Responsabilità medica tra omissioni e diagnosi errate: la giurisprudenza ribadisce i diritti del paziente e l’obbligo di diligenza del sanitario
Quando si è vittime di un errore medico, sapere come muoversi è fondamentale. Due recenti pronunce – una della Corte di Cassazione e una della Corte d’Appello dell’Aquila – chiariscono aspetti cruciali in tema di responsabilità sanitaria, fornendo indicazioni pratiche per chi intende tutelare i propri diritti.
La responsabilità medica è disciplinata dal Codice Civile, nonché dalla Legge Gelli-Bianco (L. 24/2017), che prescrive l’obbligo per il professionista sanitario di agire secondo linee guida e buone pratiche clinico-assistenziali. Ai sensi dell’art. 328 del Codice Penale, il rifiuto ingiustificato di atti d’ufficio configura il reato di omissione di soccorso.
Come chiarito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 17489/2025, anche un singolo episodio può dar luogo a responsabilità penale e civile se viene accertata la volontà di sottrarsi all’obbligo di assistenza, specie se in presenza di un soggetto in stato di bisogno.
Nel caso deciso dalla Cassazione, un medico di guardia si era rifiutato di visitare un paziente in evidente stato di malessere. Il soggetto, in seguito a uno svenimento per abuso di alcolici, aveva riportato un trauma cranico. Nonostante la richiesta d’intervento, il sanitario aveva omesso ogni forma di soccorso.
I giudici hanno statuito che l’assunzione di un antidolorifico da parte del medico non giustifica il mancato intervento, evidenziando la necessità di valutare con rigore le condizioni del paziente. L’elemento soggettivo del dolo è stato ritenuto sussistente, in quanto la condotta omissiva è risultata consapevole e volontaria. La condanna ha incluso anche una sanzione pecuniaria.
Diverso ma altrettanto significativo è il caso esaminato dalla Corte d’Appello dell’Aquila (sentenza n. 25/2025), che ha riconosciuto la responsabilità dell’Azienda Sanitaria per un errore diagnostico culminato in una nefrourectomia non necessaria.
Il paziente aveva agito in giudizio lamentando un’errata diagnosi e la mancanza di un adeguato consenso informato, elementi che hanno condotto all’asportazione di un rene. La Corte ha accolto l’appello, affermando che l’intervento sarebbe stato giustificabile solo in presenza di un carcinoma in situ. Tuttavia, gli esami istologici post-operatori avevano riscontrato una semplice displasia.
La sentenza ha riconosciuto la lesione del diritto all’autodeterminazione del paziente, condannando l’ente sanitario a corrispondere un risarcimento pari a 122.473,40 euro, comprensivo di danni morali e spese legali.
Dal punto di vista operativo, è fondamentale agire con tempestività per non incorrere in termini decadenziali. Ecco i principali passaggi:
1. Raccogliere la documentazione sanitaria
È necessario comprovare il danno subito. Richiedere copia della cartella clinica, referti, esami diagnostici, e qualsiasi documento attestante il percorso sanitario è il primo passo.
2. Verificare i presupposti con un consulente medico-legale
Lo studio legale, attraverso una rete di consulenti tecnico-scientifici, può valutare preliminarmente se sussistano profili di responsabilità e se sia opportuno procedere con un’azione giudiziaria.
3. Azione civile o penale?
L’azione civile è finalizzata al risarcimento dei danni, mentre quella penale può essere promossa in caso di fatti gravi (lesioni, morte, omissione di soccorso). Le due azioni possono coesistere, ma è cruciale valutare tempi, costi e onere della prova con l’assistenza di un professionista.
4. Valutare la mediazione o l’ATP (accertamento tecnico preventivo)
In molti casi, una mediazione assistita o un accertamento tecnico in fase preliminare può accelerare i tempi e favorire un accordo stragiudiziale.
Agire in ritardo: i termini per la responsabilità medica possono variare, ma in generale si ha tempo 5 anni (o 10 se si tratta di responsabilità contrattuale) per agire.
Mancata consulenza: affidarsi a pareri non qualificati può compromettere l’azione legale.
Trascurare il consenso informato: la mancanza di una firma non esclude la possibilità di aver ricevuto un’informazione verbale inadeguata. È un profilo spesso trascurato ma centrale nella valutazione della responsabilità.
Le due sentenze analizzate confermano che il paziente ha diritto a un trattamento conforme alle migliori pratiche sanitarie, ma anche a un’informazione chiara e completa. L’omissione di soccorso e l’errore diagnostico sono gravi violazioni che danno luogo a responsabilità e risarcimento.
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Avv. Marco Panato, avvocato del Foro di Verona e Dottore di Ricerca in Diritto ed Economia dell’Impresa – Discipline Interne ed Internazionali - Curriculum Diritto Amministrativo (Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Verona).
E' autore di pubblicazioni scientifiche in materia giuridica, in particolare nel ramo del diritto amministrativo. Si occupa anche di docenza ed alta formazione.