In tempi di crisi economica, proteggere il patrimonio familiare diventa prioritario. Una pianificazione successoria oculata – specialmente per i residenti a Verona e provincia – consente di ottimizzare le imposte di successione e donazione, sfruttare le agevolazioni fiscali vigenti e assicurare il passaggio generazionale dei beni in modo sicuro e vantaggioso.
L’Italia, attualmente, vanta un regime di imposte di successione e donazione tra i più favorevoli in Europa. Le aliquote applicate ai trasferimenti di ricchezza sono relativamente basse (dal 4% all’8% a seconda del grado di parentela) e sono previste franchigie molto elevate, ad esempio 1 milione di euro esente per ciascun figlio o coniuge erede. In altri Paesi UE come Francia, Regno Unito o Germania, le aliquote raggiungono percentuali ben più alte (in Francia si può superare il 50% per le eredità maggiori) e le esenzioni sono più ridotte. Questa “generosità” del fisco italiano fa sì che, nella maggior parte dei casi, i patrimoni familiari di piccola e media entità transitino agli eredi senza esborsi significativi. Ad esempio, se un genitore lascia ai figli un patrimonio di 800.000 €, non si pagherà imposta alcuna, rientrando nella franchigia personale di ciascun figlio (1.000.000 €).
Tuttavia, questa situazione non deve indurre a sottovalutare l’importanza della pianificazione patrimoniale. Innanzitutto, perché il contesto normativo potrebbe cambiare: periodicamente si discute di una riforma dell’imposta di successione per aumentare il contributo dei grandi patrimoni al gettito erariale, anche in considerazione del forte squilibrio nella distribuzione della ricchezza. Inoltre, in assenza di un’attenta pianificazione, anche il patrimonio più consistente rischia di disperdersi o creare conflitti tra eredi. A Verona – città con un alto tasso di proprietà immobiliare e molte imprese familiari di successo – queste tematiche sono particolarmente sentite. Il tessuto economico locale, fatto di PMI e aziende a conduzione familiare, rende cruciale assicurare la continuità generazionale e la protezione dei beni accumulati in una vita di lavoro. Un noto adagio latino recita: semel heres, semper heres (una volta erede, erede per sempre), a indicare l’irrevocabilità dell’accettazione dell’eredità secondo il diritto romano. Oggi tale principio è mitigato dalla possibilità di rinunciare all’eredità o accettarla con beneficio d’inventario, ma restano procedure da seguire con precisione. Ad esempio, la recente Cassazione a Sezioni Unite (sent. 31310/2024) ha affrontato il caso di un minore il cui tutore aveva accettato un’eredità col beneficio d’inventario senza poi redigere l’inventario nei termini: una volta divenuto maggiorenne, il ragazzo ha potuto validamente rinunciare all’eredità, proprio perché l’omissione dell’inventario aveva fatto decadere il beneficio e l’accettazione del tutore non era definitiva. Questo precedente sottolinea l’importanza di attuare le scelte successorie in modo informato e rispettando tutte le formalità di legge, al fine di non perdere opportunità di tutela (come il beneficio d’inventario, che protegge gli eredi dal dover pagare debiti del defunto oltre il valore dei beni ricevuti).
La normativa italiana prevede varie agevolazioni fiscali per favorire la trasmissione del patrimonio, in particolare all’interno della famiglia. Oltre alle franchigie già menzionate (che azzerano l’imposta fino a determinate soglie), esistono esenzioni specifiche per particolari beni e situazioni. Ad esempio, è completamente esente dall’imposta il trasferimento, per successione o donazione, di aziende o rami d’azienda e di partecipazioni societarie di controllo a favore di discendenti o coniuge, a condizione che i beneficiari proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa per almeno 5 anni. Questa misura, introdotta per facilitare il passaggio generazionale nelle imprese (evitando che il peso fiscale ne comprometta la sopravvivenza), è di grande rilevanza in un territorio come Verona dove numerose aziende familiari – dal settore vinicolo al manifatturiero – devono affrontare il ricambio generazionale. Va però evidenziato che l’agevolazione in questione ha limiti precisi: non tutte le società godono dello stesso trattamento. La Corte di Cassazione ha chiarito, in una sentenza del 2023, che l’esenzione non si applica ai trasferimenti di partecipazioni in società immobiliari “di mero godimento”, cioè società che si limitano a detenere immobili senza svolgere un’effettiva attività d’impresa. In altre parole, donare (o lasciare in eredità) ai figli le quote di una società il cui unico scopo è gestire il proprio patrimonio immobiliare non è equiparabile al trasferimento di un’azienda attiva, e quindi non beneficia dello sconto fiscale. La logica è che l’agevolazione mira a tutelare la continuità di realtà imprenditoriali produttive, non il mero possesso di beni. Dunque, famiglie veronesi titolari di patrimoni immobiliari significativi dovranno valutare attentamente la struttura societaria e la pianificazione fiscale: se l’obiettivo è massimizzare l’efficienza successoria, potrebbe convenire trasformare la società immobiliare in un veicolo diverso o procedere a una diversa allocazione dei beni per soddisfare i requisiti richiesti dalla norma agevolativa.
Un’altra importante agevolazione è quella sulla prima casa: quando un immobile abitativo viene trasferito a un erede che non ne possiede altri e vi stabilirà la propria residenza, l’operazione è esente dall’imposta di successione/donazione (comunque dovuta solo oltre franchigia) e sconta solo le imposte ipotecarie e catastali in misura fissa (€200 ciascuna) invece che proporzionale. Ciò significa che passare la casa di abitazione ai figli è fiscalmente poco oneroso, purché essi abbiano i requisiti per la prima casa. Anche in questo caso Verona fa scuola: con i prezzi immobiliari elevati del mercato veronese, poter usufruire dei benefici prima casa su un immobile ereditato o donato rappresenta un risparmio notevole. Si pensi a un appartamento dal valore catastale elevato: senza agevolazione, gli eredi pagherebbero imposte ipocatastali del 3% complessivo sul valore; con l’agevolazione prima casa, pagano soltanto €400 in totale.
Da segnalare inoltre le novità normative degli ultimi due anni. Nel 2024 il Governo ha emanato un decreto legislativo di riforma (D.Lgs. 139/2024) che ha revisionato la tassazione delle successioni e donazioni, in particolare per quanto riguarda i trust e i trasferimenti societari. Sono stati chiariti alcuni aspetti ambigui: ad esempio, si è stabilito in quali momenti il trasferimento di beni in trust sconta l’imposta (distinguendo il vincolo di destinazione dalla successiva attribuzione finale ai beneficiari). Inoltre, è stata estesa l’applicazione di certe agevolazioni anche a contesti transnazionali: ora l’esenzione d’imposta per il trasferimento di aziende o partecipazioni si applica, in presenza dei requisiti, anche se l’impresa ha sede in un Paese UE/SEE, evitando penalizzazioni per i contribuenti italiani con attività all’estero. Queste innovazioni rispondono all’evoluzione dei fenomeni patrimoniali (si pensi alla crescente diffusione dei trust anche in Italia, o alla dimensione internazionale di molti patrimoni) e offrono nuove opportunità di pianificazione, pur chiedendo un maggiore grado di attenzione tecnica. È consigliabile farsi affiancare da professionisti esperti – notai e consulenti fiscali – per sfruttare appieno le leve offerte dalla legge ed evitare errori formali che possano far perdere un’agevolazione.
Una pianificazione successoria efficace non si limita a considerare le imposte, ma integra aspetti civili, familiari e talvolta anche societari. Gli strumenti a disposizione sono diversi, ognuno con pro e contro, e vanno calibrati sul caso concreto. Il testamento rimane il cardine per disporre del patrimonio secondo le proprie volontà, soprattutto quando si desidera deviare dalla ripartizione legale standard (successione legittima). Con un testamento ben congegnato si possono, ad esempio, destinare specifici beni a determinati eredi, nominare eredi sostitutivi in caso di premorienza di altri, designare un esecutore testamentario che vigili sull’esecuzione delle volontà, oppure istituire vincoli di destinazione sui beni ereditari (usufrutti, fiduciari, ecc.). È importante ricordare che l’ordinamento italiano tutela i cosiddetti legittimari (coniuge, figli e, in assenza di questi, gli ascendenti) riservando loro una quota di eredità inderogabile. Pertanto, non è possibile – salvo rarissime eccezioni – escludere completamente i familiari più stretti dall’eredità: qualsiasi disposizione che leda queste quote di legittima potrà essere impugnata dagli interessati con un’azione di riduzione. Un testamento deve dunque essere redatto tenendo presente i diritti dei legittimari per evitare future liti.
Accanto al testamento, donazioni in vita possono essere utilizzate per anticipare il trasferimento di ricchezza ai propri cari. Donare ai figli un immobile o un’azienda mentre si è ancora in vita può facilitare il passaggio e permettere al donante di seguire la transizione, magari riservandosi un certo controllo (ad es. donazione di azienda con riserva di usufrutto, o donazione di quota societaria mantenendo la governance). In ambito aziendale una figura peculiare è il patto di famiglia: introdotto nel 2006, consente all’imprenditore di assegnare l’azienda (o le partecipazioni di controllo) a uno o più discendenti, con il consenso degli altri familiari legittimari che, nell’occasione, ricevono una compensazione (di regola pagata dal beneficiario principale) e così facendo rinunciano a future pretese sull’azienda stessa. Il patto di famiglia è uno strumento contrattuale che evita la frammentazione dell’impresa tra tutti gli eredi, concentrandola in chi è più idoneo a proseguirla, e prevenendo potenziali controversie ereditarie. Dal punto di vista fiscale, la sottoscrizione di un patto di famiglia è equiparata a una donazione ai fini dell’imposta, ma gode anch’essa dell’esenzione per beni aziendali sopra descritta (se ne ricorrono i requisiti), e – aspetto significativo – le somme versate agli altri legittimari a titolo di compensazione sono esenti dall’imposta di donazione. Ciò rende il patto di famiglia molto efficiente sul piano fiscale. A Verona alcuni importanti gruppi imprenditoriali familiari hanno già fatto ricorso a questo strumento per garantire il passaggio generazionale senza traumi: per esempio, nel settore vitivinicolo, il patto di famiglia ha consentito di designare uno solo dei figli alla guida dell’azienda agricola, compensando equamente gli altri con liquidità, il tutto sotto l’egida di un accordo condiviso e insensibile a future impugnazioni per lesione di legittima.
Per patrimoni articolati o in presenza di esigenze particolari (si pensi a tutelare un familiare disabile nel lungo periodo, o a proteggere beni da rischi imprenditoriali), sta prendendo piede anche in Italia lo strumento del trust. Istituire un trust significa trasferire beni (immobili, partecipazioni, liquidità) a un soggetto fiduciario (trustee) che li amministrerà nell’interesse di uno o più beneficiari, secondo le regole stabilite dal disponente in un atto istitutivo. Pur non essendo il trust una figura “autoctona” del nostro diritto, l’Italia ne riconosce la validità (grazie alla Convenzione de L’Aja del 1985) e sempre più famiglie lo adottano per finalità di protezione patrimoniale e successoria. Ad esempio, un genitore anziano potrebbe porre i suoi beni in un trust a beneficio dei figli, nominandone trustee un professionista di fiducia: in tal modo si garantisce la gestione unitaria del patrimonio anche dopo la propria morte, evitando che i beni vengano dispersi o mal gestiti, e magari stabilendo che i figli li riceveranno solo al raggiungimento di determinate condizioni (età, laurea, etc.). Sul piano fiscale il trattamento dei trust è complesso ma, come accennato, di recente chiarito dal D.Lgs. 139/2024: l’imposta di successione/donazione si applicherà in misura proporzionale al momento del trasferimento finale ai beneficiari (mentre l’atto di dotazione iniziale sconta in genere imposte fisse). Ciò evita doppie tassazioni e rende il trust neutrale fino al reale passaggio dei beni ai successori designati.
Oltre a questi strumenti principali, è opportuno menzionare altri accorgimenti di protezione patrimoniale utili in tempi di crisi economica. Ad esempio, la costituzione di un fondo patrimoniale per la famiglia (in cui vincolare immobili o altri beni destinandoli ai bisogni familiari) può offrire una tutela, seppur limitata, da eventuali aggressioni dei creditori per debiti estranei ai bisogni familiari. Anche stipulare adeguate polizze vita con designazione beneficiari permette di trasferire capitale agli eredi fuori dall’asse ereditario (le somme assicurative non formano oggetto di successione) e senza imposta. Infine, in ottica di prevenzione di liti tra eredi, è buona prassi coinvolgere anticipatamente i familiari nelle scelte: ad esempio, si può stipulare un accordo di divisione della futura eredità (tecnicamente un atto di covenant, da perfezionare poi a momento debito) o, se vi è pieno accordo, far intervenire gli eredi stessi all’atto di donazione di un bene, in modo da cristallizzare la posizione di ciascuno ed evitare recriminazioni successive.
In situazioni di patrimonî complessi o famiglie numerose, il rischio di conflitti ereditari è concreto. Contestazioni sulla validità del testamento, sulla distribuzione dei beni o sulla presenza di donazioni lesive della legittima possono sfociare in lunghe cause civili che bloccano per anni la sistemazione dei beni di famiglia. Pianificare vuol dire anche prevenire questi conflitti. Un notaio esperto in diritto successorio o un avvocato specializzato possono consigliare soluzioni come la divisione anticipata dei beni (ad esempio usufruendo della donazione, magari con riserva di usufrutto a favore del genitore finché in vita, e dispensa dalla collazione per evitare futuri conguagli) oppure l’utilizzo di clausole nel testamento capaci di dissuadere le liti (come la clausola di diseredazione condizionata, che minaccia di escludere dall’eredità chi contesti il testamento, nei limiti della legge). La Cassazione ha recentemente affrontato molti casi interessanti: ad esempio, ha stabilito che l’atto di cointestare somme su un conto corrente a un figlio non configura una donazione automatica in suo favore (Cass. 4142/2025) e che il prelievo di somme dal conto cointestato da parte di un coerede può dover essere restituito alla massa ereditaria se effettuato oltre la quota spettante. In tema di revoca delle donazioni per ingratitudine – un aspetto curioso ma a volte utile – una recente sentenza (Cass. civ. sez. II n. 3811/2024) ha chiarito che non ogni comportamento sgarbato del donatario giustifica la revoca: ad esempio, la semplice mancanza di assistenza morale o materiale verso il donante non integra di per sé la “ingiuria grave” richiesta dall’art. 801 c.c., se non accompagnata da un atteggiamento di disprezzo continuativo. Questo significa che il donante può sì tutelarsi inserendo nel contratto di donazione eventuali condizioni risolutive (ad es. mantenimento di sé o di terzi), ma non può contare troppo facilmente sulla revocazione giudiziale salvo casi di ingratitudine davvero eclatanti (violenza, accuse infondate gravi, ecc.).
Un aspetto da non dimenticare, specie in un contesto di difficoltà economica diffusa, è la gestione dei debiti ereditari. Ereditare un patrimonio significa ereditare anche i debiti eventualmente contratti dal defunto (mutui, finanziamenti, cartelle fiscali, etc.). Se i debiti superano gli attivi, l’erede rischia di dovervi far fronte con il proprio patrimonio personale. Per fortuna il nostro ordinamento offre la via dell’accettazione con beneficio d’inventario, grazie alla quale l’erede mantiene distinta la propria patrimonialità: in sostanza pagherà i debiti ereditari solo nei limiti dell’attivo ricevuto, senza intaccare i propri beni preesistenti. Questa procedura, però, richiede formalità precise (redazione dell’inventario entro termini rigorosi dalla chiamata o dalla conoscenza della devoluzione). La citata pronuncia delle Sezioni Unite del 2024 evidenzia proprio l’importanza di rispettare tali formalità per non trovarsi poi vincolati ad un’eredità potenzialmente passiva. In definitiva, chiunque si trovi di fronte a una successione dovrebbe valutare attentamente, con l’aiuto di un consulente, lo stato patrimoniale del de cuius: se vi sono molti debiti o situazione dubbie, la scelta ponderata potrebbe essere la rinuncia all’eredità (rinuncia da effettuarsi davanti a un notaio o in tribunale, entro 10 anni dall’apertura della successione, purché non si sia nel frattempo compiuto atti dispositivi sui beni ereditari). La rinuncia è un tabù per alcuni, ma a volte rappresenta un atto di prudenza necessario per evitare di ereditare guai. Tra l’accettare a tutti i costi un’eredità “avvelenata” e rinunciare convivendo col rimpianto di aver perso dei beni, il proverbio persiano ricorda: “Se il tuffatore pensasse sempre allo squalo, non metterebbe mai le mani sulla perla”. Insomma, chi vuole conquistare la “perla” del patrimonio di famiglia deve correre qualche rischio calcolato; ma se il “prezzo” da pagare è troppo alto (in termini di debiti o liti), forse è meglio non tuffarsi affatto.
In conclusione, la pianificazione successoria è un percorso da affrontare con anticipo, lucidità e con il supporto di professionisti qualificati. Ogni famiglia ha le sue peculiarità e Verona, con la sua commistione di tradizione e imprenditorialità moderna, ne è un esempio emblematico: c’è chi deve garantire una transizione generazionale serena nell’azienda di famiglia, chi vuole assicurare la tutela di un patrimonio immobiliare costruito con sacrificio, chi ancora intende sostenere nipoti e persone care con donazioni controllate. Sic transit gloria mundi: la gloria (e la ricchezza) del mondo è passeggera, e non possiamo portarla con noi nell’aldilà. Ciò che possiamo fare è decidere come tramandarla. Pianificare successioni e donazioni significa dare forma al proprio lascito, evitando che finisca disperso o compromesso da tasse evitabili e lunghe contese legali. Come nel celebre finale della novella La roba di Giovanni Verga, quando il morente Mazzarò grida follemente «Roba mia, vieni con me!» circondato dai suoi averi, ci viene ricordato che i beni materiali non possono seguire il loro proprietario nella tomba. Ma, attraverso una sapiente pianificazione, possiamo fare in modo che essi continuino a produrre valore e sicurezza per chi resta. Questo è il vero obiettivo di una successione ben congegnata: trasformare il frutto del lavoro di una vita in un patrimonio protetto per le generazioni future.
Avv. Marco Panato, avvocato del Foro di Verona e Dottore di Ricerca in Diritto ed Economia dell’Impresa – Discipline Interne ed Internazionali - Curriculum Diritto Amministrativo (Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Verona).
E' autore di pubblicazioni scientifiche in materia giuridica, in particolare nel ramo del diritto amministrativo. Si occupa anche di docenza ed alta formazione.