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Sovraindebitamento: seconda opportunità e limiti nascosti - Studio Legale MP - Verona

Creditori assenti, vecchi fallimenti e altre insidie: la giurisprudenza più recente tutela la seconda chance del debitore onesto, affrontando quei casi in cui il “fresh start” rischia di sfumare per cavilli o abusi

Il “secondo inizio” promesso al debitore sovraindebitato non è più un’illusione, grazie alle riforme introdotte dal Codice della Crisi e dell’Insolvenza e all’orientamento favorevole dei tribunali verso la seconda opportunità. Tuttavia, alcune insidie normative possono rischiare di compromettere l’esito liberatorio delle procedure. Recenti pronunce del 2025 hanno affrontato questi nodi critici, intervenendo per scongiurare che regole formalmente rigorose finiscano per negare sostanza e giustizia al fresh start del debitore onesto. Come recita un antico adagio latino, summum ius, summa iniuria: l’applicazione letterale di una norma, se troppo severa, può produrre la massima ingiustizia. Vediamo allora come la giurisprudenza più attuale sta correggendo il tiro, garantendo che chi merita di essere liberato dai debiti non resti vittima di cavilli o comportamenti opportunistici.

Creditori “assenti” e debiti che non si cancellano: il caso sollevato a Verona
Uno dei paradossi emersi con la nuova normativa riguarda i creditori non insinuati nella procedura di sovraindebitamento. La legge attuale (art. 278, comma 2, Codice della Crisi) prevede infatti che l’esdebitazione – ossia la cancellazione dei debiti residui a fine procedura – non abbia effetto verso i creditori che, pur avendo ricevuto regolare notifica dell’apertura della procedura, scelgono di non “insinuarsi” (cioè di non presentare domanda per partecipare al riparto). In pratica, questi creditori “assenti” resterebbero liberi di rivalersi sul debitore dopo la chiusura della procedura, almeno fino a concorrenza della percentuale di rimborso che gli altri creditori (quelli partecipanti) hanno ottenuto. Se però i creditori concorrenti sono stati soddisfatti integralmente, la norma porta a un esito clamoroso: il debitore, pur avendo pagato tutti gli altri, si ritroverebbe ancora debitore verso chi è rimasto fuori, senza alcuno sgravio.

È esattamente quanto accaduto in un recente caso a Verona, dove dopo la liquidazione del patrimonio del debitore tutti i creditori insinuati erano stati pagati al 100%, con un avanzo finale. Alcuni creditori (tra cui una banca ipotecaria) avevano però deliberatamente deciso di non partecipare alla procedura. Applicando alla lettera l’art. 278 CCII, l’esdebitazione avrebbe escluso proprio questi creditori non insinuati: paradossalmente, il debito residuo verso di loro sarebbe rimasto intatto, vanificando di fatto il fresh start del debitore. Il Tribunale di Verona ha ritenuto questa conseguenza inaccettabile – dato che non deriva da alcuna colpa del debitore, ma da una scelta strategica dei creditori – e ha sollevato una questione di legittimità costituzionale sulla norma (Trib. Verona, ord. 18 luglio 2025). Secondo i giudici veronesi, una regola che lega la cancellazione dei debiti al comportamento (inerte o opportunistico) di alcuni creditori viola il principio di ragionevolezza sancito dall’art. 3 della Costituzione, oltre a confliggere con la finalità di “seconda possibilità” promossa dal diritto europeo (Direttiva UE 2019/1023). In particolare, contraddice lo spirito della direttiva comunitaria, che impone agli Stati membri di garantire ai debitori meritevoli l’accesso pieno all’esdebitazione entro un termine massimo (tre anni). Lasciare il debitore esposto indefinitamente verso chi non ha voluto partecipare al concorso significherebbe tradire questa finalità. Ora la parola passa alla Corte Costituzionale, chiamata a valutare se sia necessario “correggere” la norma per evitare che il favor debitoris venga frustrato da comportamenti opportunistici: un esito atteso con interesse da operatori e debitori, perché potrebbe eliminare una spada di Damocle finora poco nota ma potenzialmente devastante.

Niente scorciatoie dopo un fallimento: la Cassazione sull’esdebitazione dell’incapiente
Un altro importante chiarimento giurisprudenziale del 2025 riguarda il rapporto tra vecchie procedure fallimentari e nuove procedure di sovraindebitamento. L’obiettivo legislativo del “perdono dei debiti” non può trasformarsi in un doppio beneficio per chi ha già avuto una chance in passato. Con l’ordinanza n. 30108/2025 la Corte di Cassazione ha stabilito che un debitore già dichiarato fallito – e che in sede fallimentare non abbia ottenuto l’esdebitazione allora prevista (art. 142 Legge Fallimentare) – non può tentare di “ripulire” quei medesimi debiti residuali ricorrendo alle nuove disposizioni sul sovraindebitamento. In particolare, la Cassazione ha escluso la possibilità di utilizzare l’innovativa procedura di esdebitazione del debitore incapiente (art. 283 CCII) come un secondo tentativo di ottenere la cancellazione dei debiti non condonati nel fallimento. Chi non ha beneficiato dell’esdebitazione fallimentare, dunque, non può semplicemente presentarsi al tribunale da incapiente e chiedere oggi, a costo zero, ciò che ieri gli era sfuggito. Questa interpretazione tutela l’affidamento dei creditori sulle regole del gioco vigenti al tempo del fallimento: concedere un’esdebitazione “postuma” attraverso un nuovo canale aggirerebbe i limiti stringenti posti dalla legge fallimentare, svuotandoli di significato a posteriori.

Vale la pena notare che la pronuncia della Suprema Corte non preclude comunque ogni via al vecchio fallito: se dopo la chiusura del fallimento il soggetto contrae nuovi debiti ed è nuovamente insolvente, potrà certamente accedere alle procedure di sovraindebitamento per queste nuove esposizioni. Inoltre, qualora il debitore ex fallito abbia ancora dei beni o redditi disponibili, nulla gli vieta di attivare una liquidazione controllata da sovraindebitamento (come avvenuto, ad esempio, in un caso deciso dal Tribunale di Verona il 13 giugno 2025): in tal modo potrà mettere a disposizione il suo (pur modesto) patrimonio residuo e ottenere dopo qualche anno l’esdebitazione, secondo le regole ordinarie oggi vigenti. Ciò che la Cassazione ha voluto scongiurare, insomma, è l’uso dell’esdebitazione “gratuita” dell’incapiente come scorciatoia per debitori reiteratamente insolventi. La seconda opportunità deve essere garantita, ma senza travalicare la logica del sistema e senza pregiudicare i creditori oltre quanto il legislatore ha previsto.

Meritevolezza: verso un approccio più flessibile e sostanziale
Uno dei pilastri per accedere ai benefici del sovraindebitamento è la meritevolezza del debitore, concetto che la riforma ha ridefinito in termini più oggettivi. In passato, la giurisprudenza tendeva talvolta a negare l’esdebitazione a chi si fosse indebitato in modo “imprudente”, anche senza intenti fraudolenti: era il caso, ad esempio, di chi avesse assunto obbligazioni sproporzionate rispetto alle proprie possibilità economiche. Oggi questo approccio sta cambiando. Le nuove norme (artt. 69 e 77 CCII) non parlano più di meritevolezza in senso generico, ma richiedono in negativo l’assenza di colpa grave, malafede o frode nella genesi dell’indebitamento. La differenza non è solo terminologica: significa che non basta aver commesso errori di valutazione o essersi indebitati oltre misura per essere esclusi dall’accesso alle procedure. Conta piuttosto che il debitore non abbia deliberatamente abusato del credito o violato elementari doveri di diligenza in modo gravemente colpevole.

Emblematica in tal senso è una sentenza del Tribunale di Napoli (Trib. Napoli, sent. 27 ottobre 2025) che offre un’interpretazione evolutiva del requisito di meritevolezza. Il giudice partenopeo sottolinea come l’intento del legislatore sia favorire il più possibile l’accesso alle procedure di composizione della crisi, nell’ottica di reinserire il debitore nel circuito produttivo (“dare a tutti i debitori insolventi una seconda possibilità”). Pertanto, argomenta il tribunale, non si può negare l’omologazione di un piano o di un accordo solo perché il debitore “si è indebitato in modo sproporzionato”: la sproporzione tra debiti e capacità economica è, per definizione, il presupposto stesso del sovraindebitamento, non un indice automatico di colpa grave. Ciò che va indagato è piuttosto se vi siano stati comportamenti dolosi o gravemente imprudenti specifici all’origine dell’indebitamento (es. frodi ai creditori, spese voluttuarie ingiustificabili, azzardo morale). In assenza di tali condotte qualificate, al debitore va data la possibilità di ristrutturare o liquidare i propri debiti. Questo approccio più sostanziale – in linea con il principio per cui nemo tenetur ad impossibilia, nessuno può essere tenuto a fare l’impossibile – evita di confondere la condizione di sovraindebitamento (che spesso deriva da eventi sfortunati o dalla somma di leggerezze commesse in buona fede) con la indegnità ad accedere al beneficio. La seconda chance non è preclusa a chi ha semplicemente “sbagliato i conti”, purché sia leale nello spiegare la propria situazione e non abbia tenuto condotte fraudolente.

È importante rilevare come questa visione trovi riscontro in altre pronunce coeve, contribuendo a un indirizzo uniforme: i tribunali di merito stanno convergendo sull’idea che l’abuso deliberato del credito sia la vera linea di confine oltre la quale il debitore perde il diritto al perdono finale, mentre tutto il resto rientra nell’alea del rischio economico e nella possibile inesperienza del debitore medio. Si tratta di una prospettiva che bilancia rigore ed equità, riflettendo l’evoluzione culturale verso un diritto concorsuale più umano e orientato al recupero sociale del debitore.

Conclusione: equilibrio tra giustizia e seconda opportunità
Dalle questioni di costituzionalità ai principi affermati in Cassazione, il 2025 ha visto consolidarsi un filone giurisprudenziale attento a garantire che la promessa della liberazione dai debiti diventi realtà effettiva per chi ne ha diritto. Le procedure di sovraindebitamento sono in costante assestamento: ogni pronuncia contribuisce a limare asperità e chiudere i varchi a comportamenti scorretti, da qualunque parte provengano. Ne emerge un sistema sempre più coeso, in cui il debitore onesto e sfortunato può trovare sollievo, mentre restano esclusi i furbi e gli speculatori. Come scrisse William Shakespeare, “la qualità della misericordia non è forzata; cade come dolce pioggia dal cielo ed è due volte benedetta: benedice chi la dà e chi la riceve”. Così, un trattamento misericordioso verso il debitore meritevole finisce per beneficare anche la collettività, perché restituisce alla vita economica una persona risollevata e motivata. Allo stesso tempo, la misericordia deve accompagnarsi alla giustizia: non può spingersi fino a premiare comportamenti sleali o a sacrificare ingiustamente i diritti altrui. Il diritto del sovraindebitamento moderno tende proprio a questa sintesi, difficile ma necessaria: dare respiro a chi affoga nei debiti senza colpa, mantenendo però fermo il principio di responsabilità.

In un simile contesto in evoluzione, muoversi con tempestività e cognizione di causa è fondamentale. Ogni situazione di crisi ha le sue peculiarità e le soluzioni possibili vanno valutate con attenzione, alla luce sia delle norme sia degli orientamenti più aggiornati dei tribunali. Lo Studio Legale MP di Verona mette a disposizione la propria esperienza in materia di sovraindebitamento per aiutare concretamente chi è in difficoltà.

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  • 25 novembre 2025
  • Redazione

Autore: Redazione - Staff Studio Legale MP


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