Diritti del passeggero e obblighi risarcitori in caso di incidente stradale, alla luce della normativa assicurativa e delle più recenti sentenze della Corte di Cassazione - Il terzo trasportato – ovvero il passeggero coinvolto in un incidente stradale – gode di una tutela risarcitoria rafforzata dall’ordinamento
Il terzo trasportato è qualsiasi persona che si trovi a bordo di un veicolo, senza esserne il conducente, al momento di un incidente stradale. Questa figura comprende sia i passeggeri occasionali sia, ad esempio, i clienti di taxi o i familiari trasportati, incluso il proprietario del veicolo se si trova in posizione di passeggero. Proprio in quanto soggetto debole – il passeggero non ha alcuna possibilità di incidere sulla condotta di guida né di evitare l’impatto – la legge e i tribunali hanno sviluppato nel tempo una tutela particolarmente forte in suo favore. In altre parole, la qualità di vittima del sinistro prevale su ogni altra: chi viaggia come passeggero ha diritto al risarcimento per i danni subiti, a prescindere da chi abbia causato il sinistro, fatta salva solo qualche limitata eccezione.
Questa protezione rafforzata del terzo trasportato deriva sia da normative nazionali ed europee sia da un consolidato orientamento giurisprudenziale. Già le Direttive UE in materia di assicurazione RC auto vietano che il passeggero possa essere escluso dal risarcimento anche se era consapevole di rischi (come lo stato di ebbrezza del conducente). Inoltre la Corte di Cassazione e, in passato, la Corte Costituzionale, hanno più volte ribadito che il passeggero è da considerare una vittima meritevole di integrale ristoro, al di là di eventuali profili di corresponsabilità. Si pensi ad esempio al caso del proprietario trasportato: pur essendo proprietario e assicurato del veicolo, se non è alla guida al momento del sinistro viene trattato come un terzo danneggiato a tutti gli effetti (viene infatti esclusa ogni sua responsabilità solo per aver affidato la guida ad altri). In definitiva, l’ordinamento riconosce che chi subisce danni come passeggero deve essere risarcito tempestivamente e integralmente, e predispone strumenti ad hoc per ottenere ciò.
La disciplina del risarcimento al terzo trasportato è incentrata su due norme chiave del D.lgs. 209/2005 (Codice delle Assicurazioni Private). Esse hanno introdotto nel nostro ordinamento una modalità innovativa per tutelare il passeggero, parallela e aggiuntiva rispetto alle regole ordinarie del codice civile in materia di responsabilità aquiliana.
Art. 141 C.d.A. – Azione diretta del trasportato verso l’assicurazione del veicolo su cui viaggiava. Questa disposizione, intitolata “Risarcimento del terzo trasportato”, prevede che «salvo il sinistro cagionato da caso fortuito, il danno subito dal terzo trasportato è risarcito dall’impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro entro il massimale minimo di legge, a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti coinvolti». In altre parole, il passeggero può agire direttamente contro l’assicurazione del veicolo su cui era a bordo, indipendentemente da chi abbia causato l’incidente. Si tratta di una procedura pensata per garantire un ristoro più rapido e certo al danneggiato, evitando che egli debba attendere l’accertamento della colpa tra i conducenti. L’unico limite esplicito è l’ipotesi del caso fortuito: se l’incidente è dovuto a cause eccezionali non legate alla circolazione di veicoli (es. un malore improvviso del conducente, un ostacolo imprevedibile sulla strada, ecc.), allora la tutela speciale di cui all’art. 141 non opera e il passeggero dovrà essere risarcito con le vie ordinarie. Approfondiremo oltre il significato di “caso fortuito” secondo la giurisprudenza. Importante è anche notare che l’art. 141 menziona il massimale minimo di legge: ciò significa che l’assicuratore del veicolo vettore (quello su cui viaggiava il passeggero) è tenuto a risarcire i danni fino ai massimali minimi obbligatori, restando poi fermo il diritto dell’eventuale maggior danno verso l’assicurazione del responsabile civile se questa prevedeva un massimale più alto. In pratica, il sistema garantisce al passeggero almeno il risarcimento base in ogni caso, e se i danni superano tale importo e vi è un altro responsabile con polizza più capiente, il passeggero potrà chiedere la differenza a quest’ultimo.
Art. 144 C.d.A. – Azione diretta generale verso l’assicurazione del responsabile civile. Questa norma, invece, è la prosecuzione della tradizionale azione prevista dall’art. 18 della vecchia Legge n. 990/1969: consente a qualsiasi persona danneggiata da un veicolo (non solo i trasportati, ma anche pedoni, conducenti non responsabili, ecc.) di agire direttamente contro l’assicurazione del veicolo responsabile civile del sinistro. In sostanza, se il passeggero sa o ritiene che la colpa dell’incidente sia, in tutto o in parte, di un altro veicolo coinvolto, può agire contro l’assicuratore di quest’ultimo per ottenere il risarcimento pieno dei propri danni, nei limiti del massimale della relativa polizza. L’azione ex art. 144 richiede quindi di stabilire la responsabilità del conducente del veicolo investitore o comunque coinvolto: è una normale azione risarcitoria in cui si accerta la colpa e si liquida il danno, ma con il vantaggio per il danneggiato di avere un’azione diretta contro la compagnia assicuratrice (senza dover prima escutere l’autore del danno).
In passato, si riteneva che queste due azioni avessero natura alternativa: il passeggero doveva scegliere se avvalersi dell’azione speciale di cui all’art. 141 oppure rinunciare a essa e agire secondo le regole ordinarie (art. 144 e codice civile). Tale interpretazione restrittiva nasceva dall’idea che le due vie di tutela fossero in fondo equivalenti e che usarle entrambe sfociasse in una duplicazione. Tuttavia, questa impostazione creava incertezze e penalizzava i trasportati, costretti a valutare complesse strategie e a rischiare di perdere parte del risarcimento. Ad esempio, l’azione ex art. 141 è più snella (non si discute sulla colpa) ma copre solo il minimo indennizzo; viceversa l’azione ordinaria può portare a un risarcimento maggiore (coperto dall’intero massimale di polizza) ma richiede tempi più lunghi per accertare le responsabilità.
La svolta decisiva a favore del terzo trasportato è arrivata con le pronunce della Corte di Cassazione nel biennio 2024–2025, che hanno definitivamente chiarito la possibilità di esercitare entrambe le azioni in modo complementare. In particolare, con Cass. civ., Sez. III, ord. n. 21021/2024 (26 luglio 2024) la Suprema Corte ha affermato in termini chiari che «dev’essere conclusivamente affermata la piena legittimità dell’esercizio cumulativo, da parte del terzo trasportato, dell’azione ex art. 141 c.a.p. … e l’azione generale di danno nei confronti dei responsabili del sinistro». In sostanza, il passeggero può avvalersi contemporaneamente sia dell’azione diretta contro l’assicurazione del veicolo su cui viaggiava (art. 141), sia dell’azione ordinaria verso i responsabili e le rispettive assicurazioni (art. 144), senza che l’una escluda l’altra.
Il fondamento di questa cumulabilità sta nel principio del favor debitoris (o meglio, favor aggraviati – favore verso il danneggiato) che pervade la materia di RC auto obbligatoria. La Cassazione ha richiamato anche un precedente intervento della Corte Costituzionale (ord. n. 440/2008), il quale chiarì che l’art. 141 mira a rafforzare la posizione del trasportato aggiungendo un rimedio ulteriore, senza togliergli le altre possibilità offerte dalla legge per ottenere il risarcimento. Dunque, l’azione ex art. 141 è uno strumento aggiuntivo e non sostitutivo rispetto all’azione ordinaria. Il risultato pratico è estremamente vantaggioso per il danneggiato: egli può procedere su due fronti paralleli, ottenendo intanto dall’assicuratore del veicolo su cui era a bordo un pagamento rapido entro i minimi di legge, e poi chiedendo l’eventuale eccedenza di danno all’assicuratore del veicolo effettivamente responsabile (se diverso e con massimale più alto).
Va precisato che l’esercizio “doppiò” delle azioni non comporta ovviamente un duplicato di risarcimento (il danno resta uno e uno solo), ma garantisce che il passeggero utilizzi tutti i mezzi per essere integralmente risarcito. Ad esempio, se i danni superano il massimale minimo, la differenza potrà essere chiesta all’altro assicuratore. Oppure, se emergessero problemi nell’azione ex art. 141 (ad es. invocazione del caso fortuito da parte dell’assicurazione del vettore), il trasportato avrebbe comunque in corso l’azione ordinaria per far valere la responsabilità dell’altro conducente.
“Ci vogliono due persone per provocare un incidente.” – F. S. Fitzgerald, Il grande Gatsby. Questo celebre aforisma letterario richiama ironicamente un fatto: solo in presenza di almeno due veicoli si pone il problema di accertare le responsabilità e si giustifica la tutela speciale del passeggero prevista dall’art. 141 C.d.A. In caso di incidente che coinvolga un solo veicolo, invece, non serve “cercare il colpevole” altrove e la normativa speciale non opera.
In linea con questa osservazione, la Cassazione ha specificato che la tutela rafforzata ex art. 141 presuppone sempre il coinvolgimento di una pluralità di veicoli. Se c’è stato uno scontro (o comunque l’interazione tra almeno due mezzi in circolazione), il passeggero può avvalersi dell’azione diretta a prescindere dalla colpa; se invece il sinistro è occorso con un unico veicolo (ad esempio uscita di strada senza altri veicoli coinvolti), allora non trova applicazione l’art. 141 e il trasportato deve agire solo ex art. 144 contro l’assicurazione del conducente responsabile. Questo principio è stato chiarito da Cass. civ., Sez. III, sent. n. 11194/2025 (28 aprile 2025), che ha confermato come in caso di sinistro senza urto tra veicoli l’unica azione esperibile sia quella tradizionale verso il responsabile civile. Inoltre, la stessa sentenza (richiamando una pronuncia a Sezioni Unite del 2022) ha ribadito che la nozione di “caso fortuito” – unico limite all’azione ex art. 141 – non va confusa con la condotta del conducente di un altro veicolo. In altri termini, il fatto che uno dei due conducenti sia totalmente esente da colpa non costituisce di per sé caso fortuito agli effetti dell’art. 141. Il “caso fortuito” infatti si riferisce a cause esterne, naturali o umane, estranee alla circolazione di altri veicoli. Dunque la semplice ipotesi che l’altro veicolo non abbia colpa non esonera l’assicuratore dal risarcire il trasportato ai sensi dell’art. 141 (sarà poi eventualmente la compagnia a rivalersi su chi di dovere). Questo principio, sancito dalla Cassazione a Sezioni Unite (sent. n. 35318/2022) e ribadito da molte pronunce successive fino alla recentissima Cass. civ. n. 15109/2025, garantisce che l’azione diretta del trasportato non venga vanificata da dispute su chi abbia causato il sinistro, a meno che non si provi un evento fortuito eccezionale.
In sintesi, oggi il terzo trasportato ha a disposizione una doppia via di tutela cumulabile e una normativa orientata al massimo favore per il risarcimento, purché vi siano almeno due veicoli coinvolti nel sinistro e salvo circostanze eccezionali di caso fortuito.
Un aspetto processuale molto importante da tenere presente, quando si esercita l’azione diretta contro un’assicurazione (sia ex art. 141 che ex art. 144), è quello del litisconsorzio necessario del proprietario/conducente assicurato. La giurisprudenza, con solide basi sin dagli anni passati, richiede che nel giudizio promosso dal danneggiato contro la compagnia assicurativa venga chiamato in causa anche il soggetto assicurato, cioè colui che potrebbe essere ritenuto responsabile civile del danno.
Perché questa necessità? La ragione è duplice:
Opponibilità dell’accertamento – Se il giudizio tra passeggero e assicurazione si concludesse senza la presenza del conducente/proprietario assicurato, questi potrebbe vedersi accollare poi la rivalsa dall’assicurazione senza aver avuto modo di difendersi sull’accertamento di colpa. Chiamandolo in causa fin dall’inizio, invece, l’eventuale accertamento della sua condotta colposa sarà a lui opponibile (e la compagnia potrà esercitare regresso in tranquillità).
Completezza del contraddittorio – Includere tutti i soggetti toccati dalla vicenda (assicurato, assicuratore, danneggiato) garantisce che la decisione avvenga considerando ogni rapporto giuridico in gioco, evitando sentenze contrastanti e nullità processuali.
Proprio su questo secondo profilo, la Corte di Cassazione ha recentemente ribadito che la mancata osservanza del litisconsorzio necessario comporta la nullità assoluta del processo. In Cass. civ., Sez. III, ord. n. 15637/2024 (4 giugno 2024) si è sottolineato che in tema di assicurazione obbligatoria RCA, in tutte le ipotesi di azioni dirette ex D.lgs. 209/2005 (quindi sia art. 141 che art. 144), il proprietario del veicolo assicurato deve essere chiamato in causa come litisconsorte necessario. La violazione di tale regola, se non sanata, vizia l’intero procedimento e in sede di legittimità la Cassazione non può far altro che annullare d’ufficio le sentenze di merito, rinviando al primo giudice.
Nei fatti, questo significa che chi agisce per il risarcimento come terzo trasportato deve sempre includere nel giudizio:
l’impresa assicuratrice contro cui esercita l’azione diretta (ex art. 141 o 144) e
il proprietario/conducente del veicolo assicurato coinvolto (ossia la persona il cui comportamento potrebbe essere fonte di responsabilità).
Ad esempio, se Tizio passeggero su auto di Caio chiede risarcimento all’assicurazione di Caio ex art. 141, dovrà convenire in causa anche Caio stesso; oppure se agisce contro l’assicurazione di Sempronio (altro conducente) ex art. 144 dovrà chiamare anche Sempronio. Questo per assicurare, come detto, il pieno contraddittorio e la futura efficacia della sentenza verso tutti. Ignorare questa regola può portare a perdite di tempo enormi, poiché la sentenza ottenuta potrebbe essere annullata per vizio processuale. È quindi fondamentale che gli avvocati e i danneggiati ne tengano conto fin dall’atto introduttivo.
Un tema delicato e di grande interesse pratico è quello del possibile concorso di colpa del passeggero trasportato nel causare (o aggravare) il sinistro e i propri danni. In linea generale, l’art. 1227 c.c. prevede che se il danneggiato ha colpa nella causazione del danno, il risarcimento dev’essere diminuito in proporzione alla gravità della colpa e all’incidenza di essa sul danno. Ci si chiede: può questa regola applicarsi anche al passeggero di un incidente stradale? Può il fatto di aver accettato un passaggio da un conducente in condizioni pericolose (ad esempio ubriaco o privo di patente) costituire colpa del passeggero tale da ridurre il suo risarcimento?
La risposta della Cassazione è sì, ma con molti limiti. Storicamente, casi del genere sono stati portati all’attenzione dei giudici. Di recente, la Corte di Cassazione ha riesaminato la questione in relazione al rispetto del diritto comunitario, che – come accennato – tutela il passeggero. In particolare, nella vicenda esaminata in Cass. civ., Sez. III, ord. n. 24920/2024 (17 settembre 2024) il passeggero di un’auto condotta da soggetto in stato di ebbrezza aveva subito gravi lesioni; i giudici di merito avevano ritenuto di addebitargli un concorso di colpa del 50%, sul presupposto che salire con un guidatore ubriaco costituisse grave imprudenza. La Cassazione, investita del caso, ha colto l’occasione per chiarire i principi applicabili, in dialogo con la normativa UE.
Innanzitutto, la Corte ha escluso che vi sia un automatismo: non si può affermare in via generale e astratta che il passeggero che accetta un passaggio con conducente alterato sia sempre e comunque in colpa. Un’affermazione del genere, infatti, contrasterebbe con l’art. 13 §3 della Direttiva 2009/103/CE, la quale impone che nessuna disposizione di legge o clausola di polizza possa escludere il passeggero dalla copertura assicurativa solo perché sapeva (o avrebbe dovuto sapere) dello stato di ebbrezza del conducente. Questo non significa però che il comportamento del passeggero sia del tutto irrilevante: significa che non si può negare o ridurre in modo sproporzionato il risarcimento in via generale, ma che spetta al giudice valutare caso per caso se vi sia una colpa del trasportato e in che misura. La Cassazione, infatti, ha affermato che è legittimo applicare l’art. 1227 c.c. al trasportato solo con una valutazione concreta delle circostanze eccezionali del caso, evitando soluzioni che privino il passeggero della tutela assicurativa. In pratica:
Il giudice di merito può ridurre il risarcimento al passeggero se prova che la condotta di quest’ultimo (ad esempio salire consapevolmente con un ubriaco) ha concorso causalmente al danno subito.
Tale riduzione non può mai spingersi fino ad annullare del tutto il risarcimento spettante al trasportato: il diritto UE vieta di privare il passeggero della copertura assicurativa obbligatoria in maniera assoluta.
L’onere di provare la consapevolezza e l’incidenza della condotta imprudente del trasportato grava su chi la eccepisce (di solito l’assicurazione). Se non c’è prova chiara che il passeggero fosse a conoscenza del pericolo, non può scattare il concorso di colpa.
Un antico brocardo latino recita: «Volenti non fit iniuria» (a chi acconsente non è fatta ingiustizia). Viene talvolta richiamato in questi casi: se il passeggero volontariamente si espone a un rischio evidente, non può poi dolersi completamente delle conseguenze. Tuttavia, la Cassazione ha chiarito che questo principio va applicato con estrema cautela negli incidenti stradali. Nella sentenza n. 24920/2024 citata, la Corte ha concluso che non è automaticamente colpevole il passeggero che salga con un conducente potenzialmente alterato, soprattutto se non vi è prova che egli fosse consapevole dello stato di alterazione. Anche quando si ravvisa una colpa del trasportato, essa porta semmai a una riduzione parziale del risarcimento (ad esempio 10%, 20% a seconda dei casi), ma mai a un azzeramento.
In sintesi, il trasportato ha sempre diritto a un risarcimento per i propri danni, che può al massimo essere diminuito in proporzione a una sua eventuale grave imprudenza eccezionale (mai oltre un limite ragionevole). Questo equilibrio tutela sia il principio di responsabilità individuale sia la finalità assicurativa di garantire comunque un indennizzo alle vittime della strada.
Dalla panoramica svolta emerge un quadro normativo e giurisprudenziale molto favorevole ai passeggeri vittime di sinistri stradali. Il terzo trasportato:
È coperto dall’assicurazione del veicolo su cui viaggiava per i primi danni, indipendentemente da chi abbia colpa (azione ex art. 141).
Può chiedere il risarcimento integrale anche all’assicurazione di altri veicoli responsabili, contemporaneamente, per ottenere il pieno ristoro (azione ex art. 144, cumulabile).
Deve coinvolgere tutti i soggetti necessari nel giudizio (compagnie e conducenti) per evitare nullità processuali.
Non perde il diritto al risarcimento se ha commesso qualche leggerezza, anche grave, nel farsi trasportare – al più subirà una riduzione percentuale valutata caso per caso, ma mai sarà lasciato senza tutela.
In pratica, chi rimane ferito in un incidente stradale come passeggero dovrebbe far valere con decisione i propri diritti. È consigliabile raccogliere subito evidenze del sinistro (verbali, testimonianze, foto) e notificare il sinistro alle compagnie coinvolte. Grazie alle norme vigenti, l’iter risarcitorio può essere più spedito rispetto ad altri tipi di danneggiati, ma occorre gestirlo correttamente: il passeggero potrà avviare la richiesta danni sia verso l’assicurazione del proprio veicolo sia verso quella di eventuali altri veicoli, facendo attenzione a rispettare i crismi procedurali (messa in mora, offerte formali, ecc.). Vista la complessità tecnica di alcuni aspetti (massimali, litisconsorzio, eccezioni di caso fortuito o concorso di colpa), è opportuno farsi assistere da professionisti esperti in infortunistica stradale, per non pregiudicare alcun diritto risarcitorio.
In conclusione, la legislazione e la giurisprudenza più recente offrono al terzo trasportato strumenti efficaci per ottenere giustizia. Con l’ausilio di un avvocato specializzato, il passeggero vittima di un incidente potrà far valere pienamente i propri diritti e ottenere il giusto ristoro per tutti i danni subiti.
Avv. Marco Panato, avvocato del Foro di Verona e Dottore di Ricerca in Diritto ed Economia dell’Impresa – Discipline Interne ed Internazionali - Curriculum Diritto Amministrativo (Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Verona).
E' autore di pubblicazioni scientifiche in materia giuridica, in particolare nel ramo del diritto amministrativo. Si occupa anche di docenza ed alta formazione.