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Sfratto per morosità: ora vale anche per l’affitto d’azienda - Studio Legale MP - Verona

Procedura più rapida contro gli inquilini morosi – Novità 2024-2025 e tutele per i proprietari

L’inquilino che non paga il canone può essere sfrattato in tempi brevi grazie a una procedura speciale. Pacta sunt servanda: nel diritto italiano il contratto di locazione impone al conduttore di versare puntualmente l’affitto, pena la risoluzione anticipata. Oggi questa tutela si estende anche all’affitto d’azienda con immobili, secondo le ultime riforme e sentenze della Cassazione. Vediamo come funziona lo sfratto per morosità, quali sono le novità del 2024-2025 e come proprietari e inquilini possono far valere al meglio i propri diritti.

 

Cosa significa “sfratto per morosità” e quando si può chiedere

Lo sfratto per morosità è un provvedimento di rilascio forzato dell’immobile locato, dovuto al grave inadempimento dell’inquilino nel pagamento dei canoni. In termini pratici, il proprietario (locatore) può attivare lo sfratto quando l’inquilino accumula un ritardo o un mancato pagamento che la legge considera intollerabile. La gravità della morosità è determinata da norme precise: per le locazioni abitative la Legge n. 392/1978 (Equo Canone) stabilisce che basta una mensilità di canone non pagata oltre 20 giorni dalla scadenza, oppure arretrati di oneri accessori superiori a due mensilità, perché l’inadempimento sia legalmente rilevante. Per le locazioni commerciali (negozi, uffici ecc.), invece, non c’è una soglia fissa: si applica la regola generale dell’art. 1455 c.c., per cui il giudice valuterà caso per caso se il mancato pagamento è “grave” in rapporto all’interesse del locatore.

Prima di agire, il locatore deve verificare di aver correttamente adempiuto ai propri obblighi (ad esempio aver registrato il contratto e inviato le richieste di pagamento). Domus sua cuique est tutissimum refugium, recita un antico brocardo: “la casa di ciascuno è il suo rifugio più sicuro”. Proprio per tutelare questo rifugio, l’ordinamento offre al proprietario la possibilità di liberare l’immobile dal conduttore inadempiente con una procedura rapida, evitando le lungaggini di una causa ordinaria di risoluzione contrattuale.

 

La procedura rapida di sfratto: come funziona

Lo sfratto per morosità si avvia con un’intimazione di sfratto: un atto notificato dall’avvocato del locatore al conduttore, in cui si ingiunge di pagare i canoni scaduti entro un termine (di solito pochi giorni) e di comparire a un’udienza davanti al tribunale. Contestualmente all’intimazione, il locatore può chiedere la ingiunzione per il pagamento dei canoni arretrati. All’udienza di convalida, se l’inquilino non compare o non si oppone, il giudice emette l’ordinanza di convalida dello sfratto, che dispone la risoluzione del contratto e ordina al conduttore di lasciare l’immobile entro una data (spesso 30 giorni). Questa ordinanza ha efficacia di titolo esecutivo: significa che, se l’inquilino non se ne va spontaneamente, il proprietario potrà procedere con l’esecuzione forzata tramite l’ufficiale giudiziario, il quale fisserà la data dello sgombero.

Se l’inquilino si presenta in udienza e contesta la morosità oppure chiede un termine di grazia, il giudice può negare la convalida immediata. In base all’art. 55 della L. 392/1978, il conduttore moroso ha diritto una sola volta a chiedere un termine di grazia fino a 90 giorni (120 giorni se la morosità riguarda anche oneri accessori) per pagare tutto il dovuto. Se riesce a sanare il debito entro il termine concesso dal giudice, lo sfratto viene revocato e il contratto prosegue (purga della mora). In caso contrario, alla successiva udienza lo sfratto sarà convalidato.

Qualora l’inquilino presenti opposizione fondata su questioni serie (ad esempio contesta di aver pagato oppure eccepisce gravi vizi nel contratto), l’intimazione si trasforma in un giudizio ordinario. Il procedimento proseguirà quindi con le forme di una causa civile normale, e il giudice potrà comunque emettere un’ordinanza provvisoria di rilascio dell’immobile se la morosità risulta pacifica. Tuttavia, queste opposizioni dilatorie sono poco efficaci quando il mancato pagamento è documentabile: la legge tende a proteggere il proprietario dagli stratagemmi del conduttore che guadagna tempo.

 

Le novità del 2024: sfratto esteso all’affitto d’azienda

Una delle innovazioni più rilevanti in tema di sfratti è l’estensione del procedimento di sfratto per morosità anche ai contratti di affitto di azienda, se nel complesso aziendale è compreso almeno un immobile. Tradizionalmente, lo sfratto rapido era limitato alle locazioni immobiliari. Invece, l’affitto d’azienda (ovvero quel contratto con cui un imprenditore cede ad un altro la gestione di un’azienda dietro corrispettivo periodico) veniva equiparato alla locazione solo per lo sfratto per finita locazione (scadenza del termine), ma non chiaramente per la morosità. La riforma del processo civile del 2022 (c.d. Riforma Cartabia) ha modificato l’art. 657 c.p.c., includendo espressamente l’affittuario d’azienda tra i destinatari della licenza per finita locazione. Tuttavia, per uno sfasamento normativo, l’art. 658 c.p.c. – che disciplina lo sfratto per morosità – non menzionava l’affitto d’azienda, lasciando dubbi sull’applicabilità della convalida di sfratto in caso di canoni d’azienda non pagati.

La risposta è arrivata dalla Corte di Cassazione con una pronuncia innovativa. Con la sentenza n. 29253/2024 (Cass. civ., Sez. III), depositata il 13 novembre 2024, gli “Ermellini” hanno chiarito definitivamente che il procedimento speciale di sfratto per morosità si applica anche al contratto di affitto di azienda (o di ramo d’azienda) che comprenda beni immobili. La Suprema Corte ha adottato un’interpretazione estensiva e sistematica: se il legislatore ha ammesso l’affittuario d’azienda nello sfratto per fine locazione, per coerenza lo stesso deve valere in caso di morosità, pur se l’art. 658 c.p.c. non lo cita espressamente. Ciò che conta è la presenza di un immobile nell’azienda affittata, perché lo sfratto tutela in primis il recupero del bene immobiliare. In sostanza, anche il proprietario di un’azienda (o un ramo di essa) data in affitto potrà sfrattare rapidamente l’affittuario moroso, senza dover affrontare una lunga causa civile per risolvere il contratto. Si tratta di una novità importantissima per chi concede in gestione un esercizio commerciale o industriale: la procedura accelerata ora garantisce un rientro più rapido in possesso dei locali in caso di inadempimento.

Esempio pratico: Tizio affitta a Caio un ristorante completo di arredi e licenze, con contratto di affitto d’azienda in cui è compreso l’immobile. Caio smette di pagare il canone mensile. Prima del 2023, Tizio avrebbe dovuto citarlo in tribunale per risolvere il contratto, impiegando magari anni. Oggi, invece, Tizio può intimare uno sfratto per morosità a Caio e ottenere nel giro di qualche settimana un’ordinanza di rilascio immediatamente esecutiva. Naturalmente, anche in questo caso l’affittuario potrà evitare lo sfratto pagando tutto il dovuto entro i termini di legge (o contestando validamente le pretese), ma non potrà più fare leva su cavilli procedurali per ritardare sine die la restituzione dei locali.

 

L’ordinanza di convalida fa stato sui canoni non pagati

Un aspetto spesso trascurato riguarda il rapporto tra lo sfratto per morosità e la richiesta di pagamento dei canoni arretrati. Molti proprietari, oltre a liberare l’immobile, vogliono ottenere un titolo per riscuotere le somme non percepite. Ebbene, la legge consente di cumulare le due cose: nell’atto di intimazione di sfratto, il locatore può inserire la domanda di ingiunzione per i canoni scaduti. Se lo sfratto viene convalidato, il giudice emette un ordine di pagamento immediatamente esecutivo per l’importo dovuto. Ma cosa accade se il proprietario, in parallelo, ha già ottenuto un decreto ingiuntivo per quei canoni e l’inquilino propone opposizione? Oppure se, dopo la convalida, il conduttore contesta il debito in un diverso giudizio?

Su questo punto è intervenuta la Cassazione con l’ordinanza n. 20402/2024 (Cass. civ., Sez. III), chiarendo che l’ordinanza di convalida di sfratto, una volta definitiva, ha l’efficacia sostanziale di una sentenza passata in giudicato sui rapporti di dare-avere relativi ai canoni scaduti oggetto dello sfratto. In altri termini, se il giudice ha convalidato lo sfratto ingiungendo il pagamento di certe mensilità, quella decisione – non più impugnata – fa stato tra le parti: l’inquilino non può rimettere in discussione l’esistenza e l’entità di quel debito in un separato procedimento. Ad esempio, un’opposizione a decreto ingiuntivo fondata sugli stessi canoni sarà rigettata, perché coperta dal giudicato formatosi con la convalida. Questa pronuncia rafforza la posizione del locatore, evitandogli di dover affrontare duplicazioni di cause per recuperare i propri crediti. Per contro, il conduttore deve concentrare tutte le sue eventuali contestazioni sulla sede propria (l’udienza di convalida): se “dorme” o non solleva eccezioni in quel momento, poi non potrà più farlo.

 

Danni da risoluzione anticipata: la svolta delle Sezioni Unite 2025

Oltre a riottenere l’immobile e i canoni arretrati, il locatore potrebbe chiedere un risarcimento per i mancati guadagni futuri, specialmente nelle locazioni di lunga durata. Si pensi al caso in cui l’inquilino viene sfrattato molti mesi o anni prima della naturale scadenza del contratto: il proprietario perde tutti i canoni che avrebbe percepito nel periodo residuo, al netto di quanto riuscirà eventualmente a recuperare affittando di nuovo l’immobile ad altri. Su questo tema si è a lungo dibattuto: il locatore ha diritto di farsi risarcire l’intero importo dei canoni persi fino a scadenza? Oppure la restituzione dell’immobile lo “risarcisce” già, permettendogli di riutilizzarlo o riaffittarlo?

La questione era controversa in giurisprudenza, ma di recente è intervenuta una decisione risolutiva. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4892/2025 depositata il 25 febbraio 2025, hanno affermato un principio di equilibrio tra gli interessi in gioco. Hanno stabilito che il locatore può chiedere il risarcimento del danno corrispondente ai canoni che avrebbe incassato fino alla naturale scadenza del contratto, a condizione però di provare di essersi attivato in buona fede per limitare il danno, ad esempio cercando tempestivamente un nuovo inquilino. In ogni caso – sottolineano le Sezioni Unite – non si applica automaticamente l’art. 1591 c.c.: questa norma prevede un’indennità pari ai canoni per il ritardo nella riconsegna dell’immobile, ma nel momento in cui l’immobile è restituito anticipatamente dal conduttore moroso, bisogna fare riferimento ai principi generali sulla responsabilità contrattuale (art. 1223 c.c. e seguenti).

 

Cosa significa in pratica? Che il proprietario sfrattato prima del termine può ottenere il ristoro delle mensilità non godute, ma deve dimostrare che quel mancato guadagno si è effettivamente concretizzato nonostante la riconsegna anticipata. Ad esempio, se l’immobile è rimasto sfitto per altri sei mesi nonostante l’impegno del locatore a trovare un nuovo conduttore, quest’ultimo potrà chiedere il risarcimento per quei sei mesi di canoni non percepiti. Viceversa, se il proprietario non si è attivato affatto per riaffittare (lasciando l’immobile vuoto a lungo), il conduttore potrà eccepire che il danno si poteva ridurre e il giudice potrebbe negare il risarcimento per le somme eccedenti. Le Sezioni Unite hanno quindi introdotto un criterio di bilanciamento equo: il locatore non perde automaticamente il diritto ai canoni futuri solo perché ha riavuto indietro la casa (come alcuni giudici di merito avevano ritenuto in passato), ma neppure può restare inattivo e poi pretendere tutti i canoni come se nulla fosse accaduto.

Questa decisione (Cass. SS.UU. n. 4892/2025) rappresenta una guida fondamentale in materia di danno da risoluzione anticipata del contratto di locazione. Ora è chiaro che il locatore ha diritto a essere risarcito del mancato guadagno derivante dall’inadempimento dell’inquilino, ma nel rispetto del principio di buona fede contrattuale: deve fare il possibile per contenere le perdite, ad esempio proponendo la locazione a terzi il prima possibile. Per i conduttori, ciò significa che lasciare l’immobile prima della scadenza contrattuale non li esonera automaticamente da ogni obbligo: potrebbero essere chiamati a pagare i canoni residui come forma di risarcimento, salvo provare che il proprietario avrebbe potuto evitarne almeno in parte la perdita.

 

Conclusioni: tutela legale per proprietari e inquilini

Lo sfratto per morosità è dunque uno strumento incisivo che l’ordinamento mette a disposizione dei proprietari immobiliari per difendersi dai mancati pagamenti. Le recenti riforme processuali e pronunce giurisprudenziali ne hanno ulteriormente potenziato l’efficacia, estendendone l’ambito (affitto d’azienda) e chiarendo importanti aspetti sui rapporti economici tra le parti (giudicato sui canoni, risarcimento del danno da risoluzione). Dal lato dei locatori, queste novità rappresentano garanzie più forti: oggi è possibile recuperare l’immobile e il credito in tempi più brevi e con maggiore certezza di risultato. Dal lato degli inquilini, resta fondamentale comprendere che il pagamento puntuale del canone non è un optional, ma un obbligo primario: in caso di difficoltà economica, il consiglio è di non accumulare morosità ignorando la situazione, bensì di dialogare subito col proprietario, magari trovando un accordo transattivo o riconsegnando l’immobile volontariamente per evitare lo sfratto giudiziario e ulteriori aggravi di spese.

In ogni caso, sia che tu sia un proprietario alle prese con un inquilino moroso, sia che tu sia un conduttore in difficoltà, è importante muoversi legalmente nel modo corretto e tempestivo. “Questa è la vera natura della casa: il luogo della pace; il rifugio non soltanto dal torto, ma anche da ogni paura, dubbio e discordia.” – John Ruskin. Il fine ultimo delle norme sugli sfratti è proprio quello di ristabilire la pace e l’equità: restituire il bene al legittimo proprietario, ma anche consentire al conduttore di liberarsi dal peso di un debito insostenibile, magari con piani di rientro o utilizzando le risorse di supporto (come i fondi per la morosità incolpevole messi a disposizione dallo Stato e dai Comuni). Con l’assistenza legale giusta, è possibile gestire al meglio queste situazioni e trovare soluzioni rispettose dei diritti di tutti.

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  • 23 settembre 2025
  • Marco Panato

Autore: Avv. Marco Panato


Avv. Marco Panato -

Avv. Marco Panato, avvocato del Foro di Verona e Dottore di Ricerca in Diritto ed Economia dell’Impresa – Discipline Interne ed Internazionali - Curriculum Diritto Amministrativo (Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Verona).

E' autore di pubblicazioni scientifiche in materia giuridica, in particolare nel ramo del diritto amministrativo. Si occupa anche di docenza ed alta formazione.