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Casa con abusi edilizi: tutele e risarcimenti per l’acquirente - Studio Legale MP - Verona

L’acquisto di una casa con difformità o abusi edilizi nasconde insidie legali, ma la legge offre specifiche tutele all’acquirente: quando l’atto di vendita può essere nullo, quali rimedi spettano e come le ultime sentenze garantiscono un risarcimento completo al compratore

 

Il contesto: comprare casa e scoprire gli abusi – Per molti italiani la casa rappresenta un investimento sicuro e un rifugio per il futuro. «Compra terreno: non ne fabbricano più ormai», scherzava Mark Twain per sottolineare il valore intramontabile degli immobili. Eppure, dietro l’acquisto di un’abitazione possono celarsi spiacevoli sorprese. Uno dei rischi più insidiosi è scoprire, dopo il rogito, che l’immobile presenta abusi edilizi o difformità rispetto alle licenze urbanistiche dichiarate. Si tratta di irregolarità nelle costruzioni (ampliamenti non autorizzati, cambi di destinazione d’uso, parti dell’edificio realizzate senza permesso, mancanza di certificato di abitabilità, ecc.) che non sempre sono visibili ad occhio nudo al momento della vendita. Queste situazioni mettono l’acquirente in una posizione delicata: da un lato, il bene acquistato potrebbe subire provvedimenti amministrativi (come ordini di demolizione o sanzioni); dall’altro, il valore della proprietà risulta inferiore a quanto pattuito, oltre al fatto che l’acquirente dovrà affrontare spese e procedure per regolarizzare l’immobile, se possibile. Di fronte a tali circostanze, il nostro ordinamento predispone una serie di tutele per chi ha acquistato in buona fede un immobile irregolare, sanzionando nel contempo la condotta del venditore scorretto. Fraus omnia corrumpit: l’inganno vizia ogni cosa, recita un antico adagio latino, e vendere un immobile tacendo la presenza di abusi è un comportamento che il diritto non prende alla leggera.

Nullità dell’atto in caso di abuso totale: la legge urbanistica – La prima tutela per l’acquirente è di ordine preventivo e riguarda la validità stessa del contratto di compravendita. La normativa urbanistica italiana, già con la legge n. 47/1985 (oggi confluita nel Testo Unico Edilizia, D.P.R. 380/2001), prevede che gli atti di trasferimento di immobili devono contenere specifiche dichiarazioni in ordine alla conformità edilizia. In particolare, il venditore deve dichiarare nell’atto gli estremi del titolo abilitativo edilizio (licenza, concessione o permesso di costruire) oppure che l’immobile è stato costruito prima del 1° settembre 1967 (data spartiacque dopo la quale erano obbligatori i permessi). La sanzione per la mancanza di tali indicazioni è la nullità dell’atto di vendita. In passato si riteneva addirittura nulla ogni compravendita riguardante un immobile con abuso edilizio, anche parziale. Su questo punto c’è stata un’evoluzione: le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sent. n. 8230/2019) hanno chiarito che la nullità colpisce solo gli atti che omettono del tutto la menzione dei titoli edilizi oppure attestano titoli inesistenti. In sostanza, se nel rogito manca o è falsificata la dichiarazione sul permesso di costruire, la vendita è nulla. Viceversa, se il venditore ha dichiarato un titolo reale e pertinente, l’atto rimane valido anche se successivamente si scoprono difformità o piccoli abusi rispetto a quel titolo. Ciò significa che l’acquirente non perde automaticamente la proprietà, ma dovrà far valere altri rimedi. Questa interpretazione più rigorosa sul piano formale ha lo scopo di evitare nullità “a sorpresa” dopo anni, pur senza legittimare l’abuso: l’immobile abusivo resta incommerciabile se manca la dichiarazione di conformità nell’atto, mentre in presenza di dichiarazioni formali corrette ma opere irregolari, la vendita resta efficace e si passa a rimedi risarcitori o risolutori.

Vizi occulti e oneri non apparenti: i diritti dell’acquirente ingannato – Quando l’atto di compravendita non è nullo (perché formalmente in regola) ma l’immobile compravenduto presenta abusi edilizi non dichiarati, si configura un grave inadempimento del venditore verso l’acquirente. In questo caso interviene la disciplina civilistica sui vizi della cosa venduta e sugli oneri occulti. In particolare, l’art. 1489 del Codice Civile tutela il compratore quando sul bene gravano vincoli o oneri non apparenti, non dichiarati dal venditore, che ne diminuiscono il libero godimento o il valore. Un abuso edilizio rientra proprio tra questi oneri occulti: implica infatti un disvalore e un rischio legale per l’acquirente, che al momento del contratto non era riconoscibile. La legge consente al compratore, in tali frangenti, di agire in diversi modi. In primo luogo, può chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento, restituendo l’immobile in cambio della restituzione del prezzo pagato (come previsto anche dagli artt. 1490 e 1492 c.c. in materia di vizi). In alternativa, l’acquirente può scegliere di mantenere la proprietà e chiedere la riduzione del prezzo, venendo rimborsato di una somma proporzionata al minor valore del bene dovuto alle irregolarità. In ogni caso, sia che opti per la risoluzione sia che preferisca la riduzione del prezzo, l’acquirente ha diritto anche al risarcimento dei danni ulteriori subiti (art. 1489 c.c.). Ciò include, ad esempio, le spese tecniche e legali affrontate, i costi di un’eventuale sanatoria o demolizione delle parti abusive, il danno per la perdita di tempo e opportunità, ecc. Va evidenziato che qualora il venditore abbia taciuto dolosamente l’esistenza degli abusi – ad esempio dichiarando falsamente che tutto era regolare – la sua condotta integra anche truffa contrattuale. In alcuni casi, i venditori di immobili con abusi significativi sono stati perseguiti penalmente: la vendita con inganno può costare una condanna per truffa ai danni dell’acquirente. Nel nostro ordinamento civile, comunque, non è necessario provare il dolo per ottenere tutela: basta anche la colpa del venditore (ossia la mancata diligenza nel verificare e comunicare la situazione urbanistica) perché scattino i rimedi contrattuali a favore dell’acquirente.

Le recenti sentenze: risarcimento integrale e “doppio danno” – La giurisprudenza recente si è occupata più volte di vendite di immobili con abusi, affinando la portata delle tutele per l’acquirente. Una pronuncia di particolare rilievo è la Corte di Cassazione, Sez. III civile, ord. n. 28765/2024 (depositata il 7 novembre 2024). Il caso riguardava un immobile venduto con difformità edilizie non dichiarate: l’acquirente, una volta scoperto l’abuso, aveva chiesto i danni. La Cassazione ha confermato il diritto del compratore a un risarcimento pieno e autonomo per ciascuna voce di danno sofferta. In particolare, ha stabilito che le spese necessarie a rimuovere o sanare l’abuso edilizio non escludono il risarcimento per il deprezzamento commerciale dell’immobile. Sono infatti due conseguenze distinte: da un lato i costi per regolarizzare (es. demolire la parte abusiva, presentare pratiche in sanatoria, pagare eventuali sanzioni), dall’altro la perdita di valore del bene una volta eliminati gli ampliamenti o le modifiche non autorizzate. Il venditore sosteneva che riconoscere entrambe le voci fosse un “doppio risarcimento” per lo stesso danno, ma la Suprema Corte ha rigettato questa tesi: la diminuzione di valore dell’immobile è un danno diverso e ulteriore rispetto al costo di ripristino. Dunque all’acquirente spettano sia il rimborso delle spese tecniche per mettere a norma la casa, sia una somma a compensazione del fatto che, dopo tali interventi, l’immobile risulterà privo di quelle opere (per esempio una veranda o una stanza in più) e quindi varrà meno di quanto pagato. Si tratta di un principio molto importante in favore dei compratori, perché garantisce un risarcimento integrale. In passato, qualche giudice riteneva che, eliminato l’abuso, il problema fosse risolto riconoscendo solo il costo dei lavori. Oggi invece è chiaro che chi acquista in buona fede ha diritto ad essere messo nella condizione economica in cui sarebbe se l’immobile fosse stato come promesso: se ciò non è possibile, deve ottenere l’equivalente monetario. Sempre la Cassazione (ord. n. 28765/2024 cit.) sottolinea che questo rientra nell’applicazione dell’art. 1489 c.c. e della normale responsabilità contrattuale per inadempimento: non c’è alcuna ingiusta locupletazione per l’acquirente, bensì la doverosa restituzione di quanto perso a causa dell’altrui omissione. Questa sentenza lancia anche un monito per i venditori: chi cerca di “farla franca” sugli abusi confidando che l’acquirente non se ne accorga prima del rogito rischia conseguenze molto pesanti, dovendo poi rimborsare ogni danno e potendo vedersi annullare la vendita. La gravità dell’omessa dichiarazione di abusi è tale da costituire sempre un grave inadempimento contrattuale, con possibili strascichi penali e reputazionali.

Demolizione d’ufficio e tutela del proprietario incolpevole – Un ulteriore aspetto da considerare è il ruolo della Pubblica Amministrazione. L’esistenza di abusi edilizi infatti può dar luogo a provvedimenti amministrativi anche molti anni dopo la loro realizzazione. Ci si potrebbe chiedere: se l’abuso è molto risalente nel tempo e l’acquirente lo scopre solo dopo l’acquisto, l’autorità può ancora intervenire? La risposta è sì: gli abusi edilizi non si prescrivono dal punto di vista amministrativo, fatta salva l’eventuale possibilità di sanarli se conformi alle norme attuali. Una recente sentenza della Cassazione penale (Sez. III, n. 28545/2024 del 16 luglio 2024) ha ribadito che un’ingiunzione comunale di demolizione può essere legittimamente eseguita anche a decenni di distanza, senza che ciò violi principi di proporzionalità. In quel caso, un ordine di demolire emanato negli anni ‘90 era stato notificato ai proprietari molti anni dopo: la Cassazione ha confermato che l’interesse pubblico alla repressione dell’abuso edilizio consente l’esecuzione tardiva dell’ingiunzione, e l’eventuale decorso del tempo non cancella il dovere di ripristinare la legalità violata. Questo principio è cruciale per l’acquirente inconsapevole: significa che egli potrebbe trovarsi a subire le conseguenze di un abuso commesso dal precedente proprietario (ad esempio vedersi recapitare un’ordinanza di demolizione per un manufatto irregolare). In tali frangenti l’acquirente ha comunque diritto di rivalersi sul venditore che lo ha ingannato, ma deve intanto fronteggiare il procedimento amministrativo. È bene sapere che la legge offre alcuni strumenti di tutela specifici. Ad esempio, se il Comune ordina la demolizione e l’abuso non è sanabile, il proprietario attuale – se estraneo all’illecito – può chiedere di sospendere la demolizione offrendo la cosiddetta remissione in pristino a proprie spese, o valutare col proprio legale se vi siano profili di impugnazione dell’atto amministrativo. In ogni caso, l’acquirente incolpevole ha diritto a trasferire sul responsabile (il venditore) il peso economico di tali conseguenze. Degna di nota è anche una pronuncia della Corte Costituzionale (sent. n. 160/2024, depositata il 3 ottobre 2024), la quale è intervenuta proprio per bilanciare gli interessi in gioco quando scatta la più grave sanzione urbanistica: la confisca dell’immobile abusivo. Secondo l’art. 31 T.U. Edilizia, se il proprietario non demolisce un’opera abusiva dopo l’ingiunzione, il bene viene acquisito gratuitamente al patrimonio del Comune. La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità delle norme nella parte in cui non tutelavano il creditore ipotecario inconsapevole: in sostanza, se su quell’immobile c’è un’ipoteca (magari perché il proprietario precedente aveva acceso un mutuo), la confisca rischiava di cancellare la garanzia del creditore. Ora, grazie alla sentenza n. 160/2024, la legge deve essere letta nel senso che l’ipoteca precedente alla trascrizione dell’abuso resta valida e può gravare sul bene anche dopo l’acquisizione al Comune. È un intervento molto tecnico, ma significativo: tutela chi aveva concesso credito in buona fede (ad esempio la banca mutuante o un privato che vantava un’ipoteca) evitando che perda ogni diritto a causa dell’altrui abuso. Per l’acquirente di un immobile, questo si traduce in una maggiore certezza nei rapporti con eventuali finanziatori e nel fatto che le autorità e i giudici sono sempre più attenti a non far ricadere completamente sugli innocenti le conseguenze degli illeciti urbanistici commessi da altri.

Come prevenire e rimediare: consigli pratici – Di fronte a questa complessa materia, la parola d’ordine è prevenzione. Chi si appresta ad acquistare un immobile dovrebbe sempre effettuare, prima del rogito, accurati controlli urbanistici e catastali. È consigliabile far svolgere a un tecnico (geometra, architetto o ingegnere) un sopralluogo e un confronto tra lo stato di fatto e i progetti depositati in Comune, per verificare che non vi siano difformità. Inoltre, si può richiedere al venditore di esibire il certificato di conformità edilizia e agibilità. Ogni informazione fornita dal venditore dovrebbe essere messa per iscritto nel contratto preliminare e nel rogito, così da costituire garanzia. In questa fase, un avvocato può assistervi per inserire clausole a vostra tutela (ad esempio la dichiarazione espressa del venditore sull’assenza di abusi, con possibilità di risolvere il contratto e ottenere penali in caso di false dichiarazioni). Se invece avete già acquistato e scoperto successivamente un abuso, è fondamentale agire tempestivamente: contestate per iscritto al venditore il vizio riscontrato appena ne venite a conoscenza, raccogliete prove (perizie tecniche, documenti comunali, fotografie) e rivolgetevi a un legale per valutare la strategia migliore. Potrete ottenere in sede giudiziaria l’annullamento della vendita o la riduzione del prezzo, con risarcimento di tutti i danni. La legge è dalla parte dell’acquirente in buona fede, ma i passi da compiere richiedono competenza tecnica e giuridica. Non affrontate da soli la questione: una mossa sbagliata – come eseguire opere abusive sperando di sanarle informalmente, o continuare a tacere sperando nella prescrizione – potrebbe complicare la situazione. In somma, l’abuso edilizio nascosto è un nemico insidioso ma non invincibile: con l’assistenza giusta, è possibile far valere i propri diritti e trasformare quella che sembrava una tragedia in un epilogo almeno economicamente equo.

 

Conclusioni“Trust, but verify”, dice un noto adagio anglosassone: fidati, ma verifica. Nel mercato immobiliare, mai consiglio fu più azzeccato. La normativa italiana oggi offre robusti strumenti di tutela per chi, dopo aver riposto fiducia nel mattone, scopre di essere stato ingannato da un abuso edilizio occulto. Le ultime riforme giurisprudenziali mirano a equilibrare gli interessi in gioco: da un lato, l’esigenza di legalità urbanistica (nessun abuso deve restare impunito); dall’altro, la protezione di chi non ha colpa. L’acquirente onesto può far valere la nullità dell’atto se l’irregolarità formale è macroscopica, oppure ottenere giustizia attraverso risoluzione, riduzione del prezzo e risarcimenti integrali, secondo il principio che il danno va completamente riparato. Rimane essenziale, tuttavia, agire con prudenza e tempestività. L’esperienza dimostra che affidarsi a professionisti – avvocati e tecnici – prima e dopo l’acquisto fa la differenza nel prevenire problemi o nel risolverli con successo. Una casa dovrebbe essere un luogo di sicurezza, non fonte di incubi legali: la legge c’è per assicurare che, alla fine, la bona fides dell’acquirente prevalga sulle furbizie altrui.

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  • 20 novembre 2025
  • Redazione

Autore: Redazione - Staff Studio Legale MP


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