Acquistare una casa nuova dovrebbe essere un’esperienza entusiasmante, ma può trasformarsi in un incubo quando emergono crepe nei muri, infiltrazioni d’acqua o altri vizi costruttivi. Fortunatamente, il nostro ordinamento prevede specifiche garanzie a tutela dell’acquirente di immobili di nuova costruzione. Negli ultimi tempi tali tutele sono state sensibilmente rafforzate grazie ad alcune pronunce innovative della Corte di Cassazione. La giurisprudenza più recente, infatti, ha chiarito in modo decisivo che il costruttore risponde dei gravi difetti dell’opera e lo fa con una responsabilità oggettivamente molto ampia. Come vedremo, oggi chi compra un immobile gode di strumenti più efficaci per ottenere la riparazione dei danni o il risarcimento, senza doversi addossare oneri probatori impossibili. Analizziamo dunque le novità giurisprudenziali in materia di difetti di costruzione e scopriamo cosa cambia in concreto per proprietari e professionisti del settore.
In Italia la responsabilità per i vizi delle costruzioni è disciplinata principalmente da due norme del Codice Civile: l’art. 1667 c.c. e l’art. 1669 c.c.. La prima tutela il committente per i difetti dell’opera appaltata che si manifestano entro brevi termini, imponendo all’appaltatore (o costruttore) di garantire che il lavoro eseguito sia privo di difformità e vizi. La seconda norma, l’art. 1669 c.c., riguarda invece i difetti gravi delle costruzioni di lunga durata (edifici o altre opere immobiliari) manifestatisi entro dieci anni dal completamento. In questi casi, la legge prevede che il costruttore (e i suoi aventi causa, ad esempio il venditore-costruttore di un immobile) sia responsabile verso gli acquirenti per la rovina totale o parziale dell’opera, il pericolo di rovina oppure per i gravi difetti che incidono sulla solidità, stabilità e funzionalità dell’immobile. Si tratta di una forma di garanzia decennale per chi compra casa: qualora emergano vizi sostanziali nell’edificio (cedimenti strutturali, infiltrazioni, lesioni importanti, difetti costruttivi gravi), l’acquirente può agire legalmente contro il costruttore per ottenere le dovute tutele.
È bene ricordare che per avvalersi di questa garanzia il nuovo proprietario deve rispettare precisi termini di legge: il difetto va denunciato al costruttore entro un anno dalla scoperta (pena la decadenza del diritto) e l’azione legale va avviata entro un anno dalla denuncia. Questi termini, previsti dall’art. 1669 c.c., sono più ampi rispetto alla garanzia normale per vizi non gravi (dove la denuncia va fatta in 60 giorni e la prescrizione è di 2 anni, secondo l’art. 1667 c.c.). Ciò riconosce la maggiore serietà dei difetti di costruzione rilevanti e la necessità di dare più tempo agli acquirenti per rendersi conto del problema e agire.
Una svolta fondamentale a favore degli acquirenti è arrivata con una recente pronuncia della Cassazione che ha sancito in modo netto un principio già presente ma talvolta disatteso: nei casi di gravi difetti dell’opera, opera una presunzione di colpa a carico del costruttore. In altri termini, se entro dieci anni dalla costruzione emergono vizi gravi dell’immobile, si presume che il costruttore abbia commesso un errore o un’omissione colposa. Non è l’acquirente a dover dimostrare la negligenza costruttiva: basta provare l’esistenza del difetto e il nesso con l’opera realizzata. Tocca invece al costruttore discolparsi, provando “fatti positivi precisi e concordanti” idonei a dimostrare che il danno non è dipeso da lui (ad esempio un evento esterno imprevedibile). Questo principio, espresso chiaramente in Cass. civ., Sez. II, ord. n. 24393/2025, rafforza la tutela del proprietario danneggiato. In passato, alcune corti di merito avevano fatto confusione sull’onere della prova, a volte chiedendo all’acquirente di provare la colpa del costruttore. Oggi la Cassazione ribadisce che sarebbe un’ingiustizia (“summum ius, summa iniuria”) imporre a un privato di dimostrare dettagli tecnici della cattiva costruzione: è molto più equo che sia il costruttore a dover provare di aver fatto tutto il possibile. Questa presunzione di responsabilità solleva l’acquirente da un peso probatorio spesso insostenibile, evitando che chi ha già subìto il danno di una casa mal costruita debba affrontare anche l’arduo compito di provare la colpa altrui.
Vale la pena sottolineare come la Cassazione abbia motivato questa scelta anche in ottica di politica del diritto: chi costruisce e vende immobili trae profitto dall’attività edilizia e si trova nella posizione migliore per prevenire e individuare i difetti (grazie a competenze tecniche e controlli in cantiere). È dunque ragionevole spostare su di lui il rischio dei vizi occulti dell’opera, in linea con il brocardo imperitia culpae adnumeratur. Chi esercita l’arte del costruire deve farlo con perizia e diligenza: diversamente, sarà chiamato a risponderne.
Un’altra significativa novità emersa dalla giurisprudenza recente riguarda l’ipotesi in cui nella realizzazione dell’opera edilizia siano coinvolti più soggetti (ad esempio l’impresa costruttrice e un diverso appaltatore esecutore dei lavori, oppure diversi subappaltatori per parti dell’opera). In passato ci si interrogava se l’acquirente potesse agire contro uno solo o dovesse individuare l’esatto responsabile del difetto. Le nuove sentenze chiariscono che costruttore e appaltatore rispondono in solido per i gravi difetti. Questo significa che l’acquirente potrà chiedere l’intero risarcimento a entrambi (lasciando poi a loro regolare i rapporti interni di rivalsa). La Cassazione ha ribadito che la tutela del committente e degli acquirenti viene prima di tutto: non è corretto imporre a chi subisce il danno di individuare esattamente quale operatore (impresa venditrice, impresa esecutrice, subappaltatore, ecc.) abbia causato il vizio. Se il difetto rientra nella garanzia decennale, ne rispondono tutti i soggetti che hanno contribuito alla realizzazione dell’opera. In Cass. civ., Sez. II, ord. n. 12922/2025 la Suprema Corte ha affermato espressamente che l’impresa costruttrice e l’appaltatore sono responsabili in solido non solo nei casi di rovina o gravi difetti strutturali che pregiudicano la stabilità, ma anche per quei vizi che incidono significativamente sull’abitabilità, sulla funzionalità e sul valore economico dell’immobile (si pensi a gravi problemi di isolamento termico o acustico, impianti malfunzionanti, infiltrazioni estese, ecc.).
Questa solidarietà amplia le possibilità di tutela per l’acquirente: si potrà agire contro il costruttore-venditore anche se il difetto specifico dipende da un errore dell’appaltatore materiale, e viceversa. Lo scopo è evitare rimpalli di responsabilità e garantire che il danneggiato ottenga il risarcimento senza doversi perdere in lunghe indagini su “di chi è la colpa”. Per i professionisti del settore edile questo orientamento suona anche come un monito: collaborare per consegnare opere a regola d’arte, perché in caso contrario si condivideranno le responsabilità in tribunale. Inoltre, l’estensione della responsabilità solidale può riguardare anche altri soggetti tecnici coinvolti nell’opera, qualora il vizio sia imputabile anche a loro: ad esempio, il progettista strutturale o il direttore dei lavori potrebbero rispondere insieme al costruttore se il difetto è dovuto a errori progettuali o a carenze di controllo in cantiere.
Tradizionalmente si distingueva tra difetti di costruzione (errori nell’esecuzione pratica dell’opera) ed errori di progettazione (carenze nel progetto architettonico o strutturale a monte). Ci si è chiesti a lungo se un errore progettuale rientrasse nella garanzia decennale verso l’acquirente, dato che l’art. 1669 c.c. parla di “difetto del suolo o difetto della costruzione”. Oggi la Cassazione ha dato un’importante risposta estensiva: anche i vizi derivanti da errori di progettazione fanno scattare la responsabilità verso l’acquirente. In particolare, con Cass. civ., Sez. II, ord. n. 17028/2025, la Corte ha chiarito che il concetto di “difetto di costruzione” ai sensi dell’art. 1669 c.c. comprende qualsiasi vizio grave dell’immobile, anche se originato da un progetto sbagliato e non solo da una cattiva esecuzione in cantiere. Ciò che conta è il risultato finale: se la casa presenta gravi carenze strutturali o funzionali (ad esempio un calcolo statico errato che causa cedimenti, oppure un progetto impiantistico inadeguato che rende l’edificio insicuro o inutilizzabile in parte), l’acquirente ha diritto alla tutela e può agire contro il costruttore-venditore e gli altri responsabili.
Un aspetto interessante di questa pronuncia riguarda il caso in cui l’acquirente abbia approvato il progetto o sia stato a conoscenza dello stesso al momento dell’acquisto. La Cassazione ha escluso che ciò implichi una rinuncia ai propri diritti: l’aver visionato e accettato il progetto non significa affatto accettare anche i vizi nascosti che da quel progetto derivano. Del resto, chi compra casa non sempre ha le competenze tecniche per accorgersi di un errore progettuale; inoltre si fida che il progetto sia conforme alle regole dell’arte e alle normative. Questa fiducia dev’essere protetta. Dunque, anche se l’immobile è stato costruito esattamente secondo progetto, ma il progetto era sbagliato causando un grave difetto, l’acquirente può rivalersi. In pratica la garanzia per vizi copre sia i difetti costruttivi dovuti a mala esecuzione, sia quelli dovuti a cattiva progettazione. Il costruttore-venditore ne risponde comunque verso l’acquirente, salvo poi eventualmente rivalersi sul progettista. Questo orientamento completa il quadro di una tutela a 360 gradi per chi subisce danni da un immobile nuovo: qualunque sia l’anello debole della catena (progetto, materiali, esecuzione…), per l’acquirente poco cambia, perché la legge – come interpretata oggi – gli offre un percorso chiaro per ottenere giustizia.
Da notare che la Corte di Cassazione ha emesso negli ultimi anni ulteriori decisioni coordinate con questi principi. Ad esempio, è stata confermata la nullità di eventuali clausole con cui il venditore-costruttore tenti di limitare o escludere la garanzia per vizi gravi: sarebbero patti contrari a norme di ordine pubblico, quindi privi di effetto. Ancora, è stato precisato che rientrano tra i “gravi difetti” ex art. 1669 c.c. non solo quelli che compromettono stabilità e sicurezza, ma anche quelli che incidono sul normale godimento del bene in modo apprezzabile (ad es. isolamento termico gravemente insufficiente, tali da rendere la casa molto dispendiosa da riscaldare). Questo a conferma di un approccio sostanzialistico: la casa dev’essere idonea all’uso abitativo promesso e conforme agli standard qualitativi normali, altrimenti il responsabile ne risponde.
Di fronte a questa evoluzione favorevole della giurisprudenza, chi acquista un immobile – sia esso una villetta, un appartamento in condominio o un immobile commerciale di nuova costruzione – dispone oggi di armi affilate per far valere i propri diritti. In concreto, che cosa deve fare un acquirente se dopo il rogito scopre gravi difetti? Ecco alcuni consigli pratici:
Documentare i vizi: non appena si notano difetti significativi (crepe, infiltrazioni, cedimenti, malfunzionamenti degli impianti, ecc.), è opportuno documentarli con fotografie, video e relazioni tecniche. Ad esempio, far intervenire subito un tecnico (ingegnere, architetto) per una perizia può essere determinante per accertare la causa del difetto e la sua gravità.
Denuncia tempestiva al costruttore: come detto, la legge impone di denunciare in forma scritta i difetti gravi entro un anno dalla scoperta. È bene inviare una comunicazione formale (meglio se tramite PEC o raccomandata) al costruttore e/o venditore, descrivendo il problema e richiedendo un intervento. Questa comunicazione interrompe i termini di decadenza.
Tentare una soluzione bonaria: spesso il costruttore, soprattutto se è ancora attivo e interessato alla propria reputazione, potrebbe essere disponibile a effettuare le riparazioni necessarie o a risarcire il danno senza bisogno di arrivare in giudizio. Val la pena tentare una conciliazione, eventualmente con l’assistenza di un legale, anche per ridurre i tempi di soluzione.
Valutare la polizza decennale postuma: la legge prevede che il costruttore di immobili ad uso abitativo stipuli una polizza assicurativa decennale a beneficio dell’acquirente, a copertura dei danni materiali all’immobile causati da difetti occulti. È importante verificare se al momento dell’acquisto è stata rilasciata tale polizza e se il vizio rientra nelle condizioni di indennizzo. In caso positivo, si può aprire un sinistro presso la compagnia assicurativa. Tuttavia, attenzione: spesso le polizze decennali escludono alcuni tipi di danno o pongono franchigie elevate. Recenti sentenze hanno chiarito che l’assicurazione deve coprire il più possibile questi eventi, ma in caso di diniego o indennizzo insufficiente l’acquirente dovrà comunque agire contro il costruttore in base alla garanzia legale.
Agire legalmente nei tempi previsti: se il costruttore non risponde o non risolve, conviene attivarsi con un’azione giudiziaria prima dello scadere dei termini (un anno dalla denuncia, come visto). L’azione può portare a una CTU (consulenza tecnica d’ufficio) in corso di causa, che accerterà cause e responsabilità, e infine a una condanna del costruttore al risarcimento o alla riparazione. In alcuni casi, se il costruttore è insolvente o irreperibile, l’acquirente potrebbe valutare azioni anche verso altri corresponsabili (progettisti, direttori lavori) o escutere la polizza decennale, se esistente.
Le evoluzioni normative e giurisprudenziali degli ultimi anni delineano un panorama di tutela rafforzata per gli acquirenti di immobili. Comprare una casa nuova non deve trasformarsi in un percorso a ostacoli: se qualcosa va storto nella costruzione, la legge offre rimedi efficaci. Le recenti pronunce della Corte di Cassazione – dalla presunzione di colpa del costruttore (Cass. civ., Sez. II, ord. n. 24393/2025), alla responsabilità solidale con altri soggetti (Cass. civ., Sez. II, ord. n. 12922/2025), fino alla copertura dei vizi progettuali (Cass. civ., Sez. II, ord. n. 17028/2025) – vanno tutte nella direzione di un principio chiaro: chi vende e costruisce immobili deve garantire la qualità e la sicurezza dell’opera, altrimenti dovrà risponderne verso l’acquirente. Per i compratori, ciò si traduce in una maggiore serenità e nella possibilità concreta di ottenere giustizia senza oneri probatori insostenibili. “Le case felici sono costruite con mattoni di pazienza”, recita una citazione letteraria di Harold E. Kohn: ed è confortante sapere che, quando la pazienza non basta e i mattoni si rivelano difettosi, il diritto fornisce gli strumenti per ricostruire la fiducia infranta e ottenere il dovuto risarcimento.
Avv. Marco Panato, avvocato del Foro di Verona e Dottore di Ricerca in Diritto ed Economia dell’Impresa – Discipline Interne ed Internazionali - Curriculum Diritto Amministrativo (Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Verona).
E' autore di pubblicazioni scientifiche in materia giuridica, in particolare nel ramo del diritto amministrativo. Si occupa anche di docenza ed alta formazione.