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Cancellazione delle Segnalazioni CRIF e Centrale Rischi: Normativa, Giurisprudenza 2025 e Strategie di Tutela - Studio Legale MP - Verona

Nel sistema creditizio italiano, essere segnalati come cattivi pagatori in banche dati come CRIF o presso la Centrale Rischi della Banca d’Italia può compromettere gravemente l’accesso al credito. Oggi, fortunatamente, evoluzioni normative e importanti sentenze recenti offrono strumenti per ottenere la cancellazione o la rettifica di queste segnalazioni negative quando sono inesatte o illegittime. In questo articolo tecnico-divulgativo, esamineremo in modo lineare i fondamenti giuridici per richiedere la cancellazione delle segnalazioni, le tempistiche previste, le strategie legali più efficaci, le prassi scorrette adottate talvolta dagli istituti di credito e le possibili vie di ricorso sia amministrative sia giurisdizionali. Il tutto sarà arricchito da riferimenti a casi reali – inclusi almeno tre provvedimenti del 2025 – e da esempi pratici, mantenendo un tono accessibile ma rigoroso, rivolto a chi desidera riabilitare la propria reputazione finanziaria.

 

CRIF e Centrale Rischi: che cosa sono e perché le segnalazioni contano

CRIF (anche noto come sistema Eurisc) è un Sistema di Informazioni Creditizie privato a cui aderiscono la maggior parte di banche e finanziarie italiane. Vi vengono registrati sia dati negativi (ritardi nei pagamenti, insolvenze, sofferenze) sia – da alcuni anni – dati positivi (pagamenti regolari, finanziamenti rimborsati) sul merito creditizio di privati e imprese. La Centrale dei Rischi (CR) è invece un sistema pubblico gestito da Banca d’Italia, in cui gli intermediari finanziari sono tenuti per legge a segnalare mensilmente le esposizioni creditizie superiori a una certa soglia e gli eventuali crediti deteriorati. In altre parole, CRIF e Centrale Rischi fotografano l’affidabilità finanziaria di un soggetto: una segnalazione negativa in queste banche dati preclude o rende più oneroso ottenere nuovi prestiti e mutui, perché le banche consultano regolarmente tali informazioni prima di concedere credito.

Chi mi ruba la borsa, ruba robaccia... ma chi mi toglie il buon nome mi ruba ciò che altrui non arricchisce e rende me povero. Questa citazione letteraria mette in luce il valore della reputazione: una segnalazione ingiusta come cattivo pagatore può danneggiare profondamente l’onore finanziario di una persona o azienda, senza peraltro avvantaggiare nessuno. Consapevole di ciò, l’ordinamento giuridico italiano ha sviluppato nel tempo regole puntuali per evitare abusi e offrire rimedi a chi subisce segnalazioni errate o indebite. Ubi ius, ibi remedium – dove esiste un diritto violato, esiste un rimedio – è un principio fondamentale: chi è segnalato ingiustamente ha diritto a ottenere la correzione o cancellazione del dato e, se ha subito un danno, il relativo risarcimento.

Norme di riferimento e sviluppi recenti

La disciplina delle segnalazioni creditizie si fonda su un intreccio di normative di settore e di tutela dei dati personali. I riferimenti principali includono:

Testo Unico Bancario (TUB) – impone agli intermediari obblighi di trasparenza e correttezza. Ad esempio, l’art. 125 TUB (credito ai consumatori) stabilisce che per i finanziamenti al consumo la banca deve preavvisare per iscritto il cliente almeno 15 giorni prima di effettuare la prima segnalazione negativa a una banca dati. Questo “preavviso di segnalazione” consente al cliente di rimediare al ritardo ed evitare di essere inserito tra i cattivi pagatori. Nota: la Cassazione ha chiarito che tale obbligo legale di preavviso si applica ai soli crediti al consumo (es. prestiti personali, finanziamenti finalizzati), e non ad altre forme come i mutui ipotecari【Cass. Civ., Sez. I, 25/05/2021 n.14382】. Ciò significa che per mutui e affidamenti non rientranti nel perimetro del credito ai consumatori, la mancata comunicazione preventiva non rende di per sé illegittima la segnalazione – anche se resta una buona prassi di correttezza inviare comunque un avviso. Molti contenziosi sono nati proprio su questo punto, e la giurisprudenza dal 2021 in poi ha in gran parte confermato l’interpretazione restrittiva: niente preavviso obbligatorio fuori dai casi previsti espressamente dalla legge.

Codice Privacy (D.lgs. 196/2003 e GDPR europeo) – il trattamento dei dati creditizi deve rispettare la normativa sulla protezione dei dati personali. Dal 2018, con l’entrata in vigore del GDPR, la base giuridica per le segnalazioni nei sistemi privati come CRIF non è più il consenso dell’interessato (prima spesso richiesto con apposita clausola), bensì il legittimo interesse degli enti partecipanti (art. 6 par.1 lett. f GDPR). In parallelo, gli interessati conservano diritti importanti: diritto di accesso ai propri dati, diritto di rettifica dei dati inesatti, diritto di opposizione al trattamento in determinate circostanze (art. 21 GDPR), e diritto all’oblio trascorso un congruo periodo. Proprio il diritto all’oblio si traduce, nel settore creditizio, nella cancellazione automatica delle segnalazioni negative decorso un certo tempo: questo è regolato da codici di condotta specifici. Inoltre, il GDPR prevede rimedi in caso di violazioni: si può proporre reclamo al Garante Privacy o agire in giudizio per far valere i propri diritti.

Codice di condotta dei Sistemi di Informazioni Creditizie (2019) – trattasi dell’aggiornamento del precedente “codice deontologico” del 2004, approvato definitivamente dal Garante Privacy nel 2022. Esso detta regole dettagliate per i SIC privati (come CRIF, Experian, CTC), tra cui: i tempi massimi di conservazione delle informazioni negative e positive, gli obblighi di informativa standard agli interessati, le misure di sicurezza e la procedura per gestire richieste di accesso, rettifica o cancellazione. In base a tale codice, ad esempio, i dati sui ritardi di pagamento sanati devono essere cancellati dopo un periodo che varia da 12 a 24 mesi dalla regolarizzazione (a seconda della gravità e recidiva del ritardo), mentre le insolvenze mai sanate restano visibili per massimo 36 mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla scadenza contrattuale del credito. Un finanziamento rifiutato o rinunciato viene segnalato solo per pochi mesi (indicativamente 1-3 mesi) e poi eliminato, mentre un finanziamento regolarmente pagato rimane registrato come storico positivo fino a 5 anni dopo la sua conclusione. Questi termini uniformi garantiscono che la “memoria creditizia” non si protragga eccessivamente: il passato negativo del debitore non deve perseguitarlo in eterno, in linea con l’idea che “dopo un periodo congruo, il debitore meritevole ha diritto a ripartire”. Va aggiunto che il Codice di condotta ribadisce l’obbligo di preavviso al primo mancato pagamento (coerente col TUB per i consumatori) e istituisce un organismo di monitoraggio per vigilare sul rispetto delle regole da parte dei partecipanti al SIC.

Istruzioni di Banca d’Italia per la Centrale dei Rischi – emanate tramite la Circolare n.139/1991 (più volte aggiornata). Qui si definiscono in dettaglio le categorie di censimento (credito in bonis, scaduto/sconfinante, sofferenza ecc.), le soglie di importo per le segnalazioni (attualmente: esposizioni >= 30.000 € vanno segnalate mensilmente, mentre una posizione classificata “a sofferenza” va segnalata anche se l’importo è inferiore, purché ≥ 250 €), e i criteri sostanziali per classificare un cliente a sofferenza. Su quest’ultimo punto, le regole Banca d’Italia (richiamate dalla giurisprudenza) specificano che la sofferenza non equivale a un semplice ritardo di poche rate: presuppone invece uno stato di insolvenza grave o situazione finanziaria deteriorata del cliente (non basta un temporaneo inadempimento). Segnalare qualcuno come “sofferente” in Centrale Rischi impropriamente è un errore grave. Dal 2021 sono inoltre entrate in vigore le nuove definizioni europee di default prudenziale (recepite da Banca d’Italia): soglie di importo molto basse (100 € per privati) e oltre 90 giorni di arretrato per far scattare la classificazione a default bancario. Ciò ha reso più stringenti i criteri interni delle banche, ma non cambia l’obbligo di valutare la complessiva situazione del cliente prima di una segnalazione a sofferenza ufficiale. Un importante sviluppo normativo recente è il D.Lgs. 30 luglio 2024 n.116, che ha previsto che anche i cessionari di crediti in sofferenza (ad esempio società che acquistano NPL, crediti deteriorati) partecipino alla Centrale Rischi di Banca d’Italia. In pratica, se la banca vende il credito a una società di recupero, quest’ultima deve continuare a segnalare la posizione in CR. Ciò garantisce continuità nelle informazioni creditizie e impedisce “scappatoie”, ma richiede ai nuovi creditori professionali di attenersi alle stesse regole di correttezza e aggiornamento imposte alle banche originarie.

In sintesi, il quadro normativo attuale offre tutele significative: obbligo (seppur limitato) di preavviso, tempi certi di cancellazione automatica delle note negative, criteri rigorosi per le segnalazioni gravi, dovere di corretta gestione dei dati personali, e possibilità di intervento dell’Autorità (Garante Privacy, Banca d’Italia) se le cose non vengono fatte a regola d’arte.

 

Quando e come è possibile ottenere la cancellazione di una segnalazione?

Non tutte le segnalazioni possono essere eliminate a piacimento: esistono casi in cui la cancellazione è un diritto del segnalato, altri in cui occorre negoziare con la banca, altri in cui bisogna semplicemente attendere i tempi di legge. Ecco le situazioni principali che possono legittimare una richiesta di cancellazione o rettifica:

Segnalazione errata o inesatta: Purtroppo non è infrequente l’errore umano o tecnico. Può accadere che un pagamento regolarmente effettuato non venga registrato e si risulti ingiustamente morosi, oppure che dopo aver saldato un debito la posizione rimanga segnata come “aperta” o in sofferenza. Ancora, scambi di persona o omonimie possono portare alla segnalazione di soggetti sbagliati. In tutti questi casi il diritto alla correzione è evidente: la banca o il gestore del SIC hanno l’obbligo di aggiornare o rimuovere immediatamente l’informazione inesatta appena ne vengono a conoscenza. Errare humanum est, perseverare autem diabolicum: l’errore è umano, ma perseverare nell’errore è diabolico. Se l’istituto, avvisato dell’inesattezza, non provvede con sollecitudine, il cliente ha pieno titolo a esigere l’intervento dell’Autorità o del giudice. Ad esempio, la Corte di Cassazione in una recentissima decisione ha affermato che il soggetto ha diritto a un aggiornamento immediato dei dati negativi non appena la situazione sia rientrata, e che l’inerzia ingiustificata della banca nel correggere o cancellare una segnalazione espone quest’ultima a responsabilità per gli eventuali danni causati【Cass. Civ., Sez. III, 09/02/2024 n.3671】. In quel caso la banca aveva tardato a cancellare la “sofferenza” dopo che il credito era stato estinto tramite accordo transattivo, e ciò aveva precluso all’azienda segnalata ogni accesso al credito: i giudici hanno censurato tale inerzia, aprendo la strada a un risarcimento del danno per il cliente.

Segnalazione illegittima per mancanza dei presupposti: Qui rientrano le segnalazioni fatte senza rispettare le regole sostanziali. Un tipico esempio è la segnalazione a sofferenza effettuata nonostante il cliente non fosse realmente insolvente. Si pensi a chi ha un debito contestato in giudizio o a chi è in temporanea difficoltà ma sta trattando una ristrutturazione del debito: se la banca classificasse comunque questa posizione come “sofferenza” in Centrale Rischi, violerebbe le istruzioni di Banca d’Italia (che richiedono un’attenta valutazione della globalità della situazione e di eventuali contestazioni, prima di dichiarare un cliente insolvente). La giurisprudenza ha più volte ribadito che la banca deve essere cauta nel segnalare: non può segnalare a sofferenza un debitore che stia solo ritardando o che disputa in buona fede il proprio debito【Cass. Civ., Sez. I, 25/01/2017 n.1931】. In caso di segnalazione impropria, il debitore può chiedere la rimozione immediata. Un altro esempio di illegittimità è la mancanza di preavviso scritto al consumatore: come detto, se il credito rientra nell’ambito del credito al consumo e la banca non invia la lettera di preavviso 15 giorni prima, la segnalazione negativa nel SIC privato può essere contestata per vizio di procedura. Diverse decisioni arbitrali e di merito hanno annullato segnalazioni proprio per questo motivo procedurale (soprattutto a tutela dei garanti o coobbligati consumatori, spesso dimenticati nelle comunicazioni). Ad esempio, il Tribunale di Bari ha dichiarato illegittima la segnalazione di un fideiussore consumatore in quanto la banca non gli aveva inviato il preavviso di segnalazione: tuttavia, nella stessa sentenza ha negato il risarcimento dei danni poiché il garante non aveva provato specifici pregiudizi subiti【Trib. Bari, Sez. IV Civ., 13/10/2023 n.4076】. Ciò evidenzia due aspetti: da un lato la segnalazione è cancellabile se manca un passaggio obbligato come il preavviso, dall’altro il risarcimento non è automatico.

Segnalazione ormai “scaduta” (diritto all’oblio): Come accennato, dopo un certo periodo le informazioni negative devono essere eliminative dal circuito creditizio. Se per qualche disguido una posizione negativa resta visibile oltre i termini previsti (es. un ritardo di pagamento sanato da più di 2 anni ancora presente nel report CRIF, o una sofferenza chiusa da oltre 36 mesi ancora in Centrale Rischi), l’interessato può chiederne la cancellazione perché il tempo di conservazione massima è esaurito. Di solito in questi casi è sufficiente segnalare l’anomalia al gestore SIC o alla banca affinché allineino i dati. Non di rado però accade che i dati “vecchi” non vengano rimossi automaticamente come dovrebbero; in tali frangenti, oltre al reclamo al SIC, si può interessare il Garante Privacy per far valere il diritto all’oblio creditizio sancito dalle norme.

Cancellazione a seguito di accordo o pagamento integrale: Quando un debitore risolve la sua posizione debitoria (pagando il dovuto, magari a saldo e stralcio con un accordo transattivo), ha diritto a vedere aggiornato il proprio status nelle banche dati. La cancellazione immediata della segnalazione negativa però non è automatica in tutti i casi: solitamente, una volta pagato tutto il dovuto, la posizione in CRIF viene aggiornata come “chiusa/risolta” e dopo i tempi tecnici verrà eliminata dai sistemi secondo le regole temporali viste (es. entro 12 o 24 mesi se era un ritardo poi sanato, o entro 36 mesi se era una sofferenza estinta). Tuttavia, c’è differenza tra aggiornamento e cancellazione anticipata: molti debitori chiedono di essere rimossi subito dalle liste dei cattivi pagatori dopo aver saldato, ma le banche dati tendono a mantenere l’informazione per il periodo stabilito a fini storici. Solo se vi è un accordo specifico col creditore o un motivo valido si può ottenere una cancellazione anticipata. Un esempio di accordo è quando la banca, nell’ambito di una trattativa di saldo e stralcio, promette di cancellare la segnalazione negativa una volta incassato l’importo concordato: questa promessa vincola l’istituto. Anzi, un pronunciamento dell’Arbitro Bancario Finanziario ha stabilito che se la banca si impegna a non segnalare più il nominativo a fronte di un accordo transattivo, essa non può poi neanche mantenere una segnalazione come “importo ridotto/saldo a stralcio” – deve proprio astenersi dal segnalare, altrimenti viola l’accordo e può essere condannata【decisione ABF Coord. 10288/2018】. In pratica pacta sunt servanda: ciò che viene promesso in sede di transazione va onorato, e il cliente può far valere l’accordo per ottenere la pulizia dei dati. Anche senza accordi particolari, comunque, il pagamento integrale di quanto dovuto toglie ogni base alla persistenza di una sofferenza: la posizione deve risultare regolarizzata. Nella Centrale Rischi pubblica, ad esempio, una volta estinto il debito e chiusa la posizione, il nominativo del cliente cessa di comparire nei report destinati alle banche dopo al massimo 36 mesi (periodo durante il quale gli istituti vedranno ancora, a titolo storico, che quella persona aveva una sofferenza in passato, ma trascorsi tre anni l’evento sparisce dalle visure standard).

Riassumendo, la cancellazione di una segnalazione è possibile e doverosa quando il dato è falso, quando la procedura non è stata corretta, quando la situazione si è risolta o quando la legge impone la rimozione dopo un certo tempo. Nei casi in cui invece la segnalazione è corretta e recente (es. si è effettivamente in ritardo con pagamenti tuttora dovuti), non esiste un diritto alla cancellazione immediata: qualunque proposta miracolosa di “pulire la CRIF” in cambio di denaro va vista con sospetto. In tali casi bisogna piuttosto agire per sanare la posizione debitoria o trovare un accordo col creditore, dopodiché i dati negativi verranno eliminati col trascorrere del tempo previsto.

 

Strategie legali e vie di ricorso

Quando ci si accorge di essere iscritti nelle banche dati come cattivi pagatori – tipicamente richiedendo una visura CRIF o un estratto della Centrale Rischi di Banca d’Italia (operazioni che ogni cittadino può fare gratuitamente) – e si ritiene che la segnalazione sia ingiusta o da cancellare, è importante muoversi con metodo. Ecco un percorso ragionato di tutela legale, che va dalle soluzioni stragiudiziali a quelle giudiziarie:

Contatto con l’intermediario segnalante: Il primo passo è sempre rivolgersi alla banca o finanziaria che ha effettuato la segnalazione. È buona norma inviare un reclamo scritto (meglio se tramite PEC o raccomandata A/R) indicando i motivi per cui si ritiene illegittima o erronea la segnalazione e chiedendo formalmente la rettifica/cancellazione. Spesso le banche, una volta investite ufficialmente del problema, conducono verifiche interne e possono riconoscere l’errore, procedendo ad aggiornare il dato nel successivo invio mensile ai sistemi creditizi. Nel reclamo è utile allegare eventuali documenti di supporto (ricevute di pagamenti effettuati, copia dell’eventuale lettera di saldo e stralcio, sentenze che attestano l’inesistenza del credito, ecc.). L’istituto ha per regolamento pochi giorni per rispondere ai reclami interni: se ammette la svista, la soluzione è rapida; se nega ogni irregolarità, conviene passare allo step successivo.

Richiesta diretta al gestore della banca dati: In parallelo o in alternativa, si può contattare direttamente la società che gestisce il SIC (ad esempio CRIF S.p.A. tramite il loro portale dedicato) chiedendo un riesame dei dati. Ogni SIC ha procedure per l’esercizio del diritto di accesso e rettifica. In base al codice di condotta, il gestore deve fornire un riscontro entro 30 giorni. Se dal confronto tra vostra documentazione e riscontro della banca emergerà un errore palese, CRIF potrà intervenire per correggere o almeno per sollecitare la banca a farlo. Tuttavia, il SIC non può modificare informazioni fornitegli legittimamente da una banca senza il consenso di quest’ultima, quindi questa strada spesso riporta il problema all’origine: se la banca insiste di aver segnalato correttamente, CRIF difficilmente cancellerà il dato di sua iniziativa. Vale comunque la pena tentare, soprattutto in caso di dubbi sulla corretta applicazione dei tempi di conservazione: CRIF potrebbe verificare e scoprire che, ad esempio, un dato doveva essere già eliminato, provvedendo in autonomia.

Ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF): L’ABF è un organismo di risoluzione stragiudiziale delle controversie bancarie e finanziarie. Ha competenza anche sulle questioni di segnalazioni creditizie (salvo che non siano già pendenti davanti al giudice) e rappresenta una via più rapida ed economica rispetto al tribunale. Il cliente può presentare ricorso ABF (pagando un contributo di soli 20 euro) dopo aver esperito il reclamo scritto senza successo. Il procedimento è scritto e si conclude di norma in pochi mesi con una decisione motivata. Le decisioni ABF, pur non essendo vincolanti come una sentenza, vengono nella stragrande maggioranza dei casi rispettate dagli intermediari; in caso di mancata ottemperanza, il nome della banca inadempiente viene pubblicato in un apposito bollettino, con danno reputazionale. L’ABF ha prodotto una casistica molto ricca sulle segnalazioni: ad esempio ha stabilito che la mancata osservanza dell’obbligo di preavviso al consumatore giustifica la cancellazione della segnalazione (con il conseguente obbligo per la banca di attivarsi presso CRIF per rimuoverla), oppure che la segnalazione di un debito contestato in giudizio può ritenersi illegittima. Gli arbitri bancari hanno anche riconosciuto in alcuni casi un indennizzo per il danno non patrimoniale da illegittima segnalazione, sebbene più spesso rimandino l’aspetto risarcitorio al giudice civile. Il ricorso ABF è particolarmente utile quando: la questione giuridica non è complessa ma serve una moral suasion sulla banca; oppure quando il cliente non ha interesse immediato a un risarcimento ma solo alla cancellazione del dato. Va però considerato che se il caso è molto urgente (es. sta saltando un importante contratto di mutuo per colpa della segnalazione) l’ABF potrebbe essere troppo lento, in quanto non adotta misure d’urgenza.

Reclamo al Garante Privacy: Se la vicenda tocca profili di violazione della normativa sulla protezione dei dati (dati inesatti, non aggiornati, trattati oltre il tempo consentito, o segnalazione effettuata senza base giuridica valida), si può presentare un reclamo al Garante per la Protezione dei Dati Personali. Il Garante può intervenire ordinando alla banca o al SIC di conformarsi alla legge, ad esempio disponendo la cancellazione di un dato o l’adozione di misure correttive. In passato il Garante è intervenuto più volte sulle centrali rischi private, emanando anche provvedimenti generali (come quello che impose alle banche di segnalare solo morosità di una certa consistenza, per evitare che pochi euro mandassero un consumatore in blacklist). Il limite del ricorso al Garante è che i tempi possono non essere brevissimi e che l’Autorità non liquida risarcimenti (per quelli occorre sempre rivolgersi al giudice). Tuttavia una mossa dal Garante, anche solo la notifica dell’istruttoria, spesso spinge la banca a più miti consigli e a risolvere bonariamente la questione.

Azione giudiziaria civile: È l’ultima ratio, ma in molti casi è anche la via necessaria per ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa di una segnalazione illegittima. Si può agire davanti al tribunale ordinario chiedendo in via d’urgenza la cancellazione della segnalazione (mediante provvedimento cautelare, ex art. 700 c.p.c., se vi è un pregiudizio imminente e irreparabile nel lasciare il nominativo segnalato) e in via ordinaria l’accertamento dell’illegittimità della segnalazione stessa e la condanna della banca al risarcimento. In sede giudiziale il nodo principale è appunto la prova del danno: la giurisprudenza odierna, in linea con l’insegnamento della Cassazione, non presume più automaticamente che da una segnalazione derivi un danno (“danno in re ipsa”), ma richiede che il soggetto leso alleghi e dimostri il concreto pregiudizio patito – ad esempio: il rifiuto di un mutuo da parte di altre banche, la perdita di opportunità di finanziamento per la propria attività, il danno all’immagine commerciale, lo stress e patema d’animo subiti, etc. La Cassazione già nel 2015 escluse il risarcimento automatico senza prova【Cass. Civ., Sez. III, 05/03/2015 n.4443】, e orientamenti successivi hanno mantenuto ferma questa linea, pur ammettendo la prova anche per presunzioni (soprattutto per i danni di natura non patrimoniale o difficile dimostrazione diretta). In un recente caso del 2025, ad esempio, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha rigettato la domanda risarcitoria di un segnalato proprio per carenza di prove sul danno concreto, pur riconoscendo in astratto l’irregolarità della segnalazione【Trib. S. Maria C.V., Sent. 03/03/2025 n.712】. Di contro, qualche settimana dopo, lo stesso tribunale campano ha emesso una sentenza opposta in un caso diverso: ha riconosciuto un significativo risarcimento dei danni (anche morali) a favore di un imprenditore ingiustamente segnalato a sofferenza, e addirittura ha ordinato la pubblicazione della sentenza per ristabilire la reputazione del soggetto【Trib. S. Maria C.V., Sez. I Civ., Sent. 29/04/2025 n.1419】. In tale vicenda, la banca aveva segnalato “a sofferenza” un credito che era stato ceduto e poi annullato – quindi totalmente infondato – e ciò aveva paralizzato l’operatività dell’azienda: il giudice, accertata l’illegittimità, ha liquidato i danni e imposto la pubblicazione della decisione come forma di riparazione ulteriore. Questi esempi dimostrano che il successo in giudizio dipende molto dalle prove raccolte e dalla gravità delle conseguenze subite: per questo è fondamentale, se si intende percorrere la via giudiziaria, preparare un dossier dettagliato (ad es. lettere di rifiuto di fidi, testimonianze di affari sfumati, documentazione medica di stress subito, ecc.) per convincere il tribunale dell’impatto concreto che quella segnalazione ha avuto sulla propria vita professionale o personale.

Coordinate con professionisti e notai: In alcune situazioni, la cancellazione delle segnalazioni negative si intreccia con altre pratiche legali. Ad esempio, quando si sta per stipulare un atto notarile di mutuo o compravendita immobiliare, la presenza di una segnalazione in Centrale Rischi o CRIF può bloccare tutto, perché la banca finanziatrice potrebbe revocare all’ultimo la delibera del prestito. È buona prassi, quindi, che il cliente informi l’istituto erogante di eventuali pregresse segnalazioni e fornisca la documentazione delle avvenute cancellazioni o regolarizzazioni. In fase di rogito, il notaio spesso chiede una dichiarazione della banca finanziatrice sull’assenza di impedimenti: avere la propria posizione creditizia “pulita” evita sorprese. Inoltre, a seguito dell’estinzione di un mutuo o debito, oltre alla cancellazione dell’ipoteca tramite atto notarile (se prevista), conviene ottenere dalla banca una lettera liberatoria in cui si attesta che nulla è più dovuto e si richiede contestualmente la rimozione di eventuali segnalazioni. Questa lettera può essere inoltrata a CRIF come ulteriore supporto. Dal lato pratico bancario, va segnalato che alcune banche hanno adottato procedure più virtuose: ad esempio inviano automaticamente al cliente copia della comunicazione di avvenuta regolarizzazione da inviare ai SIC, oppure – nei casi dubbi – preferiscono non segnalare immediatamente un insoluto attendendo qualche settimana, per dare modo al cliente di sistemare la posizione ed evitare un’etichetta negativa forse prematura. Purtroppo non tutti gli intermediari seguono queste buone prassi, ed è qui che l’assistenza legale diventa cruciale per far valere i propri diritti.

 

Giurisprudenza 2025: tendenza e principi affermati

Le più recenti pronunce in materia di segnalazioni creditizie confermano un orientamento volto a bilanciare due esigenze: da un lato garantire la correttezza e veridicità delle informazioni condivise tra banche (fondamentali per la fiducia nel sistema creditizio), dall’altro tutelare i diritti del debitore affinché non venga marchiato indebitamente o più del necessario. Dai casi citati emerge che i tribunali e la Cassazione nel 2024-2025 hanno:

Ribadito l’importanza del preavviso al cliente consumatore, senza però estenderne surrettiziamente l’obbligo oltre i limiti di legge (proteggendo quindi le banche da contestazioni pretestuose nei casi non previsti dal TUB, ma sanzionandole nei casi previsti in cui omettono l’avviso).

Enfatizzato che la segnalazione a sofferenza va utilizzata con estrema prudenza e solo di fronte a conclamata insolvenza: classificare qualcuno come “default” mentre magari sta discutendo il debito in sede legale è considerato comportamento scorretto e foriero di responsabilità.

Sottolineato il dovere di aggiornamento tempestivo dei dati: una volta che il cliente ha adempiuto o comunque si è chiarita la situazione, la permanenza ingiustificata di informazioni negative configura un inadempimento della banca ai doveri contrattuali e normativi (come visto nel caso di Cassazione 2024 sul ritardo di cancellazione).

Confermato che il danno da segnalazione illegittima non è automatico, ma è certamente risarcibile quando provato: la perdita di chance creditizie e la lesione della reputazione finanziaria sono voci di danno riconosciute, purché supportate da elementi concreti. I giudici, in particolare, tendono a concedere il risarcimento per il danno morale (stress, ansia, compromissione della serenità personale) in modo equitativo se la vicenda è grave, e per il danno patrimoniale (es. interessi più alti pagati altrove, occasioni di investimento saltate) se ci sono riscontri specifici. Nei casi più eclatanti, come l’azienda messa in ginocchio da una segnalazione infondata, le somme liquidate possono essere anche molto rilevanti, a rimarcare la disapprovazione verso la banca responsabile.

In definitiva, la giurisprudenza aggiornata al 2025 mostra un sistema più consapevole dell’impatto di una segnalazione negativa sulla vita delle persone: c’è meno tolleranza per gli errori bancari e più prontezza nel porvi rimedio. Ogni controversia però fa storia a sé: per questo, chi si trova in una situazione di questo tipo dovrebbe muoversi con l’assistenza di legali esperti, capaci di individuare il percorso migliore tra quelli descritti (dalla negoziazione bonaria fino alla causa) e di raccogliere le prove necessarie per far valere le proprie ragioni.

 

Conclusione

In un’epoca in cui la cronologia creditizia di un individuo è scrupolosamente monitorata, vedersi additati come “cattivo pagatore” può sembrare una condanna senza appello. Tuttavia, come ci insegna il diritto, ogni ostacolo può essere superato con gli strumenti adeguati. Le norme proteggono chi è stato ingiustamente segnalato, e le recenti sentenze confermano che le banche sono chiamate a rispondere dei propri errori. Attraverso un’azione legale ben calibrata – dal reclamo all’ABF, dal ricorso al Garante fino all’aula di tribunale – è possibile non solo ottenere la cancellazione delle informazioni pregiudizievoli, ma anche un ristoro per i danni subiti, quando vi siano. L’importante è agire con tempestività e cognizione di causa, facendosi valere: il sistema offre vie di ricorso efficaci, ma spetta al singolo attivarsi. La reputazione finanziaria è un patrimonio intangibile, e merita di essere difesa con determinazione: come affermava un antico proverbio, “meglio prevenire che curare”, ma se il danno è fatto, curarlo diventa essenziale per tornare ad avere opportunità e fiducia nel futuro.

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  • 05 novembre 2025
  • Redazione

Autore: Redazione - Staff Studio Legale MP


Redazione - Staff Studio Legale MP -

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