Tra gli strumenti di cui dispone la Pubblica Amministrazione per tutelare le proprie ragioni creditizie e indurre il contribuente a onorare i suoi obblighi verso l’erario, spicca il provvedimento di fermo, applicato con larga frequenza anche a motocicli o altri veicoli di piccola cilindrata, dal valore economico talora irrisorio in ragione dello stato d’usura o degli ingenti danni che li riguardano.
L’italiano medio nutre per la propria auto un affetto talora sconfinato, quasi intravvedesse in questi ammassi di lamiera su ruota degli esseri senzienti financo dotati di un’autentica vita spirituale. In realtà, non sono altro che delle carrette motorizzate, per lo più molto inquinanti, munite di dispositivi superflui e di una ridicola performatività, che le porta a sviluppare una velocità superiore ai 100 Km/h in pochissimi secondi, per poi ritrovarsi immancabilmente bloccate nel traffico o in coda a un semaforo. E la pietà che ispira una Ferrari inchiodata al semaforo è pari solo a quella che un uomo dagli onesti sentimenti può prova per il rispettivo proprietario.
Questo feticismo per l’automobile, o per altri veicoli, è noto all’Amministrazione, la quale, ben sapendo di toccare un nervo scoperto, laddove il contribuente non ottemperi ai propri obblighi verso il Fisco, applica con alta frequenza un fermo amministrativo al mezzo tanto amato, impedendo al titolare di circolare fino a quando non abbia corrisposto il quantum dovuto.
Le più volte, lo sfortunato evasore, privato di una delle cose a cui più tiene nella sua triste vita terrena, stracciate le vesti, corre a versare quanto gli è richiesto. Ce lo immaginiamo il poverino: emaciato, contrito, con gli occhi stralunati, arruffati i radi capelli, paga tutto fino all’ultimo centesimo, ansioso di tornare a ingrossare il traffico e a inquinare il mondo col suo veicolo.
Questo è quanto accade solitamente. Epperò l’umanità è varia, e non si può escludere che, al ricorrere di certi presupposti, sull’affetto per il proprio mezzo prevalga un cinico e freddo calcolo economico.
Non è rara l’evenienza che destinatario del provvedimento sia un veicolo datato, dallo scarsissimo valore economico e danneggiato in più punti. In quel caso, riscattare la vettura o il motociclo può significare corrispondere all’erario una somma di gran lunga superiore al prezzo del mezzo. A ciò si aggiungono le spese di mantenimento e gestione di quest’ultimo – bollo, assicurazione etc, –, sempre a carico del contribuente per tutta la durata del fermo. Di qui, l’idea più che legittima di procedere alla rottamazione della vettura o del ciclomotore. Per scoprire quando e come questo sia possibile, è però necessario riflettere sulla natura del provvedimento di fermo.
RIFERIMENTI NORMATIVI E NATURA CAUTELARE DEL FERMO AMMINISTRATIVO
Una delle questioni più dirimenti ai fini della felice comprensione di uno strumento denso di implicazioni quale il fermo amministrativo, attiene alla sua natura cautelare. Invero, una chiarificazione dei rapporti tra questo provvedimento e il successivo ed eventuale atto di pignoramento permette di definire incontrastabilmente la natura strumentale del primo rispetto al secondo. Sul punto, giova ripercorrere le più tappe più salienti del fermo amministrativo.
Il fermo amministrativo è un atto con il quale gli enti competenti, quali Comuni, INPS, Regioni etc., "bloccano", generalmente tramite i concessionari della riscossione, un bene mobile del debitore iscritto in pubblici registri, al fine di riscuotere i crediti non pagati riferiti a tributi o tasse o anche sanzioni relative ad infrazioni al Codice della Strada. L’obiettivo è duplice: esercitare una pressione psicologica non secondaria sul debitore, sì da indurlo a pagare; munirsi di una garanzia in caso di insistita inadempienza del debitore.
Il fermo amministrativo è previsto e disciplinato dal d.P.R. n. 602 del 1973. Secondo l’originaria formulazione dell'art. 86, d.P.R. n. 602/1973 e del D.M. n. 503/1998, il fermo aveva natura cautelare: l'amministrazione finanziaria emetteva il fermo solo dopo la ricerca del bene da pignorare da parte del concessionario. In seguito, con la risoluzione n. 20 dell’8 febbraio 2001, l'amministrazione finanziaria aveva equiparato, sul piano degli effetti giuridici, il fermo amministrativo al pignoramento. Tuttavia, con la circolare n. 52/2003, la stessa amministrazione finanziaria ha cambiato indirizzo, riconoscendo al fermo natura cautelare. Da un punto di vista operativo, l’art. 3, al co. 41, del Decreto Legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito nella Legge n. 248/2005, statuisce che il fermo può essere eseguito dal concessionario sui veicoli a motore nel rispetto delle disposizioni contenute nel D.M. n. 503/1998.
In base alle disposizione vigenti, il concessionario può disporre il fermo dei beni mobili del debitore o dei coobbligati iscritti in pubblici registri (PRA), dandone notizia alla direzione regionale delle entrate ed alla regione di residenza.
Concretamente, il fermo si esegue mediante iscrizione, a cura del concessionario, del provvedimento che lo dispone nei registri mobiliari. Quindi, il fermo amministrativo non costituisce un pignoramento dell’auto ma solo una misura cautelare adottata dall’Agente della Riscossione esattoriale.
Infatti, il pignoramento è un atto autonomo a cui si addiviene mediante separata e apposita procedura. Il dato statistico conferma però che l’Esattore procede solo raramente a pignorare l’auto già sottoposta a fermo e questo per evitare un inutile aggravio delle procedure e di costi.
EFFETTI DEL PROVVEDIMENTO DI FERMO
Il fermo sortisce degli effetti per la verità piuttosto intuitivi. Esso determina il temporaneo divieto di circolazione; il divieto di demolizione, esportazione o radiazione del veicolo; il divieto di circolazione e radiazione, anche in caso di vendita del veicolo; l’eventuale vendita forzata del veicolo da parte di Equitalia, in caso di difetto di pagamento. Questi obblighi negativi sono presidiati da un’apposita norma sanzionatoria, segnatamente dall’articolo 214, comma
8, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285., come modificato dalla Legge
132/18, secondo cui << Il soggetto che ha assunto la custodia il quale, durante il periodo in cui il veicolo e' sottoposto al fermo, circola abusivamente con il veicolo stesso o consente che altri vi circolino abusivamente e' punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.988 a euro 7.953. Si applicano le sanzioni amministrative accessorie della revoca
della patente e della confisca del veicolo. L'organo di polizia
dispone l'immediata rimozione del veicolo e il suo trasporto presso uno dei soggetti di cui all'articolo 214-bis. Il veicolo e' trasferito in proprieta' al soggetto a cui e' consegnato, senza oneri per l'erario >> .
Ma se, da previsione generale, il fermo fiscale impedisce di utilizzare il veicolo e anche di poterlo rottamare, almeno fino all’intervenuto pagamento del debito, vi è pure una prassi ben consolidata, razionalizzata da codicilli e circolari ARI, che ammette la possibilità della demolizione al ricorrere di certuni presupposti.
Infatti, il divieto di radiazione dei veicoli con fermo amministrativo, secondo quanto riportato dall’ACI, non si applica: quando
il veicolo ha subito danni ingenti o è andato distrutto (per es. per incendio,
incidente stradale, calamità naturale ecc.). A tal uopo occorre allegare alla richiesta la dichiarazione di un’autorità pubblica competente attestante la non utilizzabilità
del veicolo; in caso di richiesta proveniente da altra Pubblica Amministrazione o certificato di rottamazione con data antecedente all’iscrizione del fermo
amministrativo oppure ancora di nulla osta alla demolizione rilasciata dallo stesso Concessionario che ha iscritto il fermo amministrativo.
DICHIARAZIONE DI NON UTILIZZABILITA’
Come testé acclarato, una delle ipotesi di deroga al divieto di rottamazione è quella in cui il veicolo sottoposto a sequestro abbia subito danni ingenti o sia andato distrutto. In tal caso, ai fini dello smaltimento, è richiesta un’autorizzazione di non utilizzabilità, da richiedersi, stando alle direttive ACI, a una non meglio precisata “pubblica autorità”. Quest’ultima viene solitamente individuata nella Polizia Municipale, in ragione della prossimità al territorio del suo servizio e del quotidiano contatto con veicoli incidentati o da destinarsi a rottamazione.
La procedura, che deve essere inserita dal Comune come servizio a domanda individuale, si compone di alcuni passaggi l’interessato richiede il rilascio di attestazione al Comando della Polizia Municipale, che si accerta, presso il competente Pubblico Registro, se la P.M. è individuata quale Autorità Competente ai sensi della circolare, dell’ACI prot. 11454 del 16 settembre
2009 e che il rilascio di tale certificazione sia inclusa tra i servizi a domanda individuale dell’Ente o altro ufficio individuato. Dipoi il Comando della Polizia Municipale effettua un sopralluogo per valutare le condizioni del veicolo, accertandone l’effettivo stato di inutilizzabilità (accertamento che può essere effettuato sia su area privata che pubblica, evenienza, quest’ultima, nella quale la Polizia Municipale che constata la presenza del veicolo in stato di abbandono deve adoperarsi ad effettuare la procedura di rimozione come stabilito dal D.M. 460/1999 nel caso di area privata procedere ulteriormente a seconda dei casi ed in base alle disposizioni di cui al D.lgs 152/2006 oppure del d.lgs. 209 del 2003). Al termine dell’accertamento, il responsabile potrà rilasciare il certificato di inutilizzabilità del veicolo, su cui andrà attestato che "Il presente certificato non può essere prodotto agli organi
della pubblica amministrazione o ai privati gestori di pubblici servizi".
NULLAOSTA ALLA DEMOLIZIONE RILASCIATA DAL CONCESSIONARIO CHE HA ISCRITTO IL FERMO
Un’altra ipotesi di deroga contemplata dall’ACI consiste nel rilascio di un nullaosta da parte del Concessionario che ha iscritto il fermo amministrativo. Per munirsi di tale autorizzazione, è necessaria un’istanza all’ente, in cui esporre l’interesse del debitore a procedere alla rottamazione, nonché l’assenza di un contro-interesse in capo all’Amministrazione: se il mezzo è danneggiato in più parti, ha un esiguo valore di mercato e la sua liquidazione non coprirebbe neanche marginalmente l’ammontare del credito, è evidente che il diniego del nullaosta sarebbe pretestuoso e non potrebbe in alcun modo trovare una legittima giustificazione.
La previsione di questa ulteriore ipotesi derogatoria pare avere un valore residuale, in quanto fornisce all’interessato uno strumento aggiuntivo con cui addivenire allo smaltimento del mezzo pure in assenza dei requisiti, per la verità piuttosto stringenti, sottesi alle altre ipotesi derogatorie. Al contempo, si valorizza il ruolo della PA, cui è riconosciuta la prerogativa di subordinare la demolizione del veicolo a un atto da questa emesso, così da favorire un felice bilanciamento tra gli interessi del debitore e del creditore.
SOSPENSIONE DEL FERMO
Nella prassi si è ripetutamente posto il problema di addivenire a un compromesso tra le pretese dell’Amministrazione e le quotidiane esigenze del debitore, il quale, al di là delle pendenze verso l’erario, non può venire privato, in ragione dell’applicazione del fermo amministrativo, dei mezzi necessari all’esercizio della sua attività professionale o imprenditoriale. Di qui la soluzione mediana per la quale un veicolo di cui il contribuente si serve tuttodì nell’espletamento della sua professione può essere sì assoggettato a fermo, ma l’amministrato seguita ad avvalersene, salvo però il divieto di alienazione e rottamazione. Va da sé che a carico del contribuente insista l’onere di provare la strumentalità del mezzo rispetto alla propria attività, che pertanto sarà senz’altro iscritto nel registro dei beni ammortizzabili. Tale strumentalità, giova ribadirlo, deve essere riferita al lavoro e non alla persona del contribuente
CONCLUSIONE
Vedere il proprio veicolo stretto dalle ganasce fiscali è per molti uno spettacolo capace di agitare le passioni primarie. Ma se da un lato c’è chi, pur di redimere il tanto amato veicolo, verserebbe prontamente all’erario quanto dovuto, dall’altro c’è chi, fatti quattro conti, non esiterebbe a recitare il de profundis per il proprio mezzo, destinandolo, al ricorrere dei presupposti descritti sopra, alla rottamazione. Quest’iniziativa, i cui costi sono tutti a carico del debitore, non estingue ovviamente il debito che il cittadino ha verso l’erario, ma permette a questo di trovare ristoro nel risparmio dei costi di gestione e nella cancellazione del fermo dal veicolo demolendo, fermo che sarà applicato eventualmente a un altro mezzo. Non v’è inoltre dubbio che la rottamazione di un veicolo con i requisiti sopra descritti abbia un effetto catartico nell’interessato, che, per quanto rimanga debitore verso l’erario, può liberarsi di un ferrovecchio e delle relative infruttifere spese. Il fermo amministrativo è un provvedimento che può influenzare significativamente la vita dei cittadini italiani, in particolare quando si tratta di gestire debiti verso l'erario. Comprendere le implicazioni legali e le possibilità di risoluzione, come la rottamazione dei veicoli, è fondamentale per affrontare queste situazioni con maggiore consapevolezza. Per coloro che si trovano a fronteggiare un fermo amministrativo, esplorare le alternative disponibili può rappresentare una soluzione efficace per liberarsi dai costi di gestione e dai vincoli legali. Investire tempo per informarsi sulle procedure di fermo e sulle opportunità di riacquisto o rottamazione può portare a decisioni più vantaggiose e a una gestione più serena della propria situazione finanziaria.
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