«La bellezza salverà il mondo», scriveva Dostoevskij. Eppure, quando un intervento di chirurgia estetica va storto, il sogno di migliorare il proprio aspetto può trasformarsi in un incubo fatto di danni fisici, estetici e psicologici. In Italia migliaia di persone si affidano ogni anno a chirurghi plastici per procedure come mastoplastiche, rinoplastiche o liposuzioni, confidando nel principio medico del primum non nocere (anzitutto non nuocere) e aspettandosi risultati positivi. Purtroppo gli errori medici in chirurgia estetica – una forma di malasanità – sono eventi tutt’altro che rari e possono causare gravi conseguenze al paziente. In questo articolo approfondiamo gli errori frequenti nelle principali procedure di chirurgia estetica, analizziamo i danni estetici, fisici e psicologici che ne derivano, e focalizziamo l’attenzione sui diritti del paziente leso e sulle vie del risarcimento dei danni subìti. Citando anche casi reali e principi giurisprudenziali recenti, faremo chiarezza su come la legge tutela chi ha subìto un intervento estetico malriuscito.
La chirurgia estetica comprende una vasta gamma di interventi correttivi o migliorativi dell’aspetto. In Italia, le operazioni più richieste sono la rinoplastica (rimodellamento del naso), la mastoplastica additiva (aumento del seno), la blefaroplastica (correzione di palpebre e occhiaie), il lifting facciale e la liposuzione. Ognuna di queste procedure presenta rischi specifici. Vediamo quali sono gli errori o le complicanze più frequenti per le tre tipologie principali citate.
Gli interventi al seno (ingrandimento, riduzione o lifting mammario) sono tra i più comuni, ma possono presentare errori tecnici da parte del chirurgo estetico. Alcuni errori frequenti nella mastoplastica comprendono:
Asimmetrie post-operatorie: ad esempio disallineamento dei solchi inframammari o dei capezzoli, che possono ritrovarsi divergenti o a diverse altezze dopo l’operazione. Una differenza di volume o forma tra le due mammelle può indicare un errore nell’esecuzione dell’intervento.
Contrattura capsulare: è un indurimento anomalo della mammella dovuto alla formazione di una capsula fibrosa intorno alla protesi. Spesso è causata da una tasca protesica inadeguata o da un trauma eccessivo durante l’inserimento della protesi. Questa complicanza comporta un seno duro e doloroso e può richiedere un nuovo intervento correttivo.
Infezioni ed ematomi non trattati tempestivamente: un’inadeguata gestione del decorso post-operatorio può portare a infezioni batteriche o raccolte di sangue (ematomi) nella loggia mammaria. Queste complicanze, se non riconosciute e risolte prontamente, possono aggravarsi e causare danni tissutali e cicatrici peggiori.
Danni nervosi e cicatrici eccessive: manovre errate possono lesionare i nervi sensoriali del seno, provocando perdita permanente di sensibilità al capezzolo o alla cute circostante. Anche una sutura mal eseguita può lasciare cicatrici vistose e deturpanti, segno evidente di un errore tecnico nella chiusura dell’incisione.
Scelta errata delle protesi: il chirurgo ha il dovere di selezionare protesi di misura e forma adeguata al caso. Impiantare protesi di dimensioni eccessive rispetto alla tasca creata può causare deformità come la sinmastia (fusione innaturale dei seni al centro, con scomparsa del solco intermammario). Protesi sovradimensionate o inserite in modo scorretto possono inoltre spostarsi dalla sede (rotazione), creando un aspetto anomalo.
Rottura degli impianti protesici: se vengono utilizzate protesi scadenti o difettose, esiste il rischio di rottura dell’impianto con fuoriuscita di gel di silicone. La rottura è una complicanza grave che può dare diritto al risarcimento, specialmente qualora il chirurgo abbia utilizzato protesi non conformi agli standard di sicurezza. In caso di rottura, il seno può sviluppare infiammazione e alterazioni di forma, rendendo necessario un intervento d’urgenza per rimuovere e sostituire la protesi.
La rinoplastica, volta a correggere forma e proporzioni del naso (spesso in combinazione con la settoplastica per motivi funzionali), è un intervento delicato perché coinvolge sia l’estetica sia la funzione respiratoria. Un naso “nuovo” deve essere bello ma anche funzionante, cosa non sempre scontata. Tra gli errori e complicanze più frequenti nella rinoplastica troviamo:
Problemi respiratori post-intervento: una rinoplastica mal pianificata o eseguita senza considerare la struttura interna può portare a difficoltà respiratorie. Ad esempio, l’eccessivo restringimento delle cavità nasali o la mancata correzione di un setto deviato possono ostacolare il flusso d’aria. Un miglioramento estetico non dovrebbe mai compromettere la funzionalità del naso, ma ciò purtroppo accade più spesso del previsto se l’operazione non è accuratamente personalizzata.
Perforazione del setto nasale: è una delle complicanze più comuni di un errore chirurgico nella rinoplastica. Una perforazione (un foro nella parete che separa le narici) può derivare da una resezione eccessiva della cartilagine settale e causa croste, fischi respiratori e ridotta stabilità strutturale del naso. Spesso serve un secondo intervento con innesti di cartilagine per chiudere la perforazione e ripristinare la funzionalità.
Deformità del dorso nasale: una rimozione errata di cartilagini o ossa può portare a un naso dall’aspetto innaturale. Ad esempio, l’asportazione eccessiva della cosiddetta gobba osteo-cartilaginea può rendere il dorso nasale troppo concavo o scheletrico. Al contrario, un’eccessiva riduzione della larghezza del dorso (magari togliendo troppo tessuto dalle cartilagini triangolari) lo rende appuntito e instabile. In entrambi i casi il risultato estetico è insoddisfacente e spesso richiede innesti di cartilagine per riempire o regolarizzare il profilo.
Difetti della punta del naso: la punta nasale è un elemento cruciale nell’armonia del volto e può presentare vari problemi post-operatori se l’intervento non è eseguito a regola d’arte. Errori tecnici possono lasciare una punta troppo larga o bulbosa, oppure al contrario una punta pinzata e narici ristrette (collasso alare). In alcuni casi la struttura di sostegno viene indebolita al punto da provocare una discesa o caduta della punta nel tempo. Questi difetti spesso richiedono correzioni con innesti cartilaginei o suture di rimodellamento per recuperare una forma accettabile.
Alterazioni strutturali gravi (naso a sella, punta collassata): nei casi più seri, un intervento mal eseguito può generare deformazioni evidenti come il naso a sella (abbassamento e infossamento del dorso nasale, dall’aspetto “a sella di cavallo”) o il becco d’aquila (punta molto sporgente verso il basso). Tali complicanze di solito derivano da resezioni cartilaginee/ossee sbagliate e possono causare non solo un danno estetico marcato ma anche permanenti problemi respiratori. La correzione è complessa e può richiedere innesti strutturali, mentre alcune limitazioni funzionali potrebbero risultare irreversibili.
Va sottolineato che, dal punto di vista legale, non ogni imperfezione minore o insoddisfazione soggettiva può essere attribuita a colpa del chirurgo. Piccole asimmetrie o risultati non perfettamente rispondenti alle aspettative personali del paziente possono verificarsi anche con un intervento eseguito correttamente e rientrano nei rischi normali. Tuttavia, quando il peggioramento estetico è evidente e legato a un errore tecnico o di valutazione, allora si configura un caso di responsabilità professionale. Come recita un noto adagio latino, errare humanum est – errare è umano – ma in chirurgia estetica l’errore può avere conseguenze di lunga durata sul paziente e richiede adeguato ristoro.
La liposuzione è l’intervento chirurgico volto a rimuovere accumuli di grasso localizzato tramite aspirazione con cannule, spesso per modellare aree come addome, fianchi, glutei e cosce. La liposcultura è una variante più moderna e meno invasiva, in cui il grasso viene ammorbidito con soluzione fisiologica e aspirato con cannule più fini, riducendo alcuni rischi rispetto alla liposuzione tradizionale. Nonostante ciò, errori e complicanze possono insorgere anche in questi interventi:
Embolia grassosa e trombosi: sono gli eventi più gravi e temuti. Se il chirurgo commette imprudenze durante l’aspirazione, frammenti di tessuto adiposo possono entrare nel circolo sanguigno (embolia adiposa), formando coaguli che rischiano di ostruire vasi sanguigni vitali. Queste complicanze possono portare a insufficienze respiratorie, ictus o addirittura alla morte del paziente, configurando un evidente caso di malasanità con gravi profili di responsabilità penale oltre che civile.
Infezioni ed emorragie: come in qualsiasi intervento chirurgico, la mancanza di asepsi o di controllo adeguato del sanguinamento può condurre a infezioni post-operatorie della zona trattata o a emorragie interne non gestite. Nel contesto di una liposuzione, un’emorragia non controllata può causare ematomi diffusi sottocutanei e anemia acuta, mentre un’infezione può evolvere in ascessi sottocutanei o sepsi, richiedendo tempestive cure mediche e prolungando il calvario del paziente.
Deformità del profilo corporeo: un errore tecnico frequente consiste nell’aspirare quantità di grasso non uniformi o eccessive in certe aree, generando irregolarità estetiche evidenti. Il paziente può ritrovarsi con avvallamenti e depressioni innaturali, oppure con asimmetrie tra un lato e l’altro (ad esempio fianchi non simmetrici) a causa di un rimodellamento impreciso. Questi difetti estetici, oltre a essere antiestetici, possono essere difficili da correggere poiché spesso manca il tessuto adiposo per ripristinare i volumi originari.
Cedimento dei tessuti (“buchi” e lassità cutanea): l’aspirazione troppo aggressiva può portare a un eccessivo svuotamento dell’area trattata. Ciò comporta un rilassamento anomalo della pelle sovrastante, che appare cadente, e in alcuni casi la formazione di veri e propri “buchi” o depressioni dove il grasso è stato rimosso in eccesso. Tali esiti lasciano il paziente con un profilo peggiore di quello iniziale, vanificando lo scopo estetico dell’intervento. Spesso l’unica soluzione è un secondo intervento di lipofilling (reinnesto di grasso proprio) o lifting cutaneo per eliminare la pelle in eccesso.
Come si vede, gli errori in chirurgia estetica possono manifestarsi in modi diversi a seconda della procedura: da un seno deformato, a un naso con problemi funzionali, fino a un profilo corporeo irregolare. In tutti i casi, il risultato finale è lontano dalle aspettative prospettate e anzi rappresenta un peggioramento rispetto alla condizione iniziale del paziente. Ciò costituisce un danno ingiusto che il paziente non è tenuto a sopportare. Vediamo ora quali tipi di danno derivano da questi errori e come la legge inquadra e risarcisce tali pregiudizi.
Un intervento estetico malriuscito può avere ripercussioni su più livelli nella vita di una persona. Possiamo distinguerne principalmente tre categorie interconnesse: danno estetico, danno fisico (biologico) e danno psichico (morale). Queste voci di danno, sebbene esaminate separatamente, spesso si intrecciano nella realtà concreta: il deturpamento dell’aspetto fisico incide sulla salute psicofisica complessiva e sull’equilibrio emotivo di chi ne è vittima. La giurisprudenza infatti insegna che danno estetico e danno psicologico non vanno valutati isolatamente, poiché il trauma estetico si riflette sulla psiche e sul benessere globale della persona.
Danno estetico: consiste nel peggioramento dell’aspetto fisico conseguente all’intervento sbagliato. Può trattarsi di cicatrici deturpanti, deformità o asimmetrie permanenti che alterano i connotati del paziente. In ambito medico-legale, il danno estetico rientra tra i danni biologici alla integrità psicofisica: esso viene cioè considerato parte della diminuzione della salute intesa in senso ampio, poiché un aspetto deturpato influisce sul modo in cui la persona vive la propria vita. La valutazione del danno estetico non è affatto semplice, poiché manca un criterio oggettivo prestabilito: molto dipende dalla situazione individuale del paziente (età, sesso, attività lavorativa, vita di relazione) e da come la lesione estetica incide sulla sua quotidianità. Ad esempio, una cicatrice sul volto può avere un impatto diverso su un/una modello/a rispetto a una persona che svolge un lavoro non a contatto col pubblico. In ogni caso, il pregiudizio estetico viene quantificato dal medico legale in sede di perizia, tenendo conto di tutti questi fattori soggettivi e dell’alterazione dell’armonia somatica del danneggiato. È importante notare che il danno estetico, oltre all’ovvia componente visiva, può comportare anche deficit funzionali: basti pensare a una rinoplastica mal eseguita che non solo deturpa il naso ma provoca anche difficoltà respiratorie permanenti. In tal caso il danno estetico si somma al danno funzionale in un unico quadro invalidante.
Danno fisico e funzionale: è il danno alla salute in senso stretto (spesso chiamato danno biologico). Include tutte le lesioni anatomiche o funzionali causate dall’errore medico. In chirurgia estetica, che di norma è elettiva e non necessaria, il paziente parte spesso da una condizione di integrità fisica – a differenza di chi si opera per curare una patologia – e dunque qualsiasi compromissione dell’integrità fisica dovuta all’intervento sbagliato è un danno. Può trattarsi di menomazioni funzionali (es. perdita dell’olfatto o difficoltà a respirare dopo una rinoplastica errata, perdita di sensibilità a un seno, limitazione del movimento di un’area corporea a causa di aderenze cicatriziali, ecc.) oppure di danno alla salute generale (infezioni sistemiche, dolore cronico, complicanze che debilitano l’organismo). Questo tipo di danno viene normalmente accertato tramite una perizia medico-legale che quantifica il grado di invalidità temporanea o permanente subìto dal paziente. La presenza di un danno biologico permanente viene espressa in punti percentuali di invalidità, che servono poi come base per il calcolo monetario del risarcimento. Ad esempio, nel caso di una mastoplastica additiva che ha lasciato un’asimmetria mammaria e problemi muscolari alla paziente, il consulente tecnico potrà valutare un’invalidità permanente (ipotizziamo) dell’8%, come è accaduto in un caso esaminato dalla Corte di Cassazione. In tale vicenda, ad una giovane donna era stato riconosciuto un danno biologico dell’8% per un seno rimasto asimmetrico dopo un intervento di riduzione mammaria mal eseguito, comprensivo sia del profilo estetico sia delle sofferenze fisiche correlate.
Danno psicologico (morale ed esistenziale): è forse l’aspetto più sottovalutato, ma di enorme importanza. Subire un danno estetico o funzionale a seguito di un intervento cosmetico fallito genera spesso un grave turbamento interiore, minando la fiducia in sé stessi, la serenità e le relazioni sociali. Il paziente che si era rivolto al chirurgo per migliorare il proprio aspetto si ritrova invece con un corpo estraneo alla sua immagine di sé, provando vergogna, rabbia, depressione. La sofferenza psichica causata da un errore medico in chirurgia estetica è risarcibile al pari delle lesioni fisiche. La Cassazione ha affermato che non va compensato solo l’inestetismo in sé, ma anche la sofferenza psicologica conseguente, come ad esempio la depressione clinica sviluppatasi in una giovane modella rimasta con vistose cicatrici dopo un intervento errato. In quel caso la modella era sprofondata in uno stato depressivo permanente in seguito alle cicatrici deturpanti, e i giudici hanno riconosciuto che il danno psichico andava risarcito insieme al danno estetico in un’unica voce omnicomprensiva. Il danno morale ed esistenziale include tutte le sofferenze interiori, il dolore, la frustrazione, la perdita di piacere di vivere e le difficoltà relazionali causate dall’errore medico. Spesso chi subisce un deturpamento estetico si chiude in casa, evita la vita sociale o sviluppa vere e proprie fobie (ad esempio rifiuto degli specchi, degli sguardi altrui), con impatto negativo su ogni aspetto della quotidianità. Queste ripercussioni non patrimoniali – in quanto attinenti alla sfera emotiva e relazionale, prive di immediato riflesso economico – sono pienamente riconosciute dal nostro ordinamento: rientrano nel cosiddetto danno non patrimoniale ed ampliano il risarcimento dovuto oltre al mero aspetto medico-fisico. Il paziente ha diritto a vedersi compensato anche questo genere di pregiudizio intangibile, perché la legge tutela non solo l’integrità anatomica ma anche la dignità, la personalità e la salute psichica dell’individuo (art. 32 della Costituzione).
In sintesi, un errore in un intervento di chirurgia plastica può determinare danni multipli: estetici (visibili all’esterno), fisici (sulla salute e sul funzionamento del corpo) e psicologici (sulla mente e la vita emotiva). Questi tre aspetti insieme compongono il danno alla persona che il paziente subisce. La sfida, a livello di quantificazione, è evitare sia le duplicazioni indebite (risarcire due volte la stessa sofferenza) sia le omissioni (trascurare qualche voce di danno). I giudici tendono a valutare unitariamente l’insieme delle menomazioni per garantire un risarcimento equo e integrale.
Passiamo ora alla parte finale: quali sono i diritti del paziente danneggiato e come può ottenere un risarcimento per questi danni? Vedremo il quadro normativo e giurisprudenziale vigente, compresa la recente evoluzione dovuta alla Legge Gelli-Bianco e alcune sentenze emblematiche in materia.
Chi subisce un danno da intervento estetico ha precisi diritti tutelati dalla legge. Negli ultimi anni, il legislatore e la giurisprudenza hanno delineato con maggiore chiarezza la responsabilità medica in chirurgia estetica, considerando sia l’aspetto contrattuale (il rapporto paziente-clinica/chirurgo) sia quello extracontrattuale (violazione del dovere generico di non arrecare danno). La Legge 24/2017 (Legge Gelli-Bianco) ha riformato la materia della responsabilità sanitaria e si applica anche ai casi di chirurgia estetica. In base a tale legge, il medico che opera privatamente risponde contrattualmente verso il paziente, mentre il medico dipendente di struttura pubblica risponde per colpa grave in sede civile (restando la struttura ad avere responsabilità contrattuale diretta). Inoltre, la legge impone che ogni sanitario sia provvisto di assicurazione obbligatoria per la responsabilità professionale, così da garantire che vi sia copertura finanziaria per i risarcimenti dovuti ai pazienti danneggiati. Ciò rappresenta un’importante tutela di novità: il paziente vittima di malasanità estetica potrà rivolgersi anche alla compagnia assicurativa del medico o della clinica per ottenere il dovuto indennizzo.
Dal punto di vista civilistico, la possibilità di ottenere un risarcimento per errore medico in chirurgia estetica è oggi riconosciuta purché si dimostrino alcuni elementi chiave:
Colpa del chirurgo – ossia che il medico ha violato il dovere di cura e le linee guida, commettendo un errore evitabile che esula dai rischi normali dell’intervento. In altri termini, occorre provare che il risultato negativo non rientra nelle possibili complicanze imprevedibili, ma è conseguenza di negligenza, imprudenza o imperizia del professionista (ad esempio, tecnica operatoria sbagliata, scarsa preparazione pre-operatoria, sterilità non osservata, ecc.).
Danno subito dal paziente – deve sussistere un effettivo danno fisico, estetico o psichico causato dall’errore. Il paziente deve documentare (anche tramite perizia medico-legale) le lesioni o menomazioni patite e la loro entità. Fortunatamente, come visto, il danno in questi casi non si limita all’aspetto estetico ma può comprendere anche la sofferenza morale e le spese sostenute.
Nesso di causalità – va dimostrato il collegamento causale tra l’errore del chirurgo e il danno riportato. In sostanza, il peggioramento estetico/fisico deve derivare proprio dall’intervento eseguito male e non da altri fattori estranei. Questo profilo spesso richiede una perizia tecnica: ad esempio, bisogna accertare che la cicatrice deturpante sia dovuta alla tecnica chirurgica errata e non a una rara predisposizione del paziente a cicatrici cheloidee; oppure che l’infezione non sia stata causata da una condizione pre-esistente del paziente ma dalla scarsa igiene in clinica.
Se questi elementi sono presenti, il diritto al risarcimento del paziente è pieno. Formalmente, si potrà agire con una richiesta danni in sede civile verso il chirurgo e/o la struttura sanitaria coinvolta (spesso entrambi, ciascuno per la sua parte di responsabilità). È bene ricordare che dal 2017 è previsto un tentativo obbligatorio di conciliazione (mediazione o consulenza tecnica preventiva) prima di andare in giudizio, proprio per favorire un accordo stragiudiziale ed evitare lunghe cause in tribunale. Molte volte, di fronte all’evidenza della colpa medica certificata da una perizia, le assicurazioni preferiscono accordare una somma a titolo di risarcimento al paziente senza arrivare a sentenza.
Uno degli aspetti centrali dei diritti del paziente in chirurgia estetica è il consenso informato. Trattandosi nella maggior parte dei casi di interventi volti a migliorare l’aspetto e non a curare una malattia, è fondamentale che il paziente sia messo in condizione di decidere consapevolmente se affrontare o meno l’operazione. Ciò può avvenire solo tramite un’adeguata informazione preventiva da parte del chirurgo. Il medico ha l’obbligo (deontologico e giuridico) di spiegare in modo dettagliato la natura dell’intervento, le tecniche utilizzate, i benefici sperabili ma anche tutti i rischi e le possibili complicanze – incluse quelle meno probabili – senza minimizzare nulla. Deve inoltre prospettare in modo realistico le possibilità di successo e gli eventuali risultati subottimali, soprattutto in chirurgia estetica dove l’esito può essere influenzato da variabili soggettive. Solo dopo aver ricevuto queste informazioni il paziente può dare un consenso valido all’operazione.
In passato la chirurgia estetica veniva talora qualificata dai giudici come obbligazione di risultato (ci si attende un risultato estetico preciso, v. Cass. n. 10014/1994). Oggi si propende per considerarla un’obbligazione di mezzi, al pari di ogni atto medico (Cass. n. 12253/1997), ma con un’importante particolarità: poiché il paziente si rivolge al chirurgo per un fine principalmente estetico, il risultato promesso diventa parte essenziale dell’accordo e incide sulle aspettative contrattuali. In pratica, il chirurgo plastico non garantisce sicuramente un esito perfetto (non è un assicuratore del risultato), ma garantisce di mettere in atto tutte le cure e la perizia necessarie per ottenerlo e garantisce di informare il paziente su cosa realisticamente si può ottenere. Se il risultato non è raggiunto a causa di negligenza, sarà responsabile. Inoltre, se il risultato non è raggiunto per circostanze imprevedibili ma il paziente non era stato informato adeguatamente di tale eventualità, il chirurgo può essere ugualmente chiamato a rispondere per violazione del consenso informato.
Un’importante sentenza di legittimità ha stabilito che quando un intervento estetico peggiora la situazione iniziale, lasciando al paziente un difetto maggiore di quello che voleva correggere, il medico risponde dei danni anche se tecnicamente l’operazione è stata eseguita correttamente, qualora non avesse informato esaustivamente il paziente di questa possibile conseguenza negativa. È il caso affrontato dalla Cassazione nella sentenza n. 12830/2014: un chirurgo era stato chiamato a rimuovere un tatuaggio ma non aveva avvisato il paziente che tale procedura avrebbe potuto lasciare cicatrici permanenti peggiori del tatuaggio stesso. In effetti, dopo l’intervento il paziente si ritrovò con cicatrici deturpanti al posto del tatuaggio. La Suprema Corte ha condannato il medico a risarcire il danno perché l’esito inestetico, per quanto possibile in quella tipologia di trattamento, andava comunicato prima: il paziente, se correttamente informato, avrebbe probabilmente rinunciato o valutato alternative. Dunque l’informazione carente è stata considerata alla stregua di una colpa. Allo stesso modo, un modulo prestampato generico non basta: firmare un consenso informato standard che non dettaglia rischi specifici di quello specifico intervento non solleva il medico dalla responsabilità. Il chirurgo deve adattare e integrare le informazioni scritte e verbali in base alle peculiarità del caso concreto, ed assicurarsi che il paziente abbia realmente compreso tutte le implicazioni. In caso di contestazione, sarà il medico a dover provare di aver adempiuto a questo dovere informativo in modo completo e chiaro.
Riassumendo, il paziente che subisce un danno da chirurgia estetica errata ha diritto a:
Ricevere giustizia per l’errore subito: il che significa ottenere un risarcimento economico commisurato a tutti i danni (patrimoniali e non) patiti.
Ottenere il rimborso delle spese sostenute inutilmente e di quelle future: ad esempio, il costo dell’intervento sbagliato, le spese mediche aggiuntive per cure e terapie necessarie a rimediare, e gli eventuali costi di ulteriori interventi correttivi (spesso il paziente deve sottoporsi a nuove operazioni per cercare di migliorare il danno estetico subito). Tutte queste uscite di denaro rientrano nel danno emergente da risarcire.
Essere risarcito delle perdite economiche dovute al danno: se le complicanze hanno comportato incapacità lavorativa, perdita di guadagni o opportunità (si pensi a una modella che non può lavorare per le cicatrici, o a un/una cantante che dopo una rinoplastica difettosa sviluppa problemi respiratori che le impediscono di esibirsi), il paziente può chiedere il ristoro del lucro cessante. Qualunque riduzione della capacità di lavoro o guadagno causata dall’errore medico va indennizzata nell’ambito dei danni patrimoniali.
Vedersi riconosciuti i danni non patrimoniali: come dettagliato sopra, il risarcimento deve comprendere non solo il danno biologico (invalidità temporanea e permanente) ma anche il danno morale ed esistenziale per il patimento psicologico, il dolore interiore e la perdita di qualità della vita conseguenti. Ad esempio, se il paziente ha sofferto di depressione o ansia in seguito all’accaduto, se ha visto compromesse le proprie relazioni personali o l’autostima, queste componenti devono tradursi in una somma aggiuntiva, spesso calcolata in via equitativa dal giudice.
Tutelare i propri diritti anche in sede penale, se del caso: qualora l’errore sia grave (ad esempio, un decesso o lesioni personali gravi causate dall’intervento estetico), il paziente o i familiari possono sporgere denuncia penale per lesioni colpose o omicidio colposo a carico del medico. Vi sono stati casi di chirurghi estetici rinviati a giudizio – e talvolta condannati – per aver causato, con condotte gravemente negligenti, la morte di pazienti (si pensi a un arresto cardiaco non gestito durante l’anestesia per liposuzione, ecc.). La responsabilità penale è distinta da quella civile, ma una condanna penale rafforza la posizione del paziente nel chiedere il risarcimento in sede civile.
In conclusione, affrontare un errore medico in chirurgia estetica è un percorso doloroso, ma l’ordinamento giuridico fornisce gli strumenti per ottenere giustizia. Il paziente danneggiato non è solo: ha il diritto di essere ascoltato, di far valere le proprie ragioni e di essere risarcito integralmente per tutti i pregiudizi subiti. Attraverso perizie tecniche accurate e l’assistenza di avvocati specializzati in malasanità, è possibile quantificare il danno in tutte le sue componenti e chiedere un equo indennizzo a chi ha sbagliato. Le recenti pronunce giurisprudenziali confermano un orientamento sempre più attento alla tutela delle vittime: ad esempio, la Cassazione del 2021 ha ribadito che un intervento estetico malriuscito può ledere sia il diritto alla salute sia il diritto all’immagine della persona, imponendo al medico di risarcire il danno complessivo considerando insieme deturpazione e sofferenza psichica. Nessuno potrà restituire al paziente il tempo perso né cancellare del tutto le cicatrici (esterne ed interiori) causate dall’errore; tuttavia, un risarcimento adeguato può quantomeno alleviare il peso economico delle cure necessarie e rappresenta un riconoscimento ufficiale del torto subito, contribuendo a ristabilire – per quanto possibile – l’equilibrio violato. Come disse il poeta, “il dolore è forse l’unico vero mediatore tra noi e la vita”, ma la legge interviene affinché a un dolore ingiusto segua una compensazione giusta. In definitiva, chi ha subìto danni da un intervento estetico errato ha dalla sua parte il diritto: farlo valere è il primo passo per trasformare una vicenda traumatica in un percorso di riscatto.
Avv. Marco Panato, avvocato del Foro di Verona e Dottore di Ricerca in Diritto ed Economia dell’Impresa – Discipline Interne ed Internazionali - Curriculum Diritto Amministrativo (Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Verona).
E' autore di pubblicazioni scientifiche in materia giuridica, in particolare nel ramo del diritto amministrativo. Si occupa anche di docenza ed alta formazione.