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Nuova Convivenza dell’Ex Coniuge: Quando si Perde l’Assegno di Mantenimento? - Studio Legale MP - Verona

Alimenti e relazioni successive: la Cassazione chiarisce che una nuova unione stabile può far cessare l’assegno di mantenimento, ma non in automatico.

La fine di un matrimonio spesso comporta, in caso di differenze di reddito, la corresponsione di un assegno di mantenimento all’ex coniuge economicamente più debole. Ma cosa accade se il beneficiario di quell’assegno inizia una nuova convivenza stabile con un partner? Questo scenario è sempre più frequente, e la giurisprudenza recente ha affrontato il problema di bilanciare il diritto all’assegno divorzile con la sopraggiunta formazione di una nuova coppia da parte dell’ex coniuge. Una hirundo non facit ver – una rondine sola non fa primavera: allo stesso modo una breve relazione occasionale non fa cessare automaticamente l’assegno. Tuttavia, una convivenza more uxorio stabile e duratura può incidere eccome sull’obbligo di corrispondere gli alimenti all’ex.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 29 maggio 2025 n. 14358, ha chiarito che la nuova convivenza del beneficiario non comporta ipso iure la perdita dell’assegno, ma può condurre alla sua revoca se tale relazione configura un vero e proprio nucleo familiare di fatto, in grado di assicurare al beneficiario un tenore di vita adeguato. In altri termini, occorre una valutazione concreta: se l’ex coniuge che percepisce l’assegno, instaurando un nuovo rapporto, riceve dal partner convivente un sostegno materiale e morale paragonabile a quello garantito dal matrimonio, l’assegno divorzile può venire meno. Già in precedenza la giurisprudenza di legittimità aveva affermato che quando la convivenza si traduce in un rapporto stabile e continuativo, assimilabile a un vincolo familiare, con benefici economici per il nuovo nucleo, l’assegno può essere azzerato. Tuttavia, la semplice esistenza di un nuovo compagno non basta: serve la prova che attraverso questa nuova unione il coniuge beneficiario abbia raggiunto una stabilità economica tale da rendere ingiustificato l’ulteriore sostegno da parte dell’ex marito o ex moglie.

L’ordinanza del 2025 censura infatti le decisioni di merito che trascurano di considerare gli effetti della nuova relazione. Ad esempio, la Corte d’Appello di Venezia aveva ritenuto “irrilevante” la nuova unione stabile della ex moglie (perché sorta dopo la separazione), basando la decisione solo sullo squilibrio di reddito tra gli ex coniugi e senza valutare l’effettivo contributo economico del nuovo compagno né il suo impatto sul tenore di vita La Cassazione ha invece sottolineato che anche in regime di separazione va effettuata una valutazione concreta: l’instaurazione di una nuova convivenza stabile può incidere sul diritto all’assegno, se si dimostra che il nuovo partner fornisce un’assistenza materiale e morale comparabile a quella matrimoniale. Nel caso esaminato, i giudici di merito non avevano motivato adeguatamente il perché del mantenimento nonostante la relazione sentimentale in corso con un partner economicamente abbiente in grado di garantire alla donna un tenore di vita agiato. La Cassazione ha quindi annullato quella decisione, accogliendo il ricorso del marito e richiamando anche la necessità di rivalutare l’assegno per i figli a carico, che la Corte d’Appello aveva ridotto senza adeguata motivazione

C’è da dire che sul tema “assegno divorzile e nuove unioni” la giurisprudenza ha vissuto fasi alterne. In passato si è spesso ritenuto che la convivenza more uxorio del beneficiario estinguesse il diritto all’assegno, trattandosi di una libera scelta di formare una nuova famiglia di fatto, incompatibile con la prosecuzione del supporto dall’ex coniuge. Questo orientamento ha radici in decisioni degli anni 2000, ma più di recente la posizione è divenuta più sfumata: non è l’esistenza di un nuovo legame affettivo in sé a far venir meno l’assegno, bensì le sue conseguenze economiche. Se la nuova convivenza apporta un beneficio economico concreto e una stabilità paragonabile a quella coniugale, allora l’assegno può decadere; se invece il nuovo partner non contribuisce in modo significativo al mantenimento, l’assegno potrebbe ancora spettare. Anche la distinzione tra assegno di separazione e assegno divorzile gioca un ruolo: il primo mira (ancora) a garantire – nei limiti del possibile – il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, mentre il secondo, soprattutto dopo le Sezioni Unite del 2018, ha funzione assistenziale-compensativa e mira a riconoscere il contributo dato dal coniuge più debole alla vita familiare. In entrambi i casi, comunque, l’instaurarsi di una convivenza more uxorio da parte del beneficiario costituisce una circostanza sopravvenuta da valutare: durante la separazione può giustificare la revisione o revoca dell’assegno, e dopo il divorzio – secondo l’orientamento attuale – è ragione di cessazione dell’obbligo, in quanto la persona ha formato un nuovo aggregato familiare di fatto.

«Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo», scrive Tolstoj in Anna Karenina. Nel contesto del divorzio, ogni vicenda è diversa: le situazioni successive alla rottura matrimoniale possono condurre a esiti peculiari anche sul piano economico. Non esiste una regola meccanica valida per tutti: il giudice deve valutare caso per caso, bilanciando i diritti e i doveri in gioco, come la tutela dell’ex più debole e la libertà dell’altro ex di non mantenere in eterno il precedente coniuge.

In conclusione, la giurisprudenza più recente invita a evitare automatismi. L’assegno divorzile può essere revocato per la nuova convivenza dell’ex coniuge, ma solo dopo un’attenta verifica concreta. Bisogna accertare se il legame more uxorio abbia comportato per l’avente diritto un effettivo miglioramento delle condizioni economiche e un’assistenza paragonabile a quella matrimoniale. Solo allora appare giusto sollevare l’altro ex coniuge dall’onere di corrispondere ulteriormente il mantenimento, evitando ingiusti arricchimenti o duplicazioni di tutela. Diversamente – come ribadito – una rondine non fa primavera: una relazione nuova ma priva di stabilità economica non priverà automaticamente l’ex coniuge del suo assegno. La parola d’ordine è equilibrio: tutelare l’ex che ha ancora bisogno, ma senza gravare l’altro quando quel bisogno è cessato grazie a un nuovo progetto di vita.

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  • 17 luglio 2025
  • Marco Panato

Autore: Avv. Marco Panato


Avv. Marco Panato -

Avv. Marco Panato, avvocato del Foro di Verona e Dottore di Ricerca in Diritto ed Economia dell’Impresa – Discipline Interne ed Internazionali - Curriculum Diritto Amministrativo (Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Verona).

E' autore di pubblicazioni scientifiche in materia giuridica, in particolare nel ramo del diritto amministrativo. Si occupa anche di docenza ed alta formazione.