
Quando i debiti sembrano insostenibili, la legge sul sovraindebitamento offre strumenti per ripartire da capo anche di fronte al Fisco, ma mantiene dei limiti a tutela della famiglia.
La procedura di sovraindebitamento consente oggi di ridurre o cancellare perfino i debiti fiscali e contributivi, concedendo al debitore onesto un vero “fresh start” finanziario. Tuttavia, gli obblighi di mantenimento verso familiari – come gli assegni a coniuge e figli – restano esclusi dall’esdebitazione e devono comunque essere onorati. Le novità normative e le sentenze del 2025 delineano con chiarezza queste differenze, indicando come liberarsi dalle cartelle esattoriali senza ledere i diritti della famiglia.
Negli ultimi anni il legislatore ha rafforzato gli strumenti a disposizione di chi è oppresso dai debiti, includendo espressamente anche i debiti fiscali e contributivi nelle passività “falciabili” dalle procedure di sovraindebitamento. In passato vigeva il rigore del “dura lex, sed lex”: le imposte dovevano essere pagate a ogni costo, e difficilmente il debitore poteva liberarsene. Oggi, invece, la legge – in linea con il principio “ad impossibilia nemo tenetur” – riconosce che nessuno può essere tenuto a saldare l’insaldabile. Con un piano di ristrutturazione dei debiti o con la liquidazione controllata, il contribuente in crisi può proporre il pagamento parziale e dilazionato delle cartelle esattoriali e ottenere l’esdebitazione finale di quanto rimane. Persino l’IVA e le altre imposte normalmente “inderogabili” possono rientrare nel piano senza necessitare di una speciale transazione fiscale: conta che la proposta sia più conveniente della liquidazione, e il tribunale può omologarla anche senza il consenso dell’Erario (come previsto dall’art. 80 CCII sul cram down fiscale). In sostanza, il debito verso lo Stato non è più un ostacolo insormontabile: se agisci correttamente, puoi tagliare interessi e sanzioni, pagare solo quanto sostenibile ed essere liberato dal resto.
Questa evoluzione è stata confermata dalla giurisprudenza. Ad esempio, la Corte di Cassazione (Sez. I) ha stabilito che il decreto di omologa di un piano del consumatore può cancellare i debiti tributari anche senza l’adesione formale del fisco, purché i creditori pubblici non ricevano meno di quanto otterrebbero liquidando i beni del debitore. Inoltre, la Cassazione ha chiarito che solo chi ha partecipato al giudizio di omologazione può impugnare il decreto: un creditore rimasto fuori per mancata comunicazione potrà fare reclamo, ma chi è stato coinvolto e non ha mosso obiezioni in tempo non può lamentarsi dopo (Cass. civ., Sez. I, ord. n. 5157/2025). Questo orientamento tutela la stabilità delle procedure e sprona il fisco ad attivarsi tempestivamente, ma al contempo protegge il debitore onesto da contestazioni tardive.
Sul fronte pratico, ciò significa che se hai cartelle esattoriali o avvisi dell’Agenzia Entrate-Riscossione, puoi inserirli in un piano di sovraindebitamento. Pagherai in base alle tue effettive disponibilità e il giudice potrà omologare il piano anche contro il parere del fisco, a condizione che l’offerta sia ragionevole. Al termine, se avrai rispettato il piano, otterrai la cancellazione di ogni debito residuo (imposte comprese) con decreto di esdebitazione. In passato queste prospettive parevano un’utopia; oggi sono realtà. Non a caso, una recente decisione del Tribunale di Verona (12 marzo 2025) ha sottolineato l’importanza di dichiarare chiusa la procedura a esecuzione avvenuta del piano proprio per certificare il “fine debiti” e disporre la cancellazione di tutte le segnalazioni negative a carico del debitore. In quel caso, il giudice veronese ha ordinato all’OCC di cancellare la pubblicità del decreto di apertura e della sentenza di omologa, nonché di comunicare la chiusura ai sistemi di informazione creditizia, così che il debitore potesse davvero ripartire pulito. È la concretizzazione del principio della seconda opportunità: una volta pagato il dovuto secondo le possibilità stabilite dal piano, il passato viene archiviato – anche agli occhi del fisco e delle banche – e il debitore può “uscire a riveder le stelle”, libero dai propri oneri pregressi.
A fronte di questa apertura verso la fiscalità, il legislatore ha posto un limite netto a tutela dei rapporti familiari. I debiti derivanti da obblighi di mantenimento verso il coniuge separato, il coniuge divorziato o i figli non possono essere cancellati da alcuna procedura di sovraindebitamento. Si tratta delle cosiddette obbligazioni alimentari o familiari: assegni di mantenimento per i figli minori o maggiorenni non autosufficienti, assegno divorzile per l’ex coniuge, e in generale tutte le somme dovute per decisione del giudice familiare al fine di garantire il sostentamento dei propri cari. Questi debiti familiari restano fuori dall’esdebitazione per espressa scelta legislativa. Lo conferma il nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019): nell’art. 282 CCII, dedicato all’esdebitazione, si stabilisce che il beneficio non si estende agli obblighi di mantenimento e alimentari. In altre parole, anche se il giudice ti libera dai debiti bancari, tributari, ecc., dovrai continuare a pagare gli assegni al coniuge o ai figli eventualmente dovuti, senza alcuno sconto.
La ratio di questa esclusione è chiara: il diritto della famiglia viene prima. Chi si trova in difficoltà economiche va aiutato, ma non a scapito della moglie, marito o figli che dipendono da lui. Queste persone sono spesso essi stessi “creditori deboli”, bisognosi di tutela: pensiamo ai figli minori che attendono il mantenimento per le loro necessità quotidiane. Far rientrare tali obblighi nel colpo di spugna generale sarebbe contrario all’ordine pubblico e ai principi di solidarietà familiare sanciti dalla legge. Del resto, già la normativa previgente (Legge 3/2012) escludeva categoricamente la falcidia degli alimenti dovuti al coniuge. Un principio ribadito anche in sede applicativa: gli OCC e i tribunali non omologano mai piani che prevedano una riduzione di tali crediti privilegiati. Il messaggio per il debitore è quindi preciso: non si possono “cancellare” i debiti di mantenimento verso i propri cari. Se hai arretrati nell’assegno divorzile o negli alimenti per i figli, dovrai affrontarli separatamente, magari chiedendo al giudice della famiglia una modifica delle condizioni se la tua situazione è cambiata, ma non potrai eliminarli con la procedura di sovraindebitamento.
Anche la giurisprudenza recente richiama questa linea di rigore a tutela della famiglia. Ad esempio, la Corte di Cassazione penale ha annullato la condanna di un ex marito che non aveva pagato l’assegno all’ex moglie, ma solo perché è emersa una reale impossibilità economica sopravvenuta (Cass. pen., sent. n. 883/2025). In quella decisione la Suprema Corte ha precisato che non si può punire chi omette i pagamenti familiari per cause di forza maggiore, ma ciò non significa che il debito svanisca: semplicemente, l’obbligato potrà evitare sanzioni penali se prova di non avere davvero risorse. Sul piano civilistico, però, l’obbligo di mantenimento resta in piedi e potrà al più essere ridotto per il futuro da un nuovo provvedimento del giudice, ma gli arretrati dovuti rimangono esigibili. In sintesi, nessuna procedura concorsuale può intaccare i diritti alimentari: la legge considera questi crediti essenziali e indisponibili. Come ricordava Shakespeare, «È due volte benedetta la misericordia: benedice chi la dà e chi la riceve» – ma in questo caso la misericordia del legislatore per il debitore ha un confine ben preciso nella giustizia dovuta ai suoi familiari.
Quando il sovraindebitamento coinvolge l’intero nucleo familiare, le nuove norme consentono un approccio unitario. Il Codice della Crisi prevede infatti la procedura familiare: se più membri di una stessa famiglia convivente sono indebitati a causa di eventi comuni (ad esempio marito e moglie garanti l’uno dei debiti dell’altra, oppure genitori e figli coinvolti in un’impresa familiare fallita), possono presentare un unico procedimento con un piano comune e coordinato. Ciò comporta vantaggi pratici notevoli: un’unica procedura significa tempi e costi ridotti, un solo OCC nominato e una soluzione globale per tutti i debiti della famiglia. Si evita al contempo il rischio di trattamenti difformi o contraddittori tra coniugi. Ad esempio, se entrambi i coniugi hanno debiti, non verranno aperte due pratiche separate ma una sola, evitando duplicazioni di spese e consentendo al giudice di considerare la situazione familiare nel complesso.
Questa innovazione recepisce la realtà per cui spesso l’indebitamento è un problema familiare condiviso. Non di rado marito e moglie firmano insieme mutui e finanziamenti, oppure uno fa da garante all’altro: quando la situazione degenera, entrambi finiscono in difficoltà. Ora la legge riconosce questa dinamica e permette alla famiglia di affrontare unita la crisi. Il Tribunale di La Spezia in una delle prime applicazioni (decreto 3 marzo 2022) ha evidenziato come l’origine comune dei debiti consenta una valutazione unitaria della meritevolezza, evitando discriminazioni: se l’impresa familiare è andata male, non per questo i singoli membri devono essere trattati peggio rispetto a un consumatore puro. La procedura familiare offre dunque una rete di salvataggio collettiva, nella quale tutti i membri coinvolti collaborano per presentare una proposta sostenibile ai creditori. È importante notare che restano comunque salve le esigenze minime di ognuno: ad esempio, se c’è una casa adibita ad abitazione principale, le norme incentivano soluzioni che ne evitino la perdita. Molti piani del consumatore oggi prevedono il mantenimento in bonis della prima casa, pagando le rate di mutuo scadute con un leggero ritardo ma senza espropriare l’immobile. In effetti, la Cassazione ha aperto a piani più flessibili in questo senso, consentendo dilazioni più lunghe per i creditori ipotecari se ciò risulta vantaggioso nel lungo periodo (Cass. civ., Sez. I, ord. n. 4622/2024). Anche diversi tribunali di merito confermano un trend: salvaguardare l’abitazione e la stabilità della famiglia quando possibile. Ad esempio, il Tribunale di Pescara (decr. 10 maggio 2025) ha concesso a una famiglia indebitata di essere rimessa in termini per pagare le rate di mutuo scadute, così da evitare la vendita forzata della casa e permettere la prosecuzione del finanziamento. Questi interventi dimostrano che la finalità delle procedure non è smembrare il patrimonio familiare, bensì ricondurre la crisi entro argini sostenibili, garantendo al contempo ai creditori il massimo soddisfacimento ragionevole.
Un elemento centrale, che fa da filo conduttore in tutti questi aspetti, è la valutazione della condotta del debitore. L’accesso alle soluzioni di sovraindebitamento è riservato a chi si è indebitato senza frode e senza colpa grave. In pratica, il debitore deve aver agito con un minimo di prudenza e buona fede: chi ha accumulato debiti con leggerezza estrema, sperperando risorse o confidando di non pagare, non può aspettarsi il beneficio dell’esdebitazione. Questa regola di meritevolezza è prevista dalla legge (art. 69 CCII come condizioni soggettive) ed è stata oggetto di numerose sentenze recenti. Il Tribunale di Roma (Sez. XIV), ad esempio, ha ritenuto che oggi per l’ammissione al piano del consumatore sia sufficiente accertare l’assenza di colpa grave nella genesi dell’indebitamento (sent. 30 maggio 2025). Ciò significa che non serve più dimostrare di essere stati “irreprensibili” sotto ogni profilo: basta non aver provocato volutamente o con gravissima negligenza la propria insolvenza. La soglia di accesso, insomma, è meno stringente rispetto al passato, purché il debitore abbia tenuto un comportamento onesto.
Di contro, la Cassazione ha rammentato che la leggerezza degli intermediari finanziari non scusa il debitore imprudente: se una banca ha concesso prestiti senza adeguate verifiche (violando il merito creditizio), ciò non elimina la responsabilità del debitore per aver contratto obbligazioni oltre misura. In una recente pronuncia, la Suprema Corte ha escluso che la violazione dell’art. 124-bis TUB da parte della banca (ovvero aver prestato denaro a chi era già sovraindebitato) possa “cancellare” la colpa grave del debitore nel sovraindebitamento stesso (Cass. civ., Sez. I, ord. n. 21048/2025). In altre parole, due torti non fanno una ragione: l’istituto di credito imprudente potrà essere sanzionato o perdere qualche diritto (ad esempio, nei piani del consumatore il creditore che ha colpevolmente contribuito al sovraindebitamento può essere escluso dal voto sull’omologazione), ma il debitore rimane tenuto a dimostrare la propria buona fede.
Nella procedura di liquidazione controllata, peraltro, è stato chiarito che la valutazione di meritevolezza incide soprattutto alla fine, in sede di esdebitazione. La Cassazione, ord. n. 22074/2025, ha affermato che un debitore può essere ammesso alla liquidazione anche se su di lui grava qualche ombra di colpa, poiché l’obiettivo immediato è liquidare il patrimonio a favore dei creditori; tuttavia, al termine, il giudice potrà negargli l’esdebitazione (cioè il perdono dei debiti residui) se ritiene che non sia meritevole. Questa impostazione evita che la mancanza di meritevolezza blocchi sul nascere la procedura – il che penalizzerebbe anche i creditori – ma preserva l’idea che solo il debitore onesto fino in fondo meriti il colpo di spugna finale. Dunque, chi ha commesso atti in frode o mala gestio non resterà impunito: potrà liquidare i beni per pagare i creditori, ma non otterrà la cancellazione di eventuali debiti insoddisfatti. All’opposto, il debitore che ha operato con trasparenza, pur nelle sue difficoltà, vedrà coronato il percorso con la liberazione completa dai debiti. È un delicato equilibrio tra aiuto e responsabilità: la legge vuole dare una via d’uscita a chi è soffocato dai debiti, ma non a costo di avallare comportamenti disonesti o irresponsabili. Come ha efficacemente scritto un giurista, “I debiti sono la schiavitù degli uomini liberi” (Publilio Siro): l’ordinamento oggi offre uno strumento per spezzare queste catene, ma solo a chi non le ha forgiate da sé con dolo o grave colpa.
In definitiva, la disciplina del sovraindebitamento delinea un percorso di risanamento bilanciato e garantista. Da un lato, apre spiragli di sollievo anche per debiti un tempo inesorabili – come quelli fiscali – riconoscendo che la crisi economica può rendere impossibile adempiere a tutti gli obblighi e che “nemo tenetur ad impossibilia”. Attraverso procedure semplificate e flessibili, il piccolo imprenditore, il professionista o il consumatore sovraindebitato possono ristrutturare l’esposizione col Fisco, sanando quanto realisticamente fattibile ed eliminando il resto. Dall’altro lato, il sistema protegge i creditori più vulnerabili e i valori inderogabili: i diritti dei familiari a ricevere mantenimento non sono intaccati, così come restano dovute le pene pecuniarie, le sanzioni per fatti illeciti e ogni obbligo che attiene a responsabilità personali. Questo doppio binario assicura che la solidarietà familiare e la legalità non vengano sacrificate sull’altare della “ripartenza” economica.
Per il debitore onesto e in difficoltà, oggi esiste una strategia di salvezza concreta: rivolgendosi a un Organismo di Composizione della Crisi o a un avvocato esperto in materia, può valutare se proporre un piano ai creditori o ricorrere alla liquidazione controllata. Ogni caso verrà studiato su misura, considerando anche la presenza di debiti verso il Fisco o verso la famiglia. Sarà possibile, ad esempio, falcidiare le cartelle esattoriali concordando un pagamento parziale, mentre per gli assegni familiari occorrerà magari agire in sede di tribunale civile separatamente. L’importante è agire prontamente e con trasparenza: più si aspetta, più la situazione peggiora e minori sono le chance di successo. Al contrario, muovendosi per tempo e predisponendo un piano serio e sostenibile (magari sacrificando il superfluo ma preservando l’essenziale come la casa di abitazione), si può ottenere dal tribunale l’omologazione e infine l’esdebitazione. A quel punto il passato sarà davvero alle spalle. Il sistema attuale, in continua evoluzione grazie anche alle sentenze come quelle citate (Trib. Verona, 12/03/2025; Cass. civ. n. 22074/2025; Cass. civ. n. 21048/2025), offre un percorso equilibrato: rigore verso chi specula o trascura i doveri familiari, ma anche clemenza verso chi merita una seconda chance. Se ti trovi in difficoltà economica con debiti di ogni tipo, non perdere la speranza e informati sulle soluzioni disponibili: potresti scoprire che liberarsi dai debiti è possibile, mantenendo però fede ai doveri più sacri verso i tuoi cari.
Redazione - Staff Studio Legale MP