«Pare che li faccia tutti eguali e tutti amici la scuola.» – Edmondo De Amicis. Eppure, come ammonivano i latini, summum ius, summa iniuria: l’applicazione troppo rigida di una regola può tradursi in ingiustizia. Nel sistema scolastico italiano esiste un limite di assenze oltre il quale lo studente rischia la non ammissione alla classe successiva, ma le vicende recenti dimostrano che non ci si può limitare a un mero conteggio delle presenze. Negli anni 2024–2025 diverse famiglie hanno impugnato bocciature basate unicamente sulle troppe assenze, ottenendo giustizia davanti ai TAR. I giudici amministrativi stanno tracciando un principio chiaro: la bocciatura non può mai essere automatica, nemmeno di fronte a prolungate assenze, se lo studente ha mantenuto un profitto sufficiente o se quelle assenze sono dovute a cause documentate. In questi casi la scuola ha il dovere di valutare attentamente il rendimento individuale e il contesto particolare prima di decidere, altrimenti il provvedimento di non ammissione risulta viziato e illegittimo.
La normativa scolastica italiana prevede un monte ore minimo di frequenza annuale. In termini pratici, lo studente deve frequentare almeno i tre quarti dell’orario annuale per poter essere ammesso allo scrutinio finale. Questa regola, introdotta dall’art. 14 del D.P.R. 122/2009, mira a contrastare l’eccessivo assenteismo assicurando un minimo di presenza a scuola. Tuttavia, sono ammesse deroghe: se le assenze superano il limite a causa di motivi documentati e continuativi – ad esempio gravi motivi di salute, terapie prolungate, impegni sportivi di alto livello o altri impedimenti eccezionali – l’ordinamento permette comunque allo studente di essere valutato, purché ci siano elementi sufficienti per esprimere un giudizio sul suo apprendimento. In altre parole, la soglia del 25% di assenze può essere flessibile in presenza di giustificazioni valide, e spetta al consiglio di classe valutare caso per caso se lo studente, pur avendo saltato molte lezioni, abbia raggiunto gli obiettivi di apprendimento minimi. Anche la legislazione sulla valutazione scolastica sottolinea che la bocciatura è un’eccezione: l’art. 6 del D.Lgs. 62/2017 stabilisce, per la scuola del primo ciclo (elementari e medie), che la non ammissione alla classe successiva deve essere adeguatamente motivata ed è consentita solo dopo aver tentato ogni intervento di recupero. Questo principio di fondo – la bocciatura come extrema ratio – ispira anche la scuola superiore, sebbene per le secondarie di secondo grado non vi sia una norma identica. In ogni caso, sia per legge sia per prassi, il consiglio di classe è tenuto a considerare l’andamento didattico complessivo dello studente, le sue potenzialità di recupero e le circostanze particolari (eventuali problemi di salute, familiari, ambientali) prima di deliberare una bocciatura.
Alla luce di queste regole, la giurisprudenza amministrativa ha più volte ribadito che la bocciatura va intesa come ultima risorsa e che non sono ammessi automatismi punitivi. Non basta una serie di voti insufficienti o un numero elevato di assenze per legittimare la non promozione: gli insegnanti e i dirigenti devono dimostrare di aver fatto il possibile per colmare le lacune dello studente e accompagnarlo al successo formativo. Ad esempio, in una recente pronuncia relativa a uno studente di terza media già bocciato due volte, il TAR Lombardia ha annullato la terza bocciatura (TAR Lombardia, sent. n. 1659/2024) rilevando che il consiglio di classe non aveva seriamente valutato soluzioni alternative. In quel caso la scuola si era limitata a registrare le insufficienze e alcuni problemi di comportamento, senza tenere conto di una relazione psicologica che descriveva il ragazzo come intelligente ma demotivato dall’ambiente scolastico. I giudici hanno censurato l’operato dell’istituto: la decisione di respingere lo studente appariva più il segno di un fallimento educativo (incapacità di coinvolgerlo e recuperarlo) che della sua irrimediabile incapacità. “La bocciatura non può mai essere automatica”, aveva affermato in passato anche il TAR Lazio: dietro ai voti negativi vanno sempre verificate le misure adottate dalla scuola per aiutare l’alunno a colmare le carenze (corsi di recupero, studi assistiti, sostegno psicopedagogico, dialogo con la famiglia, ecc.). In sintesi, prima di bocciare occorre dimostrare di aver tentato ogni intervento utile. Se così non è, il provvedimento risulta viziato da difetto di motivazione o eccesso di potere. Naturalmente, esistono anche situazioni in cui la bocciatura è oggettivamente giustificata – ad esempio di fronte a insufficienze gravi e diffuse o ad assenze massicce senza valide giustificazioni – ma il peso della prova ricade sulla scuola: deve essere in grado di provare che davvero non c’era alternativa e che la valutazione negativa è stata l’unica scelta possibile dopo aver applicato tutti gli strumenti di supporto previsti.
Nel 2025 sono arrivate pronunce importanti dai TAR che riguardano proprio il rapporto tra assenze prolungate e valutazione finale. Un primo caso emblematico viene dalla Puglia: TAR Puglia – Lecce, sent. n. 1122/2025 del 30 giugno 2025, in cui i giudici hanno esaminato il ricorso dei genitori di uno studente di scuola superiore non ammesso allo scrutinio finale a causa del superamento del tetto massimo di assenze. Dalla documentazione emergeva che il ragazzo, pur avendo saltato molte lezioni, aveva conseguito durante l’anno risultati scolastici complessivamente positivi, con diverse materie sopra la sufficienza. I professori, invece, avevano deciso di escluderlo dagli scrutini applicando pedissequamente il regolamento interno sulle assenze, senza approfondire oltre. Il TAR ha dato ragione alla famiglia ricorrente, affermando principi di grande rilievo: nessuna automatica bocciatura per chi supera il limite di assenze, se il profitto dimostrato è adeguato. In sostanza, il dato quantitativo delle ore frequentate non può diventare un meccanismo cieco: va sempre bilanciato con il dato qualitativo del rendimento scolastico. Se uno studente mostra – con verifiche, interrogazioni, partecipazione attiva – di aver appreso in misura sufficiente, allora le assenze numericamente elevate passano in secondo piano, soprattutto se giustificate. Nel caso di specie, il TAR ha ritenuto illegittimo negare lo scrutinio finale in modo “meccanico”: serviva invece una valutazione globale dello studente, considerando anche le cause delle sue assenze (alcuni problemi di salute) e il fatto che la scuola avesse comunque potuto valutarlo nelle prove svolte. Questa decisione ha imposto all’istituto di riesaminare la situazione: la bocciatura è stata annullata e il ragazzo ha potuto proseguire regolarmente gli studi.
Pochi mesi dopo, lo stesso tribunale amministrativo ha rafforzato il concetto con un’altra pronuncia. Con la sentenza n. 1292/2025, depositata il 10 settembre 2025, il TAR Lecce ha accolto il ricorso di una studentessa di terza media che era stata non ammessa all’anno successivo a causa delle troppe assenze. Anche in questo caso, l’andamento scolastico complessivo dell’alunna era tutt’altro che disastroso: la ragazza aveva riportato voti medio-buoni nelle materie principali e mantenuto una condotta corretta. Dalle carte è emerso inoltre che parte delle sue assenze erano dovute a problemi di salute e che la scuola le aveva redatto un Piano Didattico Personalizzato (PDP) per difficoltà di apprendimento. Eppure, al momento dello scrutinio finale, il consiglio di classe si era limitato a motivare la bocciatura con la frase generica “assenze e poche occasioni di valutazione”, senza considerare né il profitto raggiunto né le circostanze personali dell’alunna. Il TAR ha censurato questa superficialità, richiamando l’obbligo di formulare un “giudizio prognostico” sul recupero futuro dello studente prima di bocciarlo. In pratica, i professori avrebbero dovuto chiedersi: data la situazione particolare, la studentessa avrebbe potuto recuperare le lacune se supportata adeguatamente?. Non avendolo fatto, e non avendo motivato in modo puntuale la decisione, la scuola è incorsa in un vizio di istruttoria e di motivazione. La sentenza ha quindi annullato la bocciatura e ordinato all’amministrazione scolastica di riconvocare lo scrutinio, valutando di nuovo la studentessa in modo individualizzato. Nel frattempo, le è stato consentito di iscriversi con riserva alla classe successiva, per non penalizzarla ulteriormente con un anno perso. Questo secondo caso pugliese ribadisce che il superamento del limite di assenze non può tradursi automaticamente in una bocciatura se lo studente ha comunque dimostrato impegno e rendimento, oppure se le sue assenze sono legate a cause di forza maggiore documentate.
Un capitolo a parte merita la vicenda di un 14enne vittima di bullismo in un istituto tecnico del brindisino, che ha fatto molto discutere nell’autunno 2025. Il ragazzo, dopo un anno scolastico da incubo segnato da aggressioni fisiche e vessazioni psicologiche da parte di alcuni compagni, aveva accumulato numerose assenze e mostrato un evidente calo di rendimento a causa del malessere. Nonostante i genitori avessero più volte segnalato la situazione alla scuola – chiedendo anche misure protettive come l’attivazione della didattica a distanza per il figlio – a fine anno il consiglio di classe ha deliberato la sua bocciatura, senza tener in adeguata considerazione il contesto drammatico in cui il ragazzo si trovava. La famiglia ha quindi avviato un doppio percorso legale: da un lato una denuncia in sede penale per gli atti di bullismo subiti, dall’altro un ricorso urgente al TAR per ottenere la riammissione dello studente a scuola. E proprio il TAR Puglia – Lecce, sent. n. 444/2025 del 23 settembre 2025, intervenendo in sede cautelare, ha sospeso gli atti di bocciatura. Nel decreto monocratico (confermato poi in camera di consiglio), il giudice amministrativo ha descritto un quadro inquietante: l’isolamento e la paura causati dal bullismo avevano inciso pesantemente sulla frequenza e sul rendimento del quattordicenne. Di fronte a una situazione del genere, ha osservato il TAR, la scuola avrebbe dovuto attivare “specifici percorsi didattici personalizzati” e misure di sostegno psicologico per tutelare il diritto allo studio del minore, invece di limitarsi a conteggiare assenze e insufficienze. In pratica, l’istituto non aveva adottato alcuna strategia di inclusione: né interventi anti-bullismo efficaci, né supporto allo studente (come un eventuale trasferimento di classe, un insegnante tutor, o appunto la concessione temporanea della didattica a distanza). Questa grave omissione ha reso il provvedimento di bocciatura ingiustificato, perché ha punito l’alunno per una situazione di disagio di cui egli stesso era vittima e di cui la scuola non aveva saputo farsi carico. Accogliendo le ragioni della famiglia, il TAR ha quindi ordinato alla scuola di riesaminare la valutazione finale tenendo conto del contesto eccezionale e ha permesso al ragazzo di proseguire gli studi, iscrivendosi intanto all’anno successivo. Il caso dimostra che, quando le assenze dipendono da un ambiente scolastico ostile o malsano, l’amministrazione scolastica ha il dovere di intervenire per rimuovere gli ostacoli (come impongono anche le linee guida anti-bullismo, vedi L. 71/2017) e certamente non può limitarsi a bocciare lo studente “problema”. Anzi, una bocciatura in simili circostanze viene vista dai tribunali come il culmine di un’omissione di vigilanza e tutela da parte della scuola, che rischia di aggravare ulteriormente il danno subito dall’alunno.
Diverso esito ha avuto, invece, il ricorso presentato da un altro studente con molte assenze, questa volta dovute a motivi ben diversi. Parliamo di un liceale atleta di alto livello (impegnato in competizioni agonistiche nazionali) che, a causa degli allenamenti e delle gare, aveva collezionato numerose assenze durante l’anno scolastico. Pur avendo usufruito di un Piano Formativo Personalizzato per studenti-atleti – quindi con la possibilità di gestire in modo flessibile orari e verifiche – il ragazzo al termine dell’anno presentava lacune importanti in diverse materie fondamentali. In particolare, allo scrutinio finale risultava insufficiente in tre discipline chiave (italiano, matematica e fisica), nonostante fossero state organizzate attività di recupero. Il consiglio di classe, valutata la situazione, ha deliberato la non ammissione dell’alunno alla classe successiva. La famiglia ha impugnato la bocciatura davanti al TAR lamentando, fra le altre cose, una presunta scarsa considerazione delle esigenze legate all’attività sportiva e una carenza di comunicazione sul rischio di bocciatura. Tuttavia, in questo caso il tribunale ha ritenuto che la decisione della scuola fosse legittima. Con la sentenza n. 2087/2025, depositata il 25 settembre 2025, il TAR Sicilia ha respinto il ricorso, confermando la bocciatura dello studente-atleta. Nella motivazione, i giudici hanno chiarito un punto fondamentale: le assenze dovute allo sport erano state debitamente escluse dal computo ai fini del monte ore minimo (come prevedono le normative sui “studenti agonisti”); dunque non c’era stata alcuna penalizzazione indebita legata alla frequenza. Il fulcro del caso stava altrove: nonostante le agevolazioni accordate, il ragazzo non aveva raggiunto un livello di preparazione sufficiente in materie cruciali, mostrando una partecipazione discontinua e uno studio lacunoso. Il TAR ha evidenziato che il consiglio di classe aveva motivato la non ammissione non in termini “punitivi”, ma sulla base di dati oggettivi di apprendimento insufficiente. In altre parole, la bocciatura non era scattata per le troppe assenze (giustificate dagli impegni sportivi), bensì per le carenze formative non colmate. Le contestazioni sollevate dalla famiglia – ad esempio sulla presunta illogicità di alcuni voti o sulla gestione dei corsi di recupero – non sono state accolte, poiché il tribunale non entra nel merito dei giudizi scolastici se non emergono violazioni di legge. La sentenza in questo caso ha confermato che il TAR non è un “secondo professore” chiamato a dare voti o giudizi sul livello di preparazione, ma deve solo verificare la correttezza del procedimento valutativo. E se lo studente accumula lacune gravi nonostante le opportunità di recupero offerte, la bocciatura resta legittima. Un orientamento analogo si rinviene in altre decisioni: ad esempio, il TAR Valle d’Aosta in una pronuncia del 2023 ha convalidato la bocciatura di un’alunna che presentava ben sette materie insufficienti, ritenendo che il consiglio di classe avesse motivato in modo puntuale l’impossibilità di promuoverla. In sostanza, la giustizia amministrativa non capovolge le bocciature “meritate”, cioè dovute a insufficienze scolastiche importanti, purché la scuola abbia seguito le procedure corrette e rispettato i diritti dello studente durante il percorso (informandolo per tempo delle lacune, attivando i corsi di recupero, ecc.). I casi in cui il TAR interviene per annullare la non ammissione riguardano invece situazioni in cui emerge un vizio di fondo: o la scuola non ha fatto il suo dovere (mancato supporto a uno studente con difficoltà, mancata vigilanza su situazioni di bullismo, nessuna comunicazione dei debiti formativi, motivazione assente o contraddittoria), oppure la decisione finale appare irragionevole rispetto al quadro (come nel caso delle sole assenze a fronte di buoni voti).
Cosa può fare, dunque, una famiglia convinta che la bocciatura del figlio sia ingiusta o illegittima? In questi casi lo strumento principale è il ricorso al TAR, competente per le decisioni delle scuole pubbliche in quanto atti della Pubblica Amministrazione. Si tratta di una tutela effettiva ma che segue tempi molto rapidi: il ricorso va notificato e depositato entro 30 giorni dalla data in cui viene comunicata ufficialmente la non ammissione (di solito, dalla pubblicazione degli esiti finali o dalla consegna della pagella/scheda di valutazione). È dunque fondamentale attivarsi tempestivamente con l’ausilio di un avvocato esperto di diritto scolastico, per valutare la sussistenza di motivi fondati di ricorso. Come abbiamo visto, i motivi di illegittimità possono riguardare soprattutto la mancanza di motivazione adeguata, la violazione di norme (ad esempio sulle tutele per disabili o DSA, o sul limite di assenze), il difetto di istruttoria (se la scuola non ha considerato elementi importanti, come certificati medici, denunce di bullismo, etc.) oppure evidenti irragionevolezze (trattamenti sproporzionati, disparità di trattamento rispetto ad altri studenti in condizioni simili). Una volta presentato il ricorso, il TAR può fissare un’udienza in tempi relativamente brevi – dato che la questione ha carattere d’urgenza, essendo in gioco la continuità degli studi dello studente – e può emettere provvedimenti cautelari. In diversi casi, infatti, i tribunali amministrativi hanno concesso una sospensiva immediata della bocciatura, permettendo al ragazzo di iscriversi intanto alla classe successiva “con riserva” e di frequentare le lezioni nelle more del giudizio. Ciò serve a evitare che lo studente perda l’anno scolastico durante l’attesa della sentenza: se poi il TAR gli darà ragione annullando la bocciatura, la sua carriera scolastica proseguirà senza interruzioni; se invece il ricorso verrà respinto, la bocciatura tornerà efficace e lo studente dovrà ripetere l’anno (ma comunque avrà seguito qualche mese di lezioni aggiuntive, che in genere non guastano). Data la complessità della materia e la delicatezza dei termini processuali, è consigliabile rivolgersi tempestivamente a un legale. Un avvocato potrà esaminare i documenti scolastici (pagelle, verbali del consiglio di classe, eventuali piani personalizzati, corrispondenza con la scuola) per individuare possibili profili di illegittimità e costruire una strategia di ricorso. Spesso, solo la prospettiva di un ricorso ben fondato può indurre l’amministrazione scolastica a rivedere le proprie decisioni in autotutela, soprattutto se emergono errori procedurali o valutazioni sommarie. In definitiva, il diritto allo studio è garantito dalla Costituzione e dalle leggi e non può essere sacrificato da prassi burocratiche o formalismi: uno studente ha diritto a essere valutato per ciò che realmente vale, tenendo conto delle sue condizioni personali. Se questo diritto viene leso, esistono gli strumenti legali per ristabilirlo.
Avv. Marco Panato, avvocato del Foro di Verona e Dottore di Ricerca in Diritto ed Economia dell’Impresa – Discipline Interne ed Internazionali - Curriculum Diritto Amministrativo (Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Verona).
E' autore di pubblicazioni scientifiche in materia giuridica, in particolare nel ramo del diritto amministrativo. Si occupa anche di docenza ed alta formazione.