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Sovraindebitamento del socio illimitatamente responsabile - Studio Legale MP - Verona

La gestione dei debiti personali e sociali di un socio illimitatamente responsabile presenta sfide particolari. Cosa succede se un socio di società di persone tenta la via del sovraindebitamento personale per risolvere i debiti della società? Le più recenti pronunce offrono importanti chiarimenti su opportunità e limiti legali per chi vuole liberarsi dai debiti sociali.

Un socio di società di persone con responsabilità illimitata risponde personalmente dei debiti della società. Questo articolo esamina se e come tali soci possano utilizzare le procedure di sovraindebitamento per liberarsi non solo dei debiti personali, ma anche di quelli legati alla società, alla luce delle novità normative e della giurisprudenza del 2025.

 

Il problema dei debiti sociali e della responsabilità illimitata

Quando una società di persone (come una s.n.c. o una s.a.s.) non riesce a pagare i propri debiti, i creditori possono rivalersi direttamente sui singoli soci illimitatamente responsabili. In base all’art. 2291 c.c., infatti, i soci rispondono solidalmente e illimitatamente delle obbligazioni sociali. Ciò significa che, se la società non paga, un socio può essere chiamato a pagare con il proprio patrimonio personale tutti i debiti contratti in nome della società. Questa responsabilità ultra vires pone il socio in una posizione delicata: i suoi debiti “personali” si mescolano con i debiti “sociali”, rendendo la crisi ancora più grave.

Il sovraindebitamento – cioè l’incapacità di far fronte alle obbligazioni con patrimonio e reddito disponibili – per un socio illimitatamente responsabile è spesso dovuto proprio ai debiti della società. Viene naturale chiedersi: il socio può utilizzare le procedure previste dal Codice della Crisi e dell’Insolvenza (CCII) per liberarsi anche di questi debiti sociali? In altri termini, può presentare un piano di ristrutturazione dei debiti o un concordato minore personale che includa anche le esposizioni della società, ottenendo così l’esdebitazione (cancellazione dei debiti) sia sui debiti propri che su quelli societari? Oppure deve attendere che sia la società stessa a attivare una procedura collettiva, subendone passivamente le conseguenze? La risposta coinvolge principi fondamentali come la parità di trattamento dei creditori (par condicio creditorum) e il rispetto delle norme sulla responsabilità patrimoniale.

 

I vincoli legali: perché il socio non può agire da solo

La normativa attuale impone importanti limitazioni alla possibilità per il socio illimitatamente responsabile di agire in autonomia sui debiti sociali. L’idea di fondo è che le obbligazioni della società non possono essere “ritagliate” dal loro contesto e gestite separatamente dal socio, altrimenti si rischierebbe di alterare le regole della responsabilità inderogabile sancite dal codice civile.

Una recente pronuncia del Tribunale di Verona (sentenza 17 agosto 2025) ha ribadito questo concetto in modo chiaro: un concordato minore proposto dal socio per regolare debiti di cui egli è responsabile illimitatamente non è ammissibile, perché comporterebbe un aggiramento del regime legale di cui all’art. 2291 c.c. In sostanza, finché la società è in vita e i rapporti sociali non sono sciolti, il socio non può autonomamente definire i debiti della società tramite una procedura di sovraindebitamento individuale. Consentirglielo significherebbe sovvertire la regola che vuole la società direttamente obbligata verso i creditori e i soci responsabili solo in via di garanzia.

Questo orientamento, condiviso anche da altre decisioni, si basa su un principio semplice: i debiti della società devono essere affrontati con strumenti che coinvolgano la società stessa. Non a caso l’art. 79, comma 4 CCII prevede che solo se è la società ad accedere a un concordato minore, gli effetti di quest’ultimo possano estendersi in favore dei soci illimitatamente responsabili. La legge, dunque, esclude che il socio possa, da solo, negoziare e falcidiare i debiti sociali: deve essere la società a prendere l’iniziativa, nell’ambito di una procedura comune ai soci.

Anche sul fronte della liquidazione controllata (procedura concorsuale liquidatoria per sovraindebitati), la disciplina mira a evitare scorciatoie individuali del socio. Se una società di persone viene sottoposta a liquidazione controllata, si determina per legge l’apertura della liquidazione anche a carico dei soci illimitatamente responsabili. Ciò significa che, quando è la società a essere liquidata, automaticamente anche il patrimonio personale di ciascun socio sarà incluso in una liquidazione concorsuale (che coprirà tutti i debiti del socio, sia sociali che personali). Ma fino a che la società rimane attiva e non avviata essa stessa a una procedura, l’idea di una liquidazione solo del socio per i debiti sociali è stata inizialmente guardata con sfavore, proprio per non scavalcare la sorte comune di società e soci.

 

Le soluzioni possibili per il socio indebitato

Alla luce di questi vincoli, quali sono le strade percorribili da un socio illimitatamente responsabile travolto dai debiti? Ecco i punti fermi tracciati dalla legge e dalla prassi:

Concordato minore o liquidazione della società: la via maestra è che sia la società a proporre una procedura di composizione della crisi (ad esempio un concordato minore). In tal caso, gli effetti positivi (come l’esdebitazione finale) si estendono anche ai soci illimitatamente responsabili, senza bisogno che essi attivino una procedura separata. Analogamente, se la società viene ammessa alla liquidazione controllata, la procedura si aprirà automaticamente anche per i soci, coinvolgendo tutti i loro beni nel soddisfacimento dei creditori. In questi scenari il socio ottiene la liberazione dai debiti sociali per effetto riflesso della procedura avviata dalla società.

Attendere lo scioglimento della società: finché la società rimane in attività (o comunque iscritta al Registro delle Imprese), il socio non può definire autonomamente i debiti sociali. Dovrà attendere che la società venga cancellata e, anche in tal caso, rispettare un certo tempo. La legge infatti prevede una preclusione annuale (art. 33 CCII): entro l’anno successivo alla cessazione dell’attività d’impresa, non è normalmente possibile aprire una procedura di liquidazione controllata su iniziativa dei creditori. Questo per evitare che, appena chiusa la società, i creditori “inseguitori” usino subito il sovraindebitamento del socio a scopo sostanzialmente punitivo. Tuttavia, va precisato che questa preclusione opera solo per i debiti sorti prima della cancellazione: se invece alcuni debiti emergono dopo la chiusura della società, essi possono dare luogo a procedura anche oltre il limite annuale. In altri termini, trascorso l’anno (o per crediti sopravvenuti) il socio ex illimitatamente responsabile è libero di chiedere l’apertura del proprio sovraindebitamento.

Procedura da consumatore per i debiti personali: il socio potrebbe comunque avvalersi del piano del consumatore (oggi “ristrutturazione dei debiti del consumatore”) solo per i debiti che ha contratto come privato, escludendo quelli inerenti alla sua attività imprenditoriale. La legge qualifica espressamente il socio illimitatamente responsabile come “consumatore” solo per i debiti estranei all’attività d’impresa. Dunque, egli potrà presentare una procedura di ristrutturazione limitata ai debiti personali (es. familiari, personali, finanziamenti al consumo), ma non potrà includervi le obbligazioni sociali che derivano dalla qualità di socio. Queste ultime resteranno fuori e i relativi creditori manterranno intatte le loro pretese (salvo aderire volontariamente a transazioni extra-procedura). È una soluzione parziale, che non risolve il problema dei debiti sociali ma può alleggerire il resto del carico debitorio del socio.

In sintesi, durante la vita della società o immediatamente dopo la sua cessazione, il socio illimitatamente responsabile non dispone di un canale individuale pienamente efficace per liberarsi dei debiti sociali. Deve fare i conti con il tempo e, soprattutto, con le iniziative (o inerzie) della società stessa. Questa impostazione può sembrare rigida, ma rispecchia la necessità di non alterare la par condicio fra creditori sociali e personali e di evitare scorciatoie che penalizzino i creditori della società.

 

Le ultime pronunce: tra conferme e aperture

Le pronunce giudiziarie recenti hanno in gran parte confermato l’approccio sopra descritto, pur introducendo qualche elemento di flessibilità in casi particolari. Abbiamo già ricordato la decisione di Tribunale di Verona, 17 agosto 2025, che ha negato l’ammissibilità di un concordato minore “autonomo” del socio per debiti sociali: un chiaro segnale di rigore, in linea con l’orientamento tradizionale (condiviso ad esempio da Trib. Napoli, 29 marzo 2024, e altre). Allo stesso tempo, però, la prassi sta evolvendo in risposta alle situazioni concrete portate all’attenzione dei giudici.

Un importante spiraglio si è aperto sul fronte della liquidazione controllata del socio. Dopo l’entrata in vigore del Codice della Crisi, alcuni tribunali hanno ritenuto ammissibile l’apertura della liquidazione controllata su iniziativa del creditore anche nei confronti di un socio illimitatamente responsabile, a prescindere dall’iniziativa della società e persino se la società è ancora attiva. Questa tendenza si fonda su due considerazioni: da un lato, il CCII attribuisce ai creditori la legittimazione a chiedere l’apertura della liquidazione (art. 270); dall’altro, negare al socio l’accesso alla procedura individuale potrebbe tradursi in un prolungato stallo a danno sia del debitore che dei creditori, specie quando la società è inattiva ma formalmente ancora esistente. In pratica, si sta affermando l’idea che, in mancanza di iniziativa da parte della società, il socio e i suoi creditori non debbano restare bloccati indefinitamente: la liquidazione controllata personale può essere concessa per gestire l’intero indebitamento del socio (comprensivo dei debiti sociali), evitando ulteriori aggravamenti.

Si tratta di un orientamento innovativo e non unanime. In passato, i primi provvedimenti avevano escluso questa possibilità, ritenendola in contrasto con il sistema. Ma nel 2024-2025 sono state emesse numerose decisioni favorevoli. Ad esempio, il Tribunale di Bologna (decreto 20 maggio 2024) ha aperto la liquidazione di un socio illimitatamente responsabile pur senza una contestuale procedura della società, proprio valutando che altrimenti i creditori sociali sarebbero rimasti senza tutela effettiva. Altre corti hanno seguito questa scia, segno di una certa elasticità interpretativa laddove la situazione lo richiede. Resta il fatto che, allo stato attuale, queste aperture convivono con orientamenti più rigidi. Non c’è ancora un intervento chiarificatore della Corte di Cassazione sul punto (il contrasto potrebbe in futuro essere risolto dalle Sezioni Unite, se investite della questione).

In ogni caso, il messaggio che emerge è duplice: da un lato, i principi fondamentali (responsabilità illimitata e vincolo di solidarietà fra soci e società) vengono ribaditi; dall’altro, c’è attenzione a evitare esiti eccessivamente punitivi o irrazionali. La seconda opportunità per il debitore onesto rimane un valore guida del sistema, ma deve bilanciarsi con la tutela dei creditori. La qualità della misericordia, per citare Shakespeare, non si lascia forzare: scende come dolce pioggia dal cielo sul luogo che la riceve. In altre parole, la clemenza verso il debitore è ben vista dal legislatore, ma non può travolgere i diritti dei creditori senza criterio.

 

Seconda opportunità dopo la chiusura dell’attività

Fortunatamente, una volta che la società di persone si scioglie e viene cancellata, il quadro cambia nettamente a favore del debitore. Il socio illimitatamente responsabile, divenuto a tutti gli effetti un ex imprenditore, può finalmente intraprendere le procedure di sovraindebitamento in modo pieno per risolvere i debiti residui. Qui il principio del fresh start (nuovo inizio) trova piena applicazione: chiuso il capitolo dell’attività societaria, il soggetto può aspirare a ripartire liberandosi dei debiti pregressi.

La giurisprudenza del 2025 ha fornito esempi concreti di questa filosofia. Il Tribunale di Verona, con provvedimento del 13 giugno 2025, ha accolto la domanda di apertura di liquidazione controllata presentata da un ex imprenditore individuale già dichiarato fallito in passato, la cui impresa era stata cancellata. Pur se la maggior parte dei debiti derivava proprio dal precedente fallimento (chiuso senza che il debitore avesse ottenuto l’esdebitazione), il giudice veronese ha ritenuto ammissibile una nuova procedura di sovraindebitamento. Lo scopo, esplicitato nella decisione, era di consentire al debitore di conseguire l’esdebitazione che non era riuscito ad ottenere al termine del fallimento. In altri termini, la liquidazione controllata si è rivelata uno strumento utile a dare al debitore una seconda opportunità effettiva, colmando le lacune del passato.

Questo caso dimostra bene l’evoluzione in senso favor debitoris della normativa: persino chi ha già affrontato una procedura concorsuale può oggi accedere a un nuovo percorso di liberazione dai debiti, se ricorrono i presupposti di legge (debiti residui, buona fede, ecc.). Nemo tenetur ad impossibilia – nessuno è tenuto a fare l’impossibile – dice un antico brocardo: se in passato il debitore non è riuscito a soddisfare i creditori ed è rimasto imprigionato nei debiti, la legge attuale cerca di non condannarlo a vita a quella situazione, purché dimostri di agire con correttezza. Questo principio vale per l’ex imprenditore individuale e, in prospettiva, anche per il socio illimitatamente responsabile una volta che la società sia uscita di scena.

Va evidenziato che l’esdebitazione del socio incapiente (privo di beni e redditi aggredibili) non è un “colpo di spugna” incondizionato: il tribunale può imporre al debitore di versare ai creditori una parte di future utilità se, entro quattro anni dalla chiusura della procedura, la sua situazione finanziaria migliora significativamente (ad esempio grazie a un’eredità o una vincita). Si tratta di una tutela per i creditori prevista dall’art. 283 CCII, ma non sminuisce la portata del beneficio. L’importante è che, concluso il percorso concorsuale, il debitore persona fisica meritevole venga liberato dai debiti pregressi e possa tornare a una vita economicamente attiva.

 

Conclusioni: come muoversi e a chi rivolgersi

In conclusione, la materia del sovraindebitamento applicata ai soci illimitatamente responsabili è tecnica e in rapida evoluzione. Le soluzioni ci sono, ma vanno calibrate caso per caso, tenendo conto dello status della società (attiva o cessata), della tipologia dei debiti e dei tempi previsti dalla legge. È fondamentale evitare mosse azzardate in autonomia: una domanda di sovraindebitamento presentata al momento sbagliato o con un perimetro errato di debiti rischia di essere dichiarata inammissibile, aggravando la posizione del socio.

Il consiglio è di affidarsi a professionisti esperti in crisi da sovraindebitamento per valutare la strada giusta. In alcuni casi converrà sollecitare la società a prendere l’iniziativa (ad esempio presentando un concordato minore “di gruppo” che includa i soci); in altri, sarà opportuno attendere la cancellazione della società e poi procedere con la liquidazione personale; in altri ancora, come abbiamo visto, potrebbe essere praticabile un intervento del creditore o un accordo ad hoc. Ogni situazione è diversa, ma la legge offre gli strumenti per uscirne, se ben utilizzati.

Se sei socio di una società di persone e ti trovi schiacciato dai debiti, non perdere la speranza: anche per casi complessi come il tuo esistono vie d’uscita legali. La chiave è agire con tempestività e cognizione di causa, sfruttando le opportunità offerte dal Codice della Crisi (nel rispetto dei limiti previsti).

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  • 30 ottobre 2025
  • Redazione

Autore: Redazione - Staff Studio Legale MP


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