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Recupero crediti condominiali: solleciti, decreti ingiuntivi e strategie efficaci per amministratori a Verona - Studio Legale MP - Verona

Gli amministratori di condominio, a Verona come nel resto d’Italia, affrontano spesso la “seccatura" ed i problemi dati dai condòmini morosi. Dall’invio di solleciti di pagamento alle azioni legali tramite decreto ingiuntivo, vediamo quali strategie consentono un recupero crediti condominiale rapido ed efficiente in tutta Italia, con riferimenti alla normativa vigente, giurisprudenza recente e qualche spunto dalla saggezza latina e letteraria.

 

La morosità condominiale: un problema diffuso da affrontare tempestivamente

La gestione finanziaria di un condominio si basa sui contributi puntuali di tutti i proprietari. Purtroppo i ritardi o i mancati pagamenti – le cosiddette morosità condominiali – sono un fenomeno tutt’altro che raro. Studi recenti indicano che circa un condominio su quattro in Italia registra casi di morosità. Ciò comporta debiti che in media vanno da centinaia a diverse migliaia di euro per unità immobiliare. Non si tratta di una questione privata tra amministratore e singolo inadempiente: il mancato pagamento delle quote condominiali ha ricadute dirette sull’intera comunità dei condòmini. Fondi insufficienti possono infatti rallentare o bloccare lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, mettere a rischio la continuità di servizi essenziali (illuminazione comune, riscaldamento centralizzato, pulizie) e generare tensioni tra i residenti. In ultima analisi, una cassa condominiale in sofferenza può persino intaccare il valore degli immobili del fabbricato.

Di fronte a queste conseguenze, diventa fondamentale per l’amministratore agire con tempestività e decisione nel recupero dei crediti condominiali. Del resto, pacta sunt servanda: gli accordi vanno rispettati, e chi aderisce a un condominio ha il dovere legale (e morale) di contribuire alle spese comuni secondo le ripartizioni stabilite. La legge italiana, soprattutto dopo la Riforma del Condominio del 2012, ha rafforzato gli strumenti e gli obblighi a disposizione dell’amministratore per contrastare la morosità. Come scriveva Dante Alighieri, «Le leggi son, ma chi pon mano ad esse?» – le norme esistono, ma serve qualcuno che le applichi con fermezza. Oggi il legislatore e i giudici chiedono proprio questo agli amministratori di condominio: far rispettare le regole con rigore, nell’interesse di tutti i condòmini (virtuosi e non). Nei paragrafi seguenti analizziamo i passi chiave per un recupero crediti efficace: dalla fase bonaria dei solleciti fino alle azioni giudiziarie tramite decreto ingiuntivo ed eventuale esecuzione forzata, senza dimenticare gli obblighi legali e alcune pronunce giurisprudenziali recenti che guidano la prassi.

 

Obblighi legali dell’amministratore: doveri inderogabili e recenti riforme

Diventare amministratore di condominio significa assumere precise responsabilità legali. Tra queste, un ruolo centrale lo ha l’attività di riscossione delle quote e la tutela della cassa comune. L’art. 1130 del Codice Civile, tra le attribuzioni dell’amministratore, include infatti il dovere di riscuotere i contributi ed erogare le spese per la manutenzione e i servizi comuni. Ma soprattutto, con la legge n. 220/2012 (Riforma del condominio) il legislatore ha reso ancora più stringenti gli obblighi di intervento contro i morosi. In particolare, oggi l’amministratore è tenuto per legge ad agire tempestivamente per il recupero forzoso delle somme dovute: «l’amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute […] entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito è esigibile, salvo espressa dispensa dell’assemblea». Ciò significa che, approvato il bilancio consuntivo annuale, entro sei mesi l’amministratore deve aver avviato le procedure di recupero degli importi eventualmente non incassati, a meno che l’assemblea (consapevole del problema) non gli dia esplicita indicazione contraria. Questo obbligo di legge intende evitare che l’inerzia aggravi il buco finanziario: più si ritarda, più il credito condominiale diventa difficile da recuperare (anche per il rischio di prescrizione o insolvenza del debitore).

Oltre a essere un dovere giuridico, l’azione diligente contro i morosi tutela l’amministratore stesso. La giurisprudenza recente ha infatti sancito conseguenze severe per l’amministratore negligente. Un caso emblematico è l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 36277/2023, che ha confermato la condanna di un ex amministratore a risarcire il condominio da lui gestito per non aver promosso in tempo un’azione ingiuntiva contro un condomino moroso. In quel caso, la prolungata inazione aveva reso irrecuperabile il credito, poiché nel frattempo il debitore (una società) era stato cancellato dal registro delle imprese, lasciando il condominio senza rimborso. I giudici supremi hanno ribadito che l’obbligo di attivarsi grava sull’amministratore ben prima della riforma del 2012 e che la sua inerzia, violando i doveri d’ufficio, può configurare un grave inadempimento con obbligo di risarcimento danni. In altre parole, non agire contro i morosi non è solo una scelta discrezionale infelice: può costare caro personalmente all’amministratore, oltre che danneggiare l’intero condominio.

Va sottolineato che la legge offre all’amministratore tutti gli strumenti necessari per intervenire prontamente, senza ostacoli burocratici. Non serve alcuna preventiva autorizzazione dell’assemblea per procedere legalmente contro un condomino moroso. Già prima della riforma, l’art. 63 delle Disposizioni di attuazione del Codice Civile (modificato nel 2012) stabiliva che l’amministratore “può agire in giudizio senza bisogno di autorizzazione dell’assemblea ottenendo un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo”. Questo potere riconosciuto all’amministratore – oggi rafforzato dall’obbligo di farlo entro tempi brevi – risponde a una logica precisa: uno stato di morosità prolungata non è ammissibile, perché mette in crisi la gestione del condominio. Dunque, la legge sta dalla parte degli amministratori diligenti, fornendo mezzi rapidi ed efficaci per incassare le quote dovute. Nel prossimo paragrafo esamineremo il primo passo di ogni recupero crediti: il sollecito di pagamento, strumento semplice ma spesso risolutivo se ben utilizzato.

 

Sollecito di pagamento: la fase bonaria del recupero crediti condominiale

Prima di impugnare le armi legali, è buona prassi tentare un recupero bonario delle somme non versate. Il sollecito di pagamento condominiale è una comunicazione (di solito scritta) con cui l’amministratore ricorda al condomino moroso l’importo dovuto, la causale (es. rate condominiali relative a specifici mesi o spese straordinarie) e fissa un ultimo termine per saldare prima di procedere per vie legali. Spesso il sollecito assume la forma di una lettera formale inviata tramite raccomandata A/R o PEC, così da avere prova dell’avvenuta ricezione. Nel tono è opportuno mantenere fermezza ma anche apertura: talvolta l’inadempienza è dovuta a dimenticanza o temporanea difficoltà finanziaria. Un sollecito ben costruito può risolvere molte situazioni senza ulteriori strascichi, soprattutto se il condomino teme le conseguenze di un’azione giudiziaria e preferisce mettersi in regola per evitare spese e disagi maggiori.

Dal punto di vista legale, l’invio di un sollecito non è obbligatorio per costituire in mora il debitore, ma è altamente consigliato. In diritto civile vige il principio latino dies interpellat pro homine – il termine (di pagamento) fa le veci dell’uomo – secondo cui, se un’obbligazione ha una scadenza fissata, il debitore è automaticamente costituito in mora al semplice decorso di quel termine, senza bisogno di intimazioni ulteriori. Applicando questo principio alle quote condominiali, significa che se l’assemblea o il regolamento stabiliscono che la rata va pagata, poniamo, entro il 31 marzo, dal 1º aprile l’inquilino inadempiente è già formalmente in mora. Ciò permette di avviare immediatamente le procedure di recupero. Tuttavia, nella pratica, un passaggio di sollecito è quasi sempre opportuno: intanto per correttezza nei confronti del condomino (che potrebbe essersi semplicemente dimenticato della scadenza), e poi perché dimostra la buona volontà dell’amministratore di evitare il giudizio, elemento utile anche in un eventuale contenzioso. Spesso un tono deciso nella lettera – ad esempio menzionando l’intenzione di ricorrere al decreto ingiuntivo e di addebitare spese legali e interessi di mora – basta a smuovere il pagamento.

Nel sollecito è bene indicare chiaramente: l’importo dovuto e la sua composizione (quote, eventuali interessi di ritardo già maturati secondo regolamento o art. 1224 c.c.), il nuovo termine ultimo concesso per il saldo (ad es. 15 giorni dalla ricezione), i riferimenti del conto condominiale su cui versare e, soprattutto, le possibili azioni successive in difetto di pagamento (ingiunzione, esecuzione forzata ecc.). È utile anche richiamare brevemente le conseguenze della mora prolungata: per esempio, l’art. 63 Disp. Att. c.c. prevede che se un condomino accumula 6 mesi di ritardo nei pagamenti, l’amministratore può richiedere all’Autorità Giudiziaria la sospensione di quel condomino dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato (ad esempio, il riscaldamento centralizzato, l’ascensore o altri servizi comuni non essenziali). Far presente questa eventualità nel sollecito può fungere da ulteriore deterrente: pochi condòmini morosi desiderano vedersi precluso l’uso di comodità condominiali quotidiane. Naturalmente, la sospensione dei servizi va attuata con prudenza e solo secondo le procedure di legge (previa autorizzazione del giudice nei casi dubbi, specie se coinvolge beni essenziali come l’acqua potabile). Ma il solo sapere che l’amministratore può arrivare a tanto in caso di inerzia spesso induce il debitore a trovare rapidamente i soldi dovuti.

Infine, il sollecito bonario può essere un’occasione per l’amministratore di dialogare con il condomino moroso e magari concordare un piano di rientro rateale, se l’assemblea è d’accordo. La legge non vieta di trovare un accordo stragiudiziale: l’importante è che sia messo per iscritto, con impegni chiari e scadenze precise, e che in caso di ulteriore inadempimento l’amministratore si ritenga libero di procedere senza altri indugi. C’è un detto popolare che gli avvocati conoscono bene: “Meglio un cattivo accordo che una buona sentenza”. Significa che raggiungere un compromesso, anche se non ideale, può convenire rispetto a una lunga causa dall’esito incerto. Nel caso delle morosità condominiali, un accordo di pagamento dilazionato può risultare vantaggioso per entrambe le parti: il condomino evita azioni esecutive immediate e spese legali aggiuntive, il condominio inizia a recuperare liquidità e mantiene un clima più sereno tra vicini. Tuttavia, qualora il richiamo bonario fallisca o non vi siano spiragli di soluzione amichevole, l’amministratore non può attendere oltre: deve attivare gli strumenti giudiziari a sua disposizione, primo fra tutti il decreto ingiuntivo di pagamento.

 

Il decreto ingiuntivo: lo strumento giudiziario per riscuotere le quote non pagate

Quando il sollecito cade nel vuoto, la legge offre all’amministratore un percorso rapido ed efficace per ottenere quanto dovuto: la procedura monitoria del decreto ingiuntivo. Si tratta di un provvedimento emesso dal giudice, su ricorso dell’amministratore (tramite l’avvocato del condominio), che ingiunge al condomino moroso di pagare le somme arretrate entro 40 giorni. Il grande vantaggio del decreto ingiuntivo, rispetto ad altre azioni legali, è la sua celerità: il giudice emette l’ingiunzione senza bisogno di un processo ordinario (basta presentare prove scritte del credito, come il rendiconto approvato dall’assemblea e il riparto che evidenzia le quote non versate dal condomino). Inoltre, grazie all’art. 63 Disp. Att. c.c., l’ingiunzione viene dichiarata “provvisoriamente esecutiva” dal giudice. Ciò significa che, appena ottenuto il decreto, l’amministratore può procedere subito all’esecuzione forzata (pignoramenti, ipoteche, ecc.) anche se il condomino presenta opposizione. Quest’ultimo, infatti, ha diritto di opporsi entro 40 giorni dall’ingiunzione, facendo così partire un giudizio ordinario; ma nel frattempo il decreto resta esecutivo, salvo rarissime sospensioni, e il condominio può tutelarsi iniziando a recuperare coattivamente il credito. La provvisoria esecutività è dunque una potente leva a favore del condominio, pensata per evitare che il moroso, con manovre dilatorie, continui a procrastinare il pagamento.

Per richiedere un decreto ingiuntivo non serve alcuna delibera assembleare (come già evidenziato) né un tentativo preliminare di conciliazione. È bene ricordare che le controversie condominiali rientrano tra le materie di mediazione civile obbligatoria; tuttavia, nel caso specifico delle ingiunzioni di pagamento, la mediazione non è richiesta prima di agire in giudizio. La legge infatti esonera i procedimenti per decreto ingiuntivo dalla mediazione preventiva (si tratta di procedimenti monitori d’urgenza), salvo che il condomino moroso presenti opposizione dopo aver ricevuto l’ingiunzione. In tal caso, prima dell’inizio effettivo della causa di merito, le parti saranno invitate a tentare una mediazione (D.lgs 28/2010 e succ. mod.). In pratica, l’amministratore può procedere spedito con l’ingiunzione; solo se il debitore decide di contestare formalmente il decreto, si aprirà una fase di mediazione obbligatoria e poi l’eventuale giudizio civile. Questa parentesi è importante per gli amministratori: significa che non vi sono ostacoli o ritardi iniziali nell’ottenere il titolo esecutivo contro il moroso.

Una volta ottenuto il decreto ingiuntivo, se il condomino non paga entro 40 giorni né propone opposizione, l’ingiunzione diventa definitiva (passa in giudicato) e costituisce a tutti gli effetti un titolo esecutivo definitivo. A quel punto il condominio (sempre tramite il suo legale) potrà proseguire con le azioni esecutive sui beni del debitore. Se invece viene presentata opposizione, si aprirà un procedimento in tribunale; ma, come detto, il credito condominiale potrà comunque essere incassato provvisoriamente grazie alla clausola di esecutorietà immediata. In ogni caso, al condomino moroso soccombente verranno normalmente addebitate anche le spese legali (spese di decreto, contributo unificato, spese di eventuale giudizio di opposizione) e gli interessi di mora maturati. Su questo fronte, l’assemblea condominiale può aver stabilito un tasso di interesse per i ritardi nel regolamento di condominio; in mancanza, si applicano gli interessi legali annuali o quelli previsti dal Codice Civile per le obbligazioni pecuniarie (art. 1224 c.c.: interesse legale o eventualmente interessi moratori maggiorati se il creditore lo prova). È importante che l’amministratore calcoli e richieda anche questi accessori nel ricorso per ingiunzione, per evitare di lasciare scoperta una parte del danno subito dal condominio a causa del ritardo.

Un ulteriore aspetto da considerare è la responsabilità solidale dell’acquirente di un immobile verso i debiti condominiali pregressi. L’art. 63 Disp. Att. c.c. prevede che chi subentra nei diritti di un condomino (ad esempio un nuovo proprietario subentrato per compravendita) è obbligato in solido con il precedente proprietario al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente. Ciò significa che, se Tizio vende l’appartamento a Caio mentre ha ancora arretrati condominiali dell’anno corrente o del passato anno, l’amministratore potrà chiedere il pagamento anche a Caio (oltre che rivalersi su Tizio naturalmente) per quelle somme non pagate. Questa norma tutela il condominio nei passaggi di proprietà, evitando che un venditore furbo lasci insoluti sapendo di non essere più rintracciabile. Nella pratica, molti notai richiedono proprio una dichiarazione dell’amministratore sullo stato dei pagamenti prima di rogitare la vendita, così da costringere le parti a regolare eventuali debiti in sede di compravendita. Ad ogni modo, per l’amministratore che si trova a dover recuperare crediti post vendita, è utile sapere che può e deve chiamare in causa il nuovo proprietario per le ultime mensilità dovute, mentre per quelle più vecchie resterà obbligato solo il precedente condomino (nei cui confronti si potrà agire normalmente con ingiunzione ed esecuzione, finché esiste).

 

Esecuzione forzata e misure successive: come agire se il moroso persiste

Se, nonostante il decreto ingiuntivo, il condomino non paga volontariamente, l’amministratore deve passare alla fase di esecuzione forzata. In accordo con il legale del condominio, si valuteranno le forme di pignoramento più opportune in base alla situazione del debitore. Le opzioni tipiche includono:

Pignoramento immobiliare: si iscrive un’ipoteca giudiziale sull’unità immobiliare del moroso e si avvia l’esecuzione sulla casa. Questa è l’extrema ratio – arrivare alla vendita all’asta dell’appartamento – ma spesso la sola notifica dell’atto di pignoramento spinge il debitore a trovare i soldi (per non rischiare di perdere la proprietà). È bene sapere che i crediti condominiali vantano un certo privilegio: in sede di distribuzione forzata, hanno priorità di soddisfacimento (entro certi limiti temporali) subito dopo eventuali crediti ipotecari e fiscali. Inoltre, il condominio può intervenire in procedure esecutive già pendenti (ad esempio se la banca ha pignorato la casa del condomino per mutuo insoluto) per far valere il proprio credito nei confronti del ricavato della vendita.

Pignoramento mobiliare o presso terzi: se il debitore ha un lavoro o conti correnti, spesso è più rapido pignorare lo stipendio (nei limiti di legge, es. un quinto dello stipendio netto) o la pensione, oppure bloccare un conto corrente del moroso per prelevarne le somme dovute. Ancora, in caso il condomino percepisca affitti da un’inquilino (ad esempio ha locato la stessa unità di sua proprietà), il condominio può pignorare i canoni di locazione dovuti dall’inquilino, dirottandoli a sé finché il debito non sia estinto. Queste forme di esecuzione spesso consentono un recupero più immediato e meno costoso rispetto all’espropriazione immobiliare.

Sospensione dei servizi comuni: come accennato prima, parallelamente all’esecuzione forzata, l’amministratore può mettere in atto misure di “autotutela” previste dalla legge, chiedendo al giudice di autorizzare la sospensione dei servizi condominiali non essenziali al condomino moroso (dopo almeno sei mesi di morosità conclamata). In pratica, si tratta di negare l’uso di servizi come riscaldamento, acqua centralizzata, ascensore, TV via cavo, ecc., purché tecnicamente separabili, finché il debitore non paga. Questa misura estrema è pensata per evitare che il moroso continui a godere degli stessi benefici dei condòmini in regola, a spese di questi ultimi. Ovviamente va gestita con prudenza e in conformità ai provvedimenti del giudice (che valuterà caso per caso, specie se può incidere su diritti fondamentali come la salute – si pensi al riscaldamento in pieno inverno). La giurisprudenza recente si è espressa in modo favorevole a tali sospensioni, ritenendole legittime e proporzionate di fronte a morosità persistenti, purché attuate con l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria competente.

Durante tutta la fase di recupero, è importante che l’amministratore mantenga informata l’assemblea dei condòmini sulle azioni intraprese e sull’evoluzione del caso. La trasparenza aiuta a consolidare la fiducia dei condòmini virtuosi e a far comprendere che si sta facendo tutto il possibile per tutelare l’interesse comune. Inoltre, se dovesse presentarsi un accordo transattivo all’orizzonte (ad esempio il condomino moroso propone di pagare parte del dovuto subito e il resto a breve, oppure offre qualcosa in cambio di stralciare il debito), l’amministratore deve sottoporlo all’assemblea per l’approvazione, non potendo decidere autonomamente di remissioni di debito che riguardano tutti. In genere, comunque, nella fase esecutiva il margine per accordi si riduce: o il debitore trova le somme, magari aiutato da una banca o dalla vendita volontaria dell’immobile, oppure la procedura andrà fino in fondo.

 

Conclusioni: efficienza, prevenzione e importanza del supporto professionale

Un recupero crediti condominiale efficiente richiede dunque un mix di tempestività, rigore e conoscenza tecnica. L’amministratore di condominio ha oggi l’obbligo e gli strumenti per agire con rapidità: solleciti ben formulati, decreti ingiuntivi immediatamente esecutivi, possibilità di pignorare beni e di sospendere servizi al condomino moroso. A Verona, così come in ogni altra città d’Italia, questi principi trovano applicazione quotidiana nei condomìni: i Tribunali (come il Tribunale di Verona per la sua giurisdizione) emettono ingiunzioni di pagamento in tempi relativamente brevi, fornendo agli amministratori un valido supporto nell’azione di recupero. La chiave sta nell’anticipare i problemi e non lasciare che le morosità si incancreniscano: un monitoraggio costante delle entrate, un sollecito già pochi giorni dopo la scadenza mancata e il ricorso al legale entro i termini di legge (6 mesi) sono tutti elementi che distinguono una gestione virtuosa da una che rischia di accumulare voragini finanziarie.

È bene infine sottolineare l’importanza di affidarsi a professionisti specializzati. Un amministratore competente sa muoversi con disinvoltura tra bilanci e convocazioni, ma per le questioni legali – soprattutto l’iter giudiziario del decreto ingiuntivo e delle esecuzioni forzate – è essenziale il supporto di un avvocato esperto in diritto condominiale. Ciò garantisce che ogni passo sia svolto correttamente e nel rispetto dei diritti di tutte le parti, evitando impugnazioni o errori procedurali che potrebbero rallentare il recupero. Inoltre, un legale preparato conosce bene anche le strategie di negoziazione e può consigliare quando insistere sul rigore della legge e quando, invece, cogliere l’opportunità di una transazione conveniente per il condominio.

In conclusione, la gestione delle morosità richiede all’amministratore di condominio un approccio serio, tecnico e non banale. Non basta inviare qualche sollecito sporadico: serve un piano organico che, passo dopo passo, dalla messa in mora al decreto ingiuntivo fino all’eventuale pignoramento, metta in sicurezza le finanze condominiali. È un compito impegnativo, ma assolutamente necessario per garantire la solidità economica e la serena convivenza all’interno di ogni condominio, a Verona come in tutta Italia. In questo percorso, le norme giuridiche sono alleate dell’amministratore diligente – dura lex, sed lex: la legge può sembrare dura, ma è comunque la migliore tutela per chi agisce nella legalità. Seguendo le procedure e i tempi giusti, e con il sostegno di validi consulenti, il recupero dei crediti condominiali diventa un’attività gestibile con successo, preservando l’equilibrio finanziario e il buon nome del condominio.

  • 07 luglio 2025
  • Marco Panato

Autore: Avv. Marco Panato


Avv. Marco Panato -

Avv. Marco Panato, avvocato del Foro di Verona e Dottore di Ricerca in Diritto ed Economia dell’Impresa – Discipline Interne ed Internazionali - Curriculum Diritto Amministrativo (Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Verona).

E' autore di pubblicazioni scientifiche in materia giuridica, in particolare nel ramo del diritto amministrativo. Si occupa anche di docenza ed alta formazione.