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Cartelle esattoriali e difesa del contribuente: nuove tutele - Studio Legale MP - Verona

La Cassazione rafforza le garanzie dei contribuenti con pronunce innovative: dal diritto di essere ascoltati prima di un accertamento fiscale alla possibilità di riaprire un ricorso chiuso per una rottamazione poi fallita.

Le tutele per chi affronta il Fisco si evolvono. Nel 2025 diverse sentenze della Corte di Cassazione hanno potenziato i diritti dei contribuenti nelle liti tributarie. Dall’obbligo di contraddittorio prima dell’accertamento alla possibilità di revocare la rinuncia a un ricorso se la definizione agevolata non va a buon fine, passando per nuovi chiarimenti sulla competenza del giudice nelle eccezioni di prescrizione delle cartelle: la giurisprudenza più recente disegna un contenzioso fiscale più equo e attento alle garanzie del cittadino.

 

«Le uniche due cose certe nella vita sono la morte e le tasse.» – B. Franklin

La pressione fiscale in Italia è da sempre considerata un male necessario e inevitabile. E se è vero, come recita un detto latino, che pecunia non olet – il denaro non ha odore, dunque l’importante per l’erario è incassare – è altrettanto vero che negli ultimi tempi il diritto tributario sta vivendo un’evoluzione a favore del contribuente. La Corte di Cassazione, in particolare, con alcune pronunce recentissime, sta rafforzando le garanzie di chi si trova ad affrontare cartelle esattoriali, accertamenti fiscali e procedure di riscossione coattiva. In questo articolo esamineremo tre importanti novità giurisprudenziali del 2025 che proteggono i diritti del contribuente: (1) il riconoscimento pieno del diritto al contraddittorio prima di un avviso di accertamento, (2) la conferma della competenza del giudice tributario nel decidere sulle eccezioni di prescrizione dopo la notifica di cartelle, (3) la possibilità di riaprire un ricorso chiuso per aderire a una rottamazione qualora la definizione agevolata non si perfezioni. Queste svolte, di carattere tecnico ma dall’impatto concreto, delineano un contenzioso fiscale più equilibrato in cui il cittadino non è più la parte debole.

 

Diritto al contraddittorio: il contribuente ha voce prima dell’accertamento

La prima tutela riguarda il contraddittorio endoprocedimentale, ossia il diritto del contribuente ad essere ascoltato prima che l’Ufficio emetta un avviso di accertamento. In passato, questa garanzia valeva in modo pieno solo per alcuni casi: ad esempio, nelle verifiche fiscali sul campo (accessi presso il contribuente conclusi con un processo verbale), la legge impone all’Agenzia delle Entrate di attendere 60 giorni prima di emettere l’atto, così che il contribuente possa presentare memorie difensive. Per molti controlli “a tavolino” invece il confronto preventivo non era obbligatorio, e l’Amministrazione finanziaria spesso emetteva accertamenti senza aver formalmente interpellato prima il cittadino. Oggi la situazione è diversa. La Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, con la sent. n. 21271/2025 del 25 luglio 2025, ha fatto il punto su questo tema e affermato principi importanti. In particolare, la Suprema Corte ha stabilito che per i tributi armonizzati come l’IVA l’Amministrazione è tenuta a attivare il contraddittorio con il contribuente prima di emettere l’atto, anche nei controlli meramente documentali. La mancata attivazione di questo confronto preventivo rende nullo l’accertamento se il contribuente dimostra che il dialogo avrebbe potuto portare a un esito diverso (la cosiddetta “prova di resistenza”). Si riconosce così che il cittadino ha diritto di far valere le proprie ragioni prima che il Fisco formalizzi una pretesa, almeno per le materie coperte dal diritto UE.
Per gli altri tributi “interni”, relativi a periodi antecedenti alle nuove norme introdotte nel 2023, la Cassazione ha confermato che non esisteva un analogo obbligo generale di contraddittorio: l’assenza di un incontro preventivo non invalidava l’atto, salvo specifiche previsioni di legge. Tuttavia, questa disparità è destinata a ridursi: il legislatore è recentemente intervenuto proprio per estendere l’obbligo di contraddittorio anche agli accertamenti a tavolino in ambito di imposte nazionali, colmando una lacuna storica. In sintesi, il principio che si va consolidando è che il contribuente non dev’essere colto di sorpresa. Anche il Fisco deve rispettare il diritto al dialogo e al contraddittorio, soprattutto quando sono in gioco imposte come l’IVA, dove le garanzie partecipative derivano dai principi fondamentali dell’ordinamento europeo.

 

Prescrizione delle cartelle: decide il giudice tributario

Una seconda svolta cruciale riguarda le contestazioni di prescrizione delle cartelle esattoriali. Spesso accade che, a distanza di anni dalla notifica di una cartella di pagamento, il contribuente eccepisca che il credito tributario si è ormai prescritto (cioè estinto per il decorso del tempo). In passato vi erano incertezze su quale fosse il giudice competente a decidere su tale eccezione: tribunale civile ordinario oppure giudice tributario? Le Sezioni Unite della Cassazione, con l’ord. n. 2098/2025 del 30 gennaio 2025, hanno fatto chiarezza, risolvendo un conflitto di giurisdizione proprio su questo tema. La Suprema Corte ha stabilito che spetta al giudice tributario decidere se un credito fiscale sia prescritto anche dopo la notifica della cartella, purché la contestazione avvenga prima che si avvii l’esecuzione forzata vera e propria. In altre parole, se il contribuente impugna un atto successivo (come ad esempio un pignoramento) sostenendo che la cartella di pagamento sottostante è divenuta inefficace per decorso del termine di prescrizione, la controversia rientra nella giurisdizione delle Commissioni Tributarie (oggi rinominate Corti di Giustizia Tributaria). Solo le questioni inerenti alla fase strettamente esecutiva – ad esempio le modalità del pignoramento una volta che il debito è definitivamente accertato – restano di competenza del giudice civile ordinario. Questo principio, sancito dalla Cass. civ., Sez. Unite, ord. n. 2098/2025, garantisce un iter più coerente e semplice per il contribuente: tutte le dispute sul “se” e “quanto” debba essere pagato un tributo rimangono davanti al giudice tributario, evitando rimpalli di competenza e lungaggini procedurali. In pratica, chi vuole far valere l’intervenuta prescrizione di una cartella può agire con maggiore certezza, sapendo di dover adire il giudice tributario senza timore di sollevare l’eccezione nel foro sbagliato.

 

Ricorso chiuso per rottamazione? La Cassazione consente di riaprirlo

La terza novità riguarda le definizioni agevolate dei debiti fiscali, le cosiddette rottamazioni delle cartelle. Negli ultimi anni molti contribuenti hanno aderito alla “rottamazione-ter” (e successive edizioni), pagando importi ridotti per chiudere le pendenze col Fisco. Per aderire alla rottamazione, la legge richiedeva però di rinunciare ai giudizi tributari in corso relativi alle cartelle oggetto di definizione: il contribuente cioè doveva chiudere il contenzioso pendente (rinunciando al ricorso) in cambio dello sconto previsto dalla sanatoria. Ma cosa accade se il contribuente rinuncia al proprio ricorso confidando nella rottamazione e poi la definizione agevolata non va a buon fine (magari per un errore dell’Amministrazione nel valutare la domanda)? La Corte di Cassazione, Sez. Tributaria, con la sent. n. 1997/2025 del 28 gennaio 2025, ha affrontato proprio questo caso, dando ragione al contribuente. Nella vicenda esaminata, una società aveva ritirato un ricorso in Cassazione perché dall’Agente della Riscossione era arrivata comunicazione che nulla risultava dovuto a seguito della sua istanza di rottamazione-ter. In seguito si è scoperto che si trattava di un errore: quella cartella in realtà non rientrava nella definizione agevolata, e l’Erario pretendeva nuovamente le somme. La contribuente si è così trovata con il giudizio ormai estinto e la pretesa fiscale “risorta” in pieno. Gli Ermellini (così vengono anche chiamati i giudici di Cassazione) hanno stabilito che in assenza del perfezionamento della definizione agevolata, la rinuncia al giudizio può essere revocata. In altre parole, se la rottamazione non produce gli effetti sperati – ad esempio perché il debito non viene davvero condonato – il contribuente ha diritto a riaprire la causa e far valere le sue ragioni nel merito. Questo principio evita che il contribuente resti beffato due volte: prima illuso da una sanatoria apparentemente andata a buon fine, poi privato del giudizio perché vi aveva rinunciato confidando in quella sanatoria. Grazie a questa pronuncia (Cass. civ., Sez. VI-5, sent. n. 1997/2025), chi ha fatto affidamento sulla rottamazione in buona fede e si è visto negare il beneficio potrà tornare in aula e ottenere una decisione sul merito della propria controversia tributaria. Si tratta di una conquista importante sul piano della civiltà giuridica, perché tutela la fiducia del cittadino nei confronti dell’ordinamento: non sarà più costretto a subire passivamente le conseguenze di errori o ripensamenti dell’Amministrazione finanziaria.

In conclusione, la Cassazione – con queste decisioni – ha inviato un segnale chiaro: equità e rispetto del contraddittorio devono guidare il rapporto tra Fisco e contribuente. Per cittadini e imprese, le novità esaminate significano maggiore tutela: si riduce il rischio di subire accertamenti “a sorpresa” senza essere stati ascoltati; diventa più semplice far valere l’estinzione dei vecchi debiti per prescrizione; e non si rimane intrappolati da rinunce al ricorso fatte in buona fede se la sanatoria fiscale non va in porto.

In un contenzioso tributario sempre più complesso e tecnico, affidarsi a professionisti del diritto fiscale è fondamentale. Se avete ricevuto una cartella esattoriale, un avviso di accertamento o vi trovate in conflitto con il Fisco, contattate subito lo Studio Legale MP. Grazie all’esperienza maturata in materia tributaria, vi assisteremo nel far valere i vostri diritti di contribuenti, applicando le più recenti tutele riconosciute dalla legge e dalla giurisprudenza

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  • 05 novembre 2025
  • Redazione

Autore: Redazione - Staff Studio Legale MP


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