Un figlio che si fa male a scuola è una delle maggiori preoccupazioni per un genitore. Al di là dello spavento, sorge una domanda cruciale: chi paga i danni? La legge stabilisce una presunzione di responsabilità a carico dell'Istituto e degli insegnanti. Tuttavia, la strada per ottenere un giusto risarcimento richiede la comprensione di meccanismi legali precisi e la conoscenza degli ultimi orientamenti della giurisprudenza.
Quando un alunno si infortuna durante l'orario scolastico, sia all'interno dell'edificio che nelle sue pertinenze come cortili e palestre, la legge presume la responsabilità dell'istituto scolastico e del personale docente. Questo principio si fonda su un obbligo di protezione e vigilanza che la scuola assume nel momento stesso in cui lo studente le viene affidato.
Non si tratta di una responsabilità oggettiva e automatica, ma di un'ipotesi aggravata che pone in capo alla scuola l'onere di fornire una prova molto rigorosa per potersi liberare da richieste risarcitorie. Analizziamo nel dettaglio i fondamenti di questa responsabilità e come la giurisprudenza più recente li interpreta.
La responsabilità della scuola per i danni subiti da un allievo si articola su due binari, a seconda che il danno sia autoprocurato o causato da un altro studente.
Danno che l'allievo cagiona a sé stesso (art. 1218 c.c.): In questo caso, la responsabilità ha natura contrattuale. Con l'iscrizione e l'ammissione dell'alunno, si instaura un "vincolo negoziale" tra la scuola e la famiglia. Da questo vincolo deriva non solo l'obbligo di istruire ed educare, ma anche quello, fondamentale, di proteggere l'incolumità dello studente. Se l'allievo si fa male (ad esempio, cadendo per un pavimento scivoloso o usando un'attrezzatura difettosa), l'istituto è considerato inadempiente a questo obbligo di protezione.
Danno cagionato da un altro allievo (art. 2048 c.c.): Se l'infortunio è causato dal fatto illecito di un compagno, la responsabilità dell'insegnante (e per estensione del Ministero dell'Istruzione) rientra nell'alveo della responsabilità extracontrattuale aggravata. L'articolo 2048 del Codice Civile stabilisce una presunzione di culpa in vigilando, ovvero una "colpa nella vigilanza". Si presume che se un alunno ha potuto nuocere a un altro, la sorveglianza non sia stata adeguata.
Come affermava il grande giurista Piero Calamandrei, "la scuola è un organo costituzionale". Questa affermazione non ha solo un valore ideale, ma anche pratico: affida all'istituzione un ruolo centrale nella formazione e, inscindibilmente, nella protezione dei cittadini di domani. La vigilanza ne è il presupposto indefettibile.
In entrambi i casi, per il genitore che agisce per il risarcimento è sufficiente provare il fatto storico (che l'infortunio è avvenuto all'interno della scuola e durante l'orario di affidamento) e il nesso causale tra l'evento e il danno subito.
L'onere più gravoso ricade invece sulla scuola, che per liberarsi dalla responsabilità deve fornire la cosiddetta prova liberatoria. Questa prova non consiste semplicemente nel dimostrare di aver agito con la diligenza del "buon padre di famiglia". La giurisprudenza è estremamente rigorosa.
La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 9337 del 9 maggio 2016, ha ribadito che, per superare la presunzione di responsabilità, la scuola deve dimostrare che l'evento dannoso è stato causato da un "caso fortuito", ossia un evento imprevedibile, improvviso e inevitabile, tale da sfuggire a ogni possibile controllo e tempestivo intervento.
Un classico brocardo latino recita: Casus a nullo praestatur (Nessuno è tenuto a rispondere del caso fortuito). Tuttavia, nel contesto scolastico, ciò che può sembrare "fortuito" a un occhio inesperto (una spinta improvvisa, una caduta durante un gioco) raramente viene considerato tale dai giudici. La vivacità dei minori è un dato prevedibile, e la vigilanza deve essere commisurata proprio a questa prevedibilità.
Di recente, il Tribunale di Napoli (sentenza n. 4012/2025 del 23 aprile 2025) ha condannato un istituto per l'infortunio di un alunno, specificando che la responsabilità sussiste per omessa vigilanza e controllo, e che spetta all'amministrazione dimostrare che l'evento sia stato determinato da una causa non imputabile, prova che nel caso di specie non era stata fornita.
Se un figlio subisce un infortunio, è fondamentale agire con metodo:
Assistenza Medica: La priorità assoluta è la salute. Portare il minore al pronto soccorso o dal medico per ottenere le cure necessarie e un primo certificato che attesti le lesioni e la loro origine.
Comunicazione alla Scuola: Informare immediatamente e per iscritto la dirigenza scolastica dell'accaduto, descrivendo la dinamica per come è stata riferita dal minore o da eventuali testimoni.
Conservare la Documentazione: Raccogliere e conservare con ordine tutta la documentazione medica (certificati, referti, fatture per visite o terapie) e le comunicazioni con la scuola.
Valutazione Legale: Rivolgersi a un legale specializzato per valutare la sussistenza dei presupposti per un'azione di risarcimento. Sarà il legale a formalizzare la richiesta di risarcimento al Ministero dell'Istruzione e a gestire l'eventuale polizza assicurativa dell'istituto, che spesso copre solo una parte minima del danno.
Un infortunio tra i banchi di scuola non è una fatalità ineluttabile. È un evento che chiama in causa precise responsabilità legali. Conoscere i propri diritti e gli strumenti per farli valere è il primo, indispensabile passo per garantire la tutela e il giusto ristoro al minore danneggiato.
Avv. Marco Panato, avvocato del Foro di Verona e Dottore di Ricerca in Diritto ed Economia dell’Impresa – Discipline Interne ed Internazionali - Curriculum Diritto Amministrativo (Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Verona).
E' autore di pubblicazioni scientifiche in materia giuridica, in particolare nel ramo del diritto amministrativo. Si occupa anche di docenza ed alta formazione.