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Fino a quando i genitori devono mantenere i figli maggiorenni?? - Studio Legale MP - Verona

Le condizioni per l’obbligo di mantenimento dei figli adulti non autosufficienti: principi legali e novità dalla Cassazione.

Molti genitori si chiedono fino a che punto siano tenuti a mantenere i figli una volta raggiunta la maggiore età. Il tema del mantenimento dei figli maggiorenni è disciplinato dalla legge ma soprattutto chiarito dalla recente giurisprudenza, che ha stabilito limiti e condizioni in base al principio di autoresponsabilità del figlio adulto. Nemo ad impossibilia tenetur – nessuno è tenuto a fare l’impossibile – recita un antico brocardo latino che ben si adatta a questa materia: i genitori non possono essere obbligati a sostenere indefinitamente figli che non collaborano al proprio mantenimento.

La Corte di Cassazione ha riaffermato che l’obbligo dei genitori non cessa ipso facto al compimento dei 18 anni- In altre parole, diventare maggiorenni non spegne automaticamente il diritto al mantenimento se il figlio non è ancora economicamente autosufficiente. Tuttavia, quel diritto viene meno se il figlio tiene un comportamento di inerzia colpevole: ad esempio rifiuta senza motivo offerte di lavoro o abbandona gli studi con negligenza, dimostrando disinteresse verso l’indipendenza economica. Questo è il cosiddetto principio dell’autoresponsabilità: un figlio maggiorenne in grado di lavorare deve attivarsi per mantenersi; se invece abusa del sostegno dei genitori restando passivo, può perdere il diritto al mantenimento. Del resto, come ammonisce Shakespeare attraverso le parole di Re Lear, «è più acuto del dente di un serpente avere un figlio ingrato» – un figlio che non valorizza gli sforzi dei genitori e pretende supporto all’infinito.

La giurisprudenza ha anche chiarito come ripartire l’onere della prova in questi casi. In linea di massima spetta al genitore obbligato dimostrare che il figlio ha raggiunto una sua indipendenza economica tale da giustificare la cessazione dell’obbligo (ad esempio mostrando che il figlio ha un lavoro stabile). D’altro canto, superata una certa età, se emergono elementi di prolungata inerzia, si può richiedere al figlio di provare di stare ancora studiando con profitto o cercando attivamente lavoro. In una recente decisione, la Suprema Corte ha valutato il caso di una figlia ventenne che aveva abbandonato l’università e non cercava impiego: in tale situazione l’assegno è stato revocato, ritenendo non più giustificato il mantenimento vista l’assenza di impegno verso l’autosufficienza. Semel pater, semper pater (una volta padre, sempre padre), ma essere genitori non significa farsi carico sine die di figli ormai adulti senza alcuna collaborazione da parte loro.

Di contro, quando il figlio maggiorenne dimostra un impegno concreto nel rendersi indipendente – ad esempio proseguendo gli studi con serietà, svolgendo stage o accettando lavori temporanei – i giudici tendono a mantenere l’obbligo in capo ai genitori finché tale percorso non conduca ragionevolmente all’autosufficienza. La Cassazione (ord. n. 30179/2024) ha infatti confermato la legittimazione di una madre a chiedere l’aumento dell’assegno per le figlie maggiorenni non autosufficienti e fuori sede, riconoscendo che la casa materna era rimasta per loro un riferimento stabile dove tornare regolarmente e che la madre provvedeva in concreto a tutte le loro esigenze durante gli studi fuori città. In quel caso le figlie, poco più che ventenni, seguivano un percorso universitario lontano da casa: la madre era la figura di riferimento che anticipava ogni spesa per il loro sostentamento, e ciò ha giustificato la continuazione (anzi, l’aumento) del contributo paterno. Insomma, se il figlio sta seriamente costruendo il proprio futuro – tramite studio o lavoro precario – il genitore può essere ancora tenuto a sostenerlo. Viceversa, se il giovane spreca le opportunità o non mostra alcuna volontà di rendersi indipendente, i giudici possono dichiarare estinto l’obbligo.

In conclusione, il mantenimento dei figli adulti non è né eternoautomatico. La soglia dei 18 anni rappresenta solo l’inizio di una valutazione caso per caso. Finché il figlio dimostra un impegno ragionevole nel diventare autonomo, i genitori dovranno supportarlo secondo le proprie capacità economiche. Ma quando si riscontra da parte del figlio un immobilismo ingiustificato – rifiuto di lavorare o di formarsi – la legge consente ai genitori di chiedere l’interruzione dell’aiuto, evitando abusi. L’obiettivo è incentivare i giovani a spiccare il volo con le proprie forze: il miglior risultato per tutti è vedere il figlio raggiungere l’indipendenza, rendendo finalmente non più necessario il sostegno materiale dei genitori.

  • 18 luglio 2025
  • Marco Panato

Autore: Avv. Marco Panato


Avv. Marco Panato -

Avv. Marco Panato, avvocato del Foro di Verona e Dottore di Ricerca in Diritto ed Economia dell’Impresa – Discipline Interne ed Internazionali - Curriculum Diritto Amministrativo (Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Verona).

E' autore di pubblicazioni scientifiche in materia giuridica, in particolare nel ramo del diritto amministrativo. Si occupa anche di docenza ed alta formazione.