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Sulla portata dell’istituto del c.d. interpello - Studio Legale MP - Verona

Sulla portata dell’istituto del c.d. interpello

Consiglio di Stato, Sez. VI, 19.8.2016 n. 3578

Con sentenza n. 3578 del 19 agosto 2016, la Quarta Sezione del Consiglio di Stato, ha avuto modo di fornire alcuni importanti chiarimenti in merito all’istituto del c.d. interpello, disciplinato dall’art. 140, D.lgs. n. 163/2006, oggi sostanzialmente riprodotto dall’art. 110, comma 1, D.lgs. n. 50/2016.
Com’è noto, l’istituto in parola, il quale costituisce applicazione del più generale principio di conservazione degli atti amministrativi – sia nel vigore dell’140, D.lgs. n. 163/2006, sia nell’attuale disciplina dettata dall’art. 110, D.lgs. n. 50/2016 – presuppone che l’affidamento avvenga alle medesime condizioni già proposte dall’originario aggiudicatario in sede in offerta.
In sostanza, la possibilità dell’amministrazione di esercitare uno jus variandi rispetto alle condizioni già proposte dall’originario aggiudicatario in sede di offerta risulta inammissibile alla luce delle disposizioni disciplinanti l’istituto dell’interpello (cfr. Cons. St., Sez. III, 13 gennaio 2016, n. 76).
Precisa, infatti, il Collegio che la natura eccezionale dell’istituto in questione ne consente l’applicabilità solo quando sia possibile stipulare con l’imprenditore che ha presentato la seconda migliore offerta un contratto avente lo stesso contenuto di quello concluso con l’aggiudicatario originale e poi risolto (cfr. Cons. St., Sez. V, 30 novembre 2015, n. 5404).
D’altro canto, occorre ricordare che l’utilizzo dell’interpello anche alla stregua del nuovo Codice dei contratti pubblici è espressione di facoltà discrezionale rimessa all’amministrazione, rispetto alla possibilità di bandire una nuova gara per la parte residua dell’appalto rimasta ineseguita e che questa facoltà non può essere utilizzata a scapito del principio di par condicio e al fine di eludere l’obbligo di gara pubblica, che si realizzerebbe nel caso in cui si rimettesse all’amministrazione la libertà di rinegoziare senza vincolo di gara le migliori condizioni contrattuali cristallizzate all’esito della procedura di evidenza pubblica.