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Micromobilità urbana: incidenti stradali e risarcimento danni - Studio Legale MP - Verona

La rivoluzione dei monopattini elettrici: nuove regole, responsabilità negli incidenti e come tutelarsi a Verona e in tutta Italia

La diffusione della micromobilità elettrica (monopattini, e-bike, ecc.) ha rivoluzionato il traffico urbano ma ha aperto nuove questioni di sicurezza stradale e responsabilità civile. Questo articolo analizza le ultime novità normative e giurisprudenziali sugli incidenti con monopattini elettrici – dall’obbligo di assicurazione e casco alle prime sentenze dei tribunali – offrendo una guida chiara per ottenere il giusto risarcimento danni. Un focus particolare è dedicato a Verona, dove l’aumento dei sinistri con monopattini evidenzia l’importanza di conoscere diritti e doveri, per pedoni, conducenti e Pubbliche Amministrazioni

 

I. Introduzione: Boom dei monopattini e sfide della sicurezza
Le strade di Verona – come quelle di molte città italiane – sono state invase dai monopattini elettrici, simbolo di una mobilità agile ed eco-sostenibile. Tuttavia, a questa promessa di praticità si accompagna un lato oscuro: l’aumento degli incidenti. La Polizia Locale di Verona ha già rilevato decine di sinistri con monopattini nel 2025, un fenomeno in crescita rispetto ai 125 incidenti registrati nell’intero 2024. La cronaca recente riporta episodi drammatici: un giovane investito da un monopattino sulle strisce in pieno centro, un trentenne deceduto in provincia dopo lo scontro tra la sua e-bike e un’auto pirata. Forse aveva ragione Manzoni nel far dire ai suoi personaggi «Adelante, Pedro, con juicio» – avanti, ma con giudizio: in queste giungle urbane di monopattini sfreccianti, la prudenza diventa fondamentale. Anche il diritto si è dovuto evolvere rapidamente per disciplinare la micromobilità urbana e garantire giustizia alle vittime dei sinistri. Dura lex, sed lex: nuove leggi e sentenze hanno delineato obblighi chiari e responsabilità precise. Di seguito esamineremo le regole introdotte, le tipologie di incidenti più comuni e come la giurisprudenza recente (2024–2025) sta affrontando i casi concreti, fornendo indicazioni essenziali per chiunque sia coinvolto in un incidente in monopattino.

II. Nuove regole per la micromobilità: casco, assicurazione e targa obbligatori
Di fronte all’escalation di incidenti e a un iniziale vuoto normativo, il legislatore è intervenuto in modo decisivo. A partire dal 2025 i monopattini elettrici non sono più considerati semplici “velocipedi” assimilati alle biciclette, ma vengono equiparati ai veicoli a motore sotto vari aspetti. La Legge 25 novembre 2024 n. 177 e i relativi decreti attuativi hanno introdotto obblighi stringenti per chi circola in monopattino: assicurazione RCA obbligatoria, contrassegno (targa) e casco protettivo per tutti i conducenti, indipendentemente dall’età. In pratica ogni monopattino deve essere coperto da una polizza di responsabilità civile verso terzi, e deve esporre un tagliando identificativo univoco (una sorta di mini-targa adesiva) per permettere di risalire al proprietario in caso di infrazioni o fuga dopo un incidente. Inoltre, è stato esteso a tutti l’obbligo di indossare un casco omologato (prima richiesto solo ai minori di 18 anni). Queste misure mirano a colmare il “Far West” normativo che fino al 2024 aveva caratterizzato la micromobilità: troppe vittime di incidenti con monopattino restavano senza colpevole solvibile da citare, poiché il conducente spesso era privo di assicurazione e di mezzi economici. Adesso invece la presenza di una compagnia assicurativa garantisce sempre al danneggiato un referente da chiamare in causa per il risarcimento, e la targa consente di identificare il responsabile (riducendo il rischio di pirateria stradale in monopattino). Parallelamente, sono stati imposti limiti di circolazione più rigidi: divieto di transito sui marciapiedi, velocità massima 20 km/h (25 km/h sulle piste ciclabili), utilizzo consentito solo sulle strade urbane con limite fino a 50 km/h (niente monopattini su strade extraurbane), nonché obbligo di dotare i mezzi di luci di stop e indicatori di svolta.

Per gli utenti di monopattini queste regole non sono solo prescrizioni formali, ma incidono in concreto sul diritto al risarcimento in caso di incidente. Chi non le rispetta rischia di vedersi ridurre o negare il ristoro dei danni. Emblematico in tal senso il caso affrontato dal Tribunale di Matera (sent. n. 595/2024 del 9 luglio 2024): un uomo aveva citato il Comune dopo essere caduto con il monopattino in una buca lungo una strada di periferia non illuminata. Ebbene, il giudice ha rigettato la domanda risarcitoria, rilevando che l’attore stava circolando su una strada extraurbana dove l’uso del monopattino era vietato dalle norme (limite di 50 km/h superato). La condotta contro legge del monopattinista – oltre a implicare l’assenza di illuminazione pubblica in loco – ha spezzato il nesso causale tra la scarsa manutenzione stradale e la caduta, configurando un caso fortuito. In altre parole, violando le regole di circolazione il danneggiato si è posto da solo in situazione di pericolo, e non può pretendere di essere risarcito. Questa pronuncia severa è un monito: rispettare gli obblighi (casco, limiti di percorso, ecc.) non è soltanto fondamentale per la propria incolumità, ma anche per non compromettere il proprio diritto al risarcimento. Imperitia culpae adnumeratur: l’inesperienza o l’imprudenza di guida sono considerate colpa a tutti gli effetti, e chi utilizza un monopattino deve assumersi la responsabilità di farlo in modo diligente.

III. Scontri e investimenti: responsabilità nei diversi scenari di incidente
Quando si verifica un incidente che coinvolge un monopattino, la determinazione delle responsabilità segue in parte le regole generali del Codice Civile sulla circolazione (art. 2054 c.c.), adattate alle peculiarità di questi nuovi mezzi. Occorre distinguere varie situazioni:

Collisione tra un monopattino e un veicolo a motore (es. automobile): trova applicazione l’art. 2054, comma 2, c.c., che pone una presunzione di concorso di colpa paritario (50% ciascuno) tra i conducenti coinvolti. Ciò significa che, in mancanza di prove, la legge presume che entrambi abbiano in parte contribuito al sinistro. È una presunzione iuris tantum, quindi superabile: chi vuol far ricadere l’intera colpa sull’altro deve fornire una prova rigorosa che l’altro conducente ha causato da solo l’evento, in modo imprevedibile e inevitabile malgrado la propria condotta irreprensibile. Questo standard probatorio – la cosiddetta prova liberatoria – è molto elevato. Ad esempio, se un’auto investe un monopattino che sbuca all’improvviso da una zona d’ombra, il conducente dell’auto potrebbe sostenere di non aver potuto evitare l’impatto; tuttavia, perché l’automobilista sia esonerato da ogni responsabilità deve dimostrare di aver rispettato tutte le regole di prudenza e che l’altrui condotta sia stata l’unica causa dell’incidente. La silenziosità e rapidità dei monopattini rendono complessa tale valutazione: spesso chi guida un’automobile lamenta di non aver udito né visto arrivare il piccolo veicolo. La giurisprudenza, però, ricorda che l’attraversamento repentino di un monopattino o di una bici può rientrare nei normali rischi della circolazione urbana, soprattutto in zone centrali o vicino alle piste ciclabili. In generale, non basta invocare una distrazione del monopattinista: serve dimostrare che il comportamento di quest’ultimo è stato abnorme e imprevedibile al punto da costituire la sola causa del sinistro. Diversamente, si ricadrà nella presunzione di colpa concorrente al 50%.

Investimento di un pedone da parte di un monopattino: in questo caso si applica l’art. 2054, comma 1, c.c., analogamente a quanto avviene per qualsiasi veicolo che investe un pedone. La norma prevede una presunzione di responsabilità integrale a carico del conducente del veicolo, salvo che questi provi di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. Dunque, in uno scontro tra monopattino e pedone, il guidatore del monopattino è considerato colpevole fino a prova contraria. Per liberarsi, dovrà dimostrare che il pedone si è comportato in modo assolutamente imprevedibile e imprudente (ad esempio attraversando di corsa fuori dalle strisce all’ultimo istante) e che ciò è stata l’unica causa dell’impatto. È una prova difficilissima, tanto che le statistiche giudiziarie indicano come raramente il pedone investito venga ritenuto colpevole esclusivo. Anche qui, l’idea di fondo è tutelare l’utente più vulnerabile: il pedone non ha protezioni e subisce in genere i danni peggiori, quindi la legge e i giudici tendono a proteggerlo, a meno che il suo comportamento sia stato davvero sconsiderato. Va segnalato però che la stessa condotta del pedone può dare luogo a un concorso di colpa. Ad esempio, se un pedone attraversa distrattamente guardando il cellulare, pur sulle strisce, il giudice potrebbe riconoscergli una parte di responsabilità nella causazione dell’evento (si sono avute pronunce in cui al pedone disattento è stato attribuito il 30-50% di colpa). In un caso estremo e molto discusso, la Corte di Cassazione ha persino assegnato il 75% della responsabilità a un pedone che aveva attraversato fuori dalle strisce in condizioni di scarsa visibilità, affermando che l’automobilista non avrebbe potuto evitare l’impatto. Questi principi, sebbene riguardino incidenti tradizionali, valgono anche per la micromobilità: un monopattino lanciato sul marciapiede o contromano, ad esempio, difficilmente potrà invocare colpe altrui in caso di impatto con un pedone.

Concorso di colpa e condotta del danneggiato. In ogni tipologia di sinistro stradale – inclusi quelli con monopattino – bisogna sempre considerare l’eventuale concorso di colpa della vittima ai sensi dell’art. 1227 c.c. Se chi subisce il danno ha tenuto un comportamento negligente che ha aggravato le conseguenze o contribuito all’evento, il risarcimento può essere diminuito o persino escluso. Nel contesto della micromobilità, un tema caldo è il mancato uso del casco da parte del monopattinista. Oggi il casco è obbligatorio: se un conducente di monopattino viene investito da un’auto e riporta, ad esempio, un grave trauma cranico perché non indossava il casco, l’automobilista (o la sua assicurazione) potrà eccepire il concorso di colpa del danneggiato. Si argomenterà che la lesione è stata più grave a causa dell’omissione del casco, chiedendo al giudice di ridurre il risarcimento proporzionalmente (art. 1227, comma 1, c.c.). La valutazione è caso-specifica: occorre capire quanto il dispositivo avrebbe evitato o mitigato il danno. In alcune sentenze si è arrivati a negare ogni ristoro al trasportato che non aveva adottato misure di sicurezza. Emblematica, per analogia, è la recente decisione della Suprema Corte in materia di cinture di sicurezza: Cassazione civile, Sez. III, sent. n. 21896/2025 (depositata il 30 luglio 2025) ha confermato la riduzione del risarcimento a un passeggero che, viaggiando senza cintura in auto con un conducente ubriaco, aveva riportato lesioni gravissime in un incidente. La Corte ha ribadito che chi accetta consapevolmente un rischio (salire con chi guida in stato di ebbrezza, o non allacciare la cintura) viola il dovere di prudenza e concorre a causare il proprio danno, perdendo in tutto o in parte il diritto al risarcimento. Allo stesso modo, il monopattinista che circola senza casco o commette infrazioni pericolose (come attraversare con il rosso) si espone a conseguenze che potrebbero ridurre drasticamente il risarcimento dei suoi danni. In definitiva, sia i conducenti di altri veicoli sia gli utilizzatori di micromezzi devono tenere condotte diligenti: le regole sulla circolazione esistono per prevenire gli incidenti, ma anche per ripartire equamente le responsabilità quando qualcosa va storto.

IV. Buche, ostacoli e insidie stradali: la responsabilità del Comune
Oltre alle collisioni tra veicoli o con pedoni, una casistica frequente riguarda gli incidenti causati da insidie stradali: buche sull’asfalto, tombini sporgenti, dissesti e ostacoli vari. I monopattini, con le loro ruote piccole e la stabilità precaria, sono particolarmente vulnerabili a queste irregolarità del manto stradale. Cosa accade se un monopattino cade a causa di una buca? La domanda investe la responsabilità degli enti proprietari-custodi della strada (il Comune, per le strade urbane). In passato, il danneggiato doveva dimostrare la colpa dell’ente ai sensi dell’art. 2043 c.c., ovvero la negligenza nella manutenzione. Oggi, invece, è prevalente l’applicazione dell’art. 2051 c.c. (danno da cose in custodia): basta provare che la cosa in custodia (la strada) ha causato il danno, e scatta una responsabilità oggettiva a carico del custode, salvo che quest’ultimo provi il caso fortuito. In concreto, il monopattinista che cade per una buca deve soltanto dimostrare l’esistenza della buca e il nesso causale tra quella sconnessione e la caduta (documentando ad esempio con fotografie e referti medici le circostanze). Spetterà poi al Comune l’onere di provare che l’evento è dipeso da un fattore imprevedibile e eccezionale – caso fortuito, appunto – che può consistere anche nella condotta imprudente dello stesso danneggiato. La giurisprudenza è abbastanza severa verso gli enti: mantenere le strade sicure è un loro dovere primario, parte del contratto sociale tra cittadini e pubblica amministrazione. Non a caso, il Tribunale di Pescara, con sentenza del 20 giugno 2025, ha statuito un principio chiaro: se una buca stradale non era visibile né segnalata adeguatamente, il Comune è tenuto al risarcimento del danno al monopattinista caduto, a meno che dimostri che la vittima avrebbe potuto evitarla usando l’ordinaria diligenza. In quella vicenda, una donna alla guida di un monopattino era finita alle 4 del mattino in una buca a forma di rombo, praticamente invisibile sull’asfalto scuro; la caduta le aveva provocato gravi fratture e un trauma cranico. Il Comune chiamato in causa ha provato a difendersi sostenendo che la buca fosse segnalata dalla presenza di un palo della luce e che la donna andasse troppo veloce e distratta. Ma le prove raccolte (testimonianza di un automobilista che ha visto la vittima “volare” e foto che mostravano l’avvallamento mascherato nell’ombra) hanno convinto il giudice che l’insidia non era percepibile nemmeno con attenzione. Il Tribunale ha condannato il Comune, sottolineando che la prospettiva ribassata di chi guida un monopattino rende più difficile avvistare per tempo i pericoli a terra rispetto a un automobilista – un fattore che l’ente custode deve considerare nella manutenzione. Si è affermato un principio di civiltà giuridica: la sicurezza delle strade va garantita per tutti gli utenti, anche i più vulnerabili e non protetti da una carrozzeria.

Ciò non significa però che il Comune risponda in modo automatico di ogni caduta. Se emerge che il comportamento del danneggiato è stato esso stesso causa del danno in modo esclusivo e assorbente, la responsabilità pubblica viene meno per caso fortuito. Ad esempio, se il monopattinista cade a causa di una buca ben visibile in pieno giorno, magari perché procedeva distratto o a velocità elevata ignorando le condizioni della strada, il giudice potrebbe ritenere interrotto il nesso causale fra la cosa e il danno. In altre parole, quando il pericolo è noto o prevedibile, l’utente ha il dovere di evitarlo con la massima cautela; se sceglie di rischiare e agisce imprudentemente, il suo comportamento diventa la causa unica del sinistro (culpa in proprio), esonerando l’ente proprietario. Questo approccio di equilibrio emerge da numerose sentenze: si pensi a un caso deciso dal Tribunale di Milano, in cui un ciclista che conosceva bene una strada dissestata non è stato risarcito poiché ha volontariamente affrontato il tratto pericoloso senza precauzioni. Tuttavia, quando l’insidia stradale non è immediatamente avvistabile e l’utente non ha modo di accorgersene in anticipo, prevale la tutela del danneggiato. Come ha ribadito il giudice di Pescara, la distrazione eventuale della vittima non cancella la colpa dell’ente se questa non è esclusiva e determinante. Può semmai portare a un concorso di colpa ex art. 1227 c.c., riducendo proporzionalmente il risarcimento. Nel caso in esame, ad esempio, se anche si fosse ipotizzata una minima disattenzione della conducente del monopattino, ciò non avrebbe eliminato la responsabilità comunale, dato che l’insufficiente manutenzione era la causa primaria. In definitiva, la Pubblica Amministrazione deve fare la sua parte (strade sicure e ben manutenute), e gli utenti la propria (guida prudente e rispetto delle regole): solo così si minimizzano i sinistri. Quando ciò non accade, interviene il giudice a bilanciare le responsabilità caso per caso, applicando principi ormai consolidati.

V. Come ottenere il risarcimento: consigli pratici per le vittime
Trovarsi coinvolti in un incidente con un monopattino – sia come conducente del micro-veicolo, sia come pedone o automobilista investito – può essere un’esperienza traumatica e confusa. È importante agire con prontezza per tutelare i propri diritti. Anzitutto, soccorrere i feriti e chiamare le autorità (Polizia Locale, 118) è un dovere morale e giuridico; inoltre l’intervento delle Forze dell’Ordine servirà a redigere un verbale ufficiale sull’accaduto, documento fondamentale per stabilire le responsabilità. Subito dopo, occorre raccogliere quante più prove possibili: fotografie del luogo e dei danni (alla persona e ai mezzi), nominativi e recapiti di eventuali testimoni, copia di eventuali video di sorveglianza in zona, etc. Nel caso di scontro con un monopattino, è bene farsi consegnare i dati del mezzo (numero di targa adesiva, se già presente) e della polizza assicurativa del monopattinista – ricordiamo infatti che dal 2025 tutti i monopattini devono essere assicurati, e la compagnia assicurativa del responsabile sarà il soggetto chiamato a pagare i danni. Se il responsabile dell’incidente non si ferma o non è identificabile (es. “pirata” in monopattino fuggito), la vittima non è del tutto priva di tutela: potrà sporgere denuncia alle autorità e attivare la procedura di indennizzo prevista attraverso il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada (anche per i sinistri causati da veicoli non identificati o non assicurati, categoria in cui rientravano i monopattini prima dell’obbligo di copertura).

Una volta superata l’emergenza iniziale, è consigliabile rivolgersi al più presto a un avvocato esperto in infortunistica stradale. I casi di incidenti con micromobilità presentano spesso profili complessi: applicazione di normative recentissime, valutazione tecnica della dinamica (magari servono perizie cinematiche per stabilire velocità e traiettorie di un monopattino), quantificazione di lesioni personali e danni (spesso gravi data la vulnerabilità dei conducenti di monopattini). Un legale con esperienza potrà gestire le comunicazioni con le compagnie assicurative, evitando che il danneggiato accetti liquidazioni frettolose e inferiori al dovuto, e predisporrà tutte le prove e gli atti necessari per far valere efficacemente i propri diritti. Documentare adeguatamente i danni è cruciale: si pensi alle lesioni fisiche, che vanno certificate da referti medici, e ai danni più sfuggenti come il danno morale o esistenziale (trauma psicologico, perdita di qualità di vita), che pure possono essere risarciti. Proprio di recente la Cassazione (sent. n. 27102/2025) ha riconosciuto in favore di un pedone investito il diritto al risarcimento anche del danno morale soggettivo per la sofferenza patita, ribadendo l’importanza di considerare tutte le componenti del pregiudizio subito dalla vittima.

In sintesi, chiunque rimanga coinvolto in un sinistro con un monopattino deve agire cum cauto: attenzione nel prevenire, ma anche tempestività nel reagire dopo. Seguire le regole di circolazione e usare le precauzioni (casco, prudenza, rispetto delle precedenze) può evitare l’incidente o attenuarne le conseguenze; qualora l’incidente avvenga per colpa altrui, attivarsi subito sul piano legale consente di affrontare al meglio la successiva richiesta di risarcimento. Ogni caso ha le sue particolarità – casus variatur – e spesso la differenza tra un risarcimento pieno e un diritto negato risiede nella capacità di costruire una solida argomentazione giuridica, supportata da prove concrete e riferimenti normativi appropriati.

«Errare humanum est, perseverare autem diabolicum» dice un noto adagio latino: sbagliare è umano, ma perseverare nell’errore è diabolico. Nel contesto della micromobilità, questo significa imparare dagli incidenti già accaduti – nostri o altrui – per evitare di commetterne di nuovi. Il quadro normativo del 2025 offre finalmente strumenti di tutela più efficaci (assicurazioni obbligatorie, identificazione dei mezzi, regole ad hoc), e la giurisprudenza sta delineando confini di responsabilità via via più chiari. Orientarsi in questo nuovo panorama, però, richiede competenza e aggiornamento costante. Come utenti della strada, è bene conoscere i propri diritti (quando si subisce un danno) e i propri doveri (quando si circola su questi mezzi). Come cittadini, possiamo aspettarci città più sicure solo pretendendo standard adeguati di manutenzione e controlli. Come potenziali clienti in cerca di giustizia, infine, è importante affidarsi a professionisti capaci di guidarci attraverso le insidie legali con la stessa attenzione con cui vorremmo guidare un monopattino nelle vie trafficate di Verona.

Se Lei o un Suo familiare siete stati coinvolti in un incidente stradale con un monopattino – come vittima o anche in qualità di conducente chiamato in causa – lo Studio Legale MP di Verona è a Vostra completa disposizione.

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  • 14 novembre 2025
  • Redazione

Autore: Redazione - Staff Studio Legale MP


Redazione - Staff Studio Legale MP -

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