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Bullismo a Scuola e Responsabilità Legale: novità su Prevenzione, Sanzioni e Risarcimenti - Studio Legale MP - Verona

Dalle nuove norme anti-bullismo alle sentenze che segnano la linea dura contro le prevaricazioni: un’analisi giuridica su obblighi di vigilanza, sanzioni scolastiche e tutela risarcitoria delle vittime.

 

Introduzione: Il Valore della Scuola e la Sfida del Bullismo

La scuola dovrebbe essere un luogo sicuro di crescita e formazione per ogni giovane. “Chi apre la porta di una scuola chiude una prigione”, ricordava Victor Hugo, sottolineando come l’istruzione sia baluardo fondamentale per la società. Eppure, il fenomeno del bullismo scolastico – incluse le sue forme moderne come il cyberbullismo – mina questa sicurezza e può trasformare l’esperienza scolastica in un incubo per troppi studenti. Negli ultimi anni l’attenzione del legislatore e della giurisprudenza italiana verso questo problema è aumentata in modo esponenziale, con nuove norme emanate e pronunce giudiziarie esemplari volte sia a prevenire gli abusi sia a sanzionare severamente comportamenti violenti o vessatori.

Il risultato è un complesso di regole e decisioni che inviano un messaggio chiaro: tolleranza zero verso il bullismo. In quest’ottica, analizzeremo tre aspetti fondamentali del diritto scolastico contemporaneo in materia di bullismo: (1) gli obblighi di prevenzione e la vigilanza che le scuole devono esercitare, alla luce anche della recente legge anti-bullismo del 2024; (2) la responsabilità civile delle istituzioni scolastiche per i danni subiti dalle vittime di bullismo, secondo gli orientamenti giurisprudenziali più recenti; (3) il ruolo della giustizia amministrativa nel valutare la legittimità delle sanzioni disciplinari adottate verso gli studenti autori di atti di bullismo.

 

Sezione 1: Prevenzione del bullismo e dovere di vigilanza della scuola

Il primo fronte di contrasto al bullismo è la prevenzione, ambito in cui sono intervenute importanti novità normative nel 2024. La legge 17 maggio 2024 n. 70, infatti, ha introdotto misure organiche di prevenzione e contrasto del bullismo e cyberbullismo, riconoscendo la gravità del fenomeno e rafforzando i doveri posti in capo alle istituzioni scolastiche. Tra le principali novità vi è l’obbligo, per ogni istituto, di adottare un codice interno antibullismo, nonché la possibilità di istituire servizi di supporto psicologico per gli studenti. Inoltre, viene prevista una formazione mirata del personale docente e sono stanziate risorse per campagne di sensibilizzazione. Particolarmente significativo è l’obbligo del dirigente scolastico che venga a conoscenza di episodi di bullismo, di informare tempestivamente i genitori dei minori coinvolti e di attivare le procedure previste dalle linee guida ministeriali, promuovendo adeguate iniziative educative. Tali obblighi normativi sottolineano come la scuola sia chiamata non solo a istruire, ma anche a proteggere e educare alla cittadinanza, intervenendo attivamente per prevenire dinamiche aggressive tra pari.

Dal punto di vista civilistico, questo quadro normativo si collega al tradizionale dovere di vigilanza che grava sui docenti e sull’istituzione scolastica. Giuridicamente, l’ingresso di un minore a scuola determina un “vincolo di protezione” e un rapporto giuridico specifico: la scuola (e per essa i docenti) assume obblighi di custodia e tutela similari a quelli dei genitori durante l’orario scolastico. Ciò trova fondamento nell’art. 2048 del Codice Civile (Responsabilità dei precettori e maestri), che prevede una responsabilità presunta in capo a docenti e istituti per i fatti dannosi commessi dagli allievi o da essi subiti in ambito scolastico, salvo prova di aver adeguatamente vigilato. In altre parole, la scuola è tenuta ad adottare tutte le misure ragionevoli per prevenire prevedibili situazioni di prevaricazione o violenza: dalla sorveglianza attiva degli spazi comuni, all’ascolto dei segnali di disagio, fino all’attuazione di interventi disciplinari tempestivi. Certo, nemo tenetur ad impossibilia – nessuno può essere tenuto a fare l’impossibile – e la legge non pretende che i docenti abbiano doti sovrumane nel prevenire qualsiasi sopruso. Tuttavia, è richiesta una diligenza particolare, proporzionata al ruolo educativo e all’affidamento dei minori alla loro custodia.

La combinazione di nuovi obblighi normativi e principi civilistici preesistenti delinea dunque un rigoroso dovere di vigilanza: ogni scuola deve farsi carico proattivamente di creare un ambiente sicuro. In caso contrario, oltre alle sanzioni disciplinari verso i responsabili, l’istituzione scolastica stessa potrà essere chiamata a risponderne in sede civile per omessa vigilanza, come vedremo nella sezione seguente.

 

Sezione 2: Responsabilità civile della scuola e tutela risarcitoria delle vittime

Quando la prevenzione fallisce e si verificano atti di bullismo con conseguenti danni a un alunno, scatta la questione cruciale della responsabilità civile dell’istituto scolastico. La giurisprudenza recente ha affermato con forza che chi subisce bullismo a scuola ha diritto al risarcimento dei danni se la scuola non ha adottato le necessarie precauzioni per impedirlo. Una pronuncia emblematica in tal senso è la Corte d’Appello di L’Aquila, sentenza n. 985/2024, relativa al caso di una studentessa oggetto di gravi vessazioni da parte di un compagno. In quel giudizio, i genitori della vittima hanno agito contro l’istituto scolastico chiedendo un risarcimento di circa 70.000 euro per i danni – patrimoniali e non patrimoniali – subiti dalla figlia (stati d’ansia, depressione, costi medici, etc.). La Corte d’Appello, confermando la condanna già inflitta in primo grado alla scuola, ha ritenuto applicabili al caso i principi degli artt. 1218 e 2048 c.c., sancendo la responsabilità contrattuale dell’istituto per aver violato gli obblighi di protezione verso l’allieva, nonché la responsabilità extra-contrattuale da culpa in vigilando dei docenti. In definitiva, l’omessa sorveglianza e intervento efficace da parte della scuola – che era stata informata dei fatti di bullismo e si era limitata a sanzionare blandamente l’aggressore con una sospensione di pochi giorni – ha integrato un inadempimento degli obblighi di tutela, giustificando il risarcimento dei danni in favore della vittima.

Questa pronuncia si inserisce in un orientamento giurisprudenziale solido, per cui l’istituzione scolastica risponde dei danni subiti dall’alunno in quanto parte di un rapporto contrattuale di protezione. La Suprema Corte di Cassazione ha chiarito, ad esempio, che la responsabilità della scuola e dell’insegnante per i danni occorsi ad un alunno durante l’attività scolastica ha natura contrattuale nei confronti dei genitori (che hanno iscritto il figlio a scuola), mentre verso soggetti terzi estranei a tale rapporto resta di natura extracontrattuale. Ciò significa che nei confronti dell’alunno e dei suoi genitori la scuola risponde a titolo contrattuale ex art. 1218 c.c., un regime che di fatto agevola la vittima sul piano probatorio: è sufficiente provare l’inadempimento degli obblighi di vigilanza e il danno subito, mentre spetta eventualmente alla scuola dimostrare di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il fatto (prova liberatoria spesso difficilissima). In parallelo, opera anche la già menzionata presunzione di colpa ex art. 2048 c.c. a carico dei docenti, anch’essa superabile solo dimostrando di “non aver potuto impedire il fatto” nonostante una vigilanza adeguata.

In sostanza, l’ordinamento predispone un sistema di tutela risarcitoria robusto a favore delle vittime di bullismo scolastico. Se un alunno subisce lesioni fisiche o psicologiche a causa di atti di bullismo, e si accerta che la scuola non ha fatto tutto il possibile per prevenirli o fermarli, potrà ottenere il risarcimento dei danni subiti. Questi comprendono sia i danni patrimoniali (ad es. spese mediche, eventuali ripetizioni scolastiche per il periodo di assenza, etc.) sia i danni non patrimoniali legati alla sofferenza morale, al peggioramento della qualità della vita, alle lesioni di diritti inviolabili come la dignità personale. Le corti, nelle loro valutazioni, tengono conto anche dell’impatto a lungo termine che il bullismo può avere sul percorso di vita di un giovane. Si pensi che, in casi estremi come quelli di suicidio del minore vittima di bullismo, la giurisprudenza ha riconosciuto il risarcimento ai familiari per la perdita del rapporto parentale causata dall’omessa vigilanza scolastica. Senza arrivare a tali tragici esiti, ogni episodio grave di bullismo può dunque tradursi in un procedimento civile contro la scuola, con risvolti sia economici che reputazionali molto rilevanti per l’istituto. Ciò incentiva ulteriormente le scuole ad attivarsi con serietà sul fronte preventivo e disciplinare.

Va infine sottolineato che la responsabilità della scuola si affianca – senza escluderla – a quella individuale dei bulli e dei loro genitori. I minori autori materiali delle prevaricazioni, se ultraquattordicenni, possono essere chiamati essi stessi a rispondere civilmente (e talora penalmente) delle proprie azioni; in ogni caso i loro genitori possono essere citati in giudizio ex art. 2048 c.c. per omessa educazione e vigilanza sui figli. In alcune vicende giudiziarie i genitori dei bulli sono stati condannati in solido con la scuola al risarcimento, soprattutto laddove emerse una loro negligenza nel controllare i comportamenti aggressivi dei figli. Il messaggio complessivo è chiaro: il bullismo ha conseguenze legali serie, e tutte le componenti coinvolte – scuola, famiglie, autori degli illeciti – ne sono responsabili, ciascuno per la propria parte.

 

Sezione 3: Sanzioni disciplinari e giustizia amministrativa – la linea dura contro i bulli

Accanto al versante civile risarcitorio, un secondo fondamentale strumento di contrasto al bullismo è rappresentato dalle sanzioni disciplinari scolastiche verso gli studenti prepotenti. Il potere-dovere delle scuole di intervenire con provvedimenti disciplinari è stato rafforzato e legittimato sia dalla normativa recente sia dalle pronunce dei giudici amministrativi, i quali sono chiamati a decidere sui ricorsi eventualmente promossi dai genitori degli studenti sanzionati. Ebbene, l’orientamento degli ultimi anni mostra chiaramente che i TAR e il Consiglio di Stato tendono a confermare provvedimenti rigorosi quando vi siano episodi di bullismo gravi, ritenendoli non solo legittimi ma anche doverosi nell’interesse della comunità scolastica.

Un caso esemplare è la sentenza TAR Umbria n. 90/2023, relativa al ricorso presentato dai genitori di un alunno sospeso per motivi disciplinari. In una scuola umbra, un ragazzo insieme a un complice aveva aggredito con violenza un compagno di classe, provocandogli lesioni, e la scuola aveva reagito comminando tre sanzioni: una lunga sospensione dalle lezioni (fino al termine dell’anno scolastico), l’esclusione dello studente dallo scrutinio finale e la revoca del permesso di uscita autonoma da scuola. I genitori del ragazzo sanzionato hanno impugnato tali provvedimenti davanti al TAR lamentando un’eccessiva severità, sostenendo che il figlio fosse stato istigato da altri e, incredibilmente, chiedendo persino un risarcimento di €25.000 per il presunto danno subito dal ragazzo costretto a ripetere l’anno. Il TAR Umbria ha respinto il ricorso in toto, ritenendo pienamente legittima la sospensione fino a fine anno scolastico e gli altri provvedimenti adottati dalla scuola. Nella decisione il giudice amministrativo sottolinea alcuni punti chiave: i) la gravità oggettiva dei fatti di bullismo, tali da destare preoccupazione per la sicurezza nell’ambiente scolastico; ii) il fatto che gli atti, sebbene avvenuti anche fuori dal perimetro scolastico (nel caso, nell’adiacenza della scuola), avevano dirette ripercussioni nella comunità scolastica e rientravano quindi nella sfera disciplinare dell’istituto; iii) la conformità delle sanzioni al regolamento d’istituto, noto agli studenti e alle famiglie, che prevedeva espressamente punizioni severe per simili condotte.

Emblematico il passaggio in cui il TAR afferma che «è lecito espellere sino a fine anno chi, dentro e fuori scuola, abbia commesso gravi violenze tali da far insorgere preoccupazioni per la sua capacità di riammissione». Questa frase sintetizza bene la linea dura adottata: di fronte a violazioni gravi, la scuola può allontanare il responsabile anche in via prolungata, sia per punire il comportamento sia per tutelare gli altri studenti e l’ordine scolastico. Inoltre, nella sentenza emerge una dura critica verso l’atteggiamento dei genitori del bullo, colpevoli di aver tentato di giustificarne le azioni e addirittura di chiedere un indennizzo invece di favorire un percorso rieducativo del figlio. In un certo senso, il giudice amministrativo ha rivolto una “ramanzina” ai ricorrenti, ricordando l’importanza che anche la famiglia riconosca le responsabilità del minore e collabori con la scuola per correggerne la condotta deviata, anziché ostacolare l’azione disciplinare.

La giurisprudenza amministrativa, in sintesi, convalida e incoraggia la tolleranza zero verso il bullismo. Provvedimenti come sospensioni lunghe, esclusione da gite o attività extrascolastiche, fino alla bocciatura in casi estremi, trovano legittimità purché adottati nel rispetto delle procedure e proporzionati alla gravità dei fatti. Non sono mancati altri casi in cui i TAR regionali hanno respinto i ricorsi dei bulli sanzionati: ad esempio, è stato ritenuto lecito escludere da un viaggio d’istruzione uno studente responsabile di atti di bullismo, così come annullare scrutini o non ammettere all’esame di Stato studenti coinvolti in episodi di violenza o sopraffazione (quando ciò sia previsto dai regolamenti scolastici). L’autorità scolastica ha infatti il potere di adottare misure disciplinari esemplari, e i giudici amministrativi raramente vi interferiscono, riconoscendo la finalità educativa e preventiva di tali sanzioni. In parallelo, la legge n. 70/2024 ha istituito anche la “Giornata nazionale del rispetto contro il bullismo” (celebrata il 20 gennaio di ogni anno) e promuove pratiche di giustizia riparativa in ambito scolastico: strumenti che affiancano la punizione, mirando a far riflettere i ragazzi sulle proprie azioni e a risanare le relazioni compromesse.

 

Conclusioni

Dall’analisi svolta emerge un quadro chiaro: il diritto scolastico italiano si sta evolvendo per (cercare di) fronteggiare in modo sempre più incisivo il fenomeno del bullismo. Sul piano preventivo, le scuole sono investite di responsabilità maggiori e strumenti nuovi, dovendo agire in sinergia con famiglie e istituzioni per creare ambienti educativi sicuri ed inclusivi. Sul piano repressivo e risarcitorio, il messaggio proveniente dai tribunali è di assoluta fermezza: ogni episodio di bullismo dev’essere preso sul serio, punito in modo adeguato e, se causa un danno, indennizzato. In questa prospettiva, la scuola è chiamata a essere non soltanto luogo di istruzione, ma anche comunità in cui vige il rispetto della dignità di ciascuno.

Il combinato disposto delle norme recenti e delle pronunce giurisprudenziali rappresenta dunque un forte deterrente per i comportamenti prevaricatori: i potenziali bulli sanno di poter subire conseguenze disciplinari drastiche e che i loro genitori potrebbero rispondere di tasca propria dei danni cagionati; al contempo, le vittime e le loro famiglie hanno oggi maggiori strumenti per far valere i propri diritti e ottenere giustizia. Come in un ideale gioco di squadra, legislatore, giudici, scuole e famiglie devono continuare a collaborare perché il motto “scuola luogo sicuro” diventi ogni giorno di più una realtà e non solo un obiettivo. In definitiva, garantire un’educazione in un ambiente sereno e protetto è un imperativo giuridico oltre che morale: solo così si onora pienamente il dettato costituzionale che tutela il diritto allo studio e si dà attuazione concreta alle parole di Victor Hugo, trasformando le scuole in veri “luoghi di luce” dove ignoranza e violenza lasciano il posto alla crescita e alla conoscenza.

 

 

  • 11 agosto 2025
  • Marco Panato

Autore: Avv. Marco Panato


Avv. Marco Panato -

Avv. Marco Panato, avvocato del Foro di Verona e Dottore di Ricerca in Diritto ed Economia dell’Impresa – Discipline Interne ed Internazionali - Curriculum Diritto Amministrativo (Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Verona).

E' autore di pubblicazioni scientifiche in materia giuridica, in particolare nel ramo del diritto amministrativo. Si occupa anche di docenza ed alta formazione.