
La legge sul sovraindebitamento prevede oggi la possibilità di cancellare tutti i debiti per quelle persone fisiche che versano in condizioni economiche disperate, privi di beni pignorabili e incapaci di offrire qualsiasi utilità ai creditori. Si tratta della cosiddetta esdebitazione del debitore incapiente, una procedura introdotta dal nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) per dare un “colpo di spugna” ai debiti residui di chi non ha davvero nulla. In altre parole, è un meccanismo a costo zero per il debitore: a differenza di altre soluzioni (come il piano del consumatore o la liquidazione controllata) qui non è richiesto alcun pagamento ai creditori – proprio perché il debitore non possiede risorse da impiegare. Tale beneficio può essere concesso una volta sola nella vita e rappresenta, di fatto, l’ultima spiaggia per chi è oppresso dai debiti senza via d’uscita. Del resto, nemo tenetur ad impossibilia – nessuno è tenuto a fare l’impossibile: se una persona non ha alcuna capacità economica, non gli si può chiedere di onorare i debiti. La ratio di questa procedura è proprio quella di permettere al debitore onesto ma sfortunato di ripartire da zero, liberandolo dal peso insostenibile delle obbligazioni pregresse.
Sebbene l’esdebitazione dell’incapiente offra al debitore una via di uscita immediata dalla spirale debitoria, l’ordinamento pone precisi paletti per evitarne abusi. Anzitutto, può beneficiarne solo il debitore persona fisica (consumatore o piccolo imprenditore non fallibile); restano escluse le società e gli enti, che seguono altre procedure. Il richiedente deve poi essere “meritevole”, ossia non aver provocato la propria insolvenza con dolo o colpa grave. In passato la legge parlava in generale di “meritevolezza” del debitore, concetto ampio e discrezionale; oggi invece il Codice restringe la valutazione ai casi di comportamenti davvero fraudolenti o gravemente imprudenti. Come ha spiegato il Tribunale di Brindisi (sentenza 2 aprile 2025) in tema di piano del consumatore, non basta la semplice leggerezza: solo chi ha abusato in modo estremo del credito deve essere escluso dalla procedura. Ciò riflette l’antico brocardo culpa lata dolo aequiparatur – la colpa grave è equiparata al dolo – ma implica anche un significativo favor debitoris: la maggior parte degli indebitamenti nati da errori “veniali” non impedisce l’accesso all’esdebitazione. In altri termini, piccoli sbagli di gestione finanziaria possono essere perdonati; solo chi ha assunto debiti in malafede o con spericolatezza intenzionale verrà privato di questa ancora di salvezza.
Un ulteriore requisito cruciale è l’incapienza del debitore. La norma richiede che il soggetto “non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, nemmeno in prospettiva futura”. Significa che non deve possedere beni immobili, auto di valore, risparmi o altri asset liquidabili, né redditi significativi su cui i creditori possano rivalersi. È ammesso invece avere fonti di reddito minime, purché entro una certa soglia: la legge infatti individua un limite di reddito annuo, calcolato in base all’importo dell’assegno sociale pro capite moltiplicato per i membri della famiglia. Se il reddito netto del debitore – al netto delle spese necessarie per produrlo e del minimo vitale per mantenere sé e i familiari – risulta inferiore a tale soglia, il debitore è comunque considerato incapiente ed esdebitabile. Questo criterio è stato introdotto e dettagliato dal Correttivo Ter (D.lgs. 136/2024) proprio per chiarire che anche chi dispone di un piccolo stipendio può accedere all’esdebitazione, a condizione che, detratte le spese di sostentamento, non superi il tetto fissato (parametrato all’assegno sociale aumentato della metà). In sintesi, la presenza di un modesto reddito non esclude dal beneficio, se serve appena a coprire la sopravvivenza.
Va aggiunto che il debitore non deve aver già ottenuto un’esdebitazione in passato: l’azzeramento dei debiti è concesso una sola volta. Inoltre, l’ordinamento tutela i creditori con un meccanismo di “controllo” post-procedura: per i quattro anni successivi all’esdebitazione, il debitore dovrà comunicare al tribunale l’eventuale arrivo di sopravvenienze attive rilevanti (ad esempio un’eredità, una vincita o un forte aumento di reddito). Se nel quadriennio successivo dovessero comparire nuove risorse in capo all’esdebitato, egli avrebbe l’obbligo di destinarne una parte ai creditori (in misura non inferiore al 10% di ciascun debito originario). Questo vincolo – simile a una condizione risolutiva – garantisce che la cancellazione dei debiti non si traduca in un ingiusto vantaggio: qualora la situazione del debitore migliorasse sensibilmente entro pochi anni, i creditori avrebbero comunque diritto a un parziale recupero. Al contrario, se dopo quattro anni nessuna utilità sarà sopraggiunta, la liberazione dai debiti diverrà definitiva.
Indebitarsi è fin troppo facile, specie nei periodi di crisi economica: basta spendere leggermente più di quanto si guadagna, e col tempo il debito si accumula fino a sfuggire al controllo. La saggezza popolare lo ricorda da sempre, anche attraverso la letteratura. Come ironicamente osserva Charles Dickens in David Copperfield: «...se un uomo ha venti sterline di reddito l’anno e ne spende diciannove sterline e diciannove scellini, quell’uomo è felice; ma se ne spende ventuno, sarà infelice.» Una differenza minima tra entrate e uscite può fare la differenza tra la tranquillità e la rovina finanziaria. Purtroppo molte famiglie e piccoli imprenditori si sono trovati in questa spirale di indebitamento eccessivo, specie a seguito di eventi imprevisti (perdita del lavoro, malattia, crisi economiche). Di fronte a queste situazioni, il legislatore ha voluto offrire una seconda chance a chi è sommerso dai debiti senza possibilità reale di rimborso, ma nonostante ciò ha mantenuto una condotta onesta. L’esdebitazione dell’incapiente si colloca in questo filone di strumenti “umanitari” del diritto fallimentare, accanto alle procedure di ristrutturazione dei debiti, ed è talvolta chiamata anche “esdebitazione per il nullatenente” proprio perché dedicata a chi non possiede nulla. Non va però confusa con un condono generalizzato: resta riservata ai casi estremi e richiede il rispetto rigoroso delle condizioni previste. In cambio, offre al debitore sfortunato la possibilità di tornare ad una vita dignitosa e produttiva, liberato dai fantasmi dei debiti passati.
L’introduzione del parametro oggettivo di reddito per definire l’“incapienza” ha portato con sé alcune incertezze applicative, che i tribunali hanno cominciato a dirimere con le prime pronunce del 2025. In particolare, ci si è chiesti: come deve essere interpretata esattamente la soglia di reddito fissata dall’art. 283, comma 2 CCII? Occorre applicarla in modo letterale oppure il giudice può valutare caso per caso l’effettiva situazione del debitore?
Su questo punto si registrano orientamenti differenti. Una posizione rigorosamente letterale è stata assunta dal Tribunale di Rimini (decr. 6 febbraio 2025): qui il giudice ha evidenziato che, dopo la riforma del Correttivo Ter, la norma sul calcolo del reddito incapiente è inequivocabile. Va considerato incapiente – e quindi ammesso all’esdebitazione – anche il debitore che dispone di un certo reddito eccedente il proprio mantenimento, purché tale eccedenza, detratte le spese vive, non superi la soglia dell’assegno sociale aumentato del 50% per il parametro familiare. In pratica, secondo questo indirizzo, se una persona ha un reddito netto (dopo aver sottratto le spese di lavoro e di vita) inferiore al tetto determinato dalla formula di legge, deve essere considerata incapiente senza ulteriori valutazioni. La norma – sottolinea il Tribunale riminese – già bilancia gli interessi in gioco attraverso il limite matematico e l’aggiunta del parametro familiare ISEE; non spetta al giudice introdurre ulteriori margini di discrezionalità.
Di avviso opposto è invece il Tribunale di Ferrara (decr. 10 marzo 2025), secondo cui un’adesione cieca al dettato numerico potrebbe portare a risultati distorti, tradendo le finalità dell’istituto. Nel caso esaminato a Ferrara, il debitore presentava un leggero surplus di reddito che rientrava formalmente sotto la soglia prevista, ma che – a giudizio del tribunale – poteva comunque offrire “qualche utilità” ai creditori. Interpretando sistematicamente l’art. 283 CCII, il giudice ferrarese ha ritenuto che non basta rispettare aritmeticamente la soglia: occorre valutare in concreto se davvero il debitore non sia in grado di dare nulla ai creditori. Se, ad esempio, una piccola parte del reddito mensile potrebbe essere destinata al pagamento dei creditori senza compromettere il mantenimento del debitore e della sua famiglia, negare qualsiasi rimborso sarebbe contrario allo spirito di equità della legge. In sostanza, Ferrara propone una lettura teleologica: la soglia di legge funge da riferimento, ma non può consentire l’accesso all’esdebitazione a chi abbia comunque una capacità contributiva, seppur modesta, in favore dei creditori. Meglio, in tali casi, dirottare il debitore verso una procedura di liquidazione controllata (dove quella minima capacità reddituale verrebbe utilizzata per pagare i creditori).
Questo dibattito Ferrara vs. Rimini riflette il classico bilanciamento tra rigidità normativa e flessibilità equitativa. Da un lato, una regola chiara e uniforme garantisce certezza: il debitore e i creditori sanno esattamente quale livello di reddito fa da spartiacque. Dall’altro lato, l’eccessiva rigidità potrebbe favorire furberie o situazioni paradossali (il debitore che, magari con un piccolo stipendio, preferisce non versare nulla ai creditori confidando nell’esdebitazione). Allo stato attuale, è presumibile che la questione verrà risolta attraverso l’intervento delle corti superiori o mediante futuri aggiustamenti normativi. Nel frattempo, i diversi orientamenti convivono: in alcuni fori l’interpretazione letterale prevale, in altri si adotta un approccio più sostanzialistico. Per i debitori, questo significa che l’accesso all’istituto potrebbe essere valutato in modo differente a seconda del tribunale competente, almeno finché non maturerà un orientamento univoco.
L’anno 2025 ha visto proliferare le prime sentenze e decreti in materia di sovraindebitamento post-riforma, delineando progressivamente i confini applicativi dell’esdebitazione dell’incapiente e degli altri strumenti affini. Oltre ai casi citati di Ferrara e Rimini, che hanno inaugurato il confronto interpretativo sulla soglia di reddito, sono intervenute pronunce anche su altri aspetti chiave, fino ad arrivare ai primi interventi della Corte di Cassazione.
Un punto fermo importante riguarda la meritevolezza nel contesto delle procedure di liquidazione. La Cassazione civile, Sez. I, sent. n. 22074/2025 (depositata il 31 luglio 2025) ha affrontato il tema se un giudice possa negare l’accesso alla liquidazione controllata (una procedura concorsuale di sovraindebitamento diversa dall’esdebitazione immediata) sulla base di una generica valutazione di “non meritevolezza” del debitore. Ebbene, la Suprema Corte ha chiarito che non è ammesso introdurre criteri soggettivi ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge: se il debitore soddisfa le condizioni formali di legge per accedere alla procedura, il tribunale non può rifiutare l’apertura solo perché ritiene il debitore poco meritevole in astratto. In altre parole, fuori dai casi espressamente indicati (ad esempio frodi ai creditori, atti in frode o altri comportamenti dolosi), non si può precludere la procedura invocando una sorta di clausola generale di indegnità. Questo orientamento, sebbene riferito alla liquidazione controllata, conferma un principio di fondo applicabile anche all’esdebitazione dell’incapiente: la volontà legislativa è quella di offrire un’opportunità di risanamento al debitore sovraindebitato, limitando il potere discrezionale del giudice alle sole verifiche tassative (requisiti oggettivi e condotte gravemente colpevoli esplicitamente contemplate). Si tratta di un ulteriore segnale di quel favor verso il debitore sfortunato ma onesto che permea la riforma.
Un altro tassello significativo proviene dalla Cassazione civile, Sez. I, sent. n. 20725/2025 (22 luglio 2025), in tema di piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore. In questa pronuncia, la Corte si è soffermata sul comportamento delle finanziarie e delle banche che concedono credito con troppa leggerezza. La decisione ha richiamato i doveri di valutazione del merito creditizio in capo ai creditori professionali: se un istituto di credito eroga prestiti a un consumatore già in precarie condizioni, senza effettuare le dovute verifiche sulla sua solvibilità, tale condotta potrà avere rilievo nel giudizio di omologazione del piano. In altri termini, la negligenza del creditore nel controllare l’affidabilità del debitore può attenuare la posizione di quest’ultimo e influire sulle decisioni del giudice. Questo principio – che discende anche da normative europee a tutela del consumatore – evidenzia un cambio di prospettiva: la crisi da sovraindebitamento non è sempre e solo colpa di chi accumula debiti, ma talvolta anche di chi li concede con troppa facilità. Riconoscere ciò consente di valutare le situazioni con maggior equilibrio e giustizia sostanziale.
Nel complesso, l’evoluzione giurisprudenziale in materia di sovraindebitamento va nella direzione di una maggiore apertura verso le soluzioni di esdebitazione. I giudici di merito stanno applicando con sempre più fiducia gli strumenti offerti dal nuovo Codice, mostrando sensibilità verso la finalità sociale di queste norme: ridare dignità e fiato a chi è oppresso dai debiti, senza pregiudicare i diritti dei creditori. Anche il Tribunale di Verona – dove il nostro Studio opera – ha già fatto uso di queste procedure in più occasioni. Ad esempio, con la sentenza n. 75/2024 depositata l’8 gennaio 2025, il Tribunale di Verona ha aperto una liquidazione controllata a beneficio di un imprenditore sovraindebitato, confermando l’attenzione a garantire una via d’uscita legale ai debitori in difficoltà del territorio. Segnali come questo indicano che, da Nord a Sud, la rete di salvataggio predisposta dalla legge sul sovraindebitamento è attiva e funzionante. Naturalmente, ogni caso va esaminato con cura: l’assistenza di professionisti esperti in questa materia diventa fondamentale per orientarsi tra i requisiti e le procedure, massimizzando le chances di successo della richiesta di esdebitazione o di altre soluzioni negoziate.
Conclusione – Un nuovo inizio senza debiti
In definitiva, l’esdebitazione del debitore incapiente rappresenta una svolta epocale nel panorama del diritto fallimentare “minore”: per la prima volta si riconosce formalmente che alcune situazioni di indebitamento personale sono così compromesse da rendere preferibile liberare completamente il debitore, piuttosto che lasciarlo a vita schiacciato dai debiti. Questa procedura, seppur straordinaria, incarna i principi costituzionali di solidarietà ed utilità sociale, evitando che l’esclusione economica diventi irreversibile. Certo, la generosità della legge è bilanciata da cautele e condizioni – la meritevolezza, i limiti reddituali, il monitoraggio successivo – affinché ne beneficino solo coloro che ne hanno davvero bisogno e diritto. Ma per questi ultimi, l’esdebitazione è una chance reale di risorgere finanziariamente. Come scrisse Victor Hugo, “Dio guida sempre chi gli tende la mano”: allo stesso modo, l’ordinamento giuridico tende la mano a chi, onestamente, vuole lasciarsi alle spalle il passato e tornare a contribuire attivamente alla società. Se vi trovate imprigionati dai debiti e pensate di non avere alcuna risorsa per uscirne, sappiate che una soluzione esiste – e potrebbe essere proprio questa procedura innovativa.
Hai bisogno di aiuto per liberarti dai debiti? Contattaci! Lo Studio Legale MP di Verona, grazie all’esperienza maturata nelle procedure di sovraindebitamento, offre consulenza e assistenza qualificata per valutare la tua situazione e individuare lo strumento migliore per ripartire senza debiti. Che si tratti di un piano di ristrutturazione, di un accordo con i creditori o dell’esdebitazione del debitore incapiente, insieme troveremo la soluzione più adatta al tuo caso
Redazione - Staff Studio Legale MP