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Liquidazione controllata: seconda chance dopo il fallimento - Studio Legale MP - Verona

Le nuove soluzioni per liberarsi dai debiti residui, anche dopo una procedura fallimentare, grazie al Codice della Crisi e alle tutele sul sovraindebitamento

Nel 2022 è entrato in vigore il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), che ha riformato profondamente la disciplina del sovraindebitamento. L’obiettivo principale è quello di offrire una via d’uscita a chi si trova schiacciato dai debiti, evitando che resti prigioniero a vita dei creditori. Fino a pochi anni fa, solo alcuni debitori falliti particolarmente virtuosi potevano ottenere l’esdebitazione (ossia la cancellazione dei debiti residui) al termine di un fallimento. Oggi invece la legge prevede strumenti più ampi e accessibili per assicurare al debitore onesto una pulizia del passato e la possibilità di ripartire. In altre parole, si punta sul principio che ad impossibilia nemo tenetur (nessuno è tenuto a fare l’impossibile): se il debitore non può oggettivamente pagare i propri debiti, la legge consente di chiudere le pendenze e voltare pagina, a certe condizioni.

Nuove procedure per il sovraindebitamento: concordato minore e liquidazione controllata

Tra le innovazioni del CCII ci sono due procedure principali per gestire il sovraindebitamento: il concordato minore e la liquidazione controllata. Il concordato minore è un accordo di ristrutturazione dei debiti destinato ai debitori non fallibili (imprenditori sotto soglia, professionisti, start-up, piccoli imprenditori agricoli, ecc.) e ai consumatori che svolgono attività d’impresa minimale. In pratica, il debitore propone ai creditori un piano per pagare in parte i debiti, con l’aiuto di eventuali risorse esterne, ottenendo l’esdebitazione per la parte non pagata una volta concluso il piano. Questa procedura non è accessibile al consumatore puro, che ha invece a disposizione la ristrutturazione dei debiti del consumatore (evoluzione del vecchio “piano del consumatore”).

La liquidazione controllata è invece l’erede della “liquidazione del patrimonio” prevista dalla vecchia Legge 3/2012. Si tratta di una procedura concorsuale in cui tutti i beni del debitore sovraindebitato vengono liquidati (venduti) per pagare quanto possibile ai creditori; al termine, se il debitore ha collaborato ed è meritevole, i debiti residui vengono cancellati (esdebitazione). La liquidazione controllata può essere vista come una sorta di “fallimento personale” guidato dal tribunale, ma con finalità spiccatamente liberatorie per il debitore onesto. Questa è la strada tipica per chi non ha la possibilità di offrire un vero piano di rientro ai creditori: si mette tutto il patrimonio sul piatto una volta per tutte, per poi uscire definitivamente dall’incubo dei debiti.

Seconda chance dopo un fallimento: il caso dell’imprenditore ex fallito

Una novità particolarmente interessante introdotta dal Codice della Crisi è la possibilità di accedere alle procedure di sovraindebitamento anche per chi abbia già subito un fallimento in passato. In passato, un imprenditore individuale dichiarato fallito poteva chiedere al tribunale l’esdebitazione solo nell’ambito di quel fallimento e a precise condizioni. Ma cosa succedeva se, chiuso il fallimento, restavano ancora debiti non pagati (ad esempio perché non si è ottenuta l’esdebitazione allora prevista dall’art. 142 L.F.)? Fino all’entrata in vigore del nuovo Codice, questi debiti residui potevano perseguitare il debitore a vita, senza ulteriori rimedi.

Oggi invece l’ex imprenditore fallito può trovare sollievo attraverso la liquidazione controllata del sovraindebitato. Un’importante pronuncia del Tribunale di Verona (13 giugno 2025) ha affermato espressamente che è ammissibile l’apertura di una liquidazione controllata su istanza di un debitore che era già stato dichiarato fallito come titolare di ditta individuale, una volta chiusa la procedura fallimentare. In quel caso concreto, il debitore si trovava ancora gravato da passività non soddisfatte nel fallimento precedente. Il tribunale veronese ha chiarito che ciò non è un ostacolo: il fatto che la maggior parte dei debiti derivi dal precedente fallimento non impedisce una nuova procedura di liquidazione controllata. Anzi, proprio in questa prospettiva la liquidazione controllata rivela la sua utilità pratica, perché consente al debitore di ottenere quell’esdebitazione che non era riuscito a conseguire al termine del fallimento. In poche parole, la legge offre una seconda chance all’ex fallito: tutti i debiti rimasti in sospeso dopo la chiusura del fallimento possono essere definitivamente cancellati attraverso la liquidazione controllata, purché naturalmente il debitore rispetti le condizioni previste per l’esdebitazione.

Quali sono queste condizioni? Il debitore deve aver tenuto un comportamento collaborativo, trasparente e corretto. Non è ammesso all’esdebitazione chi ha agito con dolo o colpa grave nel causare il proprio indebitamento o durante la procedura. Su questo punto, la decisione di Verona ha sottolineato che l’eventuale mancanza di meritevolezza del debitore (ad esempio se ha provocato il dissesto con frode o grave imprudenza) potrà semmai precludere la concessione della cancellazione dei debiti al termine della liquidazione controllata, ma non impedisce di per sé l’apertura della procedura. In altri termini, anche un debitore inizialmente non esdebitabile può accedere alla liquidazione controllata; sarà poi verificato a fine percorso se ha diritto o no al beneficio dell’esdebitazione (ad esempio, l’art. 282 comma 2 CCII richiede l’assenza di frode e di colpa grave per ottenere lo “scarico” dei debiti). È importante notare però che la serietà e buona fede del debitore restano centrali: un recente arresto della Corte d’Appello di Genova (23 luglio 2025) ha precisato che, pur non essendo formalmente richiesto un requisito di meritevolezza nel concordato minore, non può essere ammesso a una procedura di regolazione della crisi quel debitore che abbia tenuto condotte gravemente colpose o addirittura fraudolente nei confronti dei creditori. In sostanza, chi cerca tutela dal tribunale deve presentarsi con “le mani pulite”: le nuove opportunità di liberazione dai debiti sono riservate a chi non ha colpe rilevanti o intenti maliziosi verso i creditori.

L’esdebitazione del debitore incapiente: cancellare i debiti se non hai nulla

Un’altra innovazione cruciale del Codice della Crisi è la procedura di esdebitazione del debitore incapiente, talvolta chiamata anche “esdebitazione senza utilità”. Si tratta di uno strumento pensato per chi non ha alcun patrimonio né reddito da mettere a disposizione dei creditori, neanche attraverso una liquidazione controllata. In passato una persona totalmente priva di beni non poteva accedere ad alcuna procedura: di fatto restava indebitata a vita, perché i creditori potevano rinnovare indefinitamente le pretese pur sapendo che non c’era nulla da riscuotere. Oggi non è più così. In linea con il principio di ragionevolezza (nemo ad impossibilia tenetur), la legge ora consente al debitore persona fisica meritevole ma incapiente di liberarsi dei propri debiti residui senza dover pagare nulla, ottenendo un decreto di esdebitazione immediata.

Va precisato che questa procedura speciale è concessa solo in casi particolari e una tantum. Il debitore deve dimostrare di non avere effettivamente alcuna risorsa liquidabile, nemmeno in prospettiva, e soprattutto di essere in buona fede (assenza di frode, atti in malafede o dissipazione volontaria del patrimonio). Inoltre, per tutelare i creditori, la legge prevede che nei tre anni successivi all’esdebitazione il debitore esdebitato incapiente abbia l’obbligo di comunicare eventuali sopravvenienze attive di rilievo (ad esempio se riceve un’eredità, vince una somma di denaro, o ha significativi incrementi di reddito): in tal caso, dovrà destinare ai vecchi creditori una parte di queste nuove utilità, fino a concorrenza dei crediti cancellati. È una forma di bilanciamento tra l’esigenza di dare sollievo a chi non può pagare e quella di evitare abusi a danno dei creditori.

La concreta applicazione di questa novità si è già vista nei tribunali. Ad esempio, il Tribunale di Roma, con decreto del 30 giugno 2025, ha concesso l’esdebitazione a un debitore ultrasettantenne privo di beni e gravato da debiti per diverse decine di migliaia di euro. In quel caso il Giudice (procedura n. 2/2025) ha accertato che il debitore era meritevole – aveva contratto i debiti per far fronte a spese mediche e tributarie, senza nascondere nulla e senza comportamenti in malafede – e che non c’erano prospettive di futuro rimborso ai creditori, nemmeno parziale. Con tale decreto, tutti i debiti antecedenti sono stati dichiarati inesigibili, liberando il sovraindebitato da ogni obbligazione pregressa; contemporaneamente il giudice ha imposto al debitore di comunicare annualmente per i successivi tre anni qualsiasi miglioramento della sua situazione economica, a pena di revoca del beneficio. Si tratta di un esempio concreto di come la legge nuova tuteli il debitore onesto e sfortunato: un fresh start reale, garantito dallo Stato, che permette di tornare a una vita normale nonostante gli insuccessi finanziari passati.

Occorre sottolineare che la procedura per il debitore incapiente deve essere attivata dal debitore stesso con l’ausilio di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) o di un professionista nominato dal tribunale. Non è invece consentito a un creditore avviare questa procedura forzatamente contro il debitore. Del resto, avrebbe poco senso: se il debitore è nullatenente, aprire una liquidazione controllata su istanza di un creditore sarebbe solo un costo inutile. In proposito, una decisione del Tribunale di Chieti (16 giugno 2025) ha rigettato la richiesta di un creditore di aprire la liquidazione controllata nei confronti di un debitore totalmente privo di beni, ritenendo inammissibile avviare una procedura concorsuale quando è evidente in partenza che non produrrà alcuna utilità per i creditori. In situazioni simili, la strada corretta è proprio quella di far ricorso all’istituto dell’esdebitazione dell’incapiente: sarà il debitore a dover chiedere al tribunale la cancellazione dei debiti, dimostrando la propria meritevolezza e la mancanza assoluta di risorse.

Conclusioni: uscire dal tunnel dei debiti è possibile

Le recenti riforme del sovraindebitamento segnano una svolta importante per chiunque sia oppresso dai debiti. Oggi “cancellare i debiti” non è più un miraggio: con gli strumenti giusti e l’assistenza legale adeguata, anche le situazioni più disperate possono trovare una soluzione. Che si tratti di un ex imprenditore uscito da un fallimento ancora inseguito dai creditori, di una famiglia soffocata da mutui e finanziamenti, o di una persona che non possiede più nulla, la legge offre procedure su misura per voltare pagina. Naturalmente ogni caso va analizzato attentamente: è fondamentale affidarsi a professionisti esperti in crisi da sovraindebitamento per scegliere lo strumento più adatto (concordato minore, liquidazione controllata o esdebitazione incapiente) e percorrere correttamente l’iter previsto.

Per il debitore che agisce con onestà, queste procedure rappresentano davvero l’occasione di una rinascita finanziaria. Si pensi alla sensazione di vedersi finalmente libero dai debiti dopo anni di incubo: come scrisse Dante, “e quindi uscimmo a riveder le stelle”. Uscire dal buio tunnel dell’indebitamento e tornare a vedere le stelle – ovvero la luce di una vita normale – oggi si può, grazie alle tutele legali sul sovraindebitamento.

Se ti trovi sommerso dai debiti e vuoi capire come uscirne legalmente e definitivamente, non aspettare oltre: contatta subito lo Studio Legale MP. Valuteremo insieme la tua situazione e ti aiuteremo a intraprendere il percorso migliore per liberarti dai debiti e ricominciare senza questo fardello.

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  • 22 novembre 2025
  • Redazione

Autore: Redazione - Staff Studio Legale MP


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