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Condominio: nuove regole su parcheggi e sicurezza - Studio Legale MP - Verona

Le sentenze recenti della Cassazione ridefiniscono l’uso delle aree comuni e gli obblighi dei condomini in assenza di amministratore

 

Convivere in un condominio significa condividere spazi, diritti e doveri. Recentemente la Corte di Cassazione ha emanato decisioni importanti che toccano due aspetti cruciali della vita condominiale: l’uso delle aree comuni (in particolare per parcheggiare auto) e la sicurezza dell’edificio in mancanza di un amministratore. Queste sentenze, emesse nel 2025, delineano con maggiore precisione cosa possono (o non possono) fare i condomini negli spazi condivisi e chi è chiamato a intervenire se lo stabile presenta situazioni pericolose. Vediamole nel dettaglio, alla luce del principio per cui “le buone recinzioni fanno i buoni vicini”, come ironizzava Robert Frost: avere regole chiare aiuta a evitare conflitti e garantire una convivenza serena.

Parcheggi in cortile e uso dei beni comuni: serve il consenso e l’assemblea può limitare

Uno dei motivi più frequenti di lite in condominio riguarda il parcheggio delle auto nel cortile o in altre parti comuni. La Cassazione, con una recente sentenza (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 25227/2025 depositata il 15 settembre 2025), ha fatto chiarezza su quali diritti hanno i singoli condomini e quali poteri l’assemblea. Nel caso esaminato, alcuni proprietari sostenevano di aver acquisito il diritto di parcheggiare nell’area comune sulla base di vecchi accordi e del regolamento condominiale; altri condomini invece vi si opponevano. Gli “ermellini” (così vengono chiamati i giudici di Cassazione) hanno confermato le decisioni dei primi gradi di giudizio, negando il preteso diritto di parcheggio esclusivo. In sostanza, la Suprema Corte ha ribadito alcuni principi fondamentali:

Un singolo condomino non può “inventarsi” un posto auto esclusivo su una parte comune senza un valido titolo. Per creare un diritto di uso esclusivo su un’area condominiale (ad esempio riservare stabilmente un parcheggio a sé) è necessario l’accordo unanime di tutti i partecipanti al condominio, come previsto dall’art. 1108 c.c. Terrazze, cortili e spiazzi restano a disposizione di tutti i condomini in proporzione alle rispettive quote, salvo diversa convenzione approvata all’unanimità.

L’assemblea condominiale può legittimamente regolamentare l’uso delle parti comuni, anche introducendo limitazioni più restrittive rispetto al generico diritto di ogni condomino di servirsi delle cose comuni previsto dall’art. 1102 c.c. Ciò significa che i condomini, a maggioranza, possono decidere orari, modalità e perfino divieti di parcheggio nelle aree comuni, se questo serve a migliorare la convivenza o la sicurezza.

Una delibera che vieta il parcheggio nel cortile non è nulla (cioè non è radicalmente invalida) purché non privi i condomini di ogni utilità della parte comune. Ad esempio, se l’assemblea decide che nel cortile non si può lasciare l’auto, ma l’area può comunque essere utilizzata da tutti per altri scopi (passaggio, carico/scarico temporaneo, area di manovra, giardino, ecc.), il divieto è legittimo. Resta inteso che tali decisioni vanno prese regolarmente dall’assemblea e non possono violare diritti individuali acquisiti.

Questa sentenza (Cass. civ. n. 25227/2025) lancia un messaggio chiaro: nel condominio, il cortile non è “terra di nessuno” dove ognuno può fare ciò che vuole, ma nemmeno proprietà di pochi – è uno spazio di tutti che va gestito con regole comuni. Chi desidera un posto auto personale deve ottenerlo con il consenso di tutti i vicini (ad esempio mediante un accordo scritto da inserire nel regolamento o una decisione unanime). Allo stesso tempo, l’assemblea può imporre divieti o turnazioni per l’uso del cortile, senza con ciò ledere i diritti dei partecipanti, purché venga garantita a ciascuno la possibilità di fruirne secondo la sua destinazione. In pratica, “pacta servanda sunt” – i patti devono essere rispettati: se il regolamento o una delibera validamente approvata prevedono certe regole per il cortile (niente auto, oppure parcheggio a rotazione, ecc.), ogni condomino è tenuto a rispettarle. Diversamente, si rischiano non solo azioni civili (impugnazioni di delibere, cause per far cessare gli abusi), ma anche di alimentare un clima di conflittualità permanente nel palazzo.

Da notare che la Cassazione, nella sua pronuncia, ha anche evidenziato come documenti privati o tolleranze prolungate non bastino a far nascere diritti reali. Nel caso concreto, una scrittura privata del 1995 tra alcuni condomini concedeva informalmente il parcheggio a turno, ma ciò non ha valore di fronte al regolamento condominiale ufficiale né può costituire una servitù permanente senza il passaggio formale in assemblea. Allo stesso modo, i nuovi acquirenti di unità immobiliari non sono vincolati da accordi di fatto presi dai precedenti proprietari, se tali accordi non sono stati recepiti nelle delibere o nei regolamenti. Insomma, in condominio conta ciò che è deciso e verbalizzato secondo la legge, non le intese private fatte “in corridoio”.

Niente amministratore? I condomini rispondono della sicurezza dello stabile

Un altro scenario affrontato dalla giurisprudenza recente riguarda i condomini senza amministratore. La legge italiana (art. 1129 c.c.) prevede l’obbligo di nominare un amministratore solo quando i proprietari sono più di otto; nei condomìni più piccoli spesso si rinuncia a questa figura per risparmiare costi o per semplicità. Tuttavia, l’assenza di un amministratore non esonera affatto i condomini dai doveri di cura e manutenzione dello stabile – anzi, li responsabilizza direttamente. Lo ha ricordato la Cassazione penale in una sentenza molto significativa (Cass. pen., Sez. I, sent. n. 14225/2025) riguardante la sicurezza di un edificio.

Nel caso in esame, un piccolo condominio versava in gravi condizioni di degrado: crolli di intonaco, lesioni strutturali ai muri portanti, tanto che il Sindaco aveva emesso ordinanze urgenti imponendo lavori di messa in sicurezza (essendo a rischio la pubblica incolumità dei passanti e degli stessi abitanti). Malgrado ciò, nessuno degli interessati si era attivato nei termini dovuti e i lavori non erano stati eseguiti, lasciando inalterata la situazione di pericolo. Il risultato? Due proprietari sono finiti sotto processo per il reato di omissione di lavori in edifici che minacciano rovina (art. 677 c.p.). Dopo la condanna in Tribunale, costoro hanno cercato di discolparsi in Cassazione sostenendo che la colpa fosse di un’altra condomina (proprietaria di un appartamento le cui modifiche abusive avrebbero causato parte dei danni) e che comunque loro avevano avuto difficoltà organizzative e di soldi nel fare i lavori, anche per la mancata collaborazione altrui.

La Suprema Corte ha respinto tutti questi argomenti, confermando la condanna penale. Nelle motivazioni, i giudici hanno affermato principi di grande rilievo per chi vive in edifici senza amministratore:

Obbligo di intervenire a carico di ciascun condomino: in mancanza di un amministratore formalmente nominato, il dovere di eseguire i lavori urgenti per scongiurare pericoli grava su ogni singolo proprietario, anche senza una previa delibera assembleare. Se l’assemblea non si riunisce o non decide, questo vuoto non esime i condomini dall’agire. Tradotto: di fronte a una grondaia pericolante, un cornicione che cade a pezzi, un muro portante lesionato, ognuno dei comproprietari delle parti comuni ha la posizione di garanzia e deve attivarsi per eliminare il pericolo, indipendentemente dal fatto che il danno derivi o meno da una sua colpa.

Nessuna scusa organizzativa o economica: il fatto che uno o più condomini si oppongano o che vi siano difficoltà nel raccogliere i fondi non giustifica l’inerzia. La Cassazione sottolinea che la tutela dell’incolumità pubblica viene prima di tutto: i condomini diligenti, se incontrano ostacoli (ad esempio un vicino che non vuole pagare), devono comunque fare il possibile – ad esempio anticipare le spese indispensabili e poi agire legalmente contro i morosi per il rimborso, oppure rivolgersi al giudice per ottenere provvedimenti d’urgenza. Ma non possono restare passivi aspettando all’infinito.

Responsabilità penale anche se il problema è causato da altri: nel caso specifico, uno degli imputati cercava di scaricare la colpa su una terza condomina, colpevole di aver effettuato abusi edilizi che avevano indebolito la struttura. La Corte però è stata ferma: la sicurezza collettiva prevale sulle dispute interne. Anche se il degrado fosse stato originato dall’azione di un singolo, tutti gli altri hanno comunque l’obbligo di porvi rimedio per evitare danni a persone. Le eventuali rivalità o ragioni di litigio fra condomini vanno risolte separatamente (in sede civile, chiedendo i danni a chi ha provocato il danno strutturale), ma intanto i lavori vanno fatti. In breve, di fronte al rischio di crollo non conta “di chi è la colpa” ma “chi deve agire”: e devono agire tutti i proprietari.

Questa sentenza (Cass. pen. n. 14225/2025) ha un forte impatto pratico. Ricorda che vivere in condominio comporta non solo diritti, ma anche responsabilità inderogabili. L’assenza di un amministratore non è un “liberi tutti”: se c’è un’emergenza strutturale, ciascun condomino è chiamato a fare la propria parte. Del resto, la ratio è chiara: una facciata che cade a pezzi può ferire gravemente passanti o inquilini; lo Stato tutela la pubblica sicurezza imponendo a chi è proprietario di prevenire tragedie. Possiamo vedere in ciò un’applicazione del principio antico “summum ius, summa iniuria” – un’estrema applicazione formale delle regole può diventare estrema ingiustizia – che in questo contesto significa: se i condomini si trincerassero dietro le formalità (es. “manca l’assemblea, manca l’amministratore, quindi non interveniamo”), si produrrebbe un’ingiustizia e un danno enorme (mettere a rischio vite umane). La legge lo impedisce attribuendo a ciascuno un obbligo di intervento attivo, a prescindere da cavilli organizzativi.

Va evidenziato che la responsabilità in questi frangenti è anche penale: l’art. 677 del codice penale punisce chi, avendo l’obbligo di provvedere, omette di eseguire lavori di riparazione necessari a evitare pericoli (si tratta di contravvenzioni, ma con conseguenze comunque serie, che possono includere l’arresto fino a 6 mesi o ammende). Dunque, ignorare un’ordinanza comunale o procrastinare all’infinito i lavori urgenti può portare non solo a sanzioni amministrative, ma addirittura a procedimenti penali a carico dei condomini inerti. Un monito severo, ma giustificato dall’importanza di proteggere l’incolumità pubblica.

Conclusioni e consigli pratici

Le pronunce della Cassazione del 2025 in materia condominiale delineano un indirizzo chiaro e rigoroso. Da un lato si mira a rafforzare le tutele collettive, impedendo che iniziative unilaterali di singoli condomini possano pregiudicare i diritti degli altri (è il caso dei parcheggi selvaggi o delle occupazioni abusive di spazi comuni, arginati ribadendo la necessità di decisioni condivise e unanimi per alterare la destinazione d’uso delle parti comuni). Dall’altro, si richiama con forza la responsabilità personale di ciascun proprietario verso la sicurezza dello stabile: il condominio non deve diventare un vuoto di potere dove nessuno risponde dei pericoli. Al contrario, ogni partecipante è custode del bene comune.

Alla luce di queste novità giurisprudenziali, ecco alcuni suggerimenti per i condomini e gli amministratori:

Rispettare il regolamento e le delibere: prima di utilizzare il cortile o altre aree condivise per scopi personali (parcheggiare l’auto, depositare oggetti, ecc.), assicurarsi che ciò sia consentito dal regolamento condominiale o da una delibera. In caso di dubbio, meglio portare la questione in assemblea per una decisione formale.

Agire in caso di pericolo: se notate crepe, cedimenti o situazioni potenzialmente pericolose nel vostro stabile, non aspettate. Informate subito gli altri condomini e, se non c’è amministratore, convocate un’assemblea straordinaria o consultate un tecnico di fiducia. Se qualcuno ostacola gli interventi necessari, ricordate che potete rivolgervi al tribunale per ottenere provvedimenti d’urgenza (ad esempio un decreto che autorizzi i lavori a spese di tutti). La tempestività è fondamentale: meglio prevenire guai maggiori (e possibili responsabilità penali).

Collaborare e documentare: specie nei piccoli condomìni senza amministratore, è utile mantenere un dialogo aperto tra vicini. Ogni decisione importante (manutenzioni, spese, uso degli spazi) andrebbe messa per iscritto, così da evitare malintesi. In assenza di un amministratore, i condomini possono nominare un referente informale o ruotare incarichi per sbrigare le incombenze (pagamento bollette comuni, verifica dello stato dell’edificio, etc.). Questo non esime tutti gli altri dalle responsabilità, ma aiuta ad agire coordinati.

In conclusione, le nuove sentenze confermano che la vita in condominio richiede equilibrio tra libertà individuale e rispetto dell’altrui quiete e sicurezza. Le norme, interpretate dai giudici, cercano proprio di “dare a ciascuno il suo” – suum cuique tribuere – garantendo da un lato che nessun condomino subisca prevaricazioni (come l’uso indiscriminato di un bene comune da parte di altri) e dall’altro che non si creino situazioni di pericolo per la collettività. Conoscere questi principi aiuta tutti a muoversi con maggiore consapevolezza: sapere fin dove ci si può spingere nell’uso del cortile o quali doveri non possono essere ignorati sulla manutenzione può evitare liti, sanzioni e soprattutto conseguenze ben più gravi. La legge in condominio tutela sempre sia il buon vicinato che la sicurezza di tutti: farla rispettare significa garantire una convivenza civile e serena nel luogo che chiamiamo casa.

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  • 12 dicembre 2025
  • Redazione

Autore: Redazione - Staff Studio Legale MP


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