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Diritto al sostegno: le sentenze tutelano gli studenti disabili, per una scuola inclusiva - Studio Legale MP - Verona

Le più recenti pronunce dei tribunali amministrativi italiani rafforzano il diritto all’inclusione scolastica degli alunni con disabilità. Nel 2025 i giudici hanno imposto alle scuole di garantire tutte le ore di sostegno indicate nei Piani Educativi Individualizzati, negando che carenze di organico o di bilancio possano giustificare tagli al supporto

 

Inclusione scolastica e principio di equità

“Nulla è più ingiusto che fare parti uguali tra disuguali”, ammoniva don Lorenzo Milani. Questa celebre massima riassume perfettamente il principio di equità alla base del sostegno scolastico per gli studenti con disabilità. Nel contesto educativo, trattare tutti gli alunni in modo identico può risultare profondamente ingiusto, perché chi presenta bisogni speciali richiede un supporto maggiore per raggiungere pari opportunità. Summum ius, summa iniuria, dicevano i latini: l’applicazione rigida di un’uguaglianza formale (lo stesso numero di ore per tutti) rischia di diventare la massima ingiustizia se ignora le differenti esigenze degli studenti disabili. Proprio per questo il nostro ordinamento prevede misure di sostegno dedicate: insegnanti di sostegno, assistenti alla comunicazione per studenti sordi, educatori per l’autonomia, progetti personalizzati. Tali strumenti non sono concessioni facoltative, ma veri e propri diritti degli alunni con disabilità, garanti del principio costituzionale di uguaglianza sostanziale (art. 3 Cost.). Negli ultimi anni, e in particolare con importanti sentenze del 2024–2025, i giudici italiani hanno ribadito con forza questi concetti, tracciando un confine netto: nessun taglio alle ore di sostegno può essere tollerato se compromette il diritto allo studio dello studente disabile.

 

Novità normative: dal concetto di “gravità” al “sostegno intensivo”

L’evoluzione normativa recente ha rafforzato il quadro dei diritti degli alunni disabili. La legge quadro n. 104/1992 già sanciva il diritto allo studio dei portatori di handicap (come definiti dalla legge) attraverso misure di sostegno educativo. Tuttavia, con il passare del tempo è emersa l’esigenza di aggiornare definizioni e procedure. In attuazione del progetto di riforma della disabilità (Legge Delega 227/2021), è stato emanato il D.Lgs. 3 maggio 2024 n. 62, che ha introdotto importanti novità. In particolare è stato modificato l’art. 3 della legge 104/1992, sostituendo le precedenti categorie di handicap lieve e handicap grave con una classificazione basata sul bisogno di sostegni: si parla ora di disabilità con necessità di sostegno (semplice) oppure di sostegno intensivo, in ragione della frequenza, durata e continuità del supporto necessario. Questa modifica lessicale riflette un cambiamento sostanziale: riconoscere formalmente che alcuni alunni, a causa della gravità delle loro condizioni, hanno diritto a un sostegno potenziato e continuativo per tutto l’orario scolastico. In altre parole, quando la disabilità è certificata come particolarmente significativa (ciò che prima si definiva “con connotazione di gravità”, oggi tradotto in bisogno di sostegni intensivi), lo Stato ha l’obbligo di garantire un intervento educativo di massima intensità, senza poter invocare limiti di organico. Questa innovazione normativa, in vigore dal 2024, ha fornito ai giudici uno strumento ulteriore per affermare che il diritto allo studio del disabile è incomprimibile: c’è un “nucleo essenziale” di ore di sostegno che deve comunque essere assicurato, costi quel che costi, perché da esso dipende l’effettiva possibilità per lo studente di apprendere e partecipare alla vita scolastica. I principi costituzionali (artt. 34 e 38 Cost., diritto all’istruzione e assistenza) e la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità – ratificata in Italia con L. 18/2009 – convergono nel pretendere che la scuola sia realmente inclusiva. Il legislatore, adeguando le definizioni con il D.Lgs. 62/2024, ha quindi voluto chiarire che non si tratta solo di dare “qualche ora” di supporto, ma di fornire tutto il sostegno necessario affinché l’alunno disabile raggiunga il massimo sviluppo possibile delle proprie capacità in un contesto di pari dignità rispetto ai compagni.

 

Le sentenze del 2025: ore di sostegno garantite per intero

Sulla scia delle innovazioni legislative, la giurisprudenza amministrativa nel 2025 ha emesso una serie di decisioni esemplari a tutela degli studenti con disabilità. In particolare, alcuni TAR regionali e il Consiglio di Stato hanno affrontato casi concreti in cui le ore di sostegno assegnate risultavano inferiori a quelle ritenute necessarie. Le pronunce convergono tutte su un punto: ridurre il monte ore di sostegno indicato nei documenti ufficiali (PEI) del ragazzo disabile è illegittimo e viola il diritto allo studio dello studente, a meno che non vi sia una motivazione tecnico-pedagogica valida (e non semplicemente la mancanza di insegnanti). Vediamo i casi più significativi.

T.A.R. Campania Napoli, Sez. II, sent. n. 1229/2025: Con questa sentenza, pubblicata il 12 febbraio 2025, il TAR della Campania ha affrontato il caso di uno studente con grave disabilità al quale, per l’anno scolastico 2024/2025, erano state concesse solo 18 ore settimanali di sostegno (corrispondenti a un insegnante di sostegno a tempo pieno per quell’orario), a fronte delle 40 ore settimanali di lezione previste dal tempo pieno. Addirittura la scuola non aveva ancora redatto il Piano Educativo Individualizzato (PEI) per quel ragazzo, e si era limitata ad assegnare le ore in base alle disponibilità di organico. La famiglia ha impugnato questo provvedimento sostenendo – a ragione – che 18 ore erano insufficienti rispetto ai bisogni dell’alunno, il quale aveva una certificazione di disabilità grave con diritto a sostegni intensivi (secondo la nuova terminologia introdotta). Il TAR Campania ha dato pienamente ragione ai genitori, dichiarando illegittimo l’operato dell’amministrazione scolastica. Nella sentenza il giudice afferma chiaramente che, in presenza di un alunno con necessità di sostegno intensivo, l’unica soluzione conforme a diritto è assegnare un insegnante di sostegno per l’intero orario scolastico. Vengono censurati due aspetti: da un lato la mancata tempestiva redazione del PEI, obbligatoria entro l’inizio dell’anno per quantificare i supporti necessari; dall’altro l’aver deciso unilateralmente un numero di ore (18) inferiore all’orario di frequenza senza coinvolgere il Gruppo di Lavoro Operativo (GLO) né fornire adeguata motivazione pedagogica. Il TAR sottolinea che questioni di organico o di budget non possono prevalere sul diritto fondamentale all’istruzione: se servono 40 ore di sostegno, vanno date 40 ore, e punto. In applicazione del D.Lgs. 62/2024, il giudice riconosce che qui ricorreva un “bisogno di sostegno intensivo” e che quindi lo studente doveva avere un docente di sostegno per tutte le 40 ore. La sentenza, oltre ad annullare l’assegnazione insufficiente, ordina all’amministrazione di assegnare immediatamente l’insegnante per l’intero monte ore e nomina persino un Commissario ad acta (un dirigente ministeriale) per intervenire in sostituzione se la scuola non esegue l’ordine entro 15 giorni. Si tratta di un provvedimento severo ma necessario a garantire in tempi rapidi il diritto dello studente. Inoltre il Ministero è stato condannato alle spese di lite: un segnale anche economico che disincentiva future inadempienze. Questa decisione è una delle prime ad applicare concretamente la riforma introdotta dal D.Lgs. 62/2024, con un’analisi approfondita delle nuove definizioni di disabilità e sostegni: il giudice campano mette nero su bianco che “sostegno intensivo” significa dover assicurare la copertura integrale delle ore di lezione per quegli alunni in condizioni di gravità.

T.A.R. Campania Napoli, Sez. II, sent. n. 3324/2025: Pochi mesi dopo, il 22 aprile 2025, lo stesso TAR campano ha confermato questo orientamento in una seconda pronuncia destinata a fare scuola. Anche in questo caso si trattava di un alunno con grave disabilità al quale erano state riconosciute soltanto 12 ore e mezza di sostegno su 40 settimanali. La situazione è molto simile alla precedente: l’amministrazione scolastica, invocando le “risorse disponibili”, aveva concesso circa un terzo dell’orario di lezione coperto dal sostegno, lasciando il ragazzo scoperto per il resto della settimana. Il TAR Napoli, con la sentenza n. 3324/2025, ha annullato tale assegnazione come illegittima, ribadendo principi già enunciati nella sentenza di febbraio (e in un’altra pronuncia di marzo 2025, n. 2133/2025). Quel che rende particolarmente importante questa decisione è il suo ricco apparato motivazionale: il TAR svolge un’approfondita disamina della normativa aggiornata (richiamando espressamente il D.Lgs. 62/2024) e dei principi costituzionali e internazionali in gioco. Viene citata la giurisprudenza della Corte Costituzionale, che in più occasioni – ad es. con la sentenza n. 80/2010 e n. 275/2016 – ha affermato l’obbligo per lo Stato di garantire un nucleo irrinunciabile di tutela ai disabili, a prescindere dalle ristrettezze finanziarie. In coerenza con questi principi, il TAR Campania dichiara illegittimo “qualsiasi provvedimento che assegni a un alunno disabile un monte ore di sostegno inferiore a quanto indicato nel suo PEI”. Infatti, nel procedimento di inclusione, il Piano Educativo Individualizzato – elaborato dal GLO con famiglie e specialisti – individua gli interventi necessari per quell’alunno, comprese le figure professionali di supporto e il numero di ore di sostegno settimanali. Se dal PEI (o anche solo dalla proposta del GLO) risulta che servono, poniamo, 25 ore, la scuola non può arbitrariamente tagliarle e darne meno. Un comportamento simile, nota il giudice, apre la strada al facile accoglimento di un ricorso amministrativo: di norma, tutti i genitori che si rivolgono al TAR in questi casi ottengono una sentenza che ordina di ripristinare le ore intere. Certo, osserva amaramente il TAR, questo “premia” solo chi agisce giudizialmente, creando disparità: ma proprio per questo la pubblica amministrazione dovrebbe uniformarsi spontaneamente alla legge senza costringere le famiglie a fare ricorso. La sentenza n. 3324/2025 insiste anche sul fatto che l’inclusione scolastica non è una concessione discrezionale, ma un diritto soggettivo pieno quando si tratta di misure previste dal PEI. Viene evidenziato che, una volta quantificate le ore necessarie attraverso gli strumenti tecnici (GLO, PEI), il diritto dello studente diviene esigibile al 100%, configurando – in termini giuridici – un diritto soggettivo tutelabile anche davanti al giudice ordinario. (Il TAR infatti precisa una distinzione importante: se le ore sono indicate nel PEI, la controversia attiene a un diritto soggettivo e potrebbe essere devoluta al tribunale civile; se invece manca il PEI e la quantificazione viene fatta d’ufficio dalla scuola, si resta nell’ambito degli interessi legittimi e quindi è corretto il ricorso al TAR. In ogni caso, al di là degli aspetti procedurali, la sostanza non cambia: il ragazzo ha diritto a tutte le ore di sostegno di cui ha bisogno). Anche questa pronuncia, infine, richiama la portata innovativa del D.Lgs. 62/2024: la nozione di “persona con disabilità avente diritto ai sostegni” e la distinzione tra sostegno normale e sostegno intensivo rafforzano, secondo il TAR, l’idea che c’è un legame diretto tra gravità della disabilità certificata e obbligo dello Stato di predisporre servizi proporzionati. Dove c’è più necessità, devono esserci più ore, punto e basta.

Consiglio di Stato, sent. n. 1321/2025: Anche il Consiglio di Stato – il massimo organo della giustizia amministrativa – si è espresso nel 2025 su questa materia, in sede di appello. In un caso proveniente dall’Emilia-Romagna, riguardante due alunni con sordità profonda, i giudici di Palazzo Spada hanno confermato il diritto a un supporto completo. Nello specifico, oggetto del contendere era l’assegnazione di un assistente alla comunicazione LIS (Lingua dei Segni) per un numero di ore ridotto rispetto all’orario scolastico. Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1321/2025 del 1° luglio 2025, ha respinto l’appello di un Comune che sosteneva di non poter garantire tutte le ore per questioni di budget. Anche in questa decisione si legge chiaramente che il diritto all’istruzione degli alunni disabili è un diritto fondamentale ed incondizionato, tutelato dagli artt. 2, 3 e 34 Cost., e non può essere compresso da motivi di bilancio. Richiamando la Corte Costituzionale (sent. n. 80/2010, n. 275/2016, n. 62/2020), il Consiglio di Stato evidenzia che gli enti pubblici devono sempre assicurare un “nucleo indefettibile di garanzie minime” per l’inclusione scolastica. Nel caso concreto, i PEI dei due bambini sordi prevedevano 27 ore settimanali di assistente alla comunicazione, ma l’amministrazione ne aveva concesse solo 15. Il risultato? In quelle 12 ore settimanali scoperte, i minori sostanzialmente non potevano partecipare alle lezioni, data la loro disabilità sensoriale: la loro presenza a scuola, senza supporto, diventava “inutile”. Il Consiglio di Stato afferma che questo è inaccettabile. Pur riconoscendo che un Comune ha discrezionalità nell’organizzare le risorse, i giudici chiariscono che quando una scelta amministrativa compromette integralmente un diritto fondamentale come l’istruzione, essa non è legittima. L’autonomia finanziaria dell’ente locale deve cedere il passo di fronte ai diritti inviolabili. Inoltre, il Consiglio di Stato sottolinea che il PEI, pur essendo un documento programmatico e non “vincolante” in senso stretto come un atto normativo, è fortemente orientativo: se nel PEI è indicata la necessità di tot ore di assistenza specialistica, l’ente deve attivarsi per garantirle tutte. Non basta dire “non abbiamo soldi”: bisogna eventualmente chiedere fondi aggiuntivi allo Stato, collaborare con altri enti, ma non si può lasciare un alunno privo del sostegno indispensabile. In sintesi, il Consiglio di Stato con la sent. 1321/2025 ha stabilito tre punti fermi: (1) le ore di assistenza previste dal PEI non possono essere arbitrariamente tagliate; (2) nei casi di disabilità grave (come la sordità profonda) l’assistenza deve coprire l’intero orario scolastico, altrimenti si nega di fatto il diritto allo studio; (3) le motivazioni finanziarie non giustificano la violazione di diritti costituzionali, e l’ente pubblico deve trovare soluzioni senza scaricare il problema sugli studenti. Questa pronuncia, oltre a risolvere la vicenda concreta (ordinando di ripristinare le 27 ore di assistente LIS per intero), costituisce un precedente importante a livello nazionale: ribadisce che l’inclusione scolastica è un diritto pieno e non derogabile per motivi di bilancio.

 

Cosa possono fare le famiglie: ricorsi e tutele

Le sentenze illustrate lanciano un messaggio chiaro alle istituzioni scolastiche, ma rappresentano anche un importante strumento nelle mani delle famiglie. Purtroppo, casi di ore di sostegno insufficienti o addirittura di mancata assegnazione dell’insegnante di sostegno non sono infrequenti, specie all’inizio di ogni anno scolastico. Cosa fare in queste situazioni? Prima di tutto, è fondamentale che i genitori partecipino attivamente al Gruppo di Lavoro Operativo (G.L.O.) presso la scuola e alla redazione del Piano Educativo Individualizzato. Nel PEI vanno inserite nero su bianco tutte le misure di cui l’alunno ha bisogno, comprese le ore di sostegno settimanali e l’eventuale assistenza specialistica (educatore, assistente alla comunicazione, etc.). Se la scuola tentenna nel preparare il PEI o propone un numero di ore che appare palesemente inadeguato, la famiglia dovrebbe far mettere a verbale le proprie osservazioni e richiedere formalmente un adeguamento (ad esempio allegando certificazioni mediche o la diagnosi funzionale che attestano le necessità). Documentare il bisogno è essenziale anche in vista di un eventuale ricorso.

Se nonostante le richieste il sostegno assegnato rimane inferiore a quanto necessario, ci si può rivolgere al giudice. In base alla situazione, si potrà scegliere il giudice amministrativo (TAR) oppure il giudice civile ordinario. Come accennato prima, la competenza dipende da un aspetto tecnico: se il PEI già quantifica le ore dovute e l’amministrazione le taglia, allora il diritto allo studio del disabile è già “cristallizzato” in un atto e la lesione riguarda un diritto soggettivo perfetto, che può essere tutelato davanti al tribunale civile (anche con un ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c. in caso di pregiudizio immediato). Se invece il PEI non è stato redatto o non specifica quante ore servono, e la famiglia contesta il provvedimento della scuola che assegna poche ore, la questione verte su un provvedimento amministrativo da annullare per eccesso di potere: in tal caso la competenza è del TAR del territorio. In ogni caso, i tempi sono cruciali. Un ricorso al TAR va proposto entro 60 giorni dall’atto che assegna le ore (di solito la comunicazione ufficiale del dirigente sull’organico di sostegno). Tuttavia, considerata la materia delicata, spesso è opportuno chiedere anche un provvedimento cautelare urgente: il TAR può emettere un decreto o un’ordinanza in tempi brevi per ordinare subito alla scuola di aumentare le ore, senza attendere il giudizio di merito. Analogamente, il giudice civile in sede di urgenza può disporre un provvedimento provvisorio. Le famiglie, comprensibilmente, possono sentirsi intimorite dall’idea di “fare causa” alla scuola o al Ministero. Ma le pronunce degli ultimi anni dimostrano che i giudici tendono ad accogliere le ragioni degli alunni disabili, trattandosi di tutelare diritti primari. Inoltre, spesso basta anche solo diffidare formalmente l’amministrazione (magari tramite un avvocato) perché questa riveda la propria posizione. Sapere che esiste una giurisprudenza consolidata e favorevole costituisce già un potente deterrente per le scuole: ad esempio, il Ministero dell’Istruzione, con circolari interne, invita gli Uffici Scolastici Regionali a evitare contenziosi sull’assegnazione di sostegno, proprio alla luce delle ripetute sconfitte in sede giudiziaria.

Va ricordato che, oltre all’assegnazione delle ore, ci sono altri profili di tutela correlati: se la carenza di sostegno ha provocato un danno allo studente (ad esempio regressione nelle autonomie, isolamento, bocciatura ingiusta), i genitori possono anche valutare un’azione di risarcimento danni contro il Ministero. Ci sono casi in cui, a distanza di anni, le famiglie hanno ottenuto un indennizzo economico per gli anni scolastici in cui il figlio non ha ricevuto il supporto dovuto. Certo, il risarcimento non è l’obiettivo principale – l’interesse primario è garantire al ragazzo l’istruzione in pari condizioni – ma la prospettiva di dover pagare indennizzi può spronare ulteriormente l’amministrazione a non violare le norme.

In concreto, se un genitore si accorge che per suo figlio disabile le ore di sostegno assegnate a scuola sono troppo poche rispetto a quelle di cui avrebbe bisogno: agire subito. Dialogare con il dirigente scolastico, chiedere spiegazioni, far presente la normativa (molti non sono aggiornati sulle ultime novità), e se non si ottiene risultato, procedere con un ricorso. Il tempismo è importante per evitare che l’anno scolastico trascorra con l’alunno privo di supporto. I TAR spesso decidono in pochi mesi (o settimane, in sede cautelare) proprio per evitare un pregiudizio irreparabile.

 

Le battaglie giudiziarie degli ultimi anni hanno prodotto un effetto positivo: oggi è chiaro che il diritto allo studio degli alunni con disabilità non può essere sacrificato. Le scuole e gli enti locali devono farsi carico di garantire il sostegno necessario, cercando soluzioni organizzative invece di sollevare le mani di fronte ai tagli di bilancio. Certo, resta ancora un problema a monte: molte risorse andrebbero pianificate e investite dal Ministero affinché tutti gli istituti abbiano insegnanti di sostegno a sufficienza. Ma almeno, grazie alle sentenze, sappiamo che nessun ufficio scolastico può lecitamente rispondere a una famiglia: “Mi dispiace, non abbiamo abbastanza personale, quindi suo figlio avrà metà delle ore di sostegno”. Una risposta del genere sarebbe non solo moralmente inaccettabile, ma giuridicamente illegittima. L’auspicio è che la pubblica amministrazione faccia tesoro delle pronunce dei giudici e agisca d’ufficio per correggere situazioni di insufficienza nel sostegno, senza costringere le famiglie a rivolgersi ai tribunali. In un paese civile e inclusivo, come l’Italia ambisce a essere, la tutela dei più deboli – dei “più fragili”, come spesso si dice – deve rappresentare una priorità assoluta. Garantire ad ogni bambino disabile il supporto per imparare, crescere e stare insieme ai compagni non è una gentile concessione: è un obbligo di legge e un dovere etico. Grazie a norme più chiare e a giudici coraggiosi, questo obbligo oggi è più che mai esigibile. E se necessario, ci sarà sempre un’aula di tribunale pronta a ricordarlo a chi se ne dimentica.


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  • 24 ottobre 2025
  • Marco Panato

Autore: Avv. Marco Panato


Avv. Marco Panato -

Avv. Marco Panato, avvocato del Foro di Verona e Dottore di Ricerca in Diritto ed Economia dell’Impresa – Discipline Interne ed Internazionali - Curriculum Diritto Amministrativo (Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Verona).

E' autore di pubblicazioni scientifiche in materia giuridica, in particolare nel ramo del diritto amministrativo. Si occupa anche di docenza ed alta formazione.