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Relocation in Italia per dirigenti, sportivi e manager stranieri – guida legale e novità 2025 - Studio Legale MP - Verona

Trasferirsi in Italia: opportunità e sfide della relocation internazionale

«Una volta ancora – non la prima volta, tanto meno l’ultima – il bacino del Mediterraneo è tracciato da esuli sconfitti e braccati alla ricerca di una patria appena abbandonata in macerie e perpetuamente promessa, di un’identità profonda che non mette radici se non nel futuro, e non si purifica se non contaminandosi». Queste parole evocative di Vittorio Sermonti, ispirate all’Eneide, ricordano come il viaggio verso una “patria promessa” sia parte della storia umana. Oggi, fortunatamente, la relocation in Italia di professionisti stranieri – dirigenti d’azienda, sportivi di alto livello, manager e investitori – non è frutto di esilio forzato ma di una scelta strategica e di vita: l’Italia offre cultura, qualità della vita e nuove opportunità economiche. Come recita un antico adagio latino, “Ubi bene, ibi patria” – la patria è dove si sta bene. Per molti talenti globali, la patria può diventare proprio l’Italia, a patto di saper navigare le procedure legali, burocratiche e contrattuali legate al trasferimento. In questa guida forniremo un quadro completo, con novità normative, giurisprudenziali recenti e riferimenti concreti, per orientare chi intende trasferirsi nel Bel Paese avvalendosi di un’assistenza legale qualificata in materia di immigrazione, permessi di soggiorno, contratti e immobili.

 

Visti d’ingresso e permessi di soggiorno: quadro generale

Trasferirsi stabilmente in Italia implica anzitutto ottenere un visto d’ingresso appropriato e, dopo l’arrivo, il relativo permesso di soggiorno. Le tipologie di visto variano in base al motivo del trasferimento: lavoro subordinato (da dipendente), lavoro autonomo, investimenti, motivi familiari, studio, ricerca, residenza elettiva (per chi dispone di redditi propri) ecc. In generale, i cittadini extra-UE (come britannici post-Brexit, statunitensi, cinesi, brasiliani, ecc.) possono soggiornare in Italia senza visto solo fino a 90 giorni ogni 180 per turismo o affari; per periodi più lunghi o per lavorare occorre invece ottenere un visto e un permesso di soggiorno in linea con l’attività prevista. Dopo l’ingresso, entro 8 giorni bisogna avviare la pratica di permesso di soggiorno presso lo Sportello Unico Immigrazione o la Questura competente.

Quota di ingresso e casi speciali: L’Italia adotta un sistema di quote annuali (Decreto Flussi) per i visti di lavoro subordinato destinati a cittadini non comunitari. Tuttavia, la legge prevede importanti esenzioni dalle quote per categorie di lavoratori altamente qualificati o in casi particolari (art. 27 del T.U. Immigrazione, D.Lgs. 286/1998). Ad esempio, dirigenti o personale specializzato distaccato da aziende estere, professori universitari e ricercatori, sportivi professionisti, artisti dello spettacolo, infermieri, traduttori, nonché investitori stranieri possono ottenere il visto per lavoro al di fuori delle quote ordinarie. In ambito sportivo, invece, esiste una programmazione separata: ad esempio, per la stagione agonistica 2022/23 è stato fissato un tetto di 1200 atleti extra-UE tesserabili da società sportive italiane, mentre allenatori e preparatori atletici non sono soggetti a tale limite. Ciò significa che un club sportivo può ingaggiare un calciatore non comunitario solo se rientra nelle quote CONI previste per quell’anno, ma non ha limiti numerici per assumere un allenatore straniero.

Visti “su misura”: A seconda del profilo del trasferendo, si potrà dunque ricorrere a visti diversi. Un manager o dirigente aziendale potrà essere assunto con un visto per lavoro subordinato non stagionale (spesso nell’ambito di un trasferimento intra-societario) o con la prestigiosa EU Blue Card per lavoratori altamente qualificati (riservata a chi ha laurea e un contratto con retribuzione superiore a una soglia elevata). Un imprenditore o libero professionista potrebbe optare per un visto per lavoro autonomo, mentre un investitore facoltoso può richiedere il “Investor Visa” introdotto nel 2017: questo visto biennale si ottiene investendo in Italia almeno €2 milioni in titoli di Stato, oppure €500.000 in una società italiana, o €250.000 in una startup innovativa. Anche i pensionati benestanti o rentiers di Paesi come USA o Regno Unito spesso scelgono il visto per residenza elettiva, dimostrando di avere redditi autonomi cospicui per vivere in Italia senza lavorare. Dal 2024, inoltre, è finalmente diventato operativo il nuovo visto per “nomadi digitali”, destinato a stranieri extra-UE che lavorano da remoto: il decreto attuativo interministeriale del 29 febbraio 2024 ha fissato requisiti e modalità di questo visto, in vigore dal 4 aprile 2024. I lavoratori da remoto (freelance o dipendenti di aziende estere) potranno dunque ottenere un permesso di soggiorno per lavoro autonomo speciale, al di fuori delle quote del Decreto Flussi, purché soddisfino criteri di reddito minimo e copertura sanitaria. Questa è una novità significativa per attrarre in Italia professionisti digitali da tutto il mondo.

 

Contratti di soggiorno, lavoro e affari legali correlati

Ottenuto il visto e giunto in Italia, lo straniero dovrà spesso sottoscrivere un “contratto di soggiorno” presso lo Sportello Unico per l’Immigrazione. Si tratta di un documento con cui il datore di lavoro italiano (azienda, club sportivo, ecc.) si impegna a garantire alloggio, spese di rimpatrio ed adeguate condizioni contrattuali al lavoratore straniero. Ad esempio, la normativa sportiva richiede che entro 8 giorni dall’ingresso l’atleta extra-UE si presenti allo Sportello Unico per firmare il contratto di soggiorno e richiedere codice fiscale e permesso di soggiorno per lavoro sportivo. Analogamente, un dirigente assunto in Italia dovrà firmare il contratto di soggiorno che formalizza il rapporto di lavoro secondo il diritto italiano.

Validità dei contratti esteri e qualifiche professionali: Per i trasferimenti intra-aziendali, il lavoratore mantiene un contratto con la casa madre estera ma è distaccato sulla sede italiana; occorrerà il nulla osta ministeriale e l’applicazione delle tutele minime italiane in materia di orario, salario minimo (CCNL applicabile), sicurezza sul lavoro, ecc. Inoltre, per esercitare certe professioni regolamentate in Italia (medici, avvocati, ingegneri, ecc.), è necessario ottenere il riconoscimento dei titoli esteri. Dopo la Brexit, ad esempio, le qualifiche professionali ottenute nel Regno Unito non godono più del riconoscimento automatico UE, e bisogna seguire procedure di equipollenza caso per caso. Uno studio legale specializzato può assistere il cliente anche in queste pratiche amministrative complesse, assicurando che un manager straniero abbia i requisiti per iscriversi ad albi professionali italiani ove richiesto.

Contratti immobiliari e investimenti: La relocation spesso comporta anche aspetti di diritto civile e immobiliare. Trovare casa in Italia può implicare la stipula di un contratto di locazione o l’acquisto di un immobile. In linea generale, i cittadini stranieri possono acquistare beni immobili in Italia; tuttavia, per i cittadini extra-UE non residenti si applica il principio di reciprocità: il loro Paese d’origine deve consentire a sua volta ai cittadini italiani di comprare immobili, altrimenti lo straniero potrà acquistare solo se ottiene un permesso di soggiorno. 

Ad esempio, un cittadino statunitense o britannico non ha restrizioni (gli italiani possono liberamente acquistare negli USA/UK, dunque vige reciprocità), mentre per cittadini di Paesi con forti limitazioni agli investimenti esteri potrebbe essere richiesto di diventare residente in Italia prima dell’atto di acquisto. In ogni caso, in sede di rogito notarile sarà verificata la condizione di reciprocità secondo le fonti del Ministero degli Esteri. Un altro adempimento: se l’acquirente non parla italiano, il notaio dovrà predisporre una traduzione giurata o intervenire un interprete, per garantire la piena comprensione dell’atto.

Tutela legale e contrattuale: Relocarsi in Italia implica interfacciarsi con molteplici ambiti legali – diritto amministrativo (permessi, cittadinanza), del lavoro (assunzioni, distacchi, clausole contrattuali), fiscale (regime tributario per i nuovi residenti), civile (locazioni, acquisti, successioni) – ed è quindi fondamentale avvalersi di professionisti qualificati. Uno studio legale specializzato in global mobility fornirà assistenza a 360 gradi: dalla due diligence sui requisiti di visto, alla contrattualistica di lavoro in conformità alle leggi italiane, fino alla consulenza su privacy, trasferimento di dati aziendali, e tutela del patrimonio personale del cliente nella transizione in Italia.

 

Agevolazioni fiscali per nuovi residenti e sportivi impatriati

Trasferirsi in Italia non comporta solo doveri, ma anche interessanti incentivi fiscali pensati per attrarre talenti e capitali dall’estero. In particolare, il regime dei “lavoratori impatriati” (art. 16 D.Lgs. 147/2015 e succ. mod.) offre una forte detassazione del reddito a chi trasferisce la residenza in Italia per lavorare. Fino al 2023, i lavoratori impatriati godevano di una riduzione della base imponibile pari al 70% (90% per le donne o per chi si trasferiva in regioni del Sud), il che significa che per 5 anni pagavano le imposte solo sul 30% (o 10%) del reddito da lavoro prodotto in Italia. 

Molti dirigenti stranieri e anche celebri atleti hanno beneficiato di questo sconto fiscale. Emblematico il caso dei calciatori professionisti: prima di una riforma specifica, campioni stranieri trasferitisi in Serie A vedevano tassato solo il 50% circa dei loro ingaggi, sfruttando il regime impatriati sportivi.

Dal 2024 è entrato in vigore un nuovo regime fiscale per i “nuovi residenti” (D.Lgs. 73/2023, attuativo della Delega Fiscale), che semplifica ed estende queste agevolazioni. La nuova normativa prevede un’aliquota agevolata al 50% del reddito imponibile per 5 anni per tutti i lavoratori impatriati, inclusi gli sportivi, con possibilità di estensione e incremento al 60% in presenza di figli minorenni a carico nati o trasferiti in Italia.

È stato introdotto anche un tetto massimo di reddito agevolabile (€600.000 annui) per evitare abusi, ma resta un beneficio molto vantaggioso: in pratica, un manager straniero che si trasferisce fiscalmente in Italia nel 2025 pagherà l’IRPEF solo sulla metà del suo stipendio per cinque anni. Inoltre, per pensionati facoltosi o grandi ricchezze esiste la possibilità di optare per una flat tax di €100.000 annui sui redditi esteri (il cosiddetto regime residenziale non dom, art. 24-bis TUIR) mantenendo esenti da imposte italiane tutti i guadagni prodotti fuori d’Italia. Queste misure rendono l’Italia più competitiva nell’attrarre dirigenti d’azienda, sportivi di fama e investitori internazionali, mitigando l’onere fiscale rispetto ad altri Paesi UE.

 

Novità normative e giurisprudenza recente in materia di immigrazione

Negli ultimi anni vi sono stati cambiamenti normativi importanti nel diritto dell’immigrazione e alcune pronunce giurisprudenziali di rilievo che incidono sulle procedure di ingresso e soggiorno degli stranieri. Ecco una rassegna delle principali novità che chi si appresta a trasferirsi in Italia (o gli operatori del settore) dovrebbe conoscere:

Permessi di soggiorno e condanne penali: Con una storica sentenza n. 88/2023, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la norma che prevedeva il diniego automatico del rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro in caso di condanne penali dell’interessato, anche non definitive, per determinati reati di lieve entità. La Corte ha ritenuto irragionevole e sproporzionato l’automatismo, imponendo invece alle autorità di valutare in concreto la pericolosità sociale dello straniero caso per caso, in coerenza col principio di proporzionalità (art. 8 CEDU). Questa pronuncia ha reso più flessibile la normativa: oggi, ad esempio, una vecchia condanna per piccolo spaccio di stupefacenti (art. 73 co.5 DPR 309/1990) non può più precludere automaticamente il rinnovo del permesso, ma va valutata alla luce del percorso di integrazione compiuto dallo straniero. È un cambiamento significativo a tutela dei diritti degli immigrati già inseriti legalmente in Italia.

Conversione dei permessi di soggiorno: Spostarsi in Italia spesso comporta la conversione di un permesso di soggiorno da un motivo all’altro (ad esempio da studio a lavoro). In proposito, la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che la scadenza formale del precedente permesso non preclude di per sé la conversione, purché la richiesta sia stata presentata tempestivamente e sussistano i requisiti sostanziali (come un contratto di lavoro e la disponibilità di quota). In una recente decisione, il Consiglio di Stato ha affermato che non vi è alcuna norma che imponga la presentazione di un permesso ancora valido ai fini della conversione: il termine di validità è da considerarsi ordinatorio e non perentorio. Ciò è in linea con un precedente del 2022 (CdS, Sez. III, n. 7995/2022) secondo cui l’Amministrazione deve guardare alla sostanza, valutando la stabilità dell’offerta di lavoro e gli altri presupposti, anziché respingere l’istanza per meri vizi formali. Questo orientamento garantisce maggiore equità: ad esempio, un lavoratore stagionale che ha richiesto la conversione in permesso per lavoro subordinato poco prima della scadenza del titolo, non può vedersi negare la conversione solo perché nel frattempo il vecchio permesso è scaduto, se la proposta di contratto e la quota ci sono.

Ricorsi collettivi contro i ritardi burocratici: Un problema cronico per molti stranieri è la lentezza delle pratiche (nulla osta, permessi, cittadinanza). Nel 2024 è arrivata una risposta innovativa: il Consiglio di Stato, con sentenza del 20 settembre 2024 n. 7704, ha per la prima volta accolto una class action pubblica contro l’amministrazione per i ritardi sistematici nel rilascio dei permessi di soggiorno emersione (sanatoria 2020). Più di cento cittadini stranieri e associazioni (ASGI, ecc.) hanno agito collettivamente contro Ministero dell’Interno e Prefettura di Milano, ottenendo una condanna della PA per non aver concluso entro i termini le pratiche di regolarizzazione avviate addirittura quattro anni prima. Il giudice amministrativo ha ordinato di sanare gli arretrati entro 90 giorni, richiamando il principio che buona amministrazione, efficienza ed efficacia sono diritti dei cittadini (stranieri compresi). Questa pronuncia rappresenta un monito per le autorità: i ritardi ingiustificati nell’immigrazione possono ledere interessi collettivi e non saranno più tollerati.

Brexit e perdita dei diritti UE: Sul fronte internazionale, merita nota la conferma, arrivata dalla Corte di Giustizia UE, della perdita dei diritti di cittadinanza europea per i cittadini britannici dopo la Brexit. Con tre sentenze del 15 giugno 2023 (cause C-499/21 P, C-501/21 P, C-502/21 P), la Corte di Lussemburgo ha rigettato i ricorsi di alcuni cittadini UK che contestavano di aver perso la libertà di circolazione e altri diritti acquisiti. La Corte ha ribadito che la perdita dello status di cittadino UE è conseguenza automatica della decisione sovrana del Regno Unito di uscire dall’Unione, non dell’Accordo di recesso in sé. In pratica, dopo il 1º gennaio 2021 i britannici sono considerati cittadini di Paesi terzi a tutti gli effetti. Questa pronuncia chiude la porta a ogni eccezione: i cittadini del Regno Unito non possono più rivendicare diritti speciali nell’UE e, se vogliono vivere e lavorare in Italia, devono seguire le regole per gli extracomunitari (visti, permessi, requisiti di reddito, ecc., come descritto in precedenza).

Discendenti di italiani all’estero: Un’importante novità normativa, introdotta nel 2025, riguarda i molti italo-discendenti nel mondo (specialmente in America Latina) desiderosi di rientrare nella terra d’origine dei propri avi. Il Decreto-Legge n. 36/2025 (convertito con L. 74/2025) ha previsto che i discendenti di cittadini italiani residenti in Paesi di storica emigrazione italiana possano entrare e soggiornare in Italia per lavoro subordinato al di fuori delle quote del Decreto Flussi. Sarà un decreto interministeriale a individuare gli Stati esteri interessati, ma è prevedibile che includa nazioni come Argentina, Uruguay, Brasile, Venezuela, dove vivono comunità di origine italiana. Inoltre, la stessa legge ha ridotto da 3 a 2 anni il periodo di residenza legale in Italia richiesto per la cittadinanza ai discendenti di italiani (figli o nipoti). Significa che, ad esempio, un giovane professionista brasiliano con bisnonni italiani potrà venire a lavorare in Italia senza sottostare al numero chiuso del flusso annuale e, dopo due anni di residenza, potrà già chiedere la cittadinanza italiana per naturalizzazione (invece dei 10 anni ordinari previsti per i non discendenti). Si tratta di un’apertura significativa, che riconosce i legami culturali e di sangue con l’Italia e al contempo aiuta a colmare il bisogno di forza lavoro in alcuni settori.

 

Focus su alcune nazionalità: Regno Unito, USA, Cina, Brasile

Ogni progetto di relocation presenta peculiarità anche in base alla cittadinanza d’origine, per via di diverse norme e accordi internazionali. Di seguito esaminiamo specificità e consigli pratici per cittadini britannici, statunitensi, cinesi e brasiliani, tra le principali comunità extra-UE interessate al trasferimento in Italia.

 

Cittadini britannici (UK)

Dal 1° gennaio 2021 i cittadini del Regno Unito non godono più della libertà di circolazione UE. Come accennato, i britannici possono visitare l’Italia senza visto per brevi soggiorni (max 90 giorni su 180), ma per restare oltre o lavorare devono richiedere un visto (es. lavoro, residenza elettiva, studio, ecc.) e un permesso di soggiorno come qualsiasi altro extra-comunitario. È bene pianificare con anticipo: ad esempio, un’azienda italiana che intende assumere un manager britannico dovrà ottenere un nulla osta al lavoro nell’ambito del Decreto Flussi (se non ricade in categoria esente). Va ricordato che il Withdrawal Agreement tutela solo i britannici già residenti in Italia entro il 31/12/2020: costoro hanno potuto ottenere un permesso speciale di soggiorno in base all’Accordo di recesso, ma chi arriva dopo tale data non ha diritti acquisiti. Un recente tentativo di alcuni cittadini UK di rivendicare i benefici della cittadinanza UE è stato definitivamente respinto in sede europea, confermando che Brexit means Brexit. Pertanto, i professionisti UK devono spesso partire da zero nelle procedure immigratorie italiane. 

Consigli pratici: verificare il passaporto (ancora valido per almeno 6 mesi), preparare documenti anagrafici con apostille e traduzione (certificati di nascita, matrimonio, titoli di studio)e valutare eventuali accordi bilaterali. Ad esempio, i cittadini UK possono utilizzare in Italia la patente di guida britannica solo per un periodo limitato (post-Brexit è considerata patente extra-UE), dopodiché è necessaria la conversione o il conseguimento di patente italiana. Anche il riconoscimento delle qualifiche va richiesto (specie in ambito sanitario e ingegneristico). Infine, gli inglesi in Italia possono aprire attività imprenditoriali o acquistare immobili senza particolari restrizioni giuridiche, data la piena reciprocità UK-Italia in materia di investimenti.

 

Cittadini statunitensi (USA)

I rapporti Italia-USA in materia migratoria sono tradizionalmente buoni e molti americani scelgono l’Italia per motivi di lavoro o di vita (basti pensare alle comunità di pensionati in Toscana o artisti a Roma). I cittadini degli Stati Uniti d’America, al pari di altri visitatori privilegiati, non necessitano di visto per soggiorni fino a 90 giorni. Tuttavia, per trasferirsi stabilmente occorre uno dei visti previsti. Gli americani spesso optano per il visto di residenza elettiva (se intendono vivere in Italia di rendita o pensione), oppure per il visto per investitori (se dispongono dei capitali richiesti). Esiste anche un’antica convenzione bilaterale Italia-USA (Trattato di amicizia, commercio e navigazione) che può agevolare l’ottenimento di visti per alcuni imprenditori e investitori americani – una sorta di treaty investor visa analogo al visto E-2 USA, che consente ai cittadini italiani di avviare business negli States. Uno sportello importante per cittadini USA è l’Ambasciata d’Italia a Washington e i Consolati (ad es. New York, Los Angeles) che forniscono informazioni dedicate; dal lato italiano, esistono servizi di assistenza in inglese nelle grandi città. In termini pratici, gli americani non incontrano ostacoli inusuali nell’immigrazione italiana: l’Italia concede tradizionalmente molti visti a cittadini USA ogni anno, anche al di fuori delle quote (ad esempio per lavoro autonomo o per distacco intra-azienda spesso non vi è limite numerico, grazie all’art. 27). Un aspetto su cui porre attenzione sono le differenze fiscali e previdenziali: Italia e USA hanno un accordo contro la doppia imposizione e un accordo di sicurezza sociale; ciò significa che un cittadino statunitense trasferito in Italia potrebbe evitare doppia tassazione sul reddito e contare i contributi pensionistici in un Paese ai fini dell’altro. Dal punto di vista legale, è consigliabile verificare il permesso di soggiorno per familiari: se un americano sposa un cittadino UE (o italiano), può ottenere un permesso per motivi familiari con procedura semplificata. Infine, per comprare casa in Italia, i cittadini USA non hanno restrizioni e anzi rappresentano acquirenti di primo piano nel mercato immobiliare di pregio (ville, casali, ecc.), complici i prezzi in alcune zone d’Italia più accessibili che in California o New York. Il cambio di residenza fiscale va ponderato bene: trasferendosi più di 183 giorni l’anno in Italia, un americano diventa residente fiscale italiano, ma può sfruttare le flat tax agevolate se ha alto patrimonio globale, oppure il regime impatriati se viene per lavorare in un’azienda italiana.

 

Cittadini cinesi

La Cina è ormai una potenza economica con crescente interscambio con l’Italia. Molti cittadini cinesi guardano all’Italia per fare impresa (settore manifatturiero, moda, ristorazione) o per investimenti finanziari e immobiliari. La procedura per ottenere un visto per un cittadino cinese può talvolta essere complessa per via di quote stringenti: ad esempio, il Decreto Flussi annuale spesso assegna quote specifiche per lavoro subordinato a cittadini di Paesi che hanno accordi migratori con l’Italia – la Cina in passato non sempre rientrava in tali accordi, rendendo necessario attendere i click-day dei Flussi. Tuttavia, molti ingressi cinesi avvengono fuori quota: imprenditori cinesi possono richiedere un visto per lavoro autonomo (presentando un business plan e iscrizione a camera di commercio, a patto che vi sia disponibilità nelle quote per autonomi) oppure il visto per investitore se dispongono dei capitali richiesti (come detto, a partire da €500.000 in società italiane). Non pochi investitori cinesi hanno già usufruito dell’Investor Visa per sostenere aziende italiane, soprattutto nel Nord Italia, attratti anche dal branding del Made in Italy. Un’iniziativa degna di nota: alcune città italiane (come Milano) promuovono servizi di welcome in lingua cinese, e l’Agenzia ICE ha sportelli dedicati ad investitori cinesi interessati.

Un altro aspetto riguarda gli studenti e ricercatori cinesi: l’Italia attrae molti studenti dalla Cina (poli universitari come Politecnico di Milano, Università di Bologna, ecc. hanno programmi in inglese seguiti da cinesi). Dopo la laurea, questi studenti possono ottenere un permesso di soggiorno per “ricerca di lavoro” di 12 mesi, grazie al D.Lgs. 11/2018, e se trovano un impiego qualificato possono convertirlo in permesso lavoro senza uscire dall’Italia. In parallelo, nel settore sportivo, diversi atleti e tecnici cinesi vengono in Italia per formazione (si pensi alle collaborazioni nel calcio giovanile o alle atlete di sport olimpici che si allenano presso centri italiani). In tali casi si usano spesso visti per motivi di gara o missione sportiva di breve durata, oppure permessi di soggiorno per tirocinio formativo se rientrano in scambi tra istituzioni.

Nota sulle proprietà e investimenti immobiliari: i cittadini cinesi possono acquistare immobili in Italia, poiché vige reciprocità (l’Italia consente ai cinesi di acquistare e la Cina, pur con alcune restrizioni, permette a stranieri di comprare in specifiche condizioni). In realtà, per i cinesi facoltosi esiste da qualche anno un visto turistico di lunga durata (fino a 5 anni) introdotto per favorire gli investimenti nel mercato immobiliare e nel lusso. In sintesi, l’Italia sta semplificando l’accoglienza di investitori cinesi: dal visto pluriennale per chi investe nel mattone, al recente visto Golden Visa per investimenti strategici. Un cittadino cinese che voglia aprire un’attività in Italia dovrà ovviamente affrontare la barriera linguistica (è fondamentale predisporre documentazione in italiano e nominare rappresentanti locali, es. un commercialista e un notaio per gli atti societari). Nostro studio fornisce spesso supporto bilingue italiano-cinese tramite interpreti giuridici, garantendo che differenze culturali e legali non ostacolino il buon esito della relocation.

 

Cittadini brasiliani (italo-discendenti)

L’Italia ha legami storici con il Brasile, terra che accolse milioni di emigrati italiani tra Otto e Novecento. Oggi sono tanti i cittadini brasiliani di origine italiana (si stima oltre 30 milioni) che sognano di trasferirsi nella patria degli avi. Per i brasiliani in generale valgono le regole extra-UE: visto obbligatorio oltre 90 giorni, con possibilità di lavoro subordinato solo entro le quote annuali. Tuttavia, come illustrato sopra, sono state varate corsie preferenziali per gli italo-discendenti: già il Decreto Flussi 2019 aveva riservato quote a lavoratori stranieri con un avo italiano fino al terzo grado, e con il Decreto Legge 36/2025 si è fatto un passo ulteriore, consentendo l’ingresso fuori quota ai discendenti di italiani da Paesi di emigrazione storica. In pratica, un giovane brasiliano con bisnonno italiano può trovare un datore di lavoro in Italia disposto ad assumerlo e ottenere il nulla osta senza competere nel ridotto contingente generale. Questo dispositivo è pensato per attrarre forza lavoro già affine per cultura e magari con qualche legame linguistico con l’italiano (molti italo-brasiliani parlano dialetti veneti o lombardi trasmessi in famiglia). Oltre al canale lavorativo, i brasiliani hanno anche la via della cittadinanza “iure sanguinis”: chi ha un ascendente italiano (senza interruzioni nella trasmissione della cittadinanza) può richiedere il riconoscimento della cittadinanza italiana al Comune italiano competente, presentando gli atti di stato civile a partire dall’avo emigrato. Questa procedura può richiedere tempo e va spesso integrata con cause giudiziarie (ad esempio se c’è stato un riconoscimento di figlio naturale non trascritto). Nel frattempo, però, l’ordinamento consente a chi ha presentato l’istanza di cittadinanza jure sanguinis in Italia di ottenere un permesso di soggiorno in attesa di cittadinanza, cosicché possa vivere e lavorare regolarmente durante l’iter (art. 11 DPR 394/1999). In altre parole, l’italo-discendente brasiliano può venire come “semi-cittadino” in attesa del passaporto.

Per i brasiliani non di origine italiana, la strada è quella classica: molti ottengono visti per motivi di studio (l’Italia attrae studenti brasiliani soprattutto in ambito medico e artistico), oppure per motivi familiari (ci sono tanti matrimoni misti tra italiani e brasiliani). Il Brasile figura spesso tra i Paesi inseriti nei decreti flussi con quote riservate, grazie ad accordi di cooperazione italo-brasiliani: ad esempio, negli ultimi flussi sono stati ammessi lavoratori brasiliani nei settori turismo e costruzioni. Un consiglio per i brasiliani è di far tradurre e legalizzare per tempo tutti i documenti (in Brasile tramite Apostille dell’Aja) e di ottenere il Codice Fiscale italiano il prima possibile, magari tramite il Consolato italiano a San Paolo o Rio: questo codice sarà indispensabile per aprire conti bancari, firmare contratti di affitto, ecc.

Inoltre, esistono comunità di italo-brasiliani già insediate in Italia (specialmente nel Nord-Est) che possono facilitare l’integrazione di nuovi arrivati. Lingua: lo spagnolo e il portoghese sono abbastanza diffusi in alcune zone d’Italia, ma è comunque cruciale imparare l’italiano per inserirsi professionalmente; programmi di relocation spesso includono corsi di lingua per stranieri, strumento che noi stessi raccomandiamo per manager e loro familiari al seguito.

 

Conclusioni

La relocation di stranieri qualificati in Italia è un percorso denso di opportunità – per il Paese, che accoglie nuove competenze e investimenti, e per gli individui, che possono trovare una nuova patria dove realizzarsi – ma anche di sfide burocratiche e legali. Come abbiamo visto, le normative evolvono (dalle sentenze che mitigano la rigidità dei permessi, alle leggi che aprono corsie preferenziali per talenti e discendenti) e richiedono un aggiornamento costante. Affrontare da soli visti, permessi, contratti di lavoro, fiscalità e pratiche immobiliari in un sistema giuridico complesso come quello italiano può risultare arduo. Affidarsi a un team legale esperto in diritto dell’immigrazione e internazionale è dunque la chiave per trasformare un trasferimento in una storia di successo, riducendo i tempi e prevenendo errori costosi. Il nostro Studio, attraverso un approccio multidisciplinare (immigrazione, fiscale, societario, notarile), accompagna i clienti passo dopo passo, fungendo da unico referente per tutte le esigenze della relocation. In tal modo, il professionista straniero e la sua famiglia potranno concentrarsi sulle opportunità che l’Italia offre – dal lavoro, alla cultura, al dolce vivere – sapendo che ogni dettaglio legale e burocratico è gestito con cura e competenza.

In conclusione, con la giusta assistenza, trasferirsi in Italia può rivelarsi una scelta straordinariamente gratificante: come diceva Giuseppe Verdi, «Avrai tu l’universo, resti l’Italia a me», a testimoniare che il valore e il fascino della nostra terra possono ripagare di ogni sforzo fatto per chiamarla “casa”.

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  • 25 agosto 2025
  • Marco Panato

Autore: Avv. Marco Panato


Avv. Marco Panato -

Avv. Marco Panato, avvocato del Foro di Verona e Dottore di Ricerca in Diritto ed Economia dell’Impresa – Discipline Interne ed Internazionali - Curriculum Diritto Amministrativo (Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Verona).

E' autore di pubblicazioni scientifiche in materia giuridica, in particolare nel ramo del diritto amministrativo. Si occupa anche di docenza ed alta formazione.