Molti risparmiatori scoprono troppo tardi che i loro Buoni Fruttiferi Postali sono “prescritti”, ovvero scaduti da oltre dieci anni e non più esigibili. Negli ultimi anni, però, la giurisprudenza ha aperto importanti spiragli a favore dei consumatori: in assenza di adeguata informazione sulla scadenza, Poste Italiane può essere chiamata a rispondere del danno, permettendo di recuperare le somme investite. In questo articolo esamineremo il quadro normativo sulla prescrizione dei buoni postali, le sentenze più recenti del 2024–2025 e i passi da seguire per far valere i propri diritti
I Buoni Fruttiferi Postali (BFP) sono strumenti di risparmio emessi da Poste Italiane che, per legge, si prescrivono dopo 10 anni dalla scadenza. Questo significa che il diritto al rimborso del buono decade trascorsi dieci anni dal termine fissato per la sua durata. Tale regola è stata introdotta dall’art. 8 del D.M. 19 dicembre 2000, che ha innovato la disciplina precedente. In passato, infatti, si applicava il Testo Unico del 1973 (D.P.R. 156/1973, art. 176) che prevedeva termini più lunghi e calcolati su base annuale. Oggi, invece, il dies a quo – ovvero il momento da cui decorre il termine di prescrizione – coincide esattamente con la data di scadenza del buono.
Una recente pronuncia della Cassazione civile ha chiarito definitivamente questo punto: il termine decennale di prescrizione inizia a decorrere dalla data esatta di scadenza del titolo, non dal 1° gennaio dell’anno successivo né da altre date fisse. In particolare, la Corte Suprema (Cass. civ., Sez. I, ord. n. 29662/2024, 19.11.2024) ha confermato che la norma del D.M. 19.12.2000 si applica anche ai buoni emessi prima di tale decreto (purché non fossero già prescritti secondo la disciplina previgente), uniformando così il regime di tutti i buoni postali ancora rimborsabili. In pratica, se ad esempio un Buono è scaduto il 10 giugno 2012, il risparmiatore aveva tempo fino al 10 giugno 2022 per chiederne il rimborso: oltre tale data il credito è prescritto e il capitale, per legge, è devoluto al cosiddetto Fondo depositi dormienti.
È importante sottolineare che la prescrizione cancella il diritto al rimborso diretto del buono: presentandosi agli sportelli postali dopo dieci anni dalla scadenza, l’ufficio può legittimamente rifiutare il pagamento. Tuttavia, come vedremo, questo non significa sempre perdere definitivamente le proprie somme – soprattutto quando c’è stata poca chiarezza sulle informazioni relative alla scadenza.
“Dormientibus non succurrit ius” recita un antico brocardo: la legge non assiste chi dorme sui propri diritti. Nel caso dei buoni postali, però, spesso i risparmiatori non sono stati affatto messi nelle condizioni di attivarsi in tempo. Proprio per questo esiste uno specifico obbligo informativo a carico dell’emittente (Poste Italiane). Fin dal 2000 la normativa (artt. 3 e 6 del D.M. 19.12.2000) impone a Poste di consegnare al sottoscrittore un Foglio Informativo Analitico (FIA), contenente tutte le condizioni del buono, compresa la data di scadenza e i termini di prescrizione. Inoltre, sulle nuove emissioni, il termine di scadenza dovrebbe essere indicato chiaramente sul titolo stesso. Lo scopo è garantire trasparenza e consapevolezza: il risparmiatore deve sapere fino a quando può riscuotere il suo investimento.
In realtà, molte persone hanno sottoscritto buoni fruttiferi senza ricevere adeguate informazioni. In passato non era raro che sui buoni cartacei non fossero riportate chiaramente le date di fine validità, né veniva sempre consegnato materiale informativo dettagliato. A volte ci si affidava a generiche avvertenze in Gazzetta Ufficiale o a documenti disponibili presso gli uffici postali, fonti che il piccolo risparmiatore medio difficilmente consulta. Questa asimmetria informativa ha fatto sì che tanti cittadini, convinti della sicurezza del proprio investimento, ignorassero del tutto l’esistenza di un termine oltre il quale il buono perderebbe valore.
Vale la pena evidenziare che fornire al cliente informazioni complete al momento della sottoscrizione non è una gentilezza facoltativa, ma un vero obbligo legale per l’emittente. La mancata consegna del Foglio Informativo o la mancata indicazione della scadenza costituisce una violazione dei doveri di correttezza e trasparenza contrattuale. Di conseguenza, quando questo obbligo viene disatteso, si apre la strada a una possibile responsabilità in capo a Poste Italiane per gli eventuali pregiudizi subiti dal cliente ignaro.
Negli ultimi tempi si è affermato un principio fondamentale: se il risparmiatore non è stato informato adeguatamente sulla scadenza del buono, la perdita del capitale per prescrizione non può ricadere sulle sue spalle. Diversi provvedimenti giurisprudenziali (ma non tutti!) hanno dato ragione ai titolari di buoni prescritti, riconoscendo loro un diritto al risarcimento del danno. In altri termini, pur essendo vero che il rimborso del buono è ormai precluso per legge, Poste Italiane può essere condannata a risarcire l’equivalente (talora coincidente con capitale e interessi) a titolo di responsabilità civile. Vediamo come si è sviluppata la giurisprudenza sul punto.
Una decisione pionieristica è arrivata dal Giudice di Pace di Palermo (sent. n. 1265/2024), che ha affermato chiaramente questo concetto: la prescrizione del titolo non impedisce di ottenere un risarcimento se si prova che Poste non ha adempiuto agli obblighi informativi. In quel caso il giudice ha ritenuto Poste responsabile per aver causato, con la propria omissione, la perdita delle somme investite dal cliente, il quale ignorava la data di scadenza.
Sulla stessa linea si è posto il Tribunale di Pavia (sent. n. 144/2024), in una vicenda che ha fatto molto discutere. Un risparmiatore pavese, titolare di buoni a termine di breve durata emessi nel 2006, si era visto negare il rimborso perché i titoli erano stati incassati solo nel 2020, oltre il decennio dalla scadenza. Ebbene, il Tribunale ha condannato Poste Italiane a risarcirlo per circa 15.000 €, riconoscendo che non aveva mai ricevuto il Foglio Informativo Analitico con indicate chiaramente durata e scadenza dei buoni. In pratica, il giudice ha stabilito che la mancata consegna del FIA costituiva un inadempimento imputabile a Poste, dal quale era derivato il danno della prescrizione: il cliente, non sapendo della scadenza ravvicinata, non aveva riscosso in tempo.
È fondamentale notare che in queste pronunce il diritto fatto valere dal risparmiatore non è più quello al rimborso del buono, ormai estinto, ma un diverso diritto al risarcimento del danno. Tecnicamente, si parla di responsabilità da inadempimento contrattuale oppure di responsabilità extracontrattuale per violazione di obblighi informativi (le qualificazioni giuridiche possono variare). Ciò che conta, ai fini pratici, è che i giudici hanno individuato una colpa di Poste Italiane e l’hanno obbligata a rifondere il cliente della perdita economica subita. Il risarcimento, in questi casi, tende a coincidere con l’importo che si sarebbe ottenuto riscattando in tempo il buono, comprensivo di eventuali interessi maturati.
L’evoluzione favorevole ai risparmiatori ha spinto Poste Italiane a contrastare tali orientamenti nelle sedi superiori, fino a portare il caso davanti alla Corte di Cassazione. Con l’ordinanza interlocutoria Cass. civ., Sez. I, n. 18829/2025 (10 luglio 2025), la Suprema Corte ha riconosciuto l’importanza e la delicatezza della questione, disponendo addirittura la trattazione in pubblica udienza. Si tratta di un fatto significativo: di solito la Cassazione decide in camera di consiglio, ma qui ha ritenuto necessario un dibattito pubblico, segno che la materia è nuova, complessa e con implicazioni per migliaia di casi analoghi in tutta Italia. “La giustizia ritardata è giustizia negata.” – William E. Gladstone. L’auspicio è che la Cassazione, con una sentenza definitiva (attesa nei prossimi mesi), faccia chiarezza una volta per tutte su come debbano comportarsi Poste e quali siano i diritti dei risparmiatori in simili frangenti.
Nell’ordinanza del luglio 2025, la Cassazione ha messo a fuoco il quesito centrale: il mancato adempimento dell’obbligo informativo da parte di Poste Italiane può configurare una responsabilità tale da obbligare l’ente al pagamento di quanto dovuto sui buoni prescritti? In assenza di precedenti di legittimità, finora la giurisprudenza di merito si è divisa. Per esempio, la Corte d’Appello di Milano (sent. n. 1128/2025 del 9.4.2025) ha confermato la condanna di Poste al risarcimento, ribadendo che solo la consegna diretta al cliente del Foglio Informativo garantisce un pieno adempimento degli obblighi di trasparenza; né la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale né l’affissione di fogli informativi in ufficio postale possono sostituirsi all’informativa individuale. Di contrario avviso, ma sempre in senso favorevole al risparmiatore, è la Corte d’Appello di Napoli (sent. n. 5049/2023): in questo caso i giudici partenopei sono andati oltre, ritenendo che, poiché il risparmiatore non era stato informato, il termine di prescrizione non avesse nemmeno iniziato a decorrere. La Corte di Napoli ha dunque considerato ancora valido il diritto al rimborso e ha condannato Poste Italiane a pagare l’intero importo dei buoni, con interessi e rivalutazione, come se non fossero mai prescritti.
Di fronte a pronunce così difformi (risarcimento del danno da un lato, rimborso integrale dall’altro), la Cassazione ha ritenuto necessario intervenire. Nell’ordinanza 18829/2025 vengono elencati i motivi di ricorso avanzati da Poste Italiane: tra questi, la tesi che sarebbe stato onere dei risparmiatori provare di non aver ricevuto il Foglio Informativo (art. 2697 c.c.), l’asserita colpa degli stessi clienti per non aver “letto” le informazioni disponibili altrove (art. 1227 c.c. sul concorso di colpa) e l’idea che la prescrizione decorra comunque a prescindere dalla conoscenza effettiva (art. 2935 c.c.). La Suprema Corte, per ora, non ha sposato nessuna di queste tesi né deciso nel merito; si è limitata a sottolineare la “eterogeneità delle decisioni di merito finora pronunciate” e la necessità di un principio di diritto uniforme. È attesa quindi una sentenza nomofilattica (cioè chiarificatrice per tutte le cause analoghe) che potrebbe consolidare il diritto al risarcimento per i buoni prescritti senza informativa, sancendo definitivamente l’obbligo di consegnare il Foglio Informativo e la responsabilità di Poste in caso di omissione.
Cosa deve fare in concreto un risparmiatore che scopre di avere in mano un buono fruttifero ormai scaduto e rifiutato da Poste? Prima di tutto, non rassegnarsi immediatamente. È fondamentale verificare se al momento della sottoscrizione si erano ricevute tutte le informazioni dovute. In particolare: hai una copia del Foglio Informativo Analitico dell’epoca? Sul buono è chiaramente riportata la data di scadenza? Hai ricevuto avvisi o comunicazioni da parte di Poste in prossimità della scadenza? Spesso la risposta è negativa. In tal caso, vale la pena approfondire la possibilità di azione.
Il passo iniziale consigliabile è inviare un reclamo scritto a Poste Italiane, contestando il mancato rimborso. Nella lettera andrebbe specificato che si ritiene di non aver ricevuto adeguata informativa sulla scadenza e che si chiede pertanto un riesame della posizione. È difficile che Poste accolga spontaneamente il reclamo (anche perché significherebbe ammettere la propria responsabilità), ma è un passaggio utile e talvolta necessario per tentare una soluzione stragiudiziale. Inoltre, il reclamo interrompe formalmente i termini di prescrizione del diritto al risarcimento, che – ricordiamo – è di 5 anni dal giorno in cui si è venuti a conoscenza del danno (tipicamente, la data del rifiuto di rimborso da parte di Poste).
Successivamente, se il reclamo non ottiene risposta soddisfacente, ci si può rivolgere (in alcuni casi) all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) o direttamente all’autorità giudiziaria. L’ABF, organo indipendente di risoluzione delle controversie bancarie/postali, negli ultimi anni ha esaminato numerosi ricorsi in materia di buoni prescritti: in alcuni casi ha dato ragione ai risparmiatori, anche se le decisioni dell’ABF non sono vincolanti come una sentenza. Spesso, per ottenere il giusto indennizzo, è stato necessario intraprendere una causa civile vera e propria.
È qui che diventa cruciale l’assistenza di un legale esperto in materia bancaria e finanziaria. Un avvocato potrà valutare il caso concreto, controllare la documentazione disponibile e impostare la strategia migliore. Importante sarà raccogliere tutte le prove possibili: il buono originale, eventuali pieghevoli informativi consegnati (spesso assenti), corrispondenza avuta con Poste, testimonianze di familiari o terzi sulla mancanza di informazioni, ecc. In giudizio, come visto, diversi tribunali hanno ritenuto sufficiente che il risparmiatore allegasse di non aver ricevuto l’informativa; spetta poi a Poste dimostrare il contrario. Questa inversione dell’onere della prova è un aspetto favorevole su cui puntare, emerso chiaramente in alcune sentenze (ad esempio, Corte d’Appello di Napoli 5049/2023).
Va sottolineato che ogni caso ha le sue particolarità. Ci sono state situazioni in cui, effettivamente, il Foglio Informativo era stato consegnato o la scadenza era indicata, e in tali ipotesi è molto più difficile ottenere qualcosa. Ma laddove emergano carenze informative documentabili, la chance di successo è concreta, alla luce dei più recenti orientamenti. Ci sono anche casi, tuttavia, dove rimborso e risarcimenti vengono negati, anche dai Giudici.
In definitiva, il messaggio che arriva dalla giurisprudenza più aggiornata è chiaro: avere un buono fruttifero postale prescritto non sempre significa dire addio ai propri risparmi. Se Poste Italiane non ha rispettato gli obblighi di informazione, il risparmiatore ha dalla sua parte nuovi strumenti giuridici per chiedere giustizia. Si sta formando un consenso nei tribunali sul fatto che la tutela del cliente debba prevalere sulla rigidità formale della prescrizione, quando il cliente stesso non è stato messo in grado di conoscere le regole del gioco. Attendiamo la pronuncia risolutiva della Cassazione, che probabilmente consacrerà questo orientamento, uniformando le soluzioni a livello nazionale.
Nel frattempo, è importante non perdere altro tempo: chi si trova in questa situazione dovrebbe attivarsi il prima possibile, consultare un professionista ed evitare di subire passivamente la perdita. La conoscenza dei propri diritti è il primo passo per proteggerli. Come dimostrano i casi portati all’attenzione dei giudici, informarsi e agire possono fare la differenza tra un investimento completamente perso e una somma recuperata, sia pure a titolo di risarcimento.
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Avv. Marco Panato, avvocato del Foro di Verona e Dottore di Ricerca in Diritto ed Economia dell’Impresa – Discipline Interne ed Internazionali - Curriculum Diritto Amministrativo (Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Verona).
E' autore di pubblicazioni scientifiche in materia giuridica, in particolare nel ramo del diritto amministrativo. Si occupa anche di docenza ed alta formazione.