
La Cassazione riconosce al proprietario il risarcimento del mancato guadagno dopo uno sfratto per morosità. Nuovi chiarimenti riguardano anche gli affitti d’azienda e le locazioni non registrate.
La giurisprudenza più recente tutela i diritti dei locatori di immobili di fronte all’inadempimento degli inquilini, riconoscendo il risarcimento dei canoni non percepiti e semplificando le procedure di sfratto. Allo stesso tempo, vengono delineate regole più chiare per i contratti di affitto particolari, come l’affitto di azienda, e per le locazioni non registrate.
La legge offre rimedi concreti, pur migliorabili, dove la giustizia ideale può sembrare irraggiungibile. “Giustizia? Otterrai giustizia nell'altro mondo. In questo accontentati della legge”, scriveva provocatoriamente William Gaddis. In effetti, nel settore delle locazioni, il diritto positivo cerca di bilanciare gli interessi in gioco: da un lato tutelare il proprietario dagli inadempimenti dell’inquilino, dall’altro garantire un equo trattamento al conduttore.
Negli ultimi mesi, la Corte di Cassazione – anche a Sezioni Unite – ha emesso importanti pronunce in materia di affitti. Tali decisioni hanno chiarito che il locatore può ottenere il risarcimento del mancato guadagno se l’inquilino moroso provoca la fine anticipata del contratto, hanno esteso la procedura di sfratto anche ad ambiti prima incerti e hanno definito i limiti della sanatoria per i contratti di locazione non registrati. Vediamo nel dettaglio queste novità giurisprudenziali.
Con la sentenza del 25 febbraio 2025, n. 4892, le Sezioni Unite della Cassazione civile hanno risolto un contrasto giurisprudenziale a favore dei locatori. La questione riguardava il diritto del proprietario di chiedere il risarcimento dei canoni futuri non percepiti quando un contratto di locazione viene risolto anticipatamente per inadempimento dell’inquilino (sfratto per morosità) e l’immobile è riconsegnato prima della scadenza prevista. In passato, alcuni giudici negavano questo risarcimento sostenendo che, una volta riacquistato l’immobile, il locatore non subisse più alcun danno. Al contrario, l’orientamento opposto (ora confermato) riteneva che la restituzione anticipata non eliminasse il pregiudizio economico, poiché il locatore perde comunque i canoni pattuiti per il periodo residuo del contratto.
La Suprema Corte ha ora affermato in modo chiaro che il locatore ha diritto al risarcimento del mancato guadagno derivante dall’anticipata cessazione del rapporto di locazione dovuta alla morosità del conduttore. In altre parole, se l’inquilino viene sfrattato prima della naturale scadenza contrattuale, il proprietario può chiedere un indennizzo per i canoni che avrebbe dovuto percepire fino a tale scadenza (o fino a quando l’immobile viene nuovamente locato a terzi). Si tratta di un principio di tutela importante, fondato sul valore del contratto come accordo da rispettare (pacta sunt servanda, i patti devono essere rispettati) e sull’interesse del locatore a ottenere il reddito concordato.
La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha sottolineato che la restituzione dell’immobile da parte dell’inquilino moroso non azzera automaticamente ogni danno. Il canone di locazione, infatti, non è solo un corrispettivo per consentire all’inquilino di usare un immobile, ma rappresenta il profitto che il proprietario conta di ricavare dall’investimento. Interrompere anticipatamente il contratto frustra tale aspettativa economica. Di conseguenza, l’inquilino inadempiente non può sottrarsi alle proprie responsabilità semplicemente liberando l’appartamento: diversamente, verrebbe vanificato il diritto del locatore alla prestazione pattuita.
Al tempo stesso, però, le Sezioni Unite hanno precisato che il diritto al risarcimento dei canoni futuri non opera in modo automatico. Spetta al locatore fornire prova che la perdita di quei canoni è una conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento dell’inquilino. In concreto, il proprietario dovrà dimostrare di essersi attivato con diligenza per affittare di nuovo l’immobile e che, nonostante ciò, è rimasto scoperto per un certo periodo. Se, ad esempio, il locatore riesce a trovare un nuovo affittuario dopo pochi mesi, il risarcimento coprirà solo il lasso di tempo in cui l’immobile è rimasto sfitto; viceversa, se il bene resta inutilizzato a lungo per cause non imputabili al proprietario, il conduttore uscente sarà tenuto a risarcire tutti i canoni perduti in quel periodo. Sarà il giudice, caso per caso, a quantificare il danno effettivo, valutando le circostanze (ad esempio l’andamento del mercato delle locazioni, la diligenza del locatore nel ricercare un nuovo inquilino, etc.). Questa decisione delle Sezioni Unite (Cass. civ., Sez. Un., sent. n. 4892/2025) fornisce un principio di diritto chiaro: il locatore non perde il diritto al risarcimento del lucro cessante solo perché ha riottenuto l’immobile, purché provi il nesso causale tra morosità e mancata percezione dei canoni.
Un’altra novità significativa riguarda la procedura di sfratto per morosità applicata ai contratti di affitto di azienda. L’affitto di azienda è un contratto con cui un imprenditore concede a un altro soggetto la gestione di un’azienda (o di un ramo di essa), comprendente beni, avviamento e spesso locali commerciali, a fronte di un canone periodico. Per lungo tempo si è discusso se, in caso di morosità nel pagamento di questo canone, il proprietario potesse utilizzare la stessa procedura speciale di sfratto prevista per gli affitti di immobili (disciplinata dagli artt. 657-658 c.p.c.), oppure se dovesse agire con un’ordinaria azione di risoluzione contrattuale.
La Riforma Cartabia (d.lgs. 149/2022) aveva inserito l’affittuario d’azienda tra i soggetti destinatari della procedura di convalida di sfratto solo in caso di scadenza del contratto (art. 657 c.p.c.), senza menzionare espressamente l’ipotesi di morosità. Ciò aveva ingenerato il dubbio che per la morosità nei contratti d’azienda la via rapida dello sfratto non fosse ammessa. A fugare ogni incertezza è intervenuta la Corte di Cassazione con la sentenza del 13 novembre 2024, n. 29253 (Cass. civ., Sez. III). In tale decisione è stato chiarito che anche ai contratti di affitto di azienda o di ramo d’azienda, se comprendono beni immobili, si applica la procedura di sfratto per morosità prevista dall’art. 658 c.p.c.
Questo significa che il proprietario di un’azienda (ad esempio il locatore di un negozio ceduto in gestione, o di un ristorante dato in affitto d’azienda) può sfruttare il rito veloce dello sfratto se l’affittuario non paga i canoni concordati. La pronuncia in esame ha dunque esteso le tutele già previste per le locazioni immobiliari anche a questi contratti misti, evitando che il locatore debba affrontare una lunga causa ordinaria per ottenere la risoluzione del contratto e la restituzione dei beni. In pratica, di fronte a un affittuario moroso, il locatore potrà notificare un’intimazione di sfratto e, in mancanza di pagamento, ottenere rapidamente un titolo esecutivo di rilascio dell’azienda e dei locali, analogamente a quanto avviene per gli immobili locati. È una novità di rilievo per chi opera nel settore commerciale, poiché assicura una tutela più efficace del credito e del patrimonio aziendale del concedente.
L’ultima importante pronuncia esaminata concerne i contratti di affitto non registrati. La registrazione dei contratti di locazione è obbligatoria per legge a fini fiscali; la mancata registrazione, in passato, comportava la nullità del contratto, spesso a vantaggio dell’inquilino (che poteva così evitare di pagare canoni arretrati o chiedere la restituzione di quanto versato). Nel 2016 il legislatore è intervenuto (Legge di Stabilità 2016) per mitigare queste conseguenze estreme, introducendo la cosiddetta riconduzione a congruità: invece di dichiarare nullo il contratto, il giudice può rideterminare il canone entro i limiti dei valori di mercato (ad esempio allineandolo ai canoni concordati locali), con effetto dal momento della registrazione tardiva.
Restava però controverso cosa accadesse per quei contratti stipulati prima del 2016 e mai registrati. Il dubbio era se l’innovativa disciplina della riconduzione a congruità potesse applicarsi retroattivamente, consentendo all’inquilino di ottenere la riformulazione del canone (e magari la restituzione delle somme eccedenti) anche per periodi precedenti al 2016, oppure se tali contratti dovessero considerarsi nulli per quel periodo.
La Cassazione ha fatto chiarezza con l’ordinanza del 13 giugno 2025, n. 15891 (Cass. civ., Sez. III). Essa ha stabilito che un contratto di locazione ad uso abitativo, stipulato in forma scritta ma non registrato, non è radicalmente nullo se è anteriore al 2016. Tuttavia, la possibilità di chiedere l’adeguamento del canone ai valori legali (cioè la riconduzione a congruità) vale solo dal 1° gennaio 2016 in poi, senza effetti retroattivi sui periodi precedenti. In altri termini, per i canoni pagati prima del 2016 non è prevista la rideterminazione: fino a quella data, il contratto in nero rimaneva irregolare e le somme versate non sono ripetibili dall’inquilino. Dal 2016 in avanti, invece, il conduttore può ottenere che il giudice ricalcoli il canone entro i limiti fissati dagli accordi territoriali (se più basso di quello pattuito) e disporre l’eventuale restituzione delle eccedenze pagate.
Questo principio bilancia gli interessi di entrambe le parti. Da un lato, evita al locatore la sanzione più grave della nullità contrattuale per omissioni pregresse, salvando il contratto (pur irregolare) nei limiti di legge; dall’altro, tutela comunque l’inquilino dal pagare importi sproporzionati, se superiori ai massimi di mercato, ma solo per il periodo successivo all’entrata in vigore della norma di sanatoria. Il chiarimento della Cassazione (ord. n. 15891/2025) offre quindi un riferimento importante: le locazioni non registrate prima del 2016 non si considerano nulle, ma possono essere ricondotte a equità solo per il futuro, non retroattivamente.
Conclusioni. Dalle pronunce esaminate emerge un chiaro indirizzo: rafforzare le tutele legali nei rapporti di locazione, in particolare a favore dei locatori che rispettano le regole. Viene riconosciuto il loro diritto a non subire perdite economiche ingiustificate a causa dell’altrui inadempimento, e si offrono strumenti processuali più efficaci per reagire alla morosità degli inquilini. Al contempo, rimangono ferme le garanzie per i conduttori meritevoli, specie in tema di equità contrattuale (come nel caso dei canoni “in nero”). In definitiva ”suum cuique tribuere” – dare a ciascuno il suo – rimane la stella polare: il diritto delle locazioni è in continua evoluzione per assicurare a ogni parte ciò che le spetta in base al contratto e alla legge.
Redazione - Staff Studio Legale MP