Fondo vittime crimini guerra: il TAR Lazio afferma che la giurisdizione è del giudice ordinario, non amministrativo. Sentenza 1144/2024.
Il tema della giurisdizione nelle controversie contro la Pubblica Amministrazione è sempre di estrema attualità, soprattutto quando si tratta di diritti legati a vicende storiche complesse come i crimini di guerra. Con la sentenza n. 1144/2024, il TAR del Lazio ha fornito un'importante precisazione in merito all'accesso al Fondo per il ristoro dei danni subiti dalle vittime di crimini di guerra e contro l’umanità, previsto dall’art. 43 del D.L. n. 36/2022, convertito dalla Legge n. 79/2022. La decisione ribalta le aspettative di molti professionisti, chiarendo che, in caso di diniego dell’erogazione del contributo, la giurisdizione competente non è quella amministrativa, bensì quella ordinaria.
Un chiarimento tutt’altro che marginale, che incide direttamente sulla strategia processuale di chi assiste soggetti potenzialmente beneficiari del Fondo. Il TAR ha infatti evidenziato che l’amministrazione, in questi casi, svolge un’attività meramente ricognitiva e vincolata, priva di poteri discrezionali. Di conseguenza, eventuali controversie sull’erogazione del contributo configurano diritti soggettivi pieni, la cui tutela deve essere richiesta davanti al giudice civile.
Ai sensi dell’art. 43 del D.L. n. 36/2022, convertito dalla Legge n. 79/2022, è stato istituito il "Fondo per il ristoro dei danni subiti dalle vittime di crimini di guerra e contro l’umanità". Tale strumento ha natura risarcitoria e si rivolge a soggetti danneggiati da atti commessi sul territorio italiano o a danno di cittadini italiani da parte delle forze del Terzo Reich tra il 1 settembre 1939 e l’8 maggio 1945.
Le modalità operative di accesso al Fondo sono disciplinate dal Decreto Interministeriale del 28 giugno 2023, che prescrive nel dettaglio i requisiti, la documentazione necessaria e le fasi istruttorie, affidate al Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Nel caso concreto, il ricorrente aveva promosso ricorso dinanzi al TAR per ottenere l'accertamento del diritto ad accedere al Fondo, a seguito del rigetto della propria istanza da parte del Ministero. Tuttavia, secondo quanto affermato nella decisione, l’Amministrazione svolge un'attività vincolata, limitata alla verifica della sussistenza dei requisiti previsti dalla normativa di settore.
Non essendoci valutazioni discrezionali, non si configura una lesione di interesse legittimo, bensì una contestazione sul diritto soggettivo all’erogazione delle somme. Il giudizio, quindi, deve essere proseguito dinanzi al giudice ordinario, come previsto dall’art. 11 del codice del processo amministrativo.
Promuovere ricorso al TAR in presenza di diritto soggettivo pieno. Se il contributo è disciplinato in modo vincolato e privo di valutazione discrezionale, la competenza non è amministrativa.
Ignorare la natura dell’atto impugnato. In questo caso, non si tratta di un esercizio di potere autoritativo, ma di una mera istruttoria.
Non verificare attentamente i presupposti previsti dalla legge. La mancanza di uno solo dei requisiti richiesti può legittimamente condurre al rigetto dell’istanza.
Quando un contributo economico è previsto direttamente dalla legge, senza margini di discrezionalità per l’Amministrazione, il relativo diritto può essere fatto valere solo dinanzi al giudice ordinario.
Questa precisazione è di particolare rilievo per i legali che assistono soggetti aventi titolo a presentare istanza per il ristoro, in quanto consente di individuare sin da subito il corretto giudice cui rivolgersi, evitando inutili perdite di tempo e risorse.
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Avv. Marco Panato, avvocato del Foro di Verona e Dottore di Ricerca in Diritto ed Economia dell’Impresa – Discipline Interne ed Internazionali - Curriculum Diritto Amministrativo (Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Verona).
E' autore di pubblicazioni scientifiche in materia giuridica, in particolare nel ramo del diritto amministrativo. Si occupa anche di docenza ed alta formazione.