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Amministratore di condominio: nuove responsabilità e revoca - Studio Legale MP - Verona

La giurisprudenza recente ridefinisce doveri, rischi e condizioni di revoca per gli amministratori condominiali, evidenziando maggiori tutele per i condomini e obblighi stringenti per chi gestisce i beni comuni.

Doveri e obblighi dell’amministratore condominiale

L’amministratore di condominio è investito di un ruolo di mandatario dei condomini e deve operare con diligenza qualificata. La legge (art. 1129 c.c.) elenca in dettaglio i suoi obblighi: tenuta regolare dei conti, cura delle parti comuni, esecuzione delle delibere assembleari e azione tempestiva contro i condomini morosi, solo per citarne alcuni. Un vecchio brocardo latino recita: «Ignorantia legis non excusat», a ricordare che l’ignoranza delle norme non esime dai doveri chi assume incarichi di gestione. L’amministratore, pertanto, non può permettersi passi falsi, poiché ogni omissione o negligenza può concretizzarsi in una “mala gestio” con conseguenze giuridiche. Come affermato in un celebre passo letterario, «Tu diventi responsabile per sempre di ciò che hai addomesticato»: l’amministratore, una volta accettato l’incarico, diventa responsabile verso la comunità condominiale delle sorti e della trasparenza della gestione.

Compenso vincolato all’approvazione del rendiconto

Un tema di grande attualità è la correlazione tra il compenso dell’amministratore e l’approvazione del rendiconto condominiale. La Corte d’Appello di Napoli, sent. n. 4695/2025, ha ribadito che l’amministratore non può pretendere i propri compensi senza il preventivo via libera dell’assemblea sul bilancio consuntivo. In pratica, i compensi dell’amministratore diventano esigibili solo dopo che i condomini, riuniti in assemblea, hanno approvato il rendiconto annuale della gestione. In assenza di tale approvazione formale, il credito dell’amministratore non è né liquido né esigibile e qualsiasi somma già corrisposta può essere richiesta indietro. Questa posizione, in linea con l’orientamento della Corte di Cassazione, garantisce che ogni spesa a carico dei condòmini – inclusa la retribuzione dell’amministratore – sia sempre soggetta al controllo e al consenso assembleare. Anche per eventuali compensi straordinari (ad esempio un extra per gestioni speciali), è necessario uno specifico atto di approvazione: la Cass. civ., Sez. II, sent. n. 14428/2025 ha chiarito che qualunque compenso aggiuntivo rispetto a quello pattuito inizialmente deve essere espressamente deliberato dall’assemblea. In sintesi, l’assemblea condominiale rimane l’organo sovrano in materia di spese: senza una delibera valida, l’amministratore non può legittimamente esigere pagamenti per la sua attività, ordinaria o extra.

Pagamenti ai fornitori e gestione dei morosi: profili di responsabilità

L’amministratore funge da gestore del conto condominiale e da garante dei pagamenti dovuti verso terzi. Proprio su questo fronte la giurisprudenza recente ha tracciato una linea netta tra condotte diligenti e condotte negligenti. Corte d’Appello di Bologna, sent. n. 1580/2025: in questa pronuncia esemplare, l’ex amministratore di un condominio è stato condannato a risarcire gli interessi e i danni causati dal mancato pagamento di bollette e fornitori, nonostante vi fossero fondi in cassa. In altri termini, non versare puntualmente le fatture dovute – pur avendo le risorse disponibili – costituisce “mala gestio” e obbliga l’amministratore a rifondere al condominio i danni derivati (quali interessi di mora e ulteriori aggravi). Nello stesso caso, per converso, la Corte ha escluso responsabilità dell’amministratore sul fronte del recupero dei crediti condominiali verso i proprietari morosi: è emerso infatti che l’amministratore aveva già diligentemente attivato decreti ingiuntivi e informato l’assemblea sull’eventuale inutilità di ulteriori esecuzioni forzate (in presenza di immobili gravati da ipoteche e debitori insolvibili). Questo principio è perfettamente coerente con l’art. 1129 c.c., comma 9, che impone all’amministratore di agire contro i morosi entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio di bilancio: se l’amministratore dimostra di aver compiuto tutti i passi necessari – ingiunzioni, solleciti e trasparenza con i condòmini – non potrà essere ritenuto in colpa per l’eventuale persistenza della morosità. Viceversa, una totale inerzia nell’agire contro i condomini morosi costituisce una grave irregolarità gestionale e può giustificare la revoca immediata dell’incarico. In definitiva, queste pronunce tracciano una soglia di comportamento: pagare tempestivamente i debiti certi del condominio ed esercitare il credito verso i morosi con la dovuta solerzia rientrano tra i doveri inderogabili dell’amministratore; il loro mancato adempimento espone quest’ultimo tanto al risarcimento dei danni verso il condominio quanto a conseguenze sul piano disciplinare (revoca per giusta causa).

Revoca dell’amministratore: quando scatta e con quali effetti

La revoca anticipata dell’amministratore di condominio è uno strumento di tutela previsto dalla legge in presenza di gravi inadempimenti o irregolarità. L’art. 1129 c.c. elenca varie cause possibili (come l’omessa convocazione dell’assemblea per l’approvazione dei conti, gravi irregolarità contabili, mancata apertura del conto corrente condominiale, gestione opaca dei fondi, ecc.), dando facoltà ai condomini di rivolgersi all’autorità giudiziaria per ottenere la rimozione forzosa dell’amministratore infedele o negligente. Una recente pronuncia della Cassazione ha ulteriormente chiarito il perimetro di questa tutela: Cass. civ., Sez. II, sent. n. 14039/2025 ha stabilito che non è ammissibile richiedere al giudice la revoca di un amministratore il cui mandato sia già scaduto per legge. In base alla normativa vigente, infatti, l’incarico dell’amministratore ha durata annuale, tacitamente rinnovabile una sola volta; decorso il biennio, occorre una nuova nomina. Superato tale termine senza riconferma, l’amministratore si trova in una sorta di “regime di prorogatio” con poteri limitati al disbrigo degli affari urgenti. La Cassazione ha osservato che, in questo scenario, i condomini non hanno interesse ad avviare un’azione giudiziaria di revoca, perché di fatto l’amministratore ha già cessato il proprio mandato e non può compiere atti di ordinaria gestione né pretendere compensi ulteriori. Piuttosto, i condomini dovrebbero procedere direttamente a nominare un nuovo amministratore (anche rivolgendosi al giudice per la nomina, ex art. 1129, comma 1, c.c., se l’assemblea non riesce a deliberare). Questa pronuncia è importante perché invita a utilizzare la revoca giudiziale con prudenza e solo quando realmente necessario, evitando cause dall’esito incerto contro amministratori che sono già decaduti dal loro incarico per il naturale spirare del termine. Naturalmente, restano ferme le ipotesi di revoca in corso di mandato: qualora l’amministratore in carica si macchi di gravi violazioni dei suoi doveri (ad esempio, non agisca contro i morosi, commetta irregolarità contabili, o utilizzi indebitamente il denaro comune), l’assemblea può revocarlo in qualsiasi momento con le maggioranze previste, oppure si potrà adire l’autorità giudiziaria per ottenere una revoca immediata per giusta causa. La ratio di questo istituto è proteggere i condomini da gestioni potenzialmente dannose: laddove vi è perdita di fiducia per condotte contrarie agli interessi comuni, “cadit quaestio” – l’amministratore deve lasciare l’incarico.

Lavori straordinari e diligenza “rafforzata”

Un’altra area in cui la figura dell’amministratore è chiamata a maggior responsabilità riguarda la gestione dei lavori straordinari (ristrutturazioni, manutenzioni importanti, appalti per lavori edili sulle parti comuni). La Cass. civ., Sez. II, ord. n. 16290/2025 ha affrontato proprio il caso di un condominio che lamentava inadempienze dell’amministratore nella supervisione di importanti lavori di manutenzione straordinaria. La Suprema Corte ha colto l’occasione per enunciare un principio generale: quando l’assemblea affida all’amministratore il compito di gestire un appalto per lavori straordinari, i doveri di vigilanza e controllo di quest’ultimo si intensificano oltre l’ordinario. In altri termini, l’amministratore non può limitarsi alle attività burocratiche di base, ma deve farsi parte attiva e custode degli interessi comuni durante l’esecuzione di opere complesse. La diligenza richiesta in tali frangenti diventa “qualificata” e comprende, ad esempio: un attento controllo sull’andamento dei lavori, la verifica dei pagamenti ai fornitori e della congruità delle spese rispetto ai preventivi, una comunicazione trasparente e tempestiva ai condomini sugli sviluppi e sulle criticità emerse, nonché la pronta adozione di misure correttive in caso di inadempienze dell’impresa appaltatrice. Questo indirizzo giurisprudenziale risponde alla crescente necessità di tutela dei condomini in situazioni che espongono il condominio a rischi patrimoniali elevati (si pensi ai superbonus edilizi e ai cantieri condominiali complessi): se l’amministratore non vigila adeguatamente sui lavori, il danno economico e pratico per la collettività condominiale può essere grave. Di conseguenza, la Cassazione con tale ordinanza richiama gli amministratori a un maggiore senso di responsabilità: assumere l’incarico di gestire lavori straordinari significa farsi carico di un obbligo di sorveglianza stringente, pena il dover rispondere di eventuali danni per negligenza. Per i condomini, questo principio è una garanzia ulteriore: in caso di problemi nei lavori (ritardi ingiustificati, esecuzioni non a regola d’arte, lievitazione ingiustificata dei costi), sarà possibile chiamare l’amministratore a rispondere del suo operato, qualora abbia omesso di controllare e intervenire.

Trasparenza, fiducia e strumenti di tutela dei condomini

Dall’esame di queste novità normative e giurisprudenziali emerge un quadro chiaro: la figura dell’amministratore di condominio è sempre più improntata a professionalità, trasparenza e responsabilizzazione. La legge e i giudici pongono l’accento sul rapporto fiduciario tra condòmini e amministratore: fiducia che deve essere guadagnata e mantenuta attraverso una gestione limpida, il rispetto scrupoloso delle regole contabili e un impegno costante nel tutelare gli interessi collettivi. Gli strumenti a disposizione dei condomini per reagire a gestioni insoddisfacenti ci sono e sono stati resi più efficaci: dalla convocazione dell’assemblea per revocare il mandato alla denuncia giudiziaria delle irregolarità, fino alla richiesta di risarcimento danni nei casi più gravi di mala amministrazione. Allo stesso tempo, un amministratore preparato e consapevole può svolgere il proprio ruolo con serenità, sapendo di avere riferimenti chiari: rispettare le norme (ad esempio presentando il rendiconto entro i termini e nella forma corretta), collaborare con il consiglio condominiale se presente, comunicare con trasparenza e agire con quella prudenza operosa che previene i problemi prima che diventino contenziosi. In definitiva, il messaggio che proviene dalle recenti sentenze è duplice: da un lato “chi sbaglia paga” – l’amministratore negligente o inadempiente ne subirà le conseguenze giuridiche –; dall’altro lato, i condomini sono incoraggiati a partecipare attivamente alla vita condominiale, esercitando i propri diritti in sede assembleare e chiedendo conto della gestione quando necessario. Condominio significa vivere insieme e condividere oneri e decisioni: in questo equilibrio, amministratore e assemblea sono due attori complementari, dove il primo deve agire nell’interesse comune e la seconda ha il potere-dovere di vigilare e indirizzare l’operato gestionale.

Conclusione: la recente evoluzione normativa e giurisprudenziale impone all’amministratore di condominio standard più elevati di correttezza, competenza e responsabilità. Chi riveste questo ruolo dovrà operare col massimo scrupolo, consapevole che “dura lex, sed lex”: il regime legale è severo ma giusto nel sanzionare chi tradisce la fiducia dei condomini. Al contempo, i proprietari hanno oggi mezzi più incisivi per tutelarsi e pretendere una gestione all’altezza delle aspettative. Se amministrare un condominio diventa sempre più simile all’amministrare una piccola impresa collettiva, è confortante vedere che anche le tutele per gli “azionisti” condomini si fanno più robuste. Il risultato auspicato è una migliore gestione dei nostri edifici e una convivenza più serena, in cui ogni parte – amministratore e condòmini – conosce diritti, doveri e conseguenze delle proprie azioni.

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  • 01 dicembre 2025
  • Redazione

Autore: Redazione - Staff Studio Legale MP


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