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Recupero crediti aziendali: strategie legali e novità recenti - Studio Legale MP - Verona

Come le imprese possono recuperare crediti insoluti tra soluzioni stragiudiziali, riforme legislative e strumenti legali efficaci.

Il recupero crediti per le aziende è un processo cruciale per mantenere la liquidità e l’equilibrio finanziario. Ogni impresa può trovarsi ad affrontare clienti morosi o fatture non pagate, ed è fondamentale conoscere le strategie legali disponibili per recuperare i crediti insoluti in modo rapido ed efficiente. In primo luogo, vige il principio classico del pacta sunt servanda (i patti devono essere rispettati), a ricordare che gli accordi contrattuali – e dunque i pagamenti dovuti – vanno onorati. Come recita un famoso proverbio latino, “omne promissum de iure debitum est” (ogni promessa è un debito): impegni e contratti creano obbligazioni vincolanti. Le imprese creditrici possono far leva su questo principio negoziale e giuridico per esigere quanto pattuito.

Soluzioni stragiudiziali e negoziali: Prima di attivare un’azione legale, è buona prassi tentare un recupero stragiudiziale. Ciò include l’invio di solleciti di pagamento formali (lettere di messa in mora) e la negoziazione di piani di rientro o transazioni. La recente riforma della giustizia ha potenziato gli strumenti ADR (Alternative Dispute Resolution), in particolare la mediazione civile. La Riforma Cartabia ha esteso l’obbligo di mediazione a diverse materie legate al recupero crediti: oggi, prima di citare in giudizio il debitore, occorre tentare la conciliazione per controversie su contratti bancari, finanziari e assicurativi (ad esempio mutui, scoperti di conto, prestiti non rimborsati, premi assicurativi non pagati). In queste ipotesi, la mediazione è condizione di procedibilità: il creditore deve rivolgersi a un organismo di mediazione accreditato e cercare un accordo bonario con il debitore, con l’assistenza di un mediatore professionista. Questo passaggio è pensato per favorire soluzioni rapide ed evitare lunghe cause, preservando magari relazioni commerciali di valore. Va precisato però che tale obbligo non impedisce al creditore di agire prontamente: si può richiedere subito un decreto ingiuntivo senza attivare la mediazione; solo se il debitore fa opposizione al decreto ingiuntivo, allora si dovrà svolgere il tentativo di mediazione prima di procedere nel giudizio. In pratica, ciò significa che l’azienda creditrice può ottenere un titolo esecutivo provvisorio in tempi brevi (anche 30-40 giorni per un’ingiunzione non opposta), e affrontare la mediazione soltanto in caso di contestazione da parte del debitore, evitando ritardi inutili. Questa novità normativa tutela il creditore diligente e velocizza il recupero.

Un celebre aforisma letterario di Oscar Wilde recita ironicamente: “Soltanto non pagando una cambiale si può sperare di rimanere nella memoria degli uomini d'affari.”. La battuta evidenzia come i cattivi pagatori si facciano ricordare – ed è proprio ciò che le aziende vogliono evitare, agendo con tempestività per incassare i crediti. In un’ottica professionale, è consigliabile mantenere un dialogo aperto col debitore, magari proponendo soluzioni sostenibili (dilazioni di pagamento, rateizzazioni o saldo e stralcio) prima di ricorrere al tribunale. Tuttavia, è altrettanto importante non permettere che i tempi si dilatino eccessivamente: ogni giorno di ritardo nell’attivarsi può ridurre le chance di recupero, specie se il debitore versa in difficoltà economiche. Nel 2025 sono entrate in vigore nuove disposizioni (D.lgs. 216/2024) che hanno reso la mediazione ancora più flessibile ed efficace, ad esempio consentendo incontri da remoto e sospendendo meno termini processuali durante l’estate. Tali miglioramenti mirano a incentivare le soluzioni bonarie, nell’interesse di entrambe le parti.

Strumenti legali e decreti ingiuntivi: Se la via amichevole fallisce, l’azienda creditrice dispone di strumenti giudiziari rapidi. Il decreto ingiuntivo è uno strumento principe: si tratta di un provvedimento emesso dal giudice, su ricorso del creditore, che ingiunge al debitore di pagare entro 40 giorni (o 10 giorni se si chiede provvisoria esecutorietà). È necessario provare il credito per iscritto (es. fatture, contratti, estratti conto autenticati). Una volta ottenuto, il decreto va notificato; se il debitore non paga né si oppone entro il termine, il decreto diventa definitivo ed esecutivo. A questo punto si può passare all’esecuzione forzata: notifica di un atto di precetto e, decorso il termine di legge, avvio del pignoramento dei beni del debitore (conto corrente, stipendio, autoveicoli, immobili, ecc.). La legge fornisce ai creditori anche moderni mezzi di indagine: ad esempio, tramite l’ufficiale giudiziario si possono consultare banche dati pubbliche (Anagrafe tributaria, PRA, catasto, INPS) per scovare asset pignorabili intestati al debitore. Ciò rende più efficaci le procedure esecutive, riducendo i tentativi a vuoto.

Va ricordato che il costo del recupero crediti può essere in buona parte addebitato al debitore: il decreto ingiuntivo infatti liquida interessi legali o moratori e spese legali a favore del creditore vittorioso. In ambito commerciale B2B, il legislatore ha previsto interessi di mora particolarmente incisivi tramite il D.Lgs. 231/2002 (di recepimento di direttive UE). Questa normativa stabilisce che, in caso di ritardo nei pagamenti tra imprese, il creditore ha diritto automaticamente (senza necessità di solleciti formali) a interessi moratori ad un tasso molto elevato – significativamente più alto degli interessi civili ordinari – oltre al rimborso forfettario dei costi di recupero. Si tratta di un forte deterrente contro i ritardi: per il secondo semestre 2023, ad esempio, il tasso di mora legale nelle transazioni commerciali era fissato al 10,50% annuo (dato dalla somma del tasso BCE + 8 punti percentuali). Questo interesse “punitivo” continua a maturare finché il debitore non salda il dovuto. Pertanto, un’azienda creditrice, oltre al capitale, potrà chiedere al debitore moroso una somma aggiuntiva rilevante a titolo di interesse di ritardato pagamento, nonché un importo fisso (40 euro) per i costi di recupero, salvo maggior danno. Tale regime speciale, non derogabile in peius per il creditore, è un’arma legale importante: dura lex, sed lex, la legge può sembrare dura per i debitori ritardatari, ma serve a tutelare la parte adempiente e scoraggiare prassi scorrette.

Tutela del credito e recenti orientamenti: Oltre agli strumenti classici, le imprese dispongono di ulteriori garanzie. In caso di insolvenza conclamata del debitore (ad esempio se viene dichiarato fallito, o meglio liquidato giudizialmente secondo la nuova terminologia), il creditore deve insinuarsi al passivo del fallimento e potrà ottenere solo una soddisfazione parziale in base all’attivo disponibile. Tuttavia, l’ordinamento predispone misure per responsabilizzare chi ha causato il mancato pagamento. Per esempio, se il debitore insolvente è un’altra società, il creditore può valutare – tramite il curatore fallimentare – un’azione di responsabilità contro gli amministratori di quella società, qualora essi abbiano aggravato la situazione con mala gestio (si pensi a chi accumula debiti sapendo di non poterli onorare). Questa è un’azione particolare prevista dall’art. 2394 c.c., oggi richiamata nel Codice della Crisi: gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi di conservare l’integrità del patrimonio sociale, quando dal loro operato deriva l’insufficienza patrimoniale a pagare i debiti. In altre parole, se l’azienda debitrice fallisce e il suo patrimonio non copre i creditori, gli amministratori negligenti possono essere chiamati a risarcire il danno (danno che di regola coincide con la differenza tra attivo e passivo fallimentare). Di questo tema ci occupiamo diffusamente nel prossimo articolo. Per il momento, basti notare che i creditori non sono del tutto privi di tutela neppure quando il debitore è insolvente: grazie a tali azioni, è possibile – in casi di colpa grave o frode – far intervenire nel pagamento il patrimonio personale di chi ha amministrato scorrettamente la società debitrice.

In definitiva, le aziende hanno oggi a disposizione un ventaglio di soluzioni per il recupero crediti: dagli accordi stragiudiziali supportati dalla mediazione obbligatoria, fino ai procedimenti monitori e alle esecuzioni forzate, potendo contare su normative che premiano il creditore diligente (ad esempio con interessi moratori elevati e rimborso costi) e su una giurisprudenza aggiornata che chiude le scappatoie ai debitori. Emblematico in tal senso un recente arresto della Cassazione in materia di servicer del credito: spesso i debitori eccepivano che la società incaricata del recupero non fosse iscritta all’Albo ex art. 106 TUB (riservato agli intermediari finanziari) e dunque non legittimata a procedere. Ebbene, la Corte di Cassazione, Sez. III, 18/03/2024 n. 7243 ha stabilito che l’attività di recupero svolta da un soggetto non iscritto non inficia affatto la validità dell’azione esecutiva intrapresa in base all’incarico ricevuto dal titolare del credito; la mancata iscrizione può semmai avere rilievo sul piano amministrativo o penale, ma non annulla il diritto del creditore di agire per via giudiziaria. Questo principio garantisce che i crediti ceduti (ad esempio a società di recupero o factoring) possano essere recuperati senza intoppi procedurali dovuti a cavilli formali.

Come si evince, “dura lex, sed lex”: la legge del recupero crediti può apparire severa con chi non paga, ma è un pilastro per assicurare fiducia nelle transazioni commerciali. Le imprese farebbero bene a dotarsi di procedure interne di credit management (valutazione preventiva dei clienti, monitoraggio delle scadenze, solleciti tempestivi) e ad affidarsi a professionisti legali esperti in recupero crediti aziendali per scegliere di volta in volta la strategia più efficace. Solo così potranno evitare che crediti deteriorati erodano la propria solidità finanziaria. In fondo, come ricorda Mark Twain con una nota di saggezza: “Preoccuparsi è come pagare un debito che non hai” – meglio agire concretamente, affidandosi agli strumenti giuridici disponibili, piuttosto che logorarsi nell’inattività. Ogni promessa va mantenuta, ogni debito va saldato, e il nostro ordinamento mette a disposizione mezzi sempre più incisivi perché ciò avvenga, a beneficio di chi ha diritto di ottenere il pagamento.

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  • 09 luglio 2025
  • Marco Panato

Autore: Avv. Marco Panato


Avv. Marco Panato -

Avv. Marco Panato, avvocato del Foro di Verona e Dottore di Ricerca in Diritto ed Economia dell’Impresa – Discipline Interne ed Internazionali - Curriculum Diritto Amministrativo (Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Verona).

E' autore di pubblicazioni scientifiche in materia giuridica, in particolare nel ramo del diritto amministrativo. Si occupa anche di docenza ed alta formazione.