Con la sentenza n. 9549/2025, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su una questione centrale nell'ambito delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento: il significato operativo della moratoria prevista per i crediti assistiti da privilegio, pegno o ipoteca all'interno del piano del consumatore. La decisione chiarisce l’interpretazione dell’art. 8, comma 4, della legge n. 3/2012, ponendola in stretta correlazione con l’art. 67, comma 4, del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), entrato in vigore con finalità di armonizzazione e razionalizzazione normativa.
Ai sensi dell’art. 8, comma 4, della legge n. 3 del 2012, «il piano può prevedere il pagamento, anche parziale, dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, con moratoria fino a un anno dall'omologazione». La medesima logica si ritrova oggi nell’art. 67, comma 4, secondo periodo, del CCII, che consente una moratoria sino a due anni, specificando altresì che «sono dovuti gli interessi legali».
Come statuito dalla Suprema Corte, le due previsioni – pur con differenze di dettaglio – condividono la medesima struttura logico-giuridica, tanto da potersi considerare sostanzialmente sovrapponibili.
Uno degli snodi interpretativi più delicati attiene al significato del termine temporale previsto per la moratoria: rappresenta un limite entro il quale devono essere integralmente soddisfatti i crediti assistiti da prelazione, o un punto di partenza per l’adempimento?
La Cassazione, con sentenza n. 9549/2025, precisa che il termine di “un anno dall'omologazione” va qualificato come termine iniziale. Ciò significa che il debitore è tenuto a cominciare i pagamenti dei crediti privilegiati entro l’anno successivo all’omologazione del piano, e non necessariamente a concluderli entro tale termine.
Tale ricostruzione è coerente con la ratio del piano del consumatore: garantire al soggetto sovraindebitato una ripartenza sostenibile, compatibile con le sue effettive capacità economiche. Forzare l’interpretazione della norma in senso restrittivo, imponendo un pagamento integrale entro 12 mesi, svuoterebbe di efficacia l’istituto della moratoria, privandolo del suo valore pratico.
La previsione contenuta nel CCII – che allunga la moratoria a due anni – conferma la volontà del legislatore di ampliare i margini temporali per l’adempimento, senza per questo ledere le ragioni dei creditori, i quali restano comunque tutelati, anche tramite la previsione degli interessi legali.
Uno degli errori più frequenti nella redazione o nella valutazione di un piano del consumatore consiste nel considerare il termine di un anno (o due, nel CCII) come scadenza perentoria per il pagamento integrale dei crediti privilegiati. Questa lettura, oltre a non trovare riscontro nella giurisprudenza, può determinare il rigetto del piano da parte del giudice, compromettendo l’intero percorso di risanamento.
Occorre invece interpretare correttamente il termine come momento d’inizio dell’adempimento, assicurando un piano che, pur dilazionato, garantisca la graduale soddisfazione dei creditori secondo criteri di equità e sostenibilità.
Altra insidia operativa riguarda l’assenza di adeguata documentazione circa la capacità del debitore di rispettare la tempistica proposta. In sede di omologazione, il giudice è chiamato a valutare la fattibilità del piano, anche con riferimento alla previsione dei flussi economici futuri.
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Avv. Marco Panato, avvocato del Foro di Verona e Dottore di Ricerca in Diritto ed Economia dell’Impresa – Discipline Interne ed Internazionali - Curriculum Diritto Amministrativo (Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Verona).
E' autore di pubblicazioni scientifiche in materia giuridica, in particolare nel ramo del diritto amministrativo. Si occupa anche di docenza ed alta formazione.