
La fiducia nel dentista è alla base del rapporto con il paziente, ma può venire meno quando si verificano errori con esiti dannosi. In ambito odontoiatrico si parla di responsabilità professionale del dentista (o malasanità odontoiatrica) per indicare l’obbligo del medico di rispettare gli standard di diligenza, perizia e prudenza nello svolgimento delle cure. Come recita un noto principio latino, primum non nocere (anzitutto, non nuocere): il dentista, al pari di ogni medico, ha il dovere primario di non causare alcun danno al paziente. Sul piano giuridico, quando questo dovere viene violato e il paziente subisce un danno, si attiva la responsabilità del sanitario e sorge il diritto al risarcimento.
Nel nostro ordinamento la responsabilità del dentista verso il paziente ha natura prevalentemente contrattuale: ciò significa che, anche in assenza di un contratto scritto, il semplice fatto di affidarsi alle cure di un odontoiatra crea un vincolo (il cosiddetto “contatto sociale”) che obbliga il professionista a eseguire la prestazione a regola d’arte. In caso di esito negativo dovuto a errori o negligenze, il dentista risponde dell’inadempimento della propria obbligazione professionale. Questo comporta, tra l’altro, che il paziente danneggiato ha facilitazioni probatorie: dovrà dimostrare il danno subito e il nesso con l’operato del medico, mentre sarà il dentista a dover provare di aver agito con tutta la perizia e prudenza dovute. Vediamo ora alcuni aspetti specifici chiariti dalle ultime pronunce dei giudici italiani in materia di responsabilità odontoiatrica.
Danni estetici e obblighi del dentista – Un tema emergente è quello dei danni estetici causati da cure dentarie eseguite non correttamente. Molti interventi odontoiatrici, come l’installazione di protesi o impianti, mirano non solo a ripristinare funzionalità masticatorie, ma anche a migliorare l’aspetto del sorriso. Cosa accade se il risultato è esteticamente insoddisfacente o peggiorativo per il paziente? La giurisprudenza più recente conferma un principio importante: anche un danno prettamente estetico può fondare il diritto al risarcimento. Ad esempio, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’errato posizionamento di una protesi dentaria, che determini inestetismi o altri disagi (come ristagni di cibo dovuti a una protesi mal adattata), costituisce un inadempimento degli obblighi del dentista verso il paziente, anche se non vi è un aggravamento clinico della situazione preesistente. In altri termini, il dentista non può difendersi sostenendo che la salute del paziente non sia peggiorata: se la protesi o l’intervento non è eseguito a regola d’arte ed è fonte di difetti estetici o funzionali, il professionista è comunque venuto meno ai suoi doveri contrattuali. Nel caso concreto esaminato dalla Cassazione (Cass. civ., Sez. III, ord. n. 29785/2024), un paziente lamentava problemi estetici e funzionali a causa di una protesi dentaria mal realizzata; la Suprema Corte gli ha dato ragione, riconoscendo che qualità e accuratezza nell’esecuzione sono parte integrante della prestazione dovuta. Per ottenere il risarcimento di tali danni, il paziente dovrà sempre provare l’esistenza del difetto (ad esempio tramite perizie odontoiatriche) e il nesso con l’operato del dentista, ma non è necessario dimostrare di aver subito un vero e proprio danno biologico ulteriore. Conta il fatto che la prestazione sanitaria sia stata eseguita non correttamente, violando le legittime aspettative di cura. Il dentista, dal canto suo, può andare esente da responsabilità solo provando di aver fatto tutto il possibile secondo le leges artis e che l’esito negativo sia dipeso da un fattore imprevedibile e non imputabile a negligenza o imperizia. In assenza di tale prova liberatoria, sarà chiamato a risarcire il paziente per le spese affrontate (ad esempio per sistemare la protesi difettosa) e per i danni non patrimoniali sofferti, inclusi il pregiudizio estetico e l’eventuale disagio psicologico conseguente.
Il consenso informato del paziente – Un altro obbligo fondamentale in capo all’odontoiatra è quello di informare adeguatamente il paziente sui trattamenti proposti, sui relativi rischi, alternative e probabilità di successo, ottenendo un consenso informato valido prima di procedere. La mancanza di consenso informato rende la prestazione arbitraria e viola il diritto all’autodeterminazione del paziente. Dal punto di vista del risarcimento, tuttavia, occorre distinguere: se il paziente subisce un danno alla salute a causa di un errore medico, verrà risarcito per quel danno in base alla responsabilità professionale; in tale contesto, un deficit di informazione non dà luogo di per sé a un ulteriore risarcimento autonomo, a meno che abbia causato un pregiudizio distinto. Su questo punto una recente decisione ha chiarito che il danno da carente informazione è risarcibile solo se diverso e ulteriore rispetto al danno alla salute già subito (ad esempio un danno da lesione del diritto all’autodeterminazione in sé, come uno stress emotivo particolare derivante dall’aver subito un intervento non voluto) – e deve essere provato dal paziente caso per caso (cfr. Trib. Macerata, sent. n. 775/2024). In pratica, se un intervento dentistico riesce male per imperizia del medico ed era anche carente il consenso informato, il paziente verrà indennizzato principalmente per le conseguenze dell’errore medico; l’assenza di adeguata informazione può aggiungersi come ulteriore profilo di colpa professionale, ma per ottenere un risarcimento aggiuntivo il paziente deve dimostrare che, se correttamente informato, avrebbe verosimilmente rifiutato di sottoporsi a quel trattamento (evitando così il danno). Il consiglio, in ogni caso, è di pretendere sempre spiegazioni chiare e complete dal proprio dentista: il dovere di informare non è una mera formalità, ma parte integrante della buona pratica medica e oggi anche un obbligo sancito dalla legge (Legge n.219/2017 sul consenso informato). Un paziente consapevole (volenti non fit iniuria, “a chi acconsente non è fatto torto”) può prendere decisioni ponderate e ridurre il rischio di spiacevoli sorprese, mentre un medico che omette di informare si espone a conseguenze giuridiche oltre che deontologiche.
Cliniche odontoiatriche e responsabilità della struttura – Spesso le cure dentistiche vengono erogate non dal singolo professionista nel proprio studio individuale, ma da centri medici o catene di cliniche odontoiatriche. In questi casi, in caso di errore, ci si chiede: la struttura sanitaria è responsabile insieme al dentista? La risposta della giurisprudenza è normalmente affermativa, sulla base del principio che la struttura (ospedale, clinica o centro medico) risponde a titolo contrattuale per le prestazioni sanitarie fornite ai pazienti, anche per fatti commessi dai propri medici o collaboratori. Tuttavia, una sentenza innovativa della Cassazione ha precisato un limite importante: se la struttura si è limitata a concedere in locazione gli spazi e le attrezzature a un medico (o a una società di medici) che opera in modo del tutto autonomo, senza alcun rapporto di collaborazione o dipendenza, allora la struttura non può essere ritenuta responsabile per gli errori del professionista. È il caso, ad esempio, di un centro polispecialistico che affitta uno studio a un dentista esterno: se il paziente si rivolge direttamente a quel dentista (pagando il compenso a lui e non alla clinica) e la clinica fornisce solo il luogo e magari i macchinari, non si instaura un contratto di cura tra paziente e struttura. In tale scenario manca quel vincolo giuridico in forza del quale la clinica garantisce la prestazione sanitaria, per cui l’unico responsabile per eventuali danni resta il medico che ha trattato il paziente. La Cassazione (Cass. civ., Sez. III, ord. n. 8163/2025) ha quindi escluso la responsabilità di una casa di cura privata nel caso di un intervento eseguito da un odontoiatra in locali concessi in locazione alla società di quest’ultimo: la mera messa a disposizione di locali e strumenti non comporta un obbligo di garanzia a carico della clinica verso i pazienti del medico ospite. Di conseguenza, il paziente che subisce un danno in una situazione simile potrà rivalersi sul dentista (e sulla sua assicurazione professionale), mentre la struttura potrà essere chiamata in causa solo se emerge che aveva assunto specifici obblighi verso quel paziente. Attenzione: questa decisione vale in situazioni particolari di rapporto contrattuale assente o molto labile tra paziente e struttura. Nella maggior parte dei casi concreti, invece, le cliniche odontoiatriche vengono pubblicizzate come erogatrici del servizio e il paziente paga la società proprietaria della clinica: in tali ipotesi si configura un vero contratto di prestazione sanitaria tra paziente e struttura, il che comporta responsabilità solidale della clinica per gli errori dei medici di cui si avvale. In ogni caso, il principio affermato dalla Cassazione nel 2025 ha destato molto interesse: le cliniche che operano tramite professionisti con contratti di collaborazione o di locazione cercheranno probabilmente di far leva su questa interpretazione per limitare le proprie responsabilità. Dal punto di vista del paziente, però, resta fermo che chi sbaglia paga: sarà cura del legale individuare correttamente i soggetti tenuti al risarcimento (dentista, struttura e eventuali altri corresponsabili), alla luce del tipo di organizzazione in cui è avvenuto il trattamento.
Errori gravi e responsabilità penale del dentista – Finora abbiamo considerato la responsabilità civile, finalizzata a ottenere un risarcimento dei danni subiti dal paziente. Ma un errore medico particolarmente grave in ambito odontoiatrico può avere anche risvolti penali. In Italia, il dentista – essendo a tutti gli effetti un medico chirurgo – può rispondere del reato di lesioni colpose (art. 590 cod. pen.) se, per imperizia, negligenza o imprudenza, causa al paziente una lesione personale rilevante. Nei casi più tragici (ad esempio decesso del paziente per complicanze evitabili) potrebbe configurarsi persino il reato di omicidio colposo. La legge italiana (in particolare la Legge 8 marzo 2017, n.24, cosiddetta “Legge Gelli-Bianco”) ha introdotto una disciplina specifica per la responsabilità penale del medico: oggi il sanitario che si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate risponde penalmente solo in caso di colpa grave. Ebbene, una recente sentenza della Cassazione ha evidenziato come anche un dentista possa essere chiamato a rispondere penalmente se commette errori macroscopici durante interventi tutt’altro che eccezionali. Nella vicenda esaminata (Cass. pen., Sez. IV, sent. n. 22474/2025), un odontoiatra esperto aveva eseguito un’estrazione di un dente del giudizio inferiore in condizioni anatomiche delicate ma non rare: la radice del dente era molto vicina al canale mandibolare dove decorre il nervo alveolare inferiore (situazione riscontrabile con discreta frequenza). Nonostante ciò, durante l’intervento il dentista lesionava gravemente il nervo linguale del paziente, causandogli una parestesia permanente (perdita di sensibilità) alla lingua e ad altre zone innervate. I periti nominati in giudizio hanno concluso che l’errore tecnico nell’esecuzione era evitabile e dovuto a imperizia grave, dato che una corretta tecnica estrattiva avrebbe dovuto prevenire la lesione in un caso simile. La Corte di Cassazione ha confermato la responsabilità del medico: l’operazione non presentava caratteristiche di eccezionalità ed era pienamente alla portata di un professionista con la sua esperienza, quindi l’aver causato un danno così serio configura colpa grave. Il dentista, nel suo ricorso, ha tentato di difendersi sostenendo di aver operato con diligenza e che la complicanza fosse dovuta alla particolare complessità del caso, ma gli argomenti non hanno convinto i giudici. In assenza di linee guida specifiche sul punto, è stato il giudizio tecnico esperto a stabilire il parametro di diligenza: quell’estrazione rientrava in interventi di routine per un chirurgo orale, e l’errore commesso è stato ritenuto inescusabile. Da notare che, nel caso concreto, il reato risultava prescritto al momento della decisione finale (poiché erano trascorsi molti anni dai fatti del 2011), ma la Cassazione ha comunque confermato la condanna del dentista a risarcire i 15.000 euro alla parte civile (il paziente) e soprattutto ha affermato un principio di diritto. In ambito odontoiatrico, quindi, l’imperizia grave su interventi ordinari è suscettibile di sanzione penale. Ciò ha un duplice rilievo: da un lato il paziente vittima di gravi errori può percorrere anche la via della denuncia penale, dall’altro i professionisti sono avvisati che non possono giustificarsi invocando generiche complicanze o situazioni urgenti se tali circostanze non sono concretamente provate e se l’errore risulta grossolano. La sfera penale serve in questi casi anche da monito: la salute del paziente deve essere tutelata con la massima attenzione, e gli standard di diligenza non possono abbassarsi di fronte a superficialità o leggerezze operative.
In conclusione, le evoluzioni più recenti in materia di responsabilità odontoiatrica vanno tutte nella direzione di rafforzare la tutela del paziente danneggiato e di responsabilizzare ulteriormente i professionisti sanitari. Chi subisce un danno da errore dentistico – sia esso un danno fisico, funzionale o estetico – ha oggi a disposizione principi giuridici più chiari per far valere i propri diritti in sede civile (e ottenere il risarcimento dei danni) e, nei casi più gravi, anche in sede penale. Allo stesso tempo, queste pronunce offrono indicazioni preziose anche ai medici odontoiatri e alle strutture sanitarie: rispettare con rigore gli obblighi informativi, mantenere elevati standard tecnico-professionali ed evitare di cimentarsi imprudentemente in procedure al di fuori della propria competenza non è solo buona pratica, ma l’unico modo per scongiurare conseguenze legali.
“La salute è il primo dovere della vita”, ricordava Oscar Wilde. Non bisogna mai sottovalutare un danno subito durante cure dentistiche: il paziente ha il diritto di pretendere qualità nelle prestazioni e, se qualcosa va storto, di ottenere giustizia. Se ritieni di aver subito un danno da un trattamento odontoiatrico scorretto, che sia per imperizia del dentista, per negligenza di una clinica o per carente informazione, non esitare a rivolgerti allo Studio Legale MP. Valuteremo con professionalità il tuo caso fornendoti consulenza personalizzata e assistenza legale completa per tutelare i tuoi diritti e ottenere il giusto risarcimento. Il nostro Studio vanta esperienza nel campo della responsabilità medica e malasanità odontoiatrica: sapremo indicarti la strada migliore per far valere le tue ragioni, perché la tutela della tua salute e dei tuoi diritti è la nostra priorità. Contattaci subito per una prima valutazione del caso e scopri come possiamo aiutarti a ottenere giustizia e compenso per il torto subito.
Avv. Marco Panato, avvocato del Foro di Verona e Dottore di Ricerca in Diritto ed Economia dell’Impresa – Discipline Interne ed Internazionali - Curriculum Diritto Amministrativo (Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Verona).
E' autore di pubblicazioni scientifiche in materia giuridica, in particolare nel ramo del diritto amministrativo. Si occupa anche di docenza ed alta formazione.