
Gli incidenti stradali mortali e con feriti gravi lasciano famiglie distrutte e complessi problemi giuridici da affrontare. Purtroppo le cronache di Verona e provincia riportano periodicamente tragedie della strada – dal pedone travolto da un camion in città alla giovane madre che perde la vita in autostrada – ricordandoci quanto sia fondamentale, dopo l’immane dolore, ottenere giustizia e un equo risarcimento. Ma come funziona il risarcimento in casi così gravi? Cosa succede se la vittima aveva già problemi di salute che hanno aggravato le conseguenze dell’incidente? E se invece la vittima stessa ha avuto una condotta imprudente (ad esempio non indossava la cintura di sicurezza)? In questo articolo esamineremo i più recenti sviluppi giurisprudenziali che danno risposta a queste domande, delineando un quadro che tutela in modo sempre più esteso i danneggiati, senza però trascurare i principi di responsabilità individuale. Vedremo come la legge e i tribunali – dalla Cassazione fino ai casi affrontati nei tribunali locali come quello di Verona – garantiscono il risarcimento integrale anche alle vittime “fragili”, e in quali situazioni invece il risarcimento può essere ridotto o persino escluso a causa di un comportamento colposo della vittima stessa. L’obiettivo è fornire informazioni chiare e aggiornate sia a chi ha subìto un grave incidente sia a chi vuole capire meglio i propri diritti e doveri sulla strada.
Una prima questione da affrontare riguarda l’ipotesi in cui la vittima dell’incidente avesse una particolare fragilità o condizione di salute preesistente che ha contribuito a peggiorarne le conseguenze. Pensiamo, ad esempio, a una persona con problemi cardiaci che, dopo un urto all’apparenza non letale, subisce un infarto fatale; oppure a una vittima con ossa fragili che riporta fratture molto più gravi del normale a causa del suo stato fisico. Ci si potrebbe chiedere: il responsabile del sinistro può evitare di pagare tutti i danni sostenendo che la vittima era “già malata” o più vulnerabile del normale? La risposta della giurisprudenza è decisamente no. In virtù di un principio noto come thin skull rule (letteralmente “regola del cranio sottile”, che in italiano potremmo tradurre come principio del “prendere la vittima come si trova”), chi causa un danno deve rispondere di tutte le conseguenze, anche aggravate dalle condizioni preesistenti della vittima. Non importa se la persona colpita era più debole o predisposta: dal punto di vista legale, questo non riduce il dovere di risarcire.
La Corte di Cassazione lo ha ribadito chiaramente in una recente pronuncia. Con l’ordinanza n. 17179/2025 depositata il 26 giugno 2025 (Cass. civ., Sez. III), la Suprema Corte ha esaminato proprio il caso di un tamponamento seguito dal decesso della vittima per infarto, evidenziando alcuni principi cardine in materia di nesso causale e danno risarcibile. In tale decisione la Cassazione ha sottolineato che la causalità civile ha regole proprie, autonome rispetto al diritto penale, e che vale il criterio del “più probabile che non” nell’accertare il nesso di causa: in altre parole, se è almeno probabile in misura prevalente che l’incidente abbia contribuito a scatenare l’evento dannoso (anche letale), allora il responsabile ne risponde. Applicando questo criterio, la Corte ha confermato l’integrale risarcibilità del danno anche se l’esito è stato aggravato dalle condizioni del soggetto: il fatto che la vittima soffrisse già di problemi cardiaci non esonera chi l’ha tamponata dalla responsabilità per la morte sopravvenuta. Il danneggiante deve “farsi carico di tutte le conseguenze” delle proprie azioni, anche se la vittima era più fragile del normale. Come affermato dalla Cassazione, l’autore dell’illecito non può sottrarsi al risarcimento sostenendo che la vittima avesse una particolare predisposizione alle conseguenze subìte. Questo orientamento – confermato anche da precedenti sentenze degli anni scorsi – segna un punto fermo a tutela delle vittime: la legge non ammette riduzioni del risarcimento per “colpa” della loro salute. In termini pratici, se un incidente stradale provoca lesioni o decessi, il risarcimento dovuto ai familiari o alla vittima stessa (se sopravvive) deve coprire per intero tutti i danni risultanti, anche se la gravità di questi ultimi dipende in parte dallo stato di salute pregresso della persona.
Questo principio di integrale ristoro emerge anche in altre situazioni. Ad esempio, la Cassazione civile (Sez. III) con ordinanza 3 marzo 2025, n. 5653 ha stabilito che persino una violazione amministrativa non incidente sulla dinamica – come la mancanza di assicurazione RCA sul veicolo della vittima – non può precludere il diritto al risarcimento. In quel caso si trattava di un danneggiato che guidava un’auto non assicurata (circostanza illecita ma del tutto scollegata dalla causa dell’incidente, che era colpa altrui): ebbene, la Corte ha chiarito che la vittima non assicurata può comunque agire per il risarcimento diretto verso l’assicurazione del responsabile. La mancanza di polizza, infatti, non ha alcun nesso con il sinistro e dunque sarebbe “summum ius, summa iniuria” negare il risarcimento invocando formalismi: applicare rigidamente la norma sull’obbligo assicurativo, punendo il danneggiato onesto con la perdita del risarcimento, significherebbe tradire la finalità sostanziale di giustizia. Questo inciso in latino – “summum ius, summa iniuria” (cioè la giustizia portata al suo estremo diventa somma ingiustizia) – ben rappresenta l’approccio dei giudici: evitare interpretazioni eccessivamente punitive verso la vittima quando ciò contrasta con la ratio di tutela del danneggiato. Insomma, il filo conduttore è chiaro: chi subisce un danno ingiusto in un incidente deve essere protetto e integralmente risarcito, indipendentemente da fragilità fisiche o altre circostanze personali che non abbiano contribuito a causare il sinistro.
Diverso è il discorso quando anche la vittima adotta una condotta imprudente o violativa delle regole che concorre a provocare il danno. In questi casi si applica il principio del concorso di colpa del danneggiato, previsto dall’art. 1227 cod. civ. (richiamato, per la responsabilità extracontrattuale, anche dall’art. 2056 cod. civ.). La regola stabilisce che se la vittima ha in parte causato il proprio danno con un comportamento colposo, il risarcimento va diminuito in proporzione alla gravità della colpa e all’incidenza causale di essa. Addirittura, se si prova che il danno è dipeso esclusivamente dal fatto colposo della vittima, il risarcimento può essere del tutto escluso. Attenzione però: questi principi, in teoria chiari, vanno applicati con grande cautela nella pratica, soprattutto nei sinistri stradali. La giurisprudenza, infatti, tende a escludere che un comportamento imprudente del danneggiato possa annullare completamente il diritto al risarcimento, a meno che tale comportamento sia stato davvero l’unica causa del sinistro, in modo eccezionale e imprevedibile. Vediamo alcuni esempi chiave.
Un caso molto discusso è quello del mancato uso delle cinture di sicurezza da parte di un passeggero. Immaginiamo un grave incidente in cui il passeggero subisce lesioni serie o mortali e si scopre che non indossava la cintura: il fatto di aver trasgredito all’obbligo di legge può influire sul risarcimento? Secondo le recenti sentenze, sì, ma con delle precisazioni fondamentali. La Corte di Cassazione civile, con l’ordinanza n. 26656 del 3 ottobre 2025 (Sez. III), ha affrontato proprio la vicenda di un passeggero gravemente ferito che al momento del sinistro non era allacciato. In primo e secondo grado il risarcimento gli era stato negato sul presupposto che tutte le sue lesioni fossero derivate unicamente dalla scelta di non mettere la cintura. La Cassazione, chiamata a esprimersi, ha confermato che effettivamente il giudice può accertare d’ufficio il concorso di colpa del trasportato e, in un caso come quello, persino ravvisare una causa esclusiva delle lesioni nella condotta imprudente della vittima (cioè nell’omesso utilizzo della cintura), qualora dagli atti emerga con chiarezza che l’uso del dispositivo di sicurezza avrebbe evitato o drasticamente ridotto quei danni. In termini semplici: se è provato che, allacciando la cintura, il passeggero non si sarebbe praticamente fatto nulla, allora le gravi conseguenze riportate possono essere imputate solo alla sua negligenza, esonerando di fatto gli altri responsabili. Proprio nell’ordinanza n. 26656/2025 la Suprema Corte ha ritenuto legittimo attribuire al mancato uso della cintura il ruolo di fattore causale determinante ed esclusivo di certe lesioni (nello specifico, trauma cranico e facciale), dato che notoriamente ferite di quel tipo si verificano solo se si viene proiettati nell’abitacolo senza cintura. È importante notare che la Corte, in quella sede, ha anche ricordato di poter disattendere le conclusioni di una perizia tecnica (CTU) se le ritiene illogiche: il giudice è peritus peritorum (esperto tra gli esperti) e può basarsi sulla propria esperienza per valutare l’impatto del mancato uso dei sistemi di sicurezza.
Tuttavia – ed ecco un punto cruciale – il caso di esclusione totale del risarcimento per colpa del danneggiato resta un’eccezione rarissima. Nella generalità delle situazioni, infatti, anche una condotta imprudente della vittima porterà solo a una riduzione proporzionata del risarcimento, ma non azzererà il suo diritto. A confermarlo è intervenuta un’altra pronuncia della Cassazione, quasi contemporanea alla precedente. Con la sentenza n. 26723 del 4 ottobre 2025 (Cass. civ., Sez. III), la Corte ha chiarito che “l’omesso uso delle cinture di sicurezza del trasportato non può essere considerato causa esclusiva del danno derivante dall’incidente stradale, ma concorre alla condotta colposa nella guida realizzata dal conducente”. In altri termini, normalmente la colpa del passeggero e quella del conducente vanno valutate insieme: entrambe esistono e vanno ponderate. Chi guida, infatti, ha l’obbligo di assicurarsi che tutti i passeggeri abbiano le cinture allacciate – un dovere di prudenza espressamente previsto dal Codice della Strada. Dunque, se un trasportato si fa male perché senza cintura, risponderà in parte lui per la propria negligenza, ma risponderà in parte anche il conducente per non aver preteso l’uso delle cinture a bordo. La responsabilità civile, in questi casi, viene condivisa: il risarcimento spettante al passeggero verrà diminuito, magari in misura significativa, ma difficilmente sarà azzerato. Solo laddove si dimostri che il comportamento della vittima è stato talmente folle e autonomo da costituire da solo la causa del disastro (evento eccezionale), allora il conducente può andare esente. Pensiamo a situazioni estreme: il pedone che all’improvviso si lancia in autostrada di notte, il passeggero che apre improvvisamente la portiera dell’auto in corsa causando da sé l’incidente – casi al limite nei quali effettivamente il danneggiato “si è voluto male da solo”. Non a caso si suole citare il brocardo latino “volenti non fit iniuria”, ovvero a chi acconsente (o vuole) il proprio danno, non viene fatta ingiustizia: chi si espone consapevolmente a un rischio così grande non può poi lamentarsene. Ma va ribadito che queste ipotesi sono davvero rare e di stretta dimostrazione. Nella vita quotidiana degli incidenti stradali, molto più spesso capita che ci sia una colpa parziale del danneggiato, senza però eliminare del tutto la responsabilità altrui. In questi frangenti, l’art. 1227 c.c. impone solo di ridurre il risarcimento secondo equità e proporzione. Ad esempio, se viene stabilito che la vittima ha inciso per un 20% nella causazione del danno (mettiamo il caso di un pedone che attraversava fuori dalle strisce, ma in una situazione in cui comunque l’automobilista avrebbe dovuto prevederne la presenza), la vittima avrà diritto al 80% dei danni. Il diritto al risarcimento non viene mai annullato automaticamente dal pur imprudente comportamento del danneggiato, salvo circostanze eccezionali. Lo sottolinea la giurisprudenza: il conducente di un veicolo ha sempre l’onere di mantenere un margine di sicurezza per reagire agli imprevisti della circolazione e, di conseguenza, anche se la vittima ha violato qualche regola, bisognerà valutare se il conducente avrebbe comunque potuto evitare l’evento con la dovuta prudenza. Se rimane anche solo il dubbio che il guidatore avrebbe potuto schivare l’incidente aumentando l’attenzione, non è corretto esonerarlo totalmente dalla colpa. In sintesi, le imprudenze della vittima si traducono in un concorso di colpa da valutare caso per caso, ma la presunzione generale resta quella di una responsabilità almeno parziale in capo a chi ha causato l’incidente.
Vale la pena aggiungere che, in casi di sinistri stradali molto complessi con più concause, entrano in gioco anche altri principi, come quello della compensazione dei vantaggi (compensatio lucri cum damno) e delle prescrizioni dei diritti risarcitori, ma si tratta di aspetti ancor più tecnici. Basti qui evidenziare che la tendenza della giurisprudenza moderna è di offrire la massima protezione possibile alle vittime, senza però rinunciare al rigore logico nell’accertare i fatti. Come ha ricordato la Cassazione, “vigilantibus non dormientibus iura succurrunt”: la legge aiuta chi vigila sui propri diritti, non chi rimane inerte. Ciò significa che è fondamentale, per chi subisce un danno grave, attivarsi prontamente per far valere le proprie pretese risarcitorie, raccogliendo prove e affidandosi a professionisti, invece di attendere passivamente. Solo in questo modo si può ottenere giustizia piena nei tempi giusti, evitando il rischio di vedere compromesse le proprie ragioni.
Conclusione – Tutela effettiva delle vittime e importanza dell’assistenza legale: Le evoluzioni normative e giurisprudenziali degli ultimi anni delineano un panorama in cui le vittime di incidenti stradali, anche gravissimi, godono di una tutela sempre più robusta e “personalizzata”. Chi ha perso un familiare in un sinistro mortale o ha riportato lesioni permanenti molto gravi deve sapere che la legge è dalla sua parte: nessuno può negare il risarcimento invocando le condizioni fragili o l’età avanzata della vittima, e persino comportamenti imprudenti come non indossare il casco o la cintura non azzerano automaticamente il diritto al danno, ma semmai lo riducono in misura equa. Al contempo, chi circola sulle strade deve essere consapevole dei propri doveri: la prudenza non è solo una virtù, ma un obbligo giuridico preciso, la cui violazione comporta responsabilità pesanti, sia civili che penali (basti pensare al reato di omicidio stradale o di lesioni stradali gravi, che puniscono severamente il conducente colpevole, con anni di reclusione, revoca della patente e altre sanzioni). In definitiva, il sistema mira a un equilibrio tra giustizia e responsabilità: da un lato garantire che ogni vittima ottenga il giusto ristoro per tutti i patimenti sofferti (“neminem laedere”, nessuno deve essere leso ingiustamente, è il cardine del diritto aquiliano sin dai tempi dei Romani); dall’altro assicurare che ognuno risponda delle proprie azioni quando queste causano danni, e che i comportamenti diligenti vengano distinti da quelli colposi o pericolosi.
In uno scenario così complesso, è fondamentale per le vittime – o i loro familiari – affidarsi a consulenti legali esperti in infortunistica stradale, che conoscano a fondo sia la normativa assicurativa sia gli orientamenti più aggiornati dei tribunali. Solo una guida esperta può districarsi tra perizie mediche, articoli di legge e sentenze, costruendo una strategia efficace per ottenere il massimo risarcimento possibile nei tempi più rapidi. “Giustizia ritardata è giustizia negata” diceva uno statista celebre, e questo è vero in particolare per chi sta soffrendo le conseguenze di un grave incidente: attivarsi subito è essenziale.
Se tu o un tuo caro siete rimasti coinvolti in un grave incidente stradale a Verona o altrove, non esitare a contattare lo Studio Legale MP per una valutazione del caso. Grazie all’esperienza maturata nel diritto civile assicurativo e alla costante attenzione alle novità giurisprudenziali, lo Studio Legale MP di Verona potrà consigliarti al meglio, tutelando i tuoi diritti e aiutandoti a ottenere il giusto risarcimento.
Redazione - Staff Studio Legale MP