Cookie Consent by Free Privacy Policy Generator
Studio Legale MP - Verona logo
Successione e Diritto di Abitazione: Tutele per il Coniuge Superstite (anche se Separato) - Studio Legale MP - Verona

La casa familiare dopo la morte di un coniuge: come funziona il diritto di abitazione e uso ai sensi dell’art. 540 c.c., e le ultime novità giurisprudenziali che equiparano il coniuge separato senza colpa al coniuge convivente.

In ambito successorio, il coniuge superstite gode per legge di specifiche tutele patrimoniali: tra queste, un ruolo di primo piano spetta al diritto di abitazione sulla casa familiare e al diritto di uso sui mobili che la corredano (art. 540 comma 2 del codice civile). Ciò significa che quando uno dei coniugi viene a mancare, il coniuge superstite – oltre alla quota di eredità che gli spetta – ha il diritto di continuare a vivere nell’abitazione adibita a residenza familiare e di utilizzarne gli arredi, indipendentemente da come verranno divisi gli altri beni ereditari. Questa protezione riconosce l’importanza della casa coniugale come centro degli affetti e delle abitudini di vita della famiglia. Mors omnia solvit, si dice in latino: la morte scioglie ogni cosa, incluso il vincolo matrimoniale. Ma il legislatore ha voluto assicurare che la morte di uno dei coniugi non privi l’altro improvvisamente del tetto domestico e dell’ambiente in cui ha vissuto.

La questione diventa più complessa se i coniugi, al momento del decesso, erano legalmente separati. Il coniuge superstite separato ha gli stessi diritti? La legge (art. 548 c.c.) equipara il coniuge separato senza addebito (cioè non responsabile della separazione) al coniuge non separato per quanto riguarda i diritti successori. Questa equiparazione, in base a un’interpretazione logica e sistematica, si estende anche al diritto di abitazione della casa familiare. Recentemente, la Corte di Cassazione ha affrontato proprio questo tema, chiarendo definitivamente il principio: con la sentenza n. 22566 del 26 luglio 2023, è stato stabilito che i diritti di abitazione e di uso sulla casa familiare spettano anche al coniuge superstite separato senza addebito, eccettuato il solo caso in cui, dopo la separazione, la casa sia stata abbandonata da entrambi i coniugi o abbia perduto ogni collegamento – anche solo potenziale – con l’originaria destinazione familiare. In altre parole, se la casa era ancora, almeno in parte, il punto di riferimento di uno dei coniugi, il coniuge superstite (pur non convivente al momento della morte) mantiene il diritto di abitarla

La Cassazione (22566/2023) ha così affermato un principio di diritto chiaro: va garantita la piena equiparazione nel godimento dei diritti ex art. 540 c.c. tra il coniuge superstite non separato e il coniuge superstite separato senza colpa. Questo vale anche quando il coniuge separato, dopo la separazione, non abbia continuato a vivere nella casa che fu quella familiare, a meno che l’immobile non sia stato abbandonato anche dall’altro coniuge o abbia perso totalmente la sua natura di casa coniugale. Ad avvalorare questa soluzione vi è il disposto dell’art. 548 c.c., che – come detto – parifica i diritti successori del coniuge separato senza addebito a quelli del coniuge non separato. Dunque, l’art. 540 c.c. non richiede la convivenza attuale tra i coniugi come presupposto per attribuire i diritti di abitazione e uso; e l’art. 548 c.c. conferma che il coniuge separato senza colpa ha gli stessi diritti successori del coniuge convivente, senza esclusioni di sorta. Ne consegue l’affermazione – da parte della Cassazione – del principio per cui il coniuge superstite separato senza addebito gode degli stessi diritti sulla casa familiare del coniuge non separato. Ciò vale anche se tale coniuge, dopo la separazione, aveva momentaneamente lasciato l’abitazione che fu quella coniugale, a meno che la casa non fosse stata dismessa da entrambi o avesse perso del tutto la funzione di “residenza familiare”.

In pratica, poniamo il caso di Tizio e Caia, coniugi separati senza addebito. Tizio continuava a vivere nella casa coniugale dopo la separazione, mentre Caia si era trasferita altrove. Se Tizio viene a mancare, Caia – pur non avendo più abitato lì stabilmente – ha diritto di rientrare e abitare vita natural durante in quella casa, in virtù dell’art. 540 c.c. e del principio di parificazione sancito dalla Cassazione. Solo se né Tizio né Caia utilizzavano più l’immobile come casa familiare (ad esempio perché venduto, affittato a terzi, o lasciato sfitto per lungo tempo) tale diritto non sorge. La logica seguita dai giudici è tutelare l’interesse del coniuge superstite a “far ritorno nell’ambiente che un tempo fu adibito a residenza familiare”, interesse che può avere per lui un valore non solo economico ma anche affettivo e simbolico, e che è considerato preminente rispetto agli interessi esclusivamente patrimoniali vantati dagli altri eredi su quella casa.

Robert Frost scrisse che «la casa è quel posto che, se ci devi andare, sono obbligati ad accoglierti». È una definizione poetica che ben si adatta a spiegare la ratio di questa tutela: la legge garantisce al coniuge superstite un rifugio sicuro nella casa che ha rappresentato il focolare domestico, anche quando la vita coniugale si era già spezzata. La novità della pronuncia del 2023 sta proprio nell’aver fugato ogni dubbio residuo: anche il coniuge separato senza colpa mantiene pienamente il diritto di abitare la casa familiare come suo “vitalizio” (cioè per tutta la vita), alla pari di un coniuge non separato. In tal modo si evitano effetti penalizzanti per chi, pur separato, ha comunque condiviso e contribuito alla creazione di un ambiente familiare. Naturalmente, questo diritto di abitazione si aggiunge alle quote ereditarie spettanti per legge al coniuge superstite, e prevale nell’assegnazione dell’immobile: gli altri eredi (figli, fratelli, etc.) dovranno rispettare tale vincolo d’uso a favore del coniuge superstite.

In sintesi, la protezione della casa familiare per il coniuge superstite è un principio fondamentale del nostro ordinamento successorio, ora confermato e rafforzato dalla più recente giurisprudenza. Il messaggio è chiaro: il matrimonio può finire, ma il legame con la casa di famiglia no, almeno per garantire al coniuge rimasto in vita di non perdere anche il proprio domicilio e i ricordi ad esso legati. La morte, che scioglie ogni vincolo, non deve lasciare il coniuge superstite senza casa: questa è la volontà della legge e l’interpretazione fornita dai giudici, in nome della dignità e della sicurezza di chi resta.

  • 20 luglio 2025
  • Marco Panato

Autore: Avv. Marco Panato


Avv. Marco Panato -

Avv. Marco Panato, avvocato del Foro di Verona e Dottore di Ricerca in Diritto ed Economia dell’Impresa – Discipline Interne ed Internazionali - Curriculum Diritto Amministrativo (Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Verona).

E' autore di pubblicazioni scientifiche in materia giuridica, in particolare nel ramo del diritto amministrativo. Si occupa anche di docenza ed alta formazione.