
Nel settore delle locazioni si profila un cambiamento epocale: le ultime riforme legislative e pronunce giurisprudenziali ridefiniscono tempi e modalità degli sfratti, tutelando maggiormente i proprietari. La procedura di rilascio dell’immobile diventa più rapida ed efficiente, limitando le possibilità di sospensione anche in presenza di inquilini vulnerabili. Allo stesso tempo, si consolidano i diritti dei locatori a ottenere il risarcimento dei danni subiti per morosità o ritardi nello sgombero, in un bilanciamento rinnovato tra diritto di proprietà e esigenze sociali.
Sfratti più veloci e tutela rafforzata dei proprietari: la recente riforma normativa e le sentenze della Cassazione assicurano tempi di sgombero ridotti, meno ostacoli procedurali e il diritto al risarcimento dei canoni persi. Scopri le novità e come queste influenzano proprietari e inquilini.
Il Decreto Sicurezza convertito nella Legge 9 giugno 2025, n. 80 ha introdotto misure incisive per accelerare gli sfratti e contrastare le occupazioni abusive. Vengono digitalizzate le procedure (notifiche via PEC, iscrizione a ruolo online) e soprattutto imposti termini stringenti: l’udienza per la convalida deve tenersi entro 30 giorni dalla richiesta e l’ufficiale giudiziario deve intervenire per lo sgombero entro 20 giorni dall’ordinanza. La sospensione dell’esecuzione è ora ammessa solo in casi eccezionali e documentati (presenza di minori, disabili o gravi malattie), e comunque non impedisce lo sfratto se esistono soluzioni abitative alternative. In altre parole, la presenza di persone vulnerabili può giustificare un breve rinvio, ma non blocca più a tempo indeterminato il rilascio dell’immobile. La filosofia della riforma è chiara: tutelare la proprietà e dare certezza ai proprietari, senza però dimenticare del tutto le fragilità sociali. Come sintetizzato in un antico brocardo, ex iniuria ius non oritur – da un’ingiustizia (l’occupazione senza titolo o la morosità colpevole) non nasce alcun diritto.
Dal 2023 è stata inoltre estesa la procedura di sfratto a fattispecie prima escluse: grazie alla riforma del codice di procedura civile (c.d. Riforma Cartabia), oggi lo sfratto per morosità può essere utilizzato anche per l’affitto d’azienda e per il comodato d’uso di immobili. In passato queste situazioni richiedevano una causa ordinaria, ma la modifica all’art. 657 c.p.c. consente di intimare lo sfratto anche al conduttore di un’azienda (o al comodatario) in caso di mancato pagamento. La Cassazione ha rapidamente confermato questo orientamento interpretativo: ad esempio, Cass. civ., Sez. III, sent. n. 29253/2024 ha chiarito che il procedimento per convalida di sfratto è applicabile all’affitto d’azienda contenente beni immobili, purché vi sia almeno un immobile nel complesso aziendale locato. Si tratta di un’innovazione importante che amplia gli strumenti a disposizione dei locatori, permettendo di agire con la procedura più celere anche oltre le locazioni puramente abitative.
Un capitolo cruciale della riforma riguarda le occupazioni senza titolo, fenomeno purtroppo diffuso nelle grandi città. La nuova legge adotta una linea di fermezza: introduce il nuovo reato di occupazione arbitraria di immobile altrui, punito con pene severe fino a 7 anni di reclusione. Si equipara così l’occupazione abusiva di una casa a un delitto grave, a sottolineare che il diritto di proprietà non può essere calpestato in nome dell’emergenza abitativa. Vengono previsti sgomberi immediati: se l’immobile occupato è la prima casa del proprietario, le forze dell’ordine possono intervenire senza bisogno di attendere lunghe trafile giudiziarie, considerandolo un caso di flagranza. Anche in altri casi, una volta ottenuto un provvedimento di rilascio dal giudice, la Pubblica Amministrazione è tenuta ad eseguirlo con tempestività, senza differire l’intervento per motivi di ordine pubblico o sociale salvo circostanze eccezionali.
Significativa a tal proposito è Cass. civ., Sez. III, ord. n. 24053/2025, depositata il 28 agosto 2025: la Suprema Corte ha stabilito che la presenza di minori o disabili tra gli occupanti non può bloccare lo sgombero di un immobile occupato illegalmente. Le “problematiche sociali connesse con l’emergenza abitativa” – scrivono i giudici – non possono gravare esclusivamente sul diritto del proprietario, che ha il pieno titolo a rientrare in possesso del suo bene. Lo Stato e gli enti pubblici devono eseguire gli sfratti in tempi ragionevoli e, in caso di inerzia, ne rispondono. Questa pronuncia, destinata a far discutere, evidenzia il cambiamento di clima: la legalità viene prima di tutto e il proprietario non deve subire sine die le conseguenze di altrui difficoltà. Parafrasando le parole del commediografo Tristan Bernard, «Finché non si è proprietari, non si può immaginare quanto sia ignobile attentare alla proprietà». La Cassazione richiama dunque la responsabilità delle autorità nel dare corso ai provvedimenti di rilascio: ignorare un’ordinanza di sgombero o ritardarla eccessivamente costituisce un comportamento illecito della Pubblica Amministrazione, che può comportare l’obbligo di risarcire i proprietari danneggiati.
Parallelamente alla velocizzazione degli sfratti, le recenti sentenze hanno rafforzato il diritto del locatore a essere indennizzato per i danni subiti a causa dell’inadempimento del conduttore. Un caso emblematico è stato risolto dalle Sezioni Unite della Cassazione: con sent. n. 4892/2025 (depositata il 25 febbraio 2025), la Suprema Corte a sezioni riunite ha sciolto un annoso contrasto giurisprudenziale in materia di risoluzione anticipata della locazione per morosità. In questa vicenda, l’inquilino smise di pagare il canone e la locatrice ottenne lo sfratto; tuttavia, l’immobile fu liberato prima della naturale scadenza contrattuale. La domanda era se il proprietario potesse pretendere non solo i canoni arretrati fino al rilascio, ma anche il mancato guadagno futuro per i mesi residui del contratto non goduti. Le Sezioni Unite hanno stabilito che il locatore ha diritto al risarcimento dei canoni persi fino a quando non riesce a riaffittare l’immobile (entro i limiti della durata residua originaria), purché provi di aver subito un effettivo danno. Si supera così la tesi restrittiva secondo cui la restituzione dell’immobile eliminerebbe ogni pregiudizio futuro: la Corte riconosce che il proprietario conta sul reddito da locazione come frutto del contratto, e se questo viene meno per inadempimento altrui, ciò costituisce un danno risarcibile. In pratica, chi provoca la fine anticipata della locazione (per colpa grave come la morosità) deve rispondere anche dei canoni che il locatore avrebbe maturato, a meno che il proprietario non riesca a mitigare il danno riaffittando subito. Questo principio tutela concretamente i proprietari, specie piccoli risparmiatori che investono negli affitti: perdere mesi di canone può incidere sul loro bilancio, e ora la legge e i giudici offrono loro uno strumento di ristoro.
Da segnalare, inoltre, che Cass. civ., Sez. III, ord. n. 5661/2025 ha confermato come, nelle cause di sfratto trasformate in giudizio di merito (quando l’inquilino si oppone alla convalida e si instaura il procedimento ordinario), sia comunque possibile per il locatore ottenere un decreto ingiuntivo immediato per i canoni non pagati se l’opposizione del conduttore è manifestamente infondata. Ciò disincentiva le opposizioni pretestuose: l’inquilino moroso non può guadagnare tempo in malafede, perché il giudice può emettere subito un’ingiunzione di pagamento esecutiva per le somme dovute, evitando ulteriore dilazione. Anche questo rafforza la posizione del proprietario creditore, integrando il quadro di tutele economiche a suo favore.
Le novità illustrate segnano una decisa svolta a favore dei proprietari, ma il sistema giuridico prevede comunque alcuni correttivi per non ledere i diritti fondamentali degli inquilini in buona fede. Ad esempio, resta applicabile l’istituto del termine di grazia: il conduttore che subisce uno sfratto per morosità può chiedere al giudice una dilazione (generalmente fino a 90 giorni) per saldare tutti i canoni arretrati e le spese legali, evitando così la risoluzione del contratto. La riforma non ha eliminato questa facoltà, ma la sua concessione è ora subordinata a elementi concreti – il debitore deve dimostrare di poter realmente pagare entro breve termine – e non è reiterabile oltre i limiti fissati dalla legge. In altre parole, chi versa in temporanea difficoltà economica ma è di norma un pagatore affidabile può ancora salvarsi dallo sfratto pagando il dovuto in extremis; viceversa, chi accumula morosità senza prospettive di rimborso vedrà cessare più rapidamente il rapporto locatizio.
Sul fronte pubblico, il legislatore ha reintrodotto e rifinanziato strumenti di solidarietà come il Fondo per la morosità incolpevole. La Legge di Bilancio 2025 (L. 30 dicembre 2024, n. 207) ha stanziato nuove risorse per aiutare gli inquilini che non riescono a pagare per cause indipendenti dalla loro volontà (perdita del lavoro, gravi motivi di salute, ecc.). Questi contributi, erogati tramite i Comuni, servono a saldare in parte i debiti di affitto ed evitare lo sfratto, oppure a coprire il deposito cauzionale di un nuovo alloggio a canone sostenibile. Si tratta di misure importanti per prevenire gli sfratti “sociali” e alleviare l’emergenza abitativa, senza però intaccare i diritti dei proprietari che, come si è visto, sono ormai ben tutelati in sede giudiziaria. Del resto, il conflitto tra il diritto alla casa e il diritto di proprietà deve essere risolto trovando un equilibrio: ogni individuo ha diritto a un’abitazione dignitosa, ma ciò non può tradursi nell’obbligo per un privato cittadino di farsi carico sine die delle difficoltà altrui. Lo Stato, attraverso servizi sociali e fondi dedicati, deve farsi garante del primo aspetto, mentre la legge e i tribunali garantiscono il secondo.
Le riforme del 2025 in materia di locazioni segnano dunque un punto di svolta: tempi di sfratto drasticamente ridotti, meno margini per ritardi o abusi, e riconoscimento esplicito del danno economico sofferto dai proprietari. Per chi dà in locazione un immobile – sia esso un appartamento, un locale commerciale o un’azienda – c’è una maggiore sicurezza di rientrare in possesso del bene e di ottenere giustizia in caso di inadempimento del conduttore. D’altro canto, agli inquilini responsabili e in difficoltà vengono offerte soluzioni di supporto (dilazioni, contributi) senza però consentire di abusare della propria condizione. Si delinea così un sistema più equilibrato e trasparente, dove ognuno è chiamato alle proprie responsabilità contrattuali.
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Redazione - Staff Studio Legale MP