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Esterovestizione: la recente Cassazione n. 23707/2025 e le novità su libertà di stabilimento e abuso - Studio Legale MP - Verona

Cos’è l’esterovestizione e quadro normativo di riferimento

L’esterovestizione indica la fittizia localizzazione all’estero della residenza fiscale di una società, al solo scopo di ottenere un risparmio d’imposta. In pratica, una società viene formalmente costituita in un altro Stato (spesso a fiscalità agevolata), mentre la sede di direzione effettiva e le attività operative rimangono in Italia. Il TUIR (D.P.R. 917/1986) all’art. 73 definisce i criteri di residenza fiscale delle società: fino al 2023 erano considerati residenti gli enti che per la maggior parte dell’anno hanno in Italia la sede legale, la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale. Dal 2024, con la riforma (D.lgs. 209/2023), i criteri sono diventati sede legale, sede di direzione effettiva (luogo di assunzione continuativa delle decisioni strategiche) o gestione ordinaria in via principale (luogo di svolgimento coordinato delle attività di gestione corrente). Inoltre, una presunzione relativa di esterovestizione (art. 73 co. 5-bis TUIR) colpisce le società estere controllate da soggetti italiani o con organi amministrativi composti in prevalenza da residenti italiani. Tale presunzione – originariamente limitata ai paesi “black list” – impone al contribuente di provare l’effettiva localizzazione estera della gestione. In ogni caso, al di là delle presunzioni legali, è principio consolidato che la “sede dell’amministrazione” coincide con la sede effettiva, ossia il luogo dove si svolgono in concreto le attività di direzione e amministrazione dell’ente, dove si accentrano le decisioni degli organi sociali. Se tale luogo è in Italia, la società è considerata fiscalmente italiana, anche se costituita all’estero. Diversi interventi normativi e giurisprudenziali negli ultimi anni hanno confermato che la residenza fiscale “segue la sostanza e non la forma”, in linea col principio generale di contrasto all’abuso del diritto (oggi codificato nell’art. 10-bis dello Statuto del Contribuente) e con la tutela delle libertà di stabilimento garantite dal diritto UE.

 

La sentenza Cass. Sez. Trib. 23707/2025: il caso Barry Towage

La pronuncia della Corte di Cassazione n. 23707/2025 (depositata il 22 agosto 2025) rappresenta un importante tassello in materia, perché affronta il tema dell’esterovestizione confermando principi chiave in un caso concreto molto dibattuto. La vicenda riguardava la società Barry Towage & Offshore Serviçõ de Transporte Maritimo S.A., con sede legale a Funchal (Madeira, Portogallo), operante nel settore del rimorchio marittimo e supporto a piattaforme petrolifere al largo delle coste africane. Dalle indagini della Guardia di Finanza emerse che questa società estera era riconducibile a due fratelli italiani (Francesco e Giuseppe B.) tramite una holding domiciliata anch’essa a Madeira, e che aveva delegato a società italiane (Interconsult e Acamar, riferibili ai medesimi fratelli) la cura di aspetti commerciali, tecnici, finanziari e del personale. In sostanza, l’Agenzia delle Entrate riteneva che la Barry Towage fosse solo una “scatola vuota” estera, mentre la direzione effettiva e l’attività operativa fossero in realtà svolte in Italia presso la sede delle società dei Barretta. Veniva quindi contestata l’esterovestizione, con recupero a tassazione in Italia degli utili 2010 della Barry Towage (considerandola residente in Italia) e conseguenti atti impositivi anche verso i due fratelli quali amministratori di fatto.

In primo grado la Commissione Tributaria diede ragione al Fisco, ma in appello la Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Puglia accolse i ricorsi dei contribuenti, annullando gli avvisi di accertamento. La CTR ritenne infatti che la Barry Towage avesse effettivamente mantenuto una propria autonomia e sostanza economica in Portogallo. L’Agenzia propose quindi ricorso in Cassazione, lamentando errori di diritto e vizi di motivazione nella sentenza d’appello. La Suprema Corte, però, ha rigettato tutti i ricorsi dell’Agenzia, confermando la decisione favorevole ai contribuenti. È una pronuncia di rilievo perché ribadisce che la ricerca di un regime fiscale più vantaggioso non è di per sé illecita, se l’insediamento all’estero è genuino e dotato di sostanza economica.

I punti chiave della motivazione

La Cassazione ha richiamato la sentenza CGUE Cadbury Schweppes (C-196/04, 12 settembre 2006): costituire una società in un altro Stato UE per fruire di una legislazione fiscale più favorevole non è abuso del diritto, salvo che si tratti di costruzioni di puro artificio prive di effettiva attività economica.

Ha richiamato la CGUE Planzer Luxembourg (C-73/06, 28 giugno 2007), che individua criteri concreti per definire la “sede effettiva” (luogo decisioni gestionali, assemblee, amministratori, conti bancari, documenti sociali).

La CTR Puglia aveva accertato che la Barry Towage disponeva di sede reale a Funchal, due rimorchiatori propri, 52 dipendenti, personale formato in Portogallo e riunioni societarie sempre svolte a Madeira.

I contratti di ship management con società italiane erano ritenuti accessori e non tali da svuotare la sostanza economica della Barry Towage.

La Cassazione ha approvato tale valutazione, ribadendo che l’esterovestizione non può fondarsi su singoli indici isolati, ma sull’insieme degli elementi fattuali.

Rigettati quindi i ricorsi dell’Agenzia: nessuna esterovestizione.

 

Libertà di stabilimento vs abuso del diritto: orientamenti 2024–2025

Cass. 25917/2024: l’esterovestizione è un accertamento oggettivo sulla residenza fiscale, non sempre abuso.

Cass. 20002/2024: il controllo gestionale di gruppo non basta a configurare esterovestizione; occorre dimostrare l’assenza di indipendenza operativa.

Cass. 3386/2024: necessaria una valutazione complessiva degli indici di collegamento, non bastano elementi formali.

Cass. 17289/2024: la presenza di beni o redditi in Italia non equivale a sede effettiva in Italia, se le decisioni gestionali avvengono all’estero.

CGUE Edil Work (C-276/22, 25 aprile 2024): incompatibile con la libertà di stabilimento l’applicazione automatica della legge italiana a società estere che si ricostituiscono validamente nell’UE.

CGUE X BV (C-585/22, 4 ottobre 2024): legittimo negare la deducibilità di interessi passivi infragruppo anche se a valore di mercato, se privi di sostanza economica.

 

Implicazioni pratiche per privati e imprese

Costituire società all’estero è lecito se vi è sostanza economica (sede, personale, decisioni gestionali reali).

Una società meramente di facciata espone a rischi fiscali e penali.

È utile documentare con verbali, contratti, personale e adempimenti la realtà estera.

L’onere della prova iniziale è dell’Agenzia, ma il contribuente deve dimostrare l’effettività in caso di contestazioni.

Va valutata la possibilità di ricorrere a interpelli preventivi.

Occorre coordinare difesa tributaria e penale: il giudicato penale può rafforzare la posizione del contribuente.

 

Conclusioni

Le recenti pronunce rafforzano il principio secondo cui “substantia praevalet formae”: la sostanza prevale sulla forma. Costituire società estere è legittimo se vi è effettività. La pianificazione fiscale internazionale diventa illecita solo se ridotta a “guscio vuoto”. Come scriveva Italo Calvino: “Prendere la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto”. Così anche il diritto tributario chiede di distinguere tra scelte di libertà e artifici privi di realtà.

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  • 30 agosto 2025
  • Marco Panato

Autore: Avv. Marco Panato


Avv. Marco Panato -

Avv. Marco Panato, avvocato del Foro di Verona e Dottore di Ricerca in Diritto ed Economia dell’Impresa – Discipline Interne ed Internazionali - Curriculum Diritto Amministrativo (Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Verona).

E' autore di pubblicazioni scientifiche in materia giuridica, in particolare nel ramo del diritto amministrativo. Si occupa anche di docenza ed alta formazione.