
Il dovere di vigilanza della scuola
«Non scholae sed vitae discimus» – Seneca. Questa celebre massima latina, “non impariamo per la scuola ma per la vita”, evidenzia l’importanza della formazione scolastica nella vita reale. Tra i doveri fondamentali della scuola vi è proprio quello di proteggere e vigilare sugli studenti, oltre a istruirli ed educarli. Quando un genitore iscrive un figlio a scuola, si instaura un contratto vero e proprio tra l’utente (la famiglia) e l’istituto: oltre all’insegnamento, la scuola assume l’obbligo accessorio di sorvegliare gli alunni e garantire la loro incolumità durante l’orario scolastico e nelle attività connesse. Questo obbligo di vigilanza discende dall’art. 2048 c.c. – che disciplina la responsabilità dei precettori e maestri per i fatti illeciti dei loro allievi – e si inquadra nell’ambito della responsabilità contrattuale quando si tratta di infortuni subiti dallo studente stesso. In altre parole, la scuola risponde dei danni subìti dall’allievo sia in base a principi contrattuali (per aver violato il dovere di custodia e protezione insito nel rapporto scolastico) sia, in alcuni casi, in via extracontrattuale per culpa in vigilando. L’istituto può liberarsi da responsabilità solo provando di aver adottato tutte le cautele necessarie a evitare il danno, dovendo dimostrare che l’evento è avvenuto per una causa imprevedibile e inevitabile. Si tratta di una prova difficile, come riconosce la giurisprudenza: basta un lieve difetto di organizzazione o una vigilanza non adeguata perché la scuola sia chiamata a rispondere. Di seguito analizziamo come i giudici hanno applicato questi principi in situazioni concrete di incidenti scolastici e di bullismo tra studenti, delineando i confini entro cui l’istituto è tenuto al risarcimento.
Incidenti a scuola: quando la scuola è responsabile?
Ogni giorno milioni di studenti frequentano aule, palestre e laboratori: piccoli incidenti possono capitare, ma non sempre c’è una responsabilità giuridica della scuola. La Cassazione ha più volte ribadito che la scuola risponde dei sinistri occorsi all’alunno solo se l’evento era prevedibile ed evitabile con una vigilanza adeguata. Per valutare la diligenza del personale scolastico occorre tener conto dell’età e del grado di autonomia degli studenti: maggiore è l’età, minore è il livello di sorveglianza “ravvicinata” esigibile dai docenti. Ad esempio, in una recente vicenda un ragazzo di scuola superiore era rimasto ferito da un casco lanciato per gioco da un compagno negli spogliatoi della palestra. La Corte ha escluso la colpa della scuola ritenendo che fosse impossibile per i professori prevedere e impedire immediatamente un gesto estemporaneo tra adolescenti, avvenuto in pochi attimi durante il cambio dell’ora (Cass. civ., Sez. III, ord. n. 27923/2025). In tale occasione la Suprema Corte ha sottolineato che il personale scolastico non può essere considerato garante assoluto per qualsiasi comportamento imprevedibile degli allievi, specie quando si tratta di studenti non più bambini e l’episodio si svolge in un lasso di tempo brevissimo e fuori dalla presenza diretta dell’insegnante. Analogamente, un’altra pronuncia ha negato il risarcimento ai genitori di un bambino caduto durante la ricreazione: in quel caso la caduta era avvenuta nonostante la presenza di un collaboratore scolastico che sorvegliava, senza che vi fossero situazioni di pericolo specifico segnalate – circostanza che ha portato i giudici ad escludere una responsabilità della scuola, in quanto l’evento è risultato accidentale e non imputabile a negligenza nella vigilanza (Cass. civ., Sez. III, ord. n. 25337/2025). Queste decisioni evidenziano un punto fondamentale: la scuola non è assicuratrice di ogni incidente; se l’evento dannoso non era prevedibile con la normale diligenza, l’istituto non ne risponde. Di contro, quando un infortunio deriva da carenze organizzative o dalla mancata adozione di misure preventive doverose, la responsabilità scolastica è configurabile. Ad esempio, se un laboratorio scientifico presenta strumenti pericolosi lasciati incustoditi e un alunno si fa male, oppure se durante un’uscita didattica viene violata una norma di sicurezza, la scuola difficilmente potrà sottrarsi al risarcimento. In sintesi, la soglia di diligenza richiesta alla scuola è molto alta, ma vi sono margini di esonero in presenza di eventi del tutto imprevedibili o istantanei, che nemmeno una sorveglianza attenta avrebbe potuto evitare.
Bullismo e aggressioni: responsabilità dell’istituto per i fatti tra studenti
Un capitolo particolarmente delicato è quello del bullismo e delle violenze tra compagni. Purtroppo gli episodi di sopraffazione, offese o addirittura aggressioni fisiche e sessuali in ambito scolastico non sono mancati, e hanno dato luogo a richieste di risarcimento verso le scuole per omessa vigilanza. In linea generale, l’istituto scolastico può essere chiamato a rispondere anche delle prepotenze tra studenti quando si dimostri che il personale non ha adottato le misure ragionevoli per prevenire e bloccare sul nascere quei comportamenti. La responsabilità può derivare sia dall’art. 2048 c.c. (culpa in vigilando) sia dall’inadempimento contrattuale agli obblighi di protezione. I giudici hanno riconosciuto il diritto al risarcimento in casi in cui la scuola era stata troppo tollerante o distratta di fronte a segnali evidenti di bullismo. Emblematico è il caso di una studentessa di una scuola superiore abruzzese, vittima di gravi atti di bullismo e molestie da parte di un compagno: la ragazza fu ripetutamente insultata e umiliata, e subì persino coercizioni di natura sessuale da parte del bullo. Dalla ricostruzione processuale emerse che la scuola era a conoscenza di alcuni episodi (tanto che aveva irrogato una sospensione disciplinare, rivelatasi però inadeguata) e non aveva preso provvedimenti efficaci per tutelare la vittima. La Corte d’Appello ha condannato l’istituto scolastico a risarcire la studentessa, riconoscendo che vi era stata una colpevole omissione di interventi tempestivi e idonei a prevenire il protrarsi degli atti di bullismo, in violazione del dovere di vigilanza (Corte App. L’Aquila, sent. n. 985/2024). In situazioni del genere, la scuola risponde non solo per i danni fisici, ma anche per il danno morale e psichico sofferto dalla vittima, considerando l’impatto traumatico che le persecuzioni subite in giovane età possono avere sul piano psicologico (ansia, depressione, disturbo post-traumatico da stress). Va detto che non sempre le pretese risarcitorie vengono accolte: se la scuola prova di aver fatto tutto il possibile e che gli episodi di bullismo non erano conoscibili o evitabili, l’azione di responsabilità può essere rigettata. Ad esempio, il Tribunale di Milano in un caso del 2025 ha escluso la colpa della scuola in assenza di evidenze di precedente allarme: la vittima non aveva mai segnalato le vessazioni subite e i docenti non avevano potuto oggettivamente rilevare anomalie prima dell’evento culminante, risultato improvviso e imprevedibile. In tal caso, mancando la prova di negligenza del personale, la domanda di risarcimento è stata respinta. L’onere della prova grava dunque sui genitori: devono dimostrare il nesso tra insufficiente vigilanza scolastica ed evento dannoso. Tuttavia, come già sottolineato, la posizione della scuola è particolarmente delicata: anche senza una colpa grave individuale del singolo insegnante, l’istituto in quanto organizzazione può andare incontro a responsabilità oggettiva ex art. 2048 c.c. per il fatto illecito di un allievo ai danni di un altro, se non dimostra di aver predisposto ogni misura idonea ad evitarlo.
Violenza degli adulti a scuola: la responsabilità per atti di docenti e personale
Un discorso a parte riguarda le condotte illecite poste in essere dal personale scolastico stesso ai danni degli allievi – evenienze rare ma purtroppo non sconosciute, che comprendono casi di maltrattamenti o abusi sessuali da parte di insegnanti o altri dipendenti. In queste circostanze l’ordinamento è ancora più rigoroso verso la scuola: la Cassazione ha infatti affermato che l’amministrazione scolastica è chiamata a rispondere anche di tali fatti gravissimi, pur commessi dal dipendente per fini del tutto estranei a quelli educativi. La Suprema Corte, con un importante arresto, ha chiarito che gli episodi di abuso nell’ambiente scolastico non possono mai considerarsi eventi totalmente imprevedibili o “abnormi”, tali da esimere lo Stato dal rispondere. Al contrario, proprio il contesto di affidamento dei minori ai docenti costituisce un terreno insidioso che richiede speciali cautele: la scuola deve predisporre ogni accorgimento ragionevole per selezionare e controllare il personale, prevenendo condotte potenzialmente lesive (Cass. civ., Sez. III, sent. n. 14980/2024). In virtù di questo principio, il Ministero dell’Istruzione (oggi MIM) può essere chiamato in causa dai genitori per il risarcimento dei danni subiti da un alunno vittima di molestie o violenza da parte di un insegnante, invocando la responsabilità indiretta dell’ente per fatto del dipendente (ex art. 2049 c.c.) oltre alla responsabilità contrattuale per violazione dell’obbligo di tutela. La Cassazione ha infatti ribadito che il contratto scolastico include l’obbligo di garantire la sicurezza degli allievi e che la presenza di personale deviante rientra nei rischi prevedibili che la scuola deve considerare e gestire. Naturalmente, ogni caso fa storia a sé e sul piano penale sarà perseguito l’autore dell’abuso; sul piano civile, però, la famiglia dell’alunno potrà ottenere il risarcimento dei danni morali, psichici e materiali anche dall’istituto e dal Ministero, che rispondono in solido in quanto non hanno impedito un fatto che era loro dovere impedire. Si tratta di un orientamento molto severo, ma comprensibilmente orientato a tutelare al massimo i minori in un luogo – la scuola – dove dovrebbero sentirsi sempre protetti. Cuius commoda, eius incommoda, recita un noto brocardo: chi trae vantaggio da un’attività ne sopporta anche gli oneri e le conseguenze. La scuola, che esercita la sua alta funzione educativa tramite il personale, deve anche farsi carico dei comportamenti dannosi posti in essere da quest’ultimo nell’esercizio delle sue mansioni o connessi ad esse. In definitiva, dagli illeciti tra pari a quelli addebitabili a docenti o collaboratori, l’istituzione scolastica è investita di una posizione di garanzia verso gli allievi a 360 gradi.
Conclusioni: una scuola sicura è un diritto
Come abbiamo visto, la giurisprudenza più recente traccia un quadro chiaro: la scuola è responsabile ogni qualvolta un allievo subisca un danno che era prevenibile attraverso una sorveglianza diligente e misure organizzative adeguate. I tribunali riconoscono il diritto al risarcimento in favore degli studenti (e delle loro famiglie) nei casi di omessa vigilanza, disciplina inadeguata e sottovalutazione dei segnali di pericolo. Di contro, nei casi in cui l’evento dannoso risulti imprevedibile o inevitabile anche con la massima prudenza – la classica “fatalità” – la scuola non viene ritenuta civilmente responsabile. “Chi apre la porta di una scuola, chiude una prigione.” – Victor Hugo. Questa celebre frase sottolinea il valore sociale dell’educazione: la scuola è il luogo in cui si formano i cittadini di domani. Proprio perché è così importante, dev’essere anche un luogo sicuro. Il nostro ordinamento pretende dagli istituti scolastici uno standard elevato di attenzione e cura: affidare un minore alla scuola significa fidarsi che quell’ambiente lo proteggerà. Quando tale fiducia viene tradita da negligenza, disorganizzazione o indifferenza, la legge offre strumenti di tutela ai genitori e agli studenti danneggiati. In caso di incidenti, atti di bullismo o altri abusi subiti in ambito scolastico, è fondamentale agire tempestivamente per far valere i propri diritti: accertare le responsabilità e ottenere un giusto risarcimento non è solo un ristoro economico, ma serve anche a stimolare le scuole ad adottare tutte le misure necessarie affinché episodi del genere non si ripetano. Del resto, una scuola realmente sicura e attenta è parte integrante del diritto allo studio: la qualità dell’istruzione passa anche dalla tutela dell’incolumità e della dignità di ogni alunno.
Redazione - Staff Studio Legale MP