Quando si accetta un’eredità, il primo pensiero va spesso ai beni e agli immobili lasciati in successione. Tuttavia, è altrettanto frequente trovarsi di fronte a debiti, in particolare verso l’Erario. Ma tra imposte arretrate e cartelle esattoriali, gli eredi devono rispondere anche delle sanzioni tributarie inflitte al defunto? A chiarirlo interviene la Corte di Cassazione, riaffermando un principio fondamentale del diritto successorio e tributario.
La normativa vigente disciplina chiaramente la sorte delle sanzioni fiscali alla morte del contribuente. Ai sensi dell’art. 8 del D.Lgs. n. 472/1997, si stabilisce che «L’obbligazione al pagamento della sanzione non si trasmettli eredi».
Tale disposizione è stata ribadita dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 8684/2025, secondo cui le sanzioni irrogate per violazioni fiscali commesse dal de cuius non possono gravare sui suoi successori.
Nel concreto, quando l’Agenzia delle Entrate o l’Agente della Riscossione trasmettono agli eredi un avviso di accertamento o una cartella esattoriale, all’interno possono comparire tre voci distinte:
La distinzione fondamentale:
La ratio è chiara: mentre imposte e interessi rappresentano debiti patrimoniali che possono essere ereditati, le sanzioni hanno natura afflittiva e personale. Servono a punire una condotta scorretta compiuta dal defunto, e come tali non possono essere imputate a chi quella condotta non l’ha tenuta.
Le sanzioni amministrative tributarie derivano da un comportamento illecito personale del contribuente. Secondo quanto precisato dalla Cassazione nella richiamata ordinanza n. 8684/2025, la responsabilità per il pagamento di tali sanzioni è strettamente personale e trova limite nel principio della personalità della responsabilità, desumibile dall’art. 27 della Costituzione e applicabile, per analogia, anche in ambito sanzionatorio amministrativo.
Non ha rilievo, in questo caso, la modalità di accettazione dell’eredità: sia che si tratti di accettazione pura e semplice, sia con beneficio d’inventario, le sanzioni si estinguono con la morte del trasgressore.
L’obbligo tributario principale (es. IRPEF, IMU, IVA, TARI) e i relativi interessi legali passano regolarmente agli eredi. In caso di mancato pagamento, il Fisco può agire nei confronti degli stessi secondo le ordinarie regole della successione ereditaria. Solo le sanzioni, per la loro funzione punitiva e personale, non seguono questa logica.
No. L’intrasmissibilità riguarda in generale tutte le sanzioni amministrative afflittive.
Oltre a quelle tributarie, anche:
Fanno eccezione le sanzioni civili, come le penali contrattuali, che possono trasmettersi, trattandosi di obbligazioni private nate da rapporti giuridici diversi (es. inadempimenti contrattuali), strettamente connesse al debito risarcitorio.
Se l’Agenzia delle Entrate notifica una cartella di pagamento che include anche le sanzioni fiscali relative a violazioni compiute dal de cuius, è opportuno controllare attentamente il contenuto. In presenza di sanzioni, è possibile presentare istanza di autotutela, allegando il certificato di morte e dichiarando il proprio status di erede. In alternativa, si può pomuovere ricorso presso la competente Corte di Giustizia Tributaria, facendo valere l’inapplicabilità delle sanzioni ai sensi dell’art. 8 del D.Lgs. 472/1997.
Se sei erede di un contribuente deceduto, sei tenuto a pagare le imposte dovute e i relativi interessi, ma non sei responsabile per le sanzioni tributarie commesse dal defunto. La legge tutela chi non ha avuto alcun ruolo nella violazione.
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Avv. Marco Panato, avvocato del Foro di Verona e Dottore di Ricerca in Diritto ed Economia dell’Impresa – Discipline Interne ed Internazionali - Curriculum Diritto Amministrativo (Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Verona).
E' autore di pubblicazioni scientifiche in materia giuridica, in particolare nel ramo del diritto amministrativo. Si occupa anche di docenza ed alta formazione.