritto al risarcimento per i danni subiti, a prescindere da chi fosse alla guida e dalle irregolarità di quest’ultimo. Si tratta di un’affermazione forte, che sottolinea come il passeggero non debba mai rimanere privo di tutela risarcitoria a causa di condotte altrui sulle quali non ha alcun potere.

Va precisato che per attivare questa procedura speciale ex art. 141 devono essere coinvolti almeno due veicoli nello scontro. La norma infatti si inserisce nell’ambito dei sinistri tra veicoli (non richiede però che vi sia un urto materiale tra essi: può applicarsi anche se, ad esempio, l’auto del trasportato esce di strada per evitare un’altra vettura sopraggiunta imprudentemente). Se invece l’incidente ha coinvolto un solo veicolo – ad esempio il conducente perde il controllo da solo – non si può tecnicamente utilizzare l’azione diretta speciale contro l’assicurazione del vettore prevista dall’art. 141. Ciò non significa però che il passeggero in tali casi resti senza risarcimento: semplicemente dovrà agire secondo le regole generali, citando in causa il conducente/proprietario del veicolo ex art. 2043 e 2054 c.c. e, tramite azione diretta ordinaria, la relativa compagnia di assicurazione (come da art. 144 Cod. Ass.). In pratica, anche negli incidenti monoparte il trasportato potrà ottenere il ristoro integrale dei danni dimostrando la colpa del conducente (circostanza di solito palese, salvo ipotesi di caso fortuito). La tutela sostanziale dunque permane, muta solo il meccanismo procedurale.

 

Limiti ed eccezioni alla risarcibilità del trasportato

Il principio generale è quindi che il passeggero ha sempre diritto al risarcimento, ma la legge e la giurisprudenza hanno individuato alcune situazioni eccezionali in cui questa tutela potrebbe ridursi o venire meno. Ecco i principali limiti alla risarcibilità integrale del terzo trasportato:

Circolazione illegale consapevole: se il passeggero era a bordo sapendo di partecipare a un atto illecito grave con l’uso del veicolo, la protezione può cadere. Un esempio estremo è il caso di mezzo usato per commettere reati (rapina, fuga da autorità, atti terroristici) oppure di veicolo rubato, quando il trasportato era complice o comunque consapevole della situazione illecita. In tali frangenti la Cassazione ha escluso il diritto al risarcimento: il danno deriva da un’attività volutamente illegale, fuori dall’alea normale della circolazione (Cass. n. 12687/2015). In sintesi, chi sale volontariamente su un’auto fuori legge (es. col ladro alla guida) non è meritevole della tutela assicurativa.

Concorso di colpa del trasportato: analogamente a quanto visto per le vittime in generale, se anche il passeggero tiene un comportamento colposo che aggrava il rischio, il suo risarcimento potrà essere ridotto in proporzione. Tipici esempi sono il mancato uso delle cinture di sicurezza (o del casco in moto) da parte del trasportato, oppure l’accettare un passaggio da un conducente in evidente stato di ebbrezza. In questi casi la legge applica l’art. 1227 c.c.: il danno patito è in parte conseguenza della negligenza dello stesso trasportato (che non si è protetto con i presidi di sicurezza, o che si è affidato incautamente a un guidatore pericoloso). Tuttavia – e qui occorre grande attenzione – non è possibile escludere in toto il risarcimento al passeggero, ma solo ridurlo. Ogni caso va valutato concretamente dal giudice, ponderando la condotta del trasportato rispetto alla situazione. La Cassazione ha recentemente stabilito un principio fermo: il fatto di essere salito con un guidatore ubriaco non comporta ex se la corresponsabilità automatica del trasportato, men che meno la perdita integrale del risarcimento. Bisogna verificare caso per caso se e in che misura quella scelta abbia contribuito al danno. È esclusa ogni valutazione astratta che privi totalmente il passeggero del ristoro: anche se ha sbagliato a fidarsi, una parte di diritto al risarcimento resta sempre. In altri termini, il giudice può limitare (ma non azzerare) il risarcimento, tenendo conto di elementi come il grado di ebbrezza del conducente, la prevedibilità del pericolo per il passeggero, le circostanze concrete del viaggio, ecc.. Ad esempio, nella pratica i tribunali spesso riducono il risarcimento di chi non indossava la cintura (poniamo, un 20-25% in meno), ma mai negano totalmente il diritto del trasportato a essere indennizzato. Questo orientamento è conforme al diritto comunitario: la Direttiva 2009/103/CE, recepita in Italia, vieta espressamente clausole o norme nazionali che escludano la copertura assicurativa del passeggero sul presupposto che “sapeva o avrebbe dovuto sapere” dello stato d’ebbrezza del conducente. L’UE consente semmai di limitare caso per caso l’indennizzo, ma non di eliminarlo in base a criteri generali. Proprio rifacendosi a questi principi europei, la Cassazione civile ha affermato che l’art. 1227 c.c. va interpretato in modo coerente con il diritto UE, escludendo automatismi punitivi verso il trasportato imprudente e lasciando al giudice di merito la valutazione concreta del suo apporto di colpa (fermo restando il divieto di azzerare il diritto al risarcimento del trasportato). Una sentenza recente (Cass. civ. sez. III n. 24920/2024) ha ribadito proprio che il risarcimento al passeggero “può essere ridotto, ma mai escluso”, anche se quest’ultimo era consapevole del rischio che correva.

Caso fortuito: l’art. 141 esclude espressamente l’azione diretta del trasportato solo in caso di sinistro cagionato da caso fortuito. Ma cosa significa? In generale, per caso fortuito si intende un evento eccezionale e imprevedibile, estraneo a qualunque condotta umana colpevole. Ad esempio un malore improvviso e imprevenibile del conducente, o un fenomeno naturale inevitabile, potrebbero rientrare in questa categoria e rompere il nesso di responsabilità. Secondo l’interpretazione tradizionale, infatti, il caso fortuito in ambito di art. 141 va limitato a fattori totalmente estranei alla volontà dei conducenti, proprio perché la norma dice che il risarcimento avviene “a prescindere dall’accertamento delle responsabilità” (quindi se c’è una responsabilità umana, la procedura dovrebbe operare). Recentemente, però, alcune sentenze hanno dato una lettura diversa: la Cassazione nel 2019 e 2020 (sent. n. 4147/2019 e n. 8386/2020) ha sostenuto che caso fortuito vada inteso in senso giuridico ampio, includendo anche condotte umane qualora costituiscano esse sole la causa dell’evento. In pratica, secondo questo orientamento, se risulta che l’incidente è dipeso unicamente dalla colpa di un altro soggetto (ad esempio, l’altro veicolo ha colpa esclusiva e il vettore del trasportato nessuna), ciò configurerebbe un “caso fortuito” per l’auto del trasportato, escludendo l’azione ex art. 141. Questa teoria, però, è stata criticata perché di fatto reintroduce dalla finestra l’accertamento di responsabilità che la norma voleva superare. In effetti, se bisogna prima stabilire di chi è la colpa esclusiva, viene meno il beneficio per il passeggero di essere risarcito subito prescindendo dalle colpe. Si è osservato infatti che tale interpretazione è in contrasto con la ratio protettiva dell’art. 141. Pertanto, la nozione di caso fortuito applicabile dovrebbe restare quella restrittiva: solo eventi eccezionali imprevedibili non imputabili ad alcun conducente. Fuori da queste ipotesi limite, il trasportato va sempre risarcito dall’assicuratore del veicolo dove era a bordo, rinviando semmai le rivalse tra compagnie a un secondo momento.

In definitiva, tolte le circostanze eccezionali qui elencate, il terzo trasportato gode di una tutela amplissima. Il messaggio che emerge da norme e sentenze è chiaro: chi viaggia come passeggero ed è vittima di un sinistro dev’essere tenuto indenne dei suoi danni, anche qualora il “suo” conducente non fosse l’unico colpevole (o non lo fosse affatto). La protezione assicurativa opera in prima battuta in suo favore, senza rimpalli di responsabilità. Eventuali riduzioni del risarcimento sono possibili solo quando il passeggero abbia inciso egli stesso nel causare il danno, e comunque mai al punto da privarlo completamente dell’indennizzo dovuto.

 

Il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada

Un capitolo fondamentale nella tutela delle vittime di incidenti è quello relativo ai sinistri causati da veicoli non assicurati o non identificati (ad esempio in caso di pirata della strada che fugge). Per scongiurare che in tali situazioni i danneggiati restino senza alcun ristoro, esiste il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada (FGVS). Istituito originalmente con la legge n. 990/1969 e ora disciplinato dagli artt. 283 e seguenti del Codice delle Assicurazioni, il Fondo – gestito da Consap sotto la vigilanza pubblica – ha lo scopo di risarcire i danni causati da veicoli non coperti da assicurazione, non identificati, posti in circolazione contro la volontà del proprietario o assicurati con imprese in liquidazione coatta. In pratica, quando il responsabile del sinistro risulta sconosciuto (es. hit & run) oppure sprovvisto di copertura assicurativa, la vittima può rivolgere la richiesta di risarcimento al Fondo, che interviene (per il tramite di una compagnia designata dall’IVASS) a liquidare i danni nei limiti dei massimali di legge. Sono coperte anche le ipotesi di veicolo rubato (circolazione contro la volontà del proprietario) e di compagnia assicurativa insolvente.

Va evidenziato che, sebbene il Fondo sia spesso l’ultima risorsa per molte vittime, il terzo trasportato gode di una corsia preferenziale anche in questo frangente. Infatti, in caso di incidente con un veicolo non assicurato o non identificato, il passeggero può comunque esercitare l’azione diretta ex art. 141 nei confronti dell’assicurazione del veicolo su cui era a bordo, senza necessità di rivolgersi immediatamente al FGVS. Lo ha confermato la Cassazione (ord. n. 16477/2017): il trasportato non è obbligato a citare il Fondo vittime neppure se l’altro mezzo coinvolto era privo di polizza, poiché la sua assicurazione di riferimento resta sempre quella del proprio vettore. Solo tale compagnia, eventualmente, si rivarrà poi sul Fondo per recuperare quanto pagato (quando il responsabile era un mezzo non assicurato o ignoto). Questo meccanismo ulteriore sottolinea ancora una volta la volontà legislativa di facilitare al massimo il risarcimento dei trasportati, proteggendoli dagli ostacoli che invece il danneggiato “comune” incontrerebbe (come dover individuare l’impresa designata dal FGVS, affrontare procedure più lunghe, ecc.).

Per le altre vittime non trasportate, il Fondo di Garanzia rimane naturalmente un presidio essenziale: ad esempio, un pedone investito da un pirata della strada potrà ottenere dal FGVS il rimborso delle lesioni subite (in caso di veicolo non identificato si indennizzano integralmente i danni alla persona, mentre i danni alle cose sono coperti solo per sinistri gravi, con una franchigia di 500 €). Analogamente, se chi causa l’incidente non aveva assicurazione, i feriti e i proprietari dei beni danneggiati saranno risarciti dal Fondo (anche qui per i danni a cose è prevista una franchigia di 500 €). Il funzionamento dettagliato del FGVS prevede alcune limitazioni e procedure specifiche, ma il concetto di base è che nessuna vittima rimane abbandonata a sé stessa: lo Stato, tramite questo meccanismo mutualistico finanziato dalle compagnie assicurative, assicura un soccorso economico anche nelle situazioni più sfortunate (responsabile irreperibile o privo di copertura).

 

Profili penali e ulteriori forme di tutela delle vittime

Finora abbiamo esaminato la tutela civile e risarcitoria. È importante ricordare che un grave incidente stradale può coinvolgere anche il piano penale: dal 2016, infatti, l’ordinamento italiano ha introdotto i reati di lesioni personali stradali (art. 590-bis c.p.) e di omicidio stradale (art. 589-bis c.p.) per punire chi, violando le norme del Codice della Strada, provoca rispettivamente lesioni gravi/gravissime o la morte di una persona. Le pene previste sono severe (fino a 7 anni di reclusione per l’omicidio colposo stradale base, aumentabili fino a 12 anni in caso di aggravanti come la guida in stato di ebbrezza elevata). Anche il conducente che investe un pedone o che causa la morte di un passeggero trasportato può dunque andare incontro a un processo penale per queste fattispecie. La Cassazione penale ha recentemente ribadito che il guidatore è colpevole di omicidio colposo stradale quando la sua grave violazione delle norme di prudenza causa la morte di altri utenti della strada – anche se la vittima non aveva adottato cautele (nel caso esaminato, un passeggero che non indossava la cintura). In altre parole, la condotta imprudente del trasportato (come non allacciare la cintura) non esime il conducente dalla responsabilità penale se la sua guida pericolosa è stata comunque la causa del decesso.

Dal punto di vista della tutela della vittima, il coinvolgimento penale dell’investitore apre una strada ulteriore per ottenere giustizia. Chi ha subito lesioni (o i familiari della vittima in caso di decesso) può infatti costituirsi parte civile nel processo penale a carico del colpevole, chiedendo in quella sede il risarcimento dei danni. Questo consente di ottenere una sentenza penale che liquidi anche le pretese civili, con vantaggi in termini di accertamento dei fatti (si sfrutta l’istruttoria penale) e di eventuale esecuzione forzata sul condannato. In alternativa, la vittima può attendere l’esito del processo penale e poi far valere in sede civile le statuizioni di responsabilità ivi stabilite (la condanna penale per omicidio o lesioni, infatti, vincola il giudice civile sull’accertamento del fatto). In ogni caso, la parallelizzazione dei due piani – civile e penale – richiede valutazioni strategiche in cui l’assistenza di un legale è fondamentale, per coordinare le mosse e massimizzare le chances di ottenere sia giustizia sia ristoro economico.

 

Conclusioni: verso un pieno riconoscimento dei diritti dei danneggiati

In conclusione, l’ordinamento predispone un ventaglio completo di tutele per le vittime di incidenti stradali. Le norme civilistiche, dall’art. 2054 c.c. al Codice delle Assicurazioni, unite all’elaborazione giurisprudenziale, assicurano che ogni persona danneggiata – sia essa conducente non colpevole, pedone, ciclista o passeggero trasportatopossa ottenere giustizia e integrale riparazione dei pregiudizi subiti. Abbiamo visto come il sistema italiano garantisca il risarcimento anche in casi complessi: il passeggero, in particolare, è protetto a prescindere da chi abbia causato l’incidente (grazie all’azione diretta ex art. 141 Cod. Ass.), e financo quando l’altro veicolo sia non assicurato o ignoto (grazie all’intervento surrogatorio del Fondo di Garanzia). Tale impostazione è frutto di un bilanciamento che privilegia la posizione della vittima rispetto agli interessi economici delle compagnie: un ferito va risarcito subito, le eventuali dispute sui rimborsi tra assicuratori vengono dopo. Le sentenze più recenti, conformi anche al diritto UE, hanno ulteriormente cementato questo impianto, eliminando prassi scorrette (come tentativi di negare il risarcimento al trasportato imprudente) e confermando che solo in casi eccezionalissimi la vittima può restare senza indennizzo.

Per la persona coinvolta in un sinistro, però, far valere concretamente questi diritti non è sempre semplice. Burocrazia assicurativa, perizie mediche, contestazioni sul quantum: il percorso per ottenere il giusto risarcimento può essere irto di ostacoli. Spesso le compagnie propongono indennizzi rapidi ma al ribasso, contando sulla poca consapevolezza dei danneggiati. È dunque cruciale avvalersi di un supporto legale competente, che tuteli i propri interessi in ogni fase. Lo Studio Legale MP di Verona, forte di esperienza nel diritto civile assicurativo, assiste le vittime di incidenti stradali passo dopo passo, dalla raccolta delle prove alla negoziazione con l’assicurazione, fino all’eventuale azione giudiziaria. Grazie a un affiancamento attento – anche sul piano umano, oltre che tecnico – lo Studio si impegna a ottenere per ogni cliente il risarcimento integrale dovuto e a trasformare quello che è spesso un labirinto legale in un percorso chiaro verso la giustizia e la ricostruzione della propria vita. 

 

  • 13 luglio 2025
  • Marco Panato

Autore: Avv. Marco Panato


Avv. Marco Panato -

Avv. Marco Panato, avvocato del Foro di Verona e Dottore di Ricerca in Diritto ed Economia dell’Impresa – Discipline Interne ed Internazionali - Curriculum Diritto Amministrativo (Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Verona).

E' autore di pubblicazioni scientifiche in materia giuridica, in particolare nel ramo del diritto amministrativo. Si occupa anche di docenza ed alta formazione.