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Successione internazionale: beni ed eredi all’estero - Studio Legale MP - Verona

Come gestire un’eredità quando vi sono legami con più Paesi e diverse leggi in gioco

Quando il patrimonio e gli affetti di una persona superano i confini nazionali, organizzare la successione diventa una sfida complessa. In questo articolo esaminiamo come pianificare un’eredità internazionale – ad esempio con beni o eredi all’estero – tra normative italiane e straniere, tutela dei legittimari, aspetti fiscali e strumenti come testamenti, trust e donazioni, alla luce delle ultime novità legislative e giurisprudenziali.

 

«Perché li uomini dimenticano più presto la morte del padre che la perdita del patrimonio.» – Niccolò Machiavelli

Introduzione

Viviamo in un mondo sempre più interconnesso, in cui non è raro che una persona abbia patrimoni o familiari in più Paesi. Le successioni internazionali – quelle in cui il decesso presenta elementi di collegamento con Stati esteri – sono in aumento. Queste situazioni possono riguardare, ad esempio, un cittadino italiano che possiede immobili all’estero, oppure uno straniero residente in Italia con eredi in altri Stati. Organizzare per tempo un’eredità “oltre confine” è fondamentale per evitare conflitti tra leggi diverse e gravose dispute ereditarie. Del resto, una corretta pianificazione successoria è la chiave per assicurare che le ultime volontà del de cuius (il defunto di cui si tratta) siano rispettate e che gli eredi siano tutelati, indipendentemente da dove si trovino i beni. In assenza di pianificazione, il rischio è che si applichi automaticamente una legge straniera non conosciuta o che si generino contenziosi tra parenti in diversi ordinamenti – proprio come insegna la massima di Machiavelli citata in apertura.

 

Legge applicabile e criteri di competenza internazionale

Una delle prime questioni da affrontare in una successione internazionale è: quale legge regola l’eredità? In altre parole, se sono coinvolti più Paesi, bisogna stabilire quale ordinamento giuridico disciplinerà la successione (quote spettanti, validità del testamento, diritti degli eredi, ecc.). Oggi, per gli Stati dell’Unione Europea (eccetto Danimarca, Irlanda e Danimarca), la risposta è fornita dal Regolamento UE n. 650/2012 in materia di successioni transfrontaliere. Il principio generale del Regolamento 650/2012 è che si applica la legge del Paese in cui il defunto aveva la residenza abituale al momento della morte. Ad esempio, se un cittadino italiano vive stabilmente in Francia da molti anni, alla sua successione si applicherà in linea di massima la legge francese.

Tuttavia, il Regolamento UE permette anche una certa autonomia nella pianificazione: il testatore può scegliere espressamente, nel testamento, di assoggettare l’intera propria successione alla legge dello Stato di cui ha la cittadinanza al momento della disposizione o della morte. Ciò significa che, se una persona possiede più cittadinanze, può optare per una di queste leggi nazionali per governare la sua eredità. Questa facoltà di scelta della legge applicabile è uno strumento potente di pianificazione, perché consente di privilegiare un ordinamento più conforme ai propri desideri (ad esempio, un ordinamento che garantisce maggiore libertà testamentaria). È importante esercitare questa scelta con l’ausilio di un legale, inserendo una specifica clausola di legge applicabile nel testamento. In mancanza di scelta, prevarrà la legge della residenza abituale, che potrebbe non coincidere con quella della propria patria o con quella in cui si trovano i beni.

Fuori dall’Unione Europea, la determinazione della legge applicabile dipende dalle norme di diritto internazionale privato di ciascun Paese. In Italia, la legge n. 218/1995 prevede all’art. 46 che, salvo diversa volontà del defunto, la successione sia regolata dalla legge nazionale del defunto al momento della morte. Ad esempio, se muore un cittadino tedesco non residente in Italia lasciando beni in Italia, la legge applicabile sarà quella tedesca (sua legge nazionale). È ammessa una limitata possibilità di optare per la legge della residenza (se diversa dalla cittadinanza), ma si tratta di scelte tecniche da valutare caso per caso. In ogni caso, la legge individuata regolerà la successione nella sua interezza, ossia l’insieme dei rapporti attivi e passivi ereditari. Ciò non toglie che bisognerà fare i conti con aspetti procedurali locali: spesso si dovranno avviare procedimenti paralleli nei vari Stati dove si trovano i beni (si pensi a una “probate” in Inghilterra per i beni colà situati e alla dichiarazione di successione in Italia per i beni italiani). Una buona consulenza legale preventiva può aiutare a coordinare queste procedure, evitando che i diversi ordinamenti producano risultati incompatibili tra loro.

Va menzionato che l’Italia applica sempre le proprie norme imperative di ordine pubblico a tutela di interessi fondamentali, anche quando la legge regolatrice è straniera. Un esempio tipico è la protezione dei legittimari (gli eredi necessari, come coniuge e figli): se la legge straniera applicabile non prevede alcuna quota di riserva per i familiari, potrebbe teoricamente aprirsi la strada a contestazioni in Italia in nome dell’ordine pubblico internazionale. Tuttavia, la giurisprudenza italiana recente sembra molto cauta nel sovrapporre le proprie regole a leggi estere. In una vicenda emblematica (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 1632/2025), la Corte di Cassazione ha applicato integralmente la legge successoria straniera (nella fattispecie, quella australiana) escludendo i figli dalla legittima perché tale quota non era prevista da quella legge: in quel caso una cittadina straniera con beni in Italia aveva disposto tutto il patrimonio al convivente, e i figli non hanno potuto far valere i diritti che avrebbero avuto secondo il diritto italiano. Questo principio conferma che, se si vuole garantire una tutela ai familiari secondo i parametri italiani, è necessario pianificare con attenzione la struttura giuridica della successione; diversamente, una volta scelta o imposta una legge priva di “quota di legittima”, i familiari potrebbero rimanere esclusi senza rimedi effettivi. Del resto, anche la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha ribadito che non esiste un diritto fondamentale a ricevere un’eredità (sentenza CEDU “Jarre c. Francia”, 15/02/2024): la libertà di testare che vige in molti Paesi non viola di per sé i diritti umani. Ciò induce molte persone a trasferire la propria residenza in Stati con maggiore libertà successoria, nel tentativo di eludere i vincoli della legittima italiana. È una strategia possibile – il Regolamento UE 650/2012 lega la legge applicabile alla residenza – ma è una scelta estrema che comporta di radicare altrove la propria vita, e comunque va ponderata con l’assistenza di esperti per evitare effetti indesiderati.

 

Pianificazione testamentaria e strumenti per successioni transfrontaliere

Il primo passo per gestire un’eredità con elementi di internazionalità è senza dubbio quello di redigere un testamento valido e completo, che consideri espressamente la presenza di beni o persone all’estero. Il testamento consente di evitare l’intestazione legale dei beni secondo regole standard (successione legittima) che, in contesti internazionali, potrebbero portare a risultati non voluti. Ad esempio, in assenza di testamento, un immobile sito all’estero potrebbe essere attribuito secondo le quote legali previste da un ordinamento straniero, magari diverso da quello che il defunto avrebbe desiderato.

Quando si pianifica una successione internazionale, è importante valutare se conviene predisporre più testamenti distinti (ad esempio uno per i beni in Italia e uno per i beni in un altro Stato) oppure un unico testamento che copra tutti i beni ovunque siti. Entrambe le soluzioni hanno pro e contro. Un testamento unico garantisce un coordinamento unitario e, se ben scritto, evita conflitti tra disposizioni; d’altro canto, potrebbe richiedere procedure di riconoscimento o traduzione in ogni Paese dove ci sono beni. Testamenti multipli, redatti ciascuno secondo le formalità richieste in ogni Stato, possono semplificare le pratiche locali (ogni testamento è già conforme alla legge del luogo dove andrà eseguito), ma espongono al rischio di revoca implicita: se non predisposti correttamente, l’ultimo testamento potrebbe involontariamente annullare i precedenti. Per questo, qualora si opti per più testamenti in diversi Paesi, è fondamentale che un professionista coordini la redazione, inserendo apposite clausole per evitare revoche indesiderate e assicurando la coerenza complessiva.

Un elemento chiave da inserire nel testamento (già accennato sopra) è la clausola di scelta della legge. Se una persona ha forti legami con l’Italia ma risiede all’estero, può dichiarare nel testamento di voler applicare la legge italiana alla propria successione. Così facendo, si evita che sopraggiungano regole estranee poco familiari: ad esempio, un cittadino italiano emigrato in un Paese anglosassone, indicando la legge italiana, farà sì che continuino a valere le tutele della legittima per i figli e coniuge, anziché la libertà assoluta di quel Paese. Viceversa, un italiano che intenda sfruttare la maggiore libertà di disposizione di un ordinamento estero potrebbe acquisire (o mantenere) la cittadinanza di quello Stato e scegliere quella legge, ma con prudenza: come visto, così facendo si potrebbero escludere i familiari dalla quota di riserva, esponendo però l’asse ereditario a possibili impugnazioni se vi sono beni in Italia (il conflitto tra principi di ordinamenti diversi va sempre considerato).

Oltre al testamento, esistono vari strumenti di pianificazione patrimoniale utili in un contesto internazionale. Uno di questi è il trust. Il trust è un istituto di origine anglosassone, non previsto dal codice civile italiano ma riconosciuto in Italia grazie alla Convenzione de L’Aja 1985. In ambito successorio, può essere usato per segregare e gestire beni a favore di beneficiari designati, magari residenti in diversi Paesi. In pratica, un disponente trasferisce i beni a un trustee affinché li amministri e li distribuisca poi agli eredi/beneficiari secondo le istruzioni stabilite (anche dopo la morte del disponente). Il trust può offrire vantaggi di flessibilità e riservatezza, nonché bypassare certe rigidità (per esempio, evitare la comunione ereditaria su determinati beni: il trustee li gestisce unitariamente e poi li assegna secondo il piano previsto). Tuttavia, bisogna fare attenzione: il trust non deve essere visto come uno strumento per eludere la legge applicabile o le porzioni di legittima. Se un trust viene usato per aggirare i diritti degli eredi necessari, questi ultimi in Italia potrebbero agire in giudizio (ad esempio con un’azione di riduzione o un’azione revocatoria) per far dichiarare inefficaci le disposizioni lesive. La Corte di Cassazione ha più volte affrontato il tema dei trust lesivi della legittima e, pur riconoscendo la validità del trust in sé, ha disposto la reintegrazione delle quote dovute ai legittimari quando il trust era un mero schermo per sottrarre beni alla successione. Insomma, la sostanza prevale sulla forma: donare tutto a un trust estero poco prima di morire, nominando beneficiario solo un erede prescelto, difficilmente impedirà agli altri legittimari di far valere i propri diritti.

Inoltre, dal punto di vista fiscale, recenti riforme hanno ristretto i margini di manovra tramite trust. Fino a poco tempo fa, secondo la giurisprudenza (v. Cass. civ., sent. n. 2334/2024), il trasferimento di beni dal disponente a un trust veniva considerato fiscalmente neutro ai fini dell’imposta di successione e donazione: l’imposta proporzionale era dovuta solo al momento del trasferimento finale ai beneficiari, mentre l’atto istitutivo e di dotazione del trust scontava solo imposte fisse (in quanto non si riteneva realizzato un arricchimento effettivo in capo al trustee). Questo orientamento giurisprudenziale aveva reso il trust appetibile per pianificare successioni senza pagare subito imposte. Tuttavia, con il D.Lgs. 18 settembre 2024 n. 139 (attuativo della delega fiscale L. 111/2023), il legislatore italiano ha riformato in modo organico l’imposta sulle successioni e donazioni, prevedendo tra l’altro una disciplina specifica per la tassazione dei vincoli di destinazione e dei trust. In base alle novità normative, il trasferimento di beni in trust è ora considerato un presupposto d’imposta immediato (al pari di una donazione), salvo alcuni casi particolari. L’intento è chiaramente quello di evitare che il trust venga utilizzato come strumento elusivo dell’imposta successoria. Chi sta pensando di utilizzare un trust nell’ambito di una successione internazionale dovrà quindi pianificare con estrema attenzione, tenendo conto che oggi i vantaggi fiscali sono più limitati rispetto al passato e che il fisco italiano considera tassabile l’atto di dotazione del trust (salvo trust con beneficiari ancora indeterminati, su cui permangono questioni interpretative). In ogni caso, il trust resta uno strumento sofisticato: può offrire benefici in termini di gestione di patrimoni multi-nazione e protezione di soggetti deboli, ma va istituito con il supporto di professionisti esperti, sia per rispettare le normative sia per garantire che le clausole siano efficaci nei diversi Paesi coinvolti.

Accanto al trust, altri strumenti utili nella pianificazione patrimoniale internazionale includono le donazioni in vita e le polizze vita. Le donazioni consentono di trasferire beni agli eredi anticipatamente, riducendo l’asse ereditario futuro. In un contesto transfrontaliero, occorre valutare attentamente la legge applicabile alla donazione (ad esempio, per un immobile situato all’estero, si applicheranno spesso le formalità e le tasse di quel luogo) e soprattutto gli effetti sulla quota di legittima. Infatti, le donazioni fatte in vita dal de cuius possono essere soggette a collazione o riduzione in Italia se lesive della legittima. Recenti sentenze hanno confermato che anche liberalità indirette o donazioni effettuate tramite interposta persona all’estero possono essere computate nel calcolo della legittima (cfr. Cass. civ., Sez. II, sent. n. 10677/2023). Dunque, non è sufficiente donare i propri beni a un erede di fiducia trasferendoli magari su un conto estero per mettere gli altri al riparo da pretese: i legittimari pretermessi potranno comunque agire. Le assicurazioni sulla vita, invece, seguono regole parzialmente diverse: la somma liquidata dall’assicurazione ai beneficiari designati non ricade nell’asse ereditario e, per legge, non è soggetta ad azione di riduzione (salvo il pagamento dei premi abbia pregiudicato i legittimari in maniera fraudolenta). Ciò significa che una polizza vita può essere uno strumento per destinare un capitale a determinate persone fuori dall’eredità, con una protezione giuridica più forte rispetto alla donazione. Anche qui, però, bisogna usare equilibrio: intanto le polizze sono efficaci solo per liquidità o investimenti finanziari, e inoltre grossi premi pagati a ridosso della morte potrebbero essere oggetto di contestazione dai familiari, quantomeno sotto il profilo della frode.

In sintesi, la pianificazione di una successione internazionale richiede un mix di strumenti cuciti su misura: testamento con eventuale scelta di legge, patti di famiglia se ci sono aziende di famiglia, donazioni calibrate, polizze, trust o altri veicoli fiduciari, il tutto armonizzato per non violare norme imperative e per ottimizzare il carico fiscale. È un lavoro sartoriale dove la consulenza di esperti di diritto di successione, possibilmente con esperienza in diritto comparato, è imprescindibile.

 

Aspetti fiscali: imposte di successione e donazione tra Italia ed estero

Oltre alle questioni giuridiche, le imposte rappresentano un fattore cruciale nelle successioni transfrontaliere. Ogni Paese ha la propria disciplina fiscale in materia di eredità e donazioni: ci sono Stati (come gli USA, il Regno Unito, la Francia) con tassazioni elevate sulle trasferimenti mortis causa, e altri (come molti Paesi extraeuropei, o anche il Portogallo e la Svezia) dove l’imposta di successione è nulla o molto bassa. L’Italia, attualmente, applica aliquote abbastanza contenute, con franchigie generose per i parenti stretti. In base alla normativa italiana vigente, i trasferimenti per causa di morte o per donazione sono soggetti a imposta secondo queste aliquote: 4% per coniuge e figli (con franchigia di 1.000.000 € ciascuno, sotto la quale non si paga nulla), 6% per fratelli e sorelle (franchigia 100.000 € ciascuno) e 6% senza franchigia per altri parenti fino al quarto grado, 8% per parenti più lontani o estranei (senza franchigia). Questo significa che, rispetto ad altri ordinamenti, in Italia il carico fiscale sulle successioni è relativamente leggero – elemento che attira, ad esempio, molti acquirenti stranieri di immobili italiani, non dovendo temere una tassazione successoria pesante. Tuttavia, il quadro si complica quando l’eredità tocca più giurisdizioni: il problema della doppia imposizione è dietro l’angolo.

In linea generale, per evitare doppie tassazioni, occorre considerare chi era residente e dove sono situati i beni. Il principio di base è: l’Italia tassa i beni ovunque si trovino se il defunto (o il donante) era residente in Italia al momento della morte (o della donazione). Viceversa, se il defunto/donante non era residente in Italia, l’imposta italiana si applica solo ai beni che si trovano sul territorio italiano. Ad esempio, se un cittadino italiano residente in Italia muore con proprietà sia in Italia sia negli Stati Uniti, l’Italia (residenza del de cuius) chiederà l’imposta sull’intero asse ereditario, inclusa la casa in USA – ovviamente l’imposta sarà calcolata sul valore di quell’immobile. Ma anche lo Stato estero (in questo caso gli USA, a seconda dello Stato federale) potrebbe tassare la trasmissione di quell’immobile perché si trova fisicamente lì. In assenza di accordi bilaterali, questo significa doppia imposizione sul medesimo bene. L’Italia ha stipulato poche convenzioni internazionali per evitare la doppia imposizione sulle successioni – ad esempio con Francia, Regno Unito, Grecia, Danimarca, Svezia e pochi altri – e spesso limitatamente a determinati beni. Nella pratica, dunque, ci si deve affidare a meccanismi interni di mitigazione: alcuni Paesi concedono un credito d’imposta per le imposte pagate all’estero su un medesimo bene ereditario. L’ordinamento italiano, ad esempio, prevede che per i beni esteri tassati anche in Italia si possa dedurre l’eventuale imposta patrimoniale pagata all’estero su quegli stessi beni (nei limiti dell’imposta italiana proporzionale a quel bene). È una materia tecnica, dove ogni caso va analizzato separatamente: la presenza di un conto bancario all’estero, di un immobile in un Paese con tassazione elevata o di azioni di una società straniera può cambiare sensibilmente la pianificazione fiscale della successione. Ad esempio, può convenire trasferire la residenza fiscale in un Paese che non tassi le successioni prima dell’apertura della successione, oppure donare in anticipo i beni situati in paesi ad alta fiscalità per sfruttare esenzioni. Attenzione, però: spostare la residenza solo per motivi fiscali senza un effettivo trasferimento della vita personale può essere contestato dal fisco (che potrebbe continuare a considerarci residenti in Italia). Inoltre, scelte affrettate potrebbero avere controindicazioni: un sistema fiscale estero più favorevole sulle successioni magari prevede però una tassazione maggiore su altri aspetti (redditi, plusvalenze, proprietà immobiliari).

Per quanto riguarda la dichiarazione di successione, se il defunto possedeva beni in Italia, gli eredi – ovunque essi risiedano – dovranno presentare all’Agenzia delle Entrate italiana la dichiarazione entro 12 mesi dalla morte, elencando i beni ereditari e calcolando l’eventuale imposta dovuta. Questo adempimento è richiesto anche quando il defunto era residente all’estero ma aveva beni in Italia (ad esempio un immobile): in tal caso si dichiareranno solo i beni italiani. Se invece il defunto era residente in Italia, nella dichiarazione andranno indicati tutti i beni ovunque si trovino (mobiliari e immobiliari), anche se poi per quelli esteri l’imposta italiana non sarà dovuta in presenza di residenza estera del de cuius – o verrà calcolata e si ragionerà sulle detrazioni per le imposte pagate oltreconfine. In ogni caso, la collaborazione di un esperto è opportuna, perché occorre districarsi tra normative fiscali differenti: un errore nel valutare un bene estero o nel comprendere le franchigie potrebbe portare a sanzioni o, viceversa, a pagare più del dovuto.

Un esempio concreto: le donazioni internazionali. Se un genitore non residente in Italia dona una somma di denaro a un figlio residente in Italia, questa donazione potrebbe non scontare imposta qui da noi perché il donante estero non è soggetto all’imposta italiana (come chiarito dall’Agenzia delle Entrate). Di contro, se un genitore residente in Italia dona un immobile sito all’estero, l’atto sconta l’imposta di donazione italiana (perché il donante è residente) e al tempo stesso potrebbe essere soggetto a tassazione nel Paese dove si trova l’immobile. Ecco perché, quando si pianifica come distribuire il patrimonio tra gli eredi in più Stati, occorre considerare attentamente dove pagare le imposte e quando. Talvolta è opportuno anticipare il trasferimento di determinati beni (donandoli o conferendoli in un veicolo societario) per sfruttare regimi fiscali più favorevoli; altre volte può essere preferibile lasciare che l’eredità si apra in Italia (beneficiando delle franchigie e aliquote basse) e magari prevedere conguagli tra eredi per i diversi trattamenti fiscali all’estero. Ancora, strumenti come il patto di famiglia (per trasferire azienda o partecipazioni societarie ai figli con esenzione d’imposta) possono essere integrati in un disegno internazionale, considerando se l’azienda opera in più paesi e come la successione dell’impresa verrà riconosciuta fuori dall’Italia.

Da ultimo, è bene ricordare che il panorama normativo non è statico: la riforma del 2024 già citata ha inciso sulla tassazione dei trust, e in futuro potrebbero esservi ritocchi alle aliquote di successione (tema periodicamente dibattuto). Pianificare una successione internazionale significa anche restare aggiornati e flessibili, pronto ad adeguare testamenti e strategie fiscali se cambia la legge.

 

Accettazione dell’eredità, rinuncia e problematiche operative

Oltre alle questioni di legge applicabile e tassazione, l’erede di una successione internazionale deve affrontare gli aspetti pratici dell’accettazione o della rinuncia dell’eredità. In Italia, l’eredità non si acquista automaticamente: chi è chiamato (ossia designato per legge o per testamento) deve decidere se accettare o meno. I tempi e le modalità di accettazione possono essere diversi all’estero; ad esempio, nei Paesi anglosassoni entra in gioco la figura dell’executor testamentario che amministra i beni prima della distribuzione, mentre nel sistema italiano l’erede subentra immediatamente (retroattivamente al momento della morte) nel patrimonio del defunto, se accetta.

Un principio latino ben noto recita semel heres, semper heres: una volta erede, lo si è per sempre. Significa che l’accettazione dell’eredità è tendenzialmente irrevocabile: una volta accettato (esplicitamente con un atto formale, oppure implicitamente compiendo un atto che presuppone la volontà di accettare, come vendere un bene ereditario), non si può più rinunciare. Per questo motivo, soprattutto in presenza di patrimoni complessi o di debiti ereditari, è bene non affrettarsi ad accettare senza prima aver valutato la situazione. Questo consiglio vale ancor di più nelle successioni internazionali, dove possono esistere debiti o passività in altri Paesi (ad esempio un mutuo su una casa all’estero, pendenze fiscali straniere, creditori internazionali) non immediatamente noti all’erede. Il sistema italiano offre due importanti strumenti di tutela: la rinuncia all’eredità e l’accettazione beneficiata.

La rinuncia all’eredità è la soluzione più drastica: l’erede chiamato decide di non entrare nel patrimonio del defunto, e rinuncia a tutti i diritti sui beni ereditari (e conseguentemente non risponde dei debiti del defunto). Può essere una scelta sensata se si prevedono debiti superiori all’attivo, o se l’eredità è ingarbugliata con questioni legali in Stati lontani. La rinuncia va formalizzata con una dichiarazione presso un notaio o la cancelleria del tribunale, entro 10 anni dall’apertura della successione (termine ordinario in Italia). Attenzione: in alcuni Paesi i termini possono essere più brevi, e certi ordinamenti considerano accettata l’eredità se l’erede non dichiara il contrario entro un certo periodo. È quindi essenziale, in contesti internazionali, coordinare le tempistiche e le forme della rinuncia secondo tutte le leggi coinvolte, per evitare di decadere dall’opzione di rinunciare.

L’accettazione con beneficio d’inventario è un istituto tipico del diritto italiano (ed anche di altri Paesi di civil law) che consente all’erede di accettare l’eredità ma mantenendo una separazione tra patrimonio ereditato e patrimonio personale. In pratica, l’erede che accetta beneficiato non diventa responsabile illimitatamente dei debiti ereditari: potrà pagare i debiti del defunto e i legati nei limiti del valore dei beni ricevuti. È uno scudo che evita di erodere il proprio patrimonio in caso di passività occulte. Per ottenere questo beneficio, l’erede deve presentare una dichiarazione di accettazione beneficiata e far predisporre un inventario dettagliato dei beni ereditari. Nelle successioni internazionali, l’accettazione con beneficio d’inventario può rivelarsi preziosa quando l’asse comprende beni in Paesi lontani o situazioni poco chiare. Ad esempio, se Tizio eredita un patrimonio con immobili in diversi Stati e qualche società estera, potrebbe non avere subito il quadro dei debiti pendenti su ciascun cespite: accettando con beneficio d’inventario in Italia, si garantisce che, qualora emergessero debiti superiori, non ne risponderà oltre il valore dei beni. Occorre tuttavia verificare come questa forma di accettazione sia vista negli altri ordinamenti: di solito, grazie alla cooperazione internazionale, l’effetto protettivo è riconosciuto, ma è bene specificare agli eventuali creditori esteri lo status di erede beneficiato.

Un altro aspetto da considerare è la cooperazione tra professionisti nei vari Paesi. Spesso, gestire una successione internazionale significa doversi interfacciare con notai, avvocati o consulenti legali in diverse giurisdizioni. Si pensi ad esempio alla necessità di un Certificato Successorio Europeo: questo documento, introdotto dal Regolamento UE 650/2012, è rilasciato dall’autorità competente (in Italia dal notaio o dal tribunale) e serve a far riconoscere la propria qualità di erede negli altri Stati UE senza bisogno di procedure complesse. Il certificato successorio europeo è uno strumento pratico molto utile: un erede che ha ottenuto questo certificato in Italia potrà, ad esempio, presentarlo al notaio francese o tedesco per farsi intestare i beni ereditari in quei Paesi, senza dover passare da una dichiarazione di successione locale ex novo. Coordinare l’ottenimento e l’uso di tale certificato fa parte delle attività in cui un avvocato esperto di successioni internazionali può assistere gli eredi, dialogando con i colleghi stranieri e con le autorità competenti.

 

Conclusione: importanza di una consulenza legale integrata

In definitiva, affrontare una successione con beni o eredi distribuiti tra diversi Paesi richiede un approccio multidisciplinare e proattivo. Abbiamo visto come le variabili in gioco siano numerose: dalla legge applicabile (e la possibilità di sceglierla), alle differenze sulla quota di legittima, dalle tasse di successione alle formalità (dichiarazioni, certificati) da espletare in ciascun ordinamento. Le novità normative degli ultimi anni – come l’ordinanza della Cassazione n. 20954/2025 che ha facilitato l’azione di riduzione per gli eredi legittimari, o la riforma fiscale del 2024 sui trust – hanno ulteriormente cambiato il panorama, rendendo indispensabile un aggiornamento costante. In questo contesto così complesso, il rischio di errori è elevato: un dettaglio trascurato (ad esempio un bene non menzionato, una differenza tra sistemi legali non considerata, una scadenza fiscale mancata) può sfociare in contenziosi lunghi e costosi, oppure in sanzioni e perdite economiche significative.

Affidarsi a un team legale esperto in diritto successorio internazionale è la scelta migliore per tutelare sia la volontà del testatore, sia gli interessi degli eredi. Un avvocato con competenze specifiche saprà dialogare con notai, autorità fiscali e colleghi esteri, predisporre atti conformi alle diverse normative e prevenire i conflitti di legge. Inoltre, potrà suggerire soluzioni creative e legittime per ottimizzare la successione, ad esempio individuando la strategia fiscale meno onerosa, o proteggendo un patrimonio all’estero da pretese ingiustificate. La pianificazione preventiva è la chiave di tutto: muoversi per tempo, quando il testatore è ancora in vita e in piena capacità di intendere e volere, consente di disegnare l’assetto successorio ideale ed evitare ai propri cari difficoltà aggiuntive in un momento già doloroso qual è la perdita di una persona cara.

“Si vis pacem, para bellum” dicevano i latini: se vuoi la pace, prepara la guerra. Senza voler esagerare, l’adagio sottolinea un concetto valido anche nelle successioni internazionali: prevedere e preparare in anticipo significa garantire pace e armonia tra gli eredi domani, evitando battaglie legali.

Se ti trovi ad affrontare questioni ereditarie che coinvolgono più Paesi – o vuoi pianificare per tempo la trasmissione internazionale del tuo patrimonio – contatta subito Studio Legale MP.: potremo offrirti una consulenza su misura, tutelando i tuoi diritti e assicurando che la tua volontà venga rispettata ovunque. Ti guideremo passo dopo passo attraverso normative italiane e straniere, per trasformare una materia insidiosa in un percorso sicuro per te e la tua famiglia.

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  • 02 ottobre 2025
  • Marco Panato

Autore: Avv. Marco Panato


Avv. Marco Panato -

Avv. Marco Panato, avvocato del Foro di Verona e Dottore di Ricerca in Diritto ed Economia dell’Impresa – Discipline Interne ed Internazionali - Curriculum Diritto Amministrativo (Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Verona).

E' autore di pubblicazioni scientifiche in materia giuridica, in particolare nel ramo del diritto amministrativo. Si occupa anche di docenza ed alta formazione.