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Infortuni a scuola: responsabilità e risarcimenti - Studio Legale MP - Verona

Quando uno studente si fa male durante l’orario scolastico, la scuola può essere chiamata a rispondere dei danni. Le più recenti pronunce giurisprudenziali delineano con maggiore chiarezza i casi in cui l’istituto è tenuto al risarcimento degli alunni e le situazioni in cui, invece, ne è esonerato.

La scuola ha il dovere giuridico di proteggere l’incolumità e la salute degli studenti durante le lezioni e le attività scolastiche. Maxima debetur puero reverentia – “il massimo rispetto (e cura) è dovuto ai fanciulli”, ricordavano i latini. In quest’ottica, ogni genitore affida i figli alla scuola confidando che siano al sicuro. Ma cosa accade se, nonostante la vigilanza, uno studente subisce un infortunio a scuola? Negli ultimi anni la Corte di Cassazione ha affrontato più volte questo tema, chiarendo obblighi di vigilanza, oneri di prova e limiti di responsabilità a carico di scuole e insegnanti.

Obbligo di vigilanza e natura della responsabilità – L’iscrizione di un alunno a un istituto scolastico fa sorgere in capo alla scuola un vero e proprio obbligo contrattuale di tutela. Accogliendo lo studente, la scuola instaura un rapporto giuridico dal quale deriva l’obbligazione di vigilare costantemente sulla sicurezza e sull’incolumità dell’allievo durante tutto il tempo in cui fruisce delle attività scolastiche (comprese le ricreazioni, l’educazione fisica, ecc.). Questo principio, affermato dalla Cassazione, significa che la scuola è tenuta ad adottare tutte le misure idonee ad evitare che l’alunno subisca danni – ivi compresi quelli autoprocurati accidentalmente o causati da compagni. Si tratta di una responsabilità che ha natura contrattuale ex art. 1218 c.c., distinta ma complementare alla tradizionale responsabilità extracontrattuale per “culpa in vigilando” prevista dall’art. 2048 c.c. Quest’ultima norma – la responsabilità dei precettori – storicamente presuppone una colpa presunta degli insegnanti se l’alunno sotto la loro vigilanza causa danno a terzi. Oggi, tuttavia, la tendenza è di valutare la condotta della scuola principalmente nel quadro contrattuale: la violazione del dovere di sorveglianza costituisce un inadempimento degli obblighi assunti verso lo studente e i suoi genitori all’atto dell’iscrizione.

Il riparto dell’onere della prova – In concreto, in caso di infortunio scolastico, come si accerta la responsabilità? Data la natura contrattuale del rapporto, si applica il regime probatorio dell’art. 1218 c.c.: lo studente infortunato (attore) deve provare che il danno è avvenuto a scuola durante lo svolgimento del rapporto scolastico, mentre spetta alla scuola (convenuta) dimostrare che l’evento lesivo è dipeso da una causa non imputabile né all’istituto né ai docenti. In altre parole, una volta provato che l’incidente è accaduto nel tempo e luogo dell’attività scolastica, si presume un inadempimento della scuola al dovere di vigilanza; per andare esente da responsabilità, l’istituto deve provare di aver adottato tutte le cautele necessarie in relazione alle circostanze concrete, restando comunque il fatto dannoso inevitabile. È il medesimo criterio che si applica in generale ai debitori in ambito contrattuale: la scuola risponde dei sinistri occorsi agli allievi a meno che non dia prova rigorosa del caso fortuito, ossia di una situazione imprevedibile e inevitabile anche con la massima diligenza. Ad esempio, la Cassazione ha escluso la responsabilità di una scuola per un infortunio occorso a uno studente scivolato da solo su una sedia (cadendo e procurandosi lesioni) quando è emerso che il personale scolastico aveva sorvegliato adeguatamente e il sinistro è avvenuto in modo istantaneo e imprevedibile. In tal caso – deciso con ordinanza n. 14720/2024 della Terza Sezione Civile – la Corte ha cassato le precedenti sentenze favorevoli all’alunno, ritenendo che l’istituto avesse fornito la prova liberatoria: l’evento dannoso era avvenuto per una causa non imputabile alla scuola, la quale aveva rispettato i propri doveri di vigilanza. Il principio generale, dunque, è che la scuola risponde se un infortunio era prevedibile ed evitabile attraverso una vigilanza diligente; viceversa, nessun risarcimento è dovuto se l’evento è accidentale e si verifica nonostante tutte le precauzioni del caso.

L’età dello studente conta: vigilanza “crescente” al diminuire dell’età – Un importante criterio emerso dalla recente giurisprudenza è che l’ampiezza del dovere di sorveglianza varia in funzione dell’età e del grado di maturità degli allievi. In termini semplici, più i ragazzi sono piccoli e meno consapevoli dei rischi, maggiore è l’obbligo di controllo gravante su docenti e istituto; al contrario, man mano che gli studenti si avvicinano alla maggiore età e acquisiscono piena capacità di discernimento, la sorveglianza può essere meno stringente. «Il contenuto dell’obbligo di vigilanza è inversamente proporzionale all’età degli alunni», ha affermato la Cassazione, significando che – a parità di altre condizioni – un bambino delle elementari richiede una vigilanza assai più assidua rispetto a un diciassettenne prossimo all’esame di maturità. Proprio su questo aspetto si è espressa di recente la Cassazione civile, Sez. III, ord. n. 27923/2025 (depositata il 20 ottobre 2025). Il caso riguardava un incidente avvenuto in palestra: un ragazzo di 17 anni, al termine dell’ora di educazione fisica, era stato colpito in volto in modo accidentale dal casco di un compagno, riportando la rottura di due denti. Il fatto era accaduto nello spogliatoio maschile, dove la docente (di sesso femminile) non poteva entrare per controllare direttamente. La Suprema Corte, confermando la decisione dei giudici d’appello, ha negato qualsiasi risarcimento allo studente. Ha motivato che nel caso di un alunno quasi maggiorenne l’istituto non è tenuto a un monitoraggio costante e ininterrotto, potendo fare affidamento sul senso di responsabilità e sulla capacità di autocontrollo ormai sviluppata nell’allievo. In situazioni simili, l’eventuale comportamento imprudente o scoordinato di un diciassettenne (come un gesto maldestro di un compagno che maneggia un casco) va considerato imprevedibile: la scuola non può prevenire ogni singolo atto istantaneo tra studenti maturi, se ha messo in atto le normali misure di sorveglianza. Non vi è “culpa in vigilando” quando gli allievi sono prossimi all’età adulta e l’episodio dannoso deriva da un loro gesto estemporaneo, che l’istituto non avrebbe potuto ragionevolmente anticipare senza violare la normale libertà degli studenti. Questa decisione della Cassazione (ord. n. 27923/2025) ribadisce dunque un concetto di buon senso: per gli studenti maggiori di età o quasi, la scuola non ha un obbligo di controllo minuto per minuto paragonabile a quello dovuto verso bambini piccoli. In tali casi, salvo circostanze eccezionali, il verificarsi di un incidente può essere valutato come evento eccezionale non imputabile all’istituto.

Alunni con disabilità: obblighi di sorveglianza rafforzati – All’estremo opposto, se uno studente ha particolari fragilità o disabilità che ne riducono l’autonomia, il dovere della scuola di prevenire gli infortuni diventa ancor più stringente. La vigilanza deve essere “adeguata alle condizioni psicofisiche dell’allievo”: la scuola è tenuta a predisporre tutte le misure necessarie a tutela di uno studente disabile, in proporzione alle sue esigenze speciali. Un recente caso affrontato dalla Cassazione lo dimostra chiaramente. Con l’ordinanza n. 28269 del 24 ottobre 2025, la Terza Sezione Civile ha condannato il Ministero dell’Istruzione per i gravi danni subìti da una studentessa affetta da disabilità motoria, caduta lungo le scale interne della scuola. La ragazza presentava, da diagnosi funzionale, un grave ritardo psicomotorio e difficoltà nella deambulazione. Ebbene, secondo la Corte, la caduta doveva considerarsi un evento prevedibile, proprio alla luce delle condizioni dell’alunna, e l’istituto scolastico non aveva adottato le cautele adeguate. In particolare è stato ritenuto insufficiente aver fatto affidamento sul solo corrimano: data la situazione, la scuola avrebbe dovuto assicurare un accompagnamento personale durante gli spostamenti sulle scale, ad esempio disponendo la presenza accanto alla studentessa di un assistente o di un insegnante di sostegno in funzione di supporto fisico. La mancata predisposizione di questa misura ha integrato una omessa vigilanza grave, fonte di responsabilità. La Suprema Corte ha quindi confermato l’obbligo risarcitorio a carico dell’istituto, sottolineando come il parametro della “imprevedibilità” dell’evento lesivo vada tarato sulle condizioni specifiche dell’allievo: ciò che può essere imprevedibile per un ragazzo normodotato, potrebbe non esserlo affatto per un alunno disabile noto per particolari limitazioni. Questo principio chiama le scuole a un’attenta valutazione caso per caso: il dovere di diligenza richiede di prevenire non solo i pericoli comuni, ma anche quelli peculiari legati allo stato di salute e alle abilità di ciascun studente.

Conclusioni: responsabilità sì, ma non illimitata – Dalla panoramica delle più recenti sentenze emergono due aspetti chiave. Da un lato, viene confermato in pieno il ruolo della scuola come “garante” dell’incolumità degli allievi: l’istituzione scolastica deve farsi carico della sicurezza degli studenti mentre sono affidati alla sua sfera di controllo, adottando standard elevati di prudenza e mezzi di prevenzione. Dall’altro lato, però, la responsabilità della scuola non è oggettiva né automatica: occorre pur sempre una mancanza di diligenza da parte dell’istituto. La colpa della scuola – nella forma di negligenza, imprudenza o imperizia nell’organizzare la sorveglianza – costituisce il presupposto indispensabile per ottenere un risarcimento. Fintanto che la scuola prova di aver agito con tutta la prudenza e l’attenzione dovute (tenuto conto dell’età e delle condizioni degli allievi, del contesto e dei rischi specifici), nessuna condanna potrà esserle mossa per un infortunio occorso. “Nullum crimen, nulla poena sine culpa”: non c’è responsabilità senza colpa. Questo antico principio, applicato in sede civile, significa che la scuola non funge da assicuratore universale a copertura di qualsiasi incidente accada sotto il suo tetto – risponde solo dei sinistri addebitabili a una sua condotta colpevole (omissiva o commissiva). Ad esempio, se un bambino cade perché lasciato incustodito in una situazione pericolosa, oppure se un cancello scolastico è difettoso e provoca lesioni, la colpa dell’ente scolastico è evidente e attiva il diritto al risarcimento. Viceversa, se un ragazzo prossimo alla maturità si fa male per una sua distrazione imprevedibile, o se un evento fortuito si verifica nonostante la sorveglianza attiva dei docenti, la scuola non ne risponderà.

Rapporto con l’assicurazione scolastica – Una nota importante riguarda le coperture assicurative. Molte scuole hanno polizze infortuni per gli alunni, ma ciò non significa che in caso di incidente si possa chiedere direttamente l’indennizzo alla compagnia assicurativa. La Cassazione ha chiarito che non è ammessa un’azione diretta del danneggiato contro l’assicuratore della scuola (salvo particolari casi previsti dalla legge): gli studenti o i genitori devono rivolgere la richiesta risarcitoria all’istituto scolastico (e al Ministero, nel caso di scuole statali). Sarà poi l’ente assicurativo, eventualmente chiamato in manleva, a indennizzare la scuola se il sinistro rientra nelle condizioni di polizza. Questo principio è stato ribadito, tra l’altro, da Cass. civ., Sez. III, ord. n. 6496/2025, dove la Suprema Corte ha escluso la legittimazione passiva della compagnia in un giudizio promosso dai genitori direttamente contro l’assicurazione scolastica. In definitiva, il percorso corretto per ottenere giustizia in caso di infortunio scolastico è quello di accertare la responsabilità della scuola e ottenere la condanna dell’istituto (o del Ministero) al risarcimento: la presenza di un’assicurazione sarà di supporto economico alla scuola, ma non altera i presupposti legali della pretesa risarcitoria.

Come agire in caso di infortunio di uno studente – In sintesi, se un alunno subisce un danno fisico o morale durante l’orario scolastico (cadute, traumi, lesioni da aggressioni tra compagni, ecc.), i genitori – o lo stesso studente se maggiorenne – possono richiedere il risarcimento qualora vi siano elementi per ritenere che la scuola non abbia adeguatamente vigilato o sia venuta meno ai suoi doveri organizzativi di prevenzione. È fondamentale raccogliere prove dell’accaduto (relazioni mediche, testimonianze, eventuali segnalazioni di mancata sorveglianza, verbali interni) e contestare formalmente l’episodio all’istituto. Spesso la scuola – o più precisamente il Ministero, per le scuole pubbliche – viene chiamata in giudizio davanti al Tribunale civile, se non si raggiunge prima un accordo stragiudiziale. In causa, l’ente scolastico potrà essere condannato a risarcire i danni all’alunno (danno biologico per lesioni, danno morale, eventuali spese mediche e perfino danni esistenziali o perdita di chance educativa, nei casi più gravi) qualora emerga la sua responsabilità. Al contrario, se la scuola dimostra di aver fatto tutto il possibile e che l’evento è avvenuto per factum principis o caso fortuito imprevedibile, la domanda risarcitoria verrà rigettata.

Conclusione pratica: ogni vicenda va valutata attentamente. “Tu diventi responsabile per sempre di ciò che hai addomesticato”, scrive Antoine de Saint-Exupéry ne Il piccolo principe: la scuola, avendo “addomesticato” (ossia preso in carico) i suoi studenti, ne è responsabile durante il tempo in cui essi le sono affidati. Tuttavia, questa responsabilità non è illimitata né automatica: scatta soltanto se l’istituto, in concreto, pecca di vigilanza o di prudenza. Le nuove sentenze offrono una tutela chiara agli studenti e alle famiglie, ma al tempo stesso delineano confini equi per le scuole, evitando che queste ultime debbano risarcire qualsiasi incidente a prescindere da ogni valutazione di colpa. In definitiva, quando un giovane si infortuna a scuola occorre chiedersi: la scuola avrebbe potuto prevederlo e impedirlo? Se la risposta è sì, allora sussistono i presupposti per un ristoro dei danni; se la risposta è no, l’evento rientra nella categoria degli incidenti di cui nessuno può essere ritenuto legalmente responsabile.

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  • 24 novembre 2025
  • Redazione

Autore: Redazione - Staff Studio Legale MP


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