Cookie Consent by Free Privacy Policy Generator
Studio Legale MP - Verona logo
Incidenti stradali: risarcimento integrale e nuove sentenze - Studio Legale MP - Verona

La Cassazione delinea nuovi orientamenti per garantire un risarcimento equo e completo alle vittime di incidenti stradali.

«Il dolore è una cosa strana. Un gatto che uccide un uccello, un incidente d’auto, un incendio... Ecco il dolore, BANG, eccolo, ti sta addosso. È reale. E quelli che ti guardano pensano che hai l’aria stupida. Come se fossi improvvisamente diventato scemo. Non c’è rimedio per il dolore a meno di conoscere qualcuno che capisca come ti senti e sappia cosa fare.» – Charles Bukowski

Risarcimento integrale e danno morale della vittima

Quando una persona resta ferita in un sinistro stradale, ha diritto a un risarcimento integrale di tutti i danni subiti. Questo principio è stato recentemente riaffermato dalla Corte di Cassazione, sottolineando che il danno non patrimoniale va risarcito in tutte le sue componenti, incluse la sofferenza interiore e il turbamento emotivo. In altre parole, oltre al tradizionale danno biologico (la lesione all’integrità psicofisica accertata dal punto di vista medico-legale), deve essere riconosciuto anche il danno morale, cioè il dolore e lo sconvolgimento d’animo patiti dalla vittima in conseguenza dell’incidente. Ignorare questa componente significherebbe lasciare la vittima parzialmente senza ristoro.

Proprio su questo punto è intervenuta una recente pronuncia: «la vittima ha diritto a essere risarcita non soltanto per la menomazione fisica, ma anche per il disagio psicologico che ne deriva». La Corte di Cassazione (Cass. civ., Sez. III, ord. 9 ottobre 2025, n. 27102) ha annullato la sentenza di merito che si era limitata a liquidare il danno biologico senza considerare esplicitamente il dolore morale. Nel caso concreto, una donna investita mentre attraversava la strada aveva ottenuto in appello il risarcimento delle lesioni fisiche (ridotto per concorso di colpa), ma il giudice non aveva distinto la componente morale. La Suprema Corte ha rilevato questo errore di diritto, ricordando che danno biologico e danno morale sono voci distinte, entrambe ricomprese nel danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c., e che il giudice deve motivare in modo chiaro la loro presenza e quantificazione. Già le Sezioni Unite nel 2008 (sent. n. 26972/2008) avevano stabilito che il danno non patrimoniale include varie voci (biologico, morale, esistenziale), che vanno valutate unitariamente ma anche distinte nella motivazione della sentenza, per rendere chiaro a cosa corrisponda la somma riconosciuta.

Dal punto di vista pratico, questo orientamento comporta che in ogni causa per risarcimento danni da incidente il giudice debba considerare l’insieme delle conseguenze negative subite dalla persona. Se il dolore interiore (angoscia, paura, tristezza) non viene tenuto in considerazione, la decisione può essere censurata in Cassazione per violazione di legge. Il risultato è una tutela più ampia per le vittime: il risarcimento sarà completo, coprendo sia gli aspetti fisici sia quelli psicologici del danno. Del resto, come ricorda un noto adagio, «la giustizia consiste nel dare a ciascuno il suo»: nel caso delle lesioni personali, a ciascuno deve essere riconosciuto tutto il danno sofferto, nessuno escluso.

Tabelle milanesi e adeguatezza del risarcimento

Ottenere un risarcimento integrale non dipende solo dal riconoscimento di tutte le voci di danno, ma anche dal corretto calcolo quantitativo di queste voci. In Italia, per determinare l’importo del danno biologico e morale si fa riferimento alle cosiddette Tabelle milanesi, elaborate dal Tribunale di Milano e adottate come criterio guida a livello nazionale. Queste tabelle assegnano un valore economico ai punti percentuali di invalidità (per il danno biologico) e prevedono anche una componente per il sofferenza morale, così da offrire un risarcimento equo e uniforme su tutto il territorio. È fondamentale, però, che le tabelle utilizzate siano quelle più aggiornate: negli anni gli importi vengono rivisti (generalmente in aumento, anche per tenere conto dell’inflazione e di una maggiore sensibilità verso il valore della salute).

Una sentenza recente della Cassazione ha stabilito che il giudice d’appello, quando rivaluta il risarcimento, deve applicare la versione più recente delle tabelle, anche se la parte lesa non l’ha esplicitamente richiesta (Cass. civ., Sez. III, sent. 1 agosto 2025, n. 22183). In pratica, se il tribunale aveva liquidato il danno in base a parametri ormai superati, la corte d’appello ha il dovere di aggiornarli automaticamente. Non è ammesso limitarsi a vecchi valori solo perché nessuno ne ha domandato la modifica. Questo orientamento va a beneficio del danneggiato: ad esempio, in un caso esaminato, la Corte d’Appello aveva utilizzato tabelle risalenti al 2011 (molto meno favorevoli) riducendo l’indennizzo; la Cassazione ha cassato quella decisione, imponendo di riliquidare il danno secondo le tabelle milanesi più recenti disponibili nel 2025.

L’importanza di tale principio è evidente: le tabelle vengono periodicamente adeguate per rappresentare meglio la realtà economica e sociale, quindi usare dati obsoleti può portare a risarcimenti inadeguati (troppo bassi rispetto al danno effettivo). Ora la giurisprudenza chiarisce che il criterio aggiornato va applicato d’ufficio, nell’interesse di una piena compensazione. Questo garantisce uniformità e attualità nelle valutazioni: una vittima di incidente nel 2025 vedrà riconosciuti importi calibrati al 2025, non tarati su valutazioni di dieci o quindici anni prima. In sostanza, il risarcimento deve essere non solo completo nelle voci, ma anche congruo nell’ammontare.

Va ricordato che le Tabelle milanesi costituiscono un riferimento autorevole per tutti i tribunali italiani. Anche la Cassazione le approva come strumento preferibile per garantire parità di trattamento. Se un giudice se ne discosta, deve motivare dettagliatamente il perché. Di norma, quindi, chi subisce un danno grave (ad esempio una lesione permanente) può confidare che il calcolo avverrà secondo questi standard nazionali. E grazie all’orientamento attuale, può anche pretendere che si usi la versione più recente delle tabelle al momento della decisione definitiva.

Violazione del Codice e nesso causale: conta la condotta effettiva

Nel valutare le responsabilità di un incidente, non sempre basta accertare una violazione del Codice della Strada: occorre verificare se quella violazione abbia effettivamente causato il sinistro. In termini giuridici, serve il nesso di causalità tra la condotta irregolare e il danno. La Cassazione ha recentemente ribadito questo principio: non ogni infrazione si traduce automaticamente in una colpa risarcibile, se essa non ha avuto incidenza nella dinamica dell’evento. Ad esempio, un automobilista potrebbe aver superato il limite di velocità, ma se l’incidente è avvenuto per tutt’altra ragione (poniamo, una mancata precedenza da parte di un terzo), il semplice fatto che andasse un po’ più veloce del consentito non lo rende automaticamente responsabile dei danni. Allo stesso modo, una manovra vietata (come un’inversione dove non consentita) comporterà responsabilità solo se ha concretamente contribuito a provocare lo scontro.

Questo approccio, confermato in una recente decisione (Cass. civ., Sez. III, sent. 6 febbraio 2025, n. 2970), sposta l’attenzione dal mero dato formale della violazione alla condotta effettiva e al suo ruolo causale. La Corte ha sottolineato che la responsabilità civile automobilistica (disciplinata dall’art. 2054 c.c.) non può essere intesa come una sorta di “responsabilità oggettiva” per qualsiasi infrazione commessa sulla strada: è necessario accertare il collegamento causa-effetto tra comportamento e evento dannoso. Questo garantisce un giudizio più equo, evitando di punire comportamenti sì irregolari ma ininfluenti sul sinistro, e concentrandosi invece su ciò che ha realmente provocato il danno.

Si pensi anche al caso di un’auto parcheggiata in divieto di sosta: di per sé è una violazione, ma diventa rilevante sul piano della responsabilità solo se, ad esempio, crea un ostacolo alla circolazione e qualcuno va a sbattervi o causa una manovra pericolosa di altri conducenti. In tal caso l’automobilista in divieto potrà essere chiamato a rispondere in parte del sinistro, proprio perché la sua condotta scorretta ha avuto un ruolo causale nell’evento. Diversamente, se la violazione resta senza incidenza causale, non vi è obbligo di risarcimento. Questo principio, in sintesi, richiama un fondamento cardine del diritto civile: non c’è responsabilità senza colpa, e non c’è colpa senza nesso di causalità.

Naturalmente, l’accertamento del nesso causale può essere complesso e va svolto caso per caso, spesso con l’ausilio di perizie tecniche e ricostruzioni cinematiche dell’incidente. Ma l’indirizzo attuale della giurisprudenza dà un’indicazione chiara: conta il comportamento concreto. Ciò si ricollega anche al secondo comma dell’art. 2054 c.c., che prevede una presunzione di colpa a carico del conducente in caso di investimento di pedone o scontro tra veicoli, salvo prova contraria. Ebbene, questa prova contraria consiste proprio nel dimostrare che, al di là di eventuali infrazioni, il proprio comportamento non è stato causa del sinistro oppure che l’evento era inevitabile. In conclusione, la colpa nel diritto della circolazione stradale non è un automatismo legato alle regole violate, ma deriva da un’analisi sostanziale di come e perché è avvenuto il fatto.

Concorso di colpa del danneggiato: cinture e rischi accettati

Un ultimo aspetto cruciale, emerso nelle più recenti sentenze, riguarda il comportamento della stessa vittima dell’incidente e come questo possa influire sul risarcimento. Il nostro codice civile, all’art. 1227, prevede che se il danneggiato ha concorso con una propria colpa a causare il danno, il risarcimento dovuto viene proporzionalmente diminuito. Nel contesto dei sinistri stradali, questo principio si traduce nell’analisi di condotte imprudenti o negligenti tenute dalla vittima, che abbiano aggravato o contribuito all’evento.

Un caso esemplare affrontato di recente è quello del terzo trasportato su un veicolo. Normalmente il passeggero coinvolto in un incidente ha sempre diritto al risarcimento (è tutelato anche dalla normativa assicurativa europea, che impone la copertura dei trasportati indipendentemente dalla colpa del conducente). Tuttavia, se il passeggero ha tenuto un comportamento gravemente imprudente, può vedersi ridotta la somma a lui spettante. La Cassazione, con una sentenza del 2025 (Cass. civ., Sez. III, sent. 22 settembre 2025, n. 21896), ha affrontato il caso di un trasportato che accettò un passaggio da un conducente in evidente stato di ebbrezza. Purtroppo si verificò un incidente mortale e i familiari della vittima chiesero i danni all’assicurazione del veicolo. Ebbene, i giudici hanno ritenuto che il trasportato, salendo volontariamente sull’auto con un guidatore ubriaco, abbia cooperato colposamente al proprio danno. In base all’art. 1227 c.c., gli è stato addebitato un concorso di colpa quantificato prima nel 50% e poi rideterminato nel 30%. In pratica, il risarcimento dovuto ai suoi eredi è stato ridotto di trenta punti percentuali rispetto al totale, proprio perché la vittima aveva accettato un rischio palese.

Questo orientamento richiama il brocardo latino «volenti non fit iniuria» (a chi acconsente non è fatto ingiusto danno): chi accetta consapevolmente un rischio non può poi pretendere di esserne risarcito integralmente. Ovviamente ciò non significa che il trasportato perda del tutto tutela – la legge gli garantisce comunque un indennizzo – ma una parte del danno resta a suo carico in ragione della sua imprudenza. Allo stesso modo, la giurisprudenza italiana da tempo applica riduzioni di risarcimento nei confronti di chi, ad esempio, non indossa la cintura di sicurezza. La cintura è un obbligo di legge e un dispositivo salvavita: se il passeggero (o il conducente stesso) subisce lesioni aggravate dalla mancata cintura, l’assicurazione può eccepire il concorso di colpa del danneggiato. In passato le Corti hanno quantificato tale concorso solitamente tra il 20% e il 25%: si tratta della percentuale di danno aggiuntivo attribuibile alla scelta di non allacciarsi la cintura. Anche su questo punto, le pronunce recenti confermano che la mancata adozione di cautele (cinture, casco, ecc.) rileva come comportamento colposo della vittima e comporta una riduzione – ma non l’azzeramento – del risarcimento.

Va sottolineato che il concorso di colpa del danneggiato può assumere molte forme: l’attraversamento imprudente di un pedone, il ciclista che viaggia contromano, il motociclista senza casco, il passeggero che non avvisa il conducente di rallentare in situazioni pericolose, ecc. In tutte queste ipotesi i giudici valuteranno, caso per caso, se la vittima abbia violato regole di comune prudenza contribuendo al proprio danno. Se sì, applicheranno una riduzione proporzionata. Ciò risponde a un criterio di equità: il risarcimento deve coprire ciò che realmente il responsabile ha causato, ma non può diventare un ingiusto vantaggio per chi abbia colpevolmente aggravato le conseguenze. D’altra parte, laddove la condotta della vittima sia stata del tutto corretta, opera in pieno l’art. 2054 c.c. che pone a carico del conducente una presunzione di colpa (nei tamponamenti, ad esempio, chi tampona si presume in colpa salvo prova contraria). In conclusione, le nuove sentenze evidenziano un approccio bilanciato: massima tutela alle vittime innocenti, ma anche riconoscimento delle situazioni in cui la vittima stessa ha assunto comportamenti rischiosi.

Conclusione – La tutela del danneggiato oggi: Il panorama che emerge da queste novità giurisprudenziali è quello di una tutela sempre più attenta e mirata per chi subisce un sinistro stradale. Viene assicurato il risarcimento di tutti i danni, con valutazioni aggiornate e complete, ma al tempo stesso si tende a responsabilizzare tutti gli attori della circolazione (anche le vittime, quando necessario) per distribuire in modo equo le conseguenze dell’incidente. In ogni caso, districarsi tra perizie, tabelle, articoli di legge e sentenze può essere complesso. Per questo, se sei rimasto coinvolto in un incidente stradale (o un tuo familiare lo è stato) è fondamentale affidarti a professionisti del settore.

Hai bisogno di assistenza o di un preventivo?

  • 27 novembre 2025
  • Redazione

Autore: Redazione - Staff Studio Legale MP


Redazione - Staff Studio Legale MP -

Redazione - Staff Studio Legale MP