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IMU e doppia abitazione principale: esenzione possibile per entrambe le case - Studio Legale MP - Verona

Le ultime sentenze rivoluzionano l’IMU: via libera all’esenzione “prima casa” per coniugi con residenze diverse e stop alla tassa sugli immobili occupati

 

L’IMU – l’Imposta Municipale Propria sulla casa – è tradizionalmente una delle tasse meno amate dai proprietari di immobili. Come recita un noto adagio attribuito a Benjamin Franklin, “in questo mondo nulla è certo tranne la morte e le tasse”. Negli ultimi anni, però, alcune sentenze innovative hanno modificato in modo significativo l’applicazione di questa tassa, introducendo importanti esenzioni prima impensabili. In particolare, due situazioni che finora risultavano penalizzanti trovano finalmente riconoscimento giuridico: il caso dei coniugi con doppia abitazione principale e quello degli immobili occupati abusivamente da terzi. Di seguito analizziamo queste novità, esaminando le pronunce più recenti e il loro impatto pratico per i contribuenti. Summum ius, summa iniuria, dicevano i latini: l’applicazione inflessibile della legge può talvolta generare ingiustizie. Ebbene, le nuove decisioni dei giudici sembrano proprio rimediare a quelle rigidità normative che creavano disparità di trattamento, riportando equilibrio e buon senso nella materia delle imposte sulla casa.

 

Doppia abitazione principale: svolta per l’esenzione IMU dei coniugi

Fino a poco tempo fa la normativa sull’IMU prevedeva una stretta limitazione: una sola esenzione “prima casa” per nucleo familiare, indipendentemente dal numero di immobili utilizzati dai coniugi. In pratica, marito e moglie dovevano eleggere un’unica abitazione principale esente da IMU, mentre l’eventuale seconda casa di uno dei due era tassata come abitazione secondaria, anche se di fatto ciascun coniuge risiedeva stabilmente in una casa differente (magari in Comuni diversi per motivi di lavoro). Questa interpretazione rigida faceva sì che molte coppie si trovassero a pagare l’IMU su una delle due case pur essendo entrambe adibite a dimora abituale di ciascun coniuge – una situazione percepita come iniqua da molti, e foriera di contenziosi con i Comuni. La legge era dura lex, sed lex: dura ma inderogabile.

Una prima breccia in questo sistema l’ha aperta la Corte Costituzionale con una pronuncia del 2022, dichiarando incostituzionale escludere l’esenzione quando i coniugi hanno residenze separate per ragioni legittime. Sulla scia di quel principio, è arrivata la conferma definitiva dalla Corte di Cassazione, che ha recentemente consolidato il nuovo orientamento. In particolare, la Cass. civ., Sez. V, ord. n. 4292/2025 ha stabilito che anche due coniugi con residenze e dimore abituali distinte hanno diritto entrambi all’esenzione IMU per la propria abitazione principale, a prescindere dal fatto che l’immobile dell’altro coniuge sia ubicato nello stesso Comune oppure altrove. Viene meno, dunque, il vecchio requisito secondo cui solo l’abitazione dove vive l’intero nucleo familiare poteva essere considerata “prima casa” ai fini fiscali. Ora conta la situazione di fatto di ciascun proprietario: se Tizio e Caia, sposati, vivono stabilmente in due case diverse, ciascuna casa è prima casa per il rispettivo intestatario ai fini IMU, beneficiando dell’esenzione. Questa svolta garantisce parità di trattamento tra coppie sposate e conviventi non sposati (per i quali non è mai esistito un “vincolo di unità” ai fini dell’esenzione) ed elimina un’ingiustizia che penalizzava le famiglie in cui le circostanze di vita imponevano abitazioni separate.

È importante sottolineare che l’esenzione doppia non è automatica né incondizionata: occorre dimostrare che ciascun coniuge risiede anagraficamente e dimora abitualmente nell’immobile per il quale chiede l’agevolazione. I Comuni, attraverso i propri accertamenti, possono verificare la presenza effettiva e continuativa. Un parametro spesso utilizzato per valutare la dimora abituale sono i consumi delle utenze domestiche: consumi molto bassi di acqua, luce o gas potrebbero far sospettare che la casa non sia realmente abitata come residenza principale. Su questo aspetto, però, viene in aiuto un’ulteriore novità giurisprudenziale. La Corte di Giustizia Tributaria della Lombardia, sent. n. 432/2025, ha affermato che i consumi esigui non bastano, da soli, a far revocare l’agevolazione IMU prima casa per mancanza di dimora abituale. In altri termini, se i consumi di un’abitazione risultano modesti, il Comune deve considerarli nel contesto specifico e non può automaticamente togliere l’esenzione. Nel caso esaminato, ad esempio, il contribuente soggiornava nell’immobile solo nel fine settimana per ragioni di lavoro e utilizzava metodi alternativi (impianto condominiale centralizzato, cucina a induzione) che riducevano le utenze individuali; ciò non significava che non vi dimorasse abitualmente con animus stabile. Questa decisione fornisce una tutela in più al contribuente onesto: evita che un’interpretazione burocratica eccessivamente rigorosa (il “summum ius” senza equità) trasformi un diritto in un’ingiustizia. In definitiva, grazie a queste pronunce, oggi una coppia con due case può legittimamente beneficiare di due esenzioni IMU, purché ciascuno dei coniugi abbia residenza e dimora reale nella propria abitazione: una situazione sempre più comune nella società moderna, finalmente riconosciuta anche dal Fisco.

 

Immobili occupati abusivamente: niente IMU per il proprietario senza possesso

Un secondo importante sviluppo riguarda i proprietari che si ritrovano casa occupata abusivamente da terzi. Immaginiamo il caso – purtroppo non raro – di un immobile di proprietà, magari lasciato momentaneamente vuoto, che viene occupato da sconosciuti (occupanti senza titolo, abusivi). Fino a ieri il paradosso era che, oltre al danno di vedersi privato della propria casa, il malcapitato proprietario doveva continuare a pagare l’IMU su quell’immobile, come se ne avesse la disponibilità. L’IMU infatti colpisce il titolare dell’immobile a prescindere dall’effettivo godimento; la legge non prevedeva eccezioni nemmeno in caso di occupazione illegale, ritenendo comunque il proprietario come soggetto passivo dell’imposta. Questa situazione appariva manifestamente ingiusta: il proprietario spogliato del possesso era gravato da una tassa patrimoniale su un bene di cui, di fatto, non poteva usufruire né disporre.

A porre rimedio è intervenuta la Corte Costituzionale con una sentenza di portata storica. La Corte Cost., sent. n. 60/2024 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma IMU nella parte in cui non esentava gli immobili occupati abusivamente. In particolare, la Consulta ha stabilito che, quando un immobile è indisponibile perché occupato senza titolo da terzi e il proprietario ha presentato regolare denuncia alle autorità per l’occupazione abusiva, quell’immobile non può essere considerato indice di ricchezza ai fini IMU per il periodo in cui dura l’occupazione. Di conseguenza, nessuna imposta è dovuta dal proprietario per tutta la durata dello spossessamento. Si tratta di un riconoscimento fondamentale del principio di capacità contributiva (art. 53 Cost.): tassare un bene del quale il legittimo titolare non gode è irragionevole e contrario a equità. Grazie a questa pronuncia, chiunque subisca una situazione così drammatica – vedersi occupare la casa illegalmente – almeno non dovrà più sopportare anche l’onere beffardo di pagare le imposte su quella proprietà occupata. Attenzione: per usufruire dell’esenzione IMU in caso di occupazione, è necessario aver sporto denuncia dell’occupazione abusiva alle autorità competenti. La sentenza costituzionale infatti fa riferimento espresso alla presentazione di una denuncia all’autorità giudiziaria: solo a queste condizioni la sospensione dell’obbligo IMU si giustifica, per evitare possibili abusi (ad esempio proprietari consenzienti che simulino occupazioni per non pagare tasse). In ogni caso, l’effetto pratico della decisione è chiaro: finché l’occupante senza titolo permane nell’immobile, il proprietario non paga l’IMU. Se e quando l’immobile verrà liberato, dal periodo successivo il tributo tornerà dovuto (salvo che l’immobile non diventi abitazione principale del proprietario o rientri in altre cause di esenzione).

Questa novità restituisce un po’ di giustizia e sollievo ai proprietari vittime di occupazioni illegali, i quali già affrontano lunghe battaglie legali per rientrare in possesso della loro casa. Eliminare l’IMU in tali frangenti significa quantomeno non aggiungere la beffa al danno, riconoscendo che un immobile occupato non rappresenta una ricchezza utilizzabile dal suo proprietario. Si tratta di un cambiamento di prospettiva importante, reso possibile dall’intervento della Corte Costituzionale a tutela dei diritti di proprietà e del principio di ragionevolezza del prelievo fiscale.

 

Conclusioni

Le pronunce analizzate segnano un significativo passo avanti verso una fiscalità più equa sulla casa. La possibilità per i coniugi di usufruire di due esenzioni IMU – ciascuno per la propria abitazione principale – riflette le esigenze reali di molte famiglie moderne e pone fine a una disparità di trattamento non più al passo con i tempi. Parallelamente, l’esenzione IMU per gli immobili occupati abusivamente tutela i proprietari in situazioni di grave difficoltà, affermando un principio di giustizia sostanziale: non si tassa chi non ha il godimento del bene. Questi sviluppi, in combinato, riducono la pressione fiscale in circostanze specifiche ma di rilievo, correggendo storture applicative che erano fonte di contenzioso e malcontento sociale.

È importante ricordare che, malgrado le nuove aperture, le procedure per far valere tali diritti possono richiedere azioni legali o amministrative: ad esempio, ricorsi contro eventuali dinieghi o accertamenti del Comune, o interventi tempestivi (come la denuncia in caso di occupazione abusiva) per attivare le tutele. In caso di controversie con il Fisco locale sull’IMU – si pensi a un Comune che neghi l’esenzione per doppia residenza o che pretenda il tributo su un immobile occupato – il contribuente ha ora solide basi giuridiche da far valere, appellandosi alle sentenze citate.

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  • 15 ottobre 2025
  • Redazione

Autore: Redazione - Staff Studio Legale MP


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