Le tutele della legge per la casa del debitore
Il sistema del sovraindebitamento è pensato per consentire al debitore onesto di risollevarsi dai debiti senza sacrificare beni essenziali come l’abitazione principale. Le procedure previste dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) permettono infatti, in molti casi, di bloccare le azioni esecutive sulla casa e di evitare che venga venduta all’asta. Ad esempio, presentando un piano di ristrutturazione dei debiti (il “piano del consumatore” nella terminologia previgente), si può chiedere al giudice la sospensione di eventuali pignoramenti immobiliari in corso. Diversi tribunali applicano questa facoltà: il giudice, valutate le circostanze, dichiara ammissibile la procedura e sospende le aste in attesa dell’omologazione del piano. In un caso emblematico, il Tribunale di Lodi, decreto 19 marzo 2024, ha disposto d’urgenza il blocco di una vendita all’asta fissata per lo stesso giorno, dopo aver ammesso il piano del consumatore proposto dal debitore. Così facendo, la casa di famiglia è stata temporaneamente salvata dalla liquidazione forzata, in attesa che il piano fosse valutato nel merito.
La normativa consente inoltre di mantenere il pagamento del mutuo sulla prima casa nell’ambito del piano, continuando a versare le rate concordate. In tal modo il debitore può dimostrare ai creditori e al tribunale la sostenibilità della soluzione proposta, evitando l’immediata escussione dell’ipoteca. Importante novità degli ultimi anni è stata la flessibilità introdotta sui tempi di rimborso: non vige più il vecchio limite rigido di 12 mesi per pagare i creditori privilegiati. La Corte di Cassazione (ord. n. 4622/2024) ha chiarito che si possono prevedere piani di pagamento pluriennali, anche oltre l’anno dall’omologazione, purché il creditore ipotecario sia messo in condizione di esprimersi sulla dilazione e questa risulti più vantaggiosa, nel complesso, rispetto a una liquidazione immediata dei beni. Ciò significa che, se vendere subito la casa all’asta darebbe minor soddisfazione al creditore rispetto a un rimborso graduale, il giudice può approvare un piano di lungo termine. Per il debitore questa è una svolta fondamentale: si possono spalmare i pagamenti in più anni e gestirli con rate sostenibili, evitando il sacrificio immediato dell’abitazione. Ad esempio, un consumatore indebitato con un mutuo potrebbe proporre di restituire il credito ipotecario in 5–10 anni, invece che in un solo anno, dimostrando che così la banca incasserebbe di più che non pignorando e vendendo subito l’immobile. Se il piano è credibile e conveniente, il tribunale può omologarlo e sospendere definitivamente l’esecuzione sulla casa.
Il “privilegio fondiario”: quando la banca può procedere comunque
Nonostante le garanzie previste, esiste un nodo critico che riguarda proprio i mutui ipotecari e la casa del debitore: il cosiddetto privilegio processuale fondiario in favore delle banche (art. 41 comma 2 Testo Unico Bancario). Questa regola, pensata originariamente per le esecuzioni fallimentari, consente al creditore ipotecario di primo grado (la banca con mutuo fondiario) di proseguire o iniziare il pignoramento dell’immobile anche se il debitore ha avviato una procedura concorsuale. Purtroppo la giurisprudenza ha esteso l’applicabilità di tale privilegio anche al sovraindebitamento. La Cassazione civile, Sez. I, sent. n. 22914/2024 ha infatti stabilito che anche nella “liquidazione controllata” – la procedura liquidatoria prevista dal CCII per i sovraindebitati – la banca munita di mutuo fondiario può far valere questo privilegio. In altre parole, se il debitore opta per la liquidazione del patrimonio (o vi viene costretto in mancanza di un accordo o piano omologato), l’avvio della procedura concorsuale non blocca l’asta sulla prima casa: la banca può andare avanti col pignoramento e vendere l’immobile, senza attendere l’esito della liquidazione. Tale interpretazione, confermata anche a livello di merito (ad esempio dal Tribunale di Roma, sent. 11 febbraio 2025), rappresenta un duro colpo per la tutela dell’abitazione. Si crea infatti una disparità: proprio il debitore più in difficoltà – quello costretto alla liquidazione perché non in grado di proporre un piano sostenibile – rischia di perdere la casa comunque, vanificando in parte la “seconda opportunità”. Di fronte a questa situazione, autorevoli commentatori hanno parlato di “summum ius, summa iniuria”: l’applicazione rigorosa di un privilegio processuale (il massimo del diritto per il creditore) può tradursi nel massimo dell’ingiustizia sostanziale per la famiglia indebitata.
Occorre sottolineare che il problema si pone soprattutto nella liquidazione controllata. Nell’ambito di un piano del consumatore, invece, il giudice dispone normalmente la sospensione delle azioni esecutive (come visto sopra) e, se il piano viene omologato, i creditori saranno vincolati al rispetto di quanto stabilito. Pertanto, il consiglio per chi teme di perdere la casa è di puntare, se possibile, sulla presentazione di un piano di ristrutturazione, coinvolgendo attivamente la banca nel negoziato. Ove la situazione lo consenta, è preferibile trovare un accordo con l’istituto di credito – ad esempio proponendo condizioni migliorative o garanzie aggiuntive – in modo da scongiurare il pignoramento dell’immobile. La via del piano concordato con i creditori, per quanto impegnativa, offre maggiori chance di salvare l’abitazione rispetto alla liquidazione giudiziale, dove il margine di manovra è limitato.
Strategie per il debitore: agire per tempo e con il supporto giusto
Per difendere efficacemente la propria casa dai creditori è fondamentale giocare d’anticipo. Appena la situazione debitoria diventa critica – ad esempio in caso di rate del mutuo arretrate o di atti di pignoramento notificati – è opportuno rivolgersi tempestivamente a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) o a professionisti esperti in sovraindebitamento. Avviare una procedura prima che l’asta sia già in fase avanzata aumenta le probabilità di successo: il tribunale potrebbe sospendere la vendita forzata, come nel caso di Lodi citato, se il ricorso viene presentato con tutti i requisiti e un piano serio. È importante preparare con cura la documentazione (dettaglio dei debiti, valore dell’immobile, redditi e spese familiari) e costruire una proposta credibile e sostenibile, magari prevedendo la continuazione del pagamento del mutuo e offrendo ai creditori alternative migliori della liquidazione. La buona fede e la trasparenza del debitore giocano un ruolo determinante: chi dimostra di collaborare e di mettere sul piatto tutto il possibile avrà dal giudice una considerazione più favorevole. Come esclama Shylock ne Il Mercante di Venezia di Shakespeare, «mi togliete la vita quando mi togliete i mezzi per vivere» – perdere la casa, frutto di sacrifici e bene di prima necessità, può significare vedere spezzata ogni prospettiva di ripresa. Per questo la legge cerca, nei limiti del possibile, di evitare al debitore onesto questa estrema conseguenza.
In conclusione, salvare la prima casa dal vortice dei debiti è spesso fattibile sfruttando appieno gli strumenti legali oggi disponibili. Un debitore sovraindebitato e proprietario di casa dovrebbe valutare subito, con l’aiuto di consulenti qualificati, le opzioni offerte dal sovraindebitamento: il piano di ristrutturazione, eventualmente affiancato da moratorie e accordi ad hoc con la banca, rappresenta la strada maestra per tenere al sicuro le chiavi di casa propria. Al contrario, rinviare l’azione o affidarsi a soluzioni fai-da-te può portare a irrevocabili perdite patrimoniali.
Avv. Marco Panato, avvocato del Foro di Verona e Dottore di Ricerca in Diritto ed Economia dell’Impresa – Discipline Interne ed Internazionali - Curriculum Diritto Amministrativo (Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Verona).
E' autore di pubblicazioni scientifiche in materia giuridica, in particolare nel ramo del diritto amministrativo. Si occupa anche di docenza ed alta formazione.