
Introduzione: una “mini-sanatoria” per abusi minori
“Casa mia, casa mia, per piccina che tu sia, tu mi sembri una badia.” Questa antica massima popolare ricorda quanto sia preziosa la propria casa, anche se modesta. Proprio per tutelare l’attaccamento e l’investimento di chi, magari senza saperlo, ha commesso piccole irregolarità nel costruire o modificare la propria abitazione, il legislatore è intervenuto con una mini-riforma in materia edilizia. Il Decreto Legge 69/2024, cosiddetto “Salva Casa” (convertito con L. 105/2024), ha introdotto importanti semplificazioni e tolleranze per sanare abusi edilizi di lieve entità. L’obiettivo dichiarato non è aprire un nuovo condono edilizio generalizzato – infatti gli abusi sostanziali e gravemente in contrasto con le norme urbanistiche restano insanabili – ma rendere meno draconiana la disciplina per quelle difformità marginali che non incidono sull’assetto del territorio. In concreto, sono stati modificati gli articoli chiave del Testo Unico Edilizia (D.P.R. 380/2001) in tema di tolleranze costruttive, interventi in parziale difformità e accertamenti di conformità, introducendo anche il silenzio-assenso per alcune richieste di sanatoria. Si tratta di un cambiamento tecnico ma sostanziale: laddove prima anche un piccolo errore poteva costare un’ordinanza di demolizione, oggi l’ordinamento offre strumenti per rimediare in modo più equilibrato. In questo articolo analizziamo le principali novità del “Decreto Salva Casa”, con linguaggio chiaro ma preciso, esaminando anche come le prime sentenze del 2025 stiano interpretando queste norme. Come vedremo, i giudici amministrativi hanno accolto lo spirito della riforma, pur ribadendo i limiti posti a tutela del territorio. Del resto, “summum ius, summa iniuria”: applicare la legge senza margini di buon senso può generare ingiustizia, soprattutto quando sono in gioco il diritto alla casa e la buona fede di chi vuole mettersi in regola.
Cosa prevede il Decreto “Salva Casa”
Il Decreto Salva Casa interviene su diversi fronti del Testo Unico Edilizia, con l’intento di agevolare la regolarizzazione degli abusi lievi. In particolare:
Viene ridefinito lo stato legittimo degli immobili, cioè la documentazione e i titoli che attestano la regolarità edilizia: d’ora in poi anche talune dichiarazioni e atti semplificati possono comprovare la conformità, senza dover ricostruire l’intera storia urbanistica dell’edificio.
Si introduce una nuova disciplina per i mutamenti di destinazione d’uso “leggeri”: alcuni cambi d’uso intraurbani non comportano più onerose procedure, se compatibili con le normative locali.
Si ampliano le tolleranze di costruzione: piccole differenze dimensionali rispetto ai progetti approvati (entro un certo percento) non sono considerate violazioni sanzionabili, ma tolleranze innocue. Prima il limite generale era del 2% per errori progettuali; ora il Decreto ha esteso o specificato tali margini (ad esempio, spessori di cappotti termici, piccole difformità in altezze o superfici) per favorire l’efficientamento energetico e l’eliminazione di barriere architettoniche senza incorrere in abusi.
Viene prevista una procedura semplificata di accertamento di conformità anche per interventi in parziale difformità: il nuovo art. 36-bis del T.U. Edilizia consente, per difformità parziali, di ottenere la sanatoria se l’opera risulta conforme alle norme urbanistiche attuali (cosiddetta doppia conformità rispetto alle norme vigenti al momento della realizzazione e a quelle al momento della sanatoria, requisito che però il legislatore non ha eliminato per gli abusi maggiori). La novità è che per alcune opere minori non serviva la piena doppia conformità o comunque è stata circoscritta ai casi più gravi.
Silenzio-assenso: una svolta storica è l’introduzione del silenzio-assenso per alcune domande di sanatoria. Tradizionalmente, in edilizia vigeva il silenzio-rifiuto (ad esempio per il permesso in sanatoria ex art.36, trascorsi 60 giorni senza risposta il silenzio equivale a diniego). Con il Decreto Salva Casa, per talune istanze relative a difformità parziali ora il silenzio dell’amministrazione entro un termine comporta l’accoglimento automatico della sanatoria. Ciò responsabilizza i Comuni a esaminare celermente le pratiche e, in mancanza di provvedimento nei tempi stabiliti, tutela il cittadino diligente che ha presentato domanda.
Eliminazione di alcune sanzioni sproporzionate: in particolare, è stato abrogato il quarto comma dell’art. 37 T.U. Edilizia, che imponeva sanzioni severe (e nessuna sanatoria) per interventi eseguiti in difformità da una SCIA. Ora, grazie alla riforma, anche per molte opere realizzate senza SCIA o in parziale difformità da essa è possibile sanare postumo l’abuso, pagando una sanzione pecuniaria ma evitando demolizioni, ove l’intervento sia conforme a regolamenti e strumenti urbanistici vigenti. In sintesi, si supera la precedente rigidità che spesso puniva eccessivamente errori burocratici o piccole variazioni.
In poche parole, il Decreto Salva Casa non consente di regolarizzare costruzioni totalmente abusive o aumenti di volume rilevanti incompatibili con i piani regolatori – non è un “liberi tutti” – ma offre una seconda chance a chi si trova con difformità limitate, distinguendo il piccolo abuso formale dall’illecito grave. Il tutto, naturalmente, previo pagamento di oblazioni o sanzioni amministrative, dove dovute, perché la regolarizzazione ha un costo (proporzionato all’entità dell’abuso) ma evita conseguenze ben peggiori come l’ordine di demolizione o l’inagibilità dell’immobile.
Abusi edilizi minori: esempi di ciò che oggi si può sanare
Per capire la portata pratica della riforma, vediamo alcuni esempi tipici di abusi minori che il nuovo quadro normativo rende più facili da sanare:
Scostamenti millimetrici o percentuali ridotti: ad esempio, una casa costruita che presenti un’altezza leggermente superiore (di pochi centimetri) a quella autorizzata, o una superficie coperta maggiore del progetto di un margine irrisorio. Prima si rischiava teoricamente l’ingiunzione a ripristinare; ora tali differenze rientrano nelle tolleranze costruttive e non costituiscono abuso (art.34-bis T.U. Edilizia), dunque non serve neppure sanatoria.
Opere interne non strutturali realizzate senza deposito di SCIA ma conformi alle norme: il classico tramezzo spostato, l’unione di due stanze, l’apertura di una piccola porta interna senza aggiornare immediatamente la planimetria. Interventi del genere, se non violano norme igienico-sanitarie o statiche, possono essere ora regolarizzati presentando anche tardivamente la comunicazione dovuta, pagando una modesta sanzione, ma senza conseguenze punitive pesanti.
Verande o tettoie di modesta entità: strutture leggere realizzate per ampliare una stanza o coprire un terrazzo, senza permesso. Se rispettano le distanze e le normative tecniche, oggi possono spesso rientrare nella sanatoria semplificata. Attenzione però: devono essere interventi minori; una veranda che crea una stanza aggiuntiva importante potrebbe eccedere la categoria di “parziale difformità”.
Piccoli ampliamenti realizzati in più (ad esempio chiusura di un portico di pochi metri quadrati): questi costituiscono aumento di volumetria. In passato, l’assenza del permesso comportava un abuso insanabile (perché non c’era doppia conformità all’originario titolo edilizio); con la nuova disciplina, se l’ampliamento rispetta gli strumenti urbanistici attuali (ad esempio rientra nelle cubature consentite oggi) è possibile chiedere l’accertamento di conformità ex art.36-bis. Se il Comune non risponde entro il termine, scatta il silenzio-assenso, legittimando l’opera previo pagamento della sanzione. Non bisogna però farsi illusioni: ampliamenti ingenti, o che violano standard essenziali, non rientrano nella definizione di “parziali difformità” e restano fuori dalla sanatoria.
Cambio di destinazione d’uso non autorizzato ma lieve: si pensi a un locale soffitta adibito di fatto a camera, oppure un garage utilizzato come piccolo studio privato. Tali mutamenti, se non alterano carichi urbanistici (es. numero di abitanti insediati) e non contrastano con il piano urbanistico, oggi possono essere regolarizzati con la nuova procedura semplificata in materia di destinazione d’uso, che prevale sulle vecchie norme comunali più rigide (come confermato da Tar Puglia, sez. II, sent. n. 553/2025). Il Tar ha annullato il provvedimento di un Comune che aveva sanzionato il cambio d’uso in base a una norma locale ormai superata, riconoscendo che il Decreto Salva Casa impone criteri uniformi più permissivi sui cambi d’uso minori, con effetti retroattivi favorevoli al cittadino.
In generale, dunque, opere minime, discrepanze progettuali limitate, ampliamenti di entità ridotta e usi non conformi ma innocui: queste sono le situazioni cui il Decreto Salva Casa si rivolge, offrendo uno scudo contro l’applicazione eccessivamente rigida della legge. Rimane fermo che la sicurezza e il decoro urbano vanno garantiti: difformità che mettano a rischio la stabilità degli edifici o violino gravemente l’assetto del territorio non beneficiano di alcuna indulgenza.
Cosa resta fuori: gli abusi non sanabili
È fondamentale chiarire che non tutti gli abusi possono essere sanati con queste nuove norme. Il legislatore ha tracciato una linea di demarcazione tra irregolarità minori e violazioni sostanziali. Restano esclusi dalla sanatoria semplificata:
Gli interventi in totale difformità dal permesso di costruire: costruire un intero edificio dove non era autorizzato, o aggiungere piani interi abusivi, rimane illecito grave. In questi casi non c’è tolleranza che tenga: continua a valere la regola della doppia conformità tradizionale (l’opera deve essere conforme sia alla disciplina urbanistica vigente quando è stata realizzata, sia a quella vigente al momento della sanatoria). Poiché un manufatto totalmente abusivo per definizione non aveva titolo e quasi mai risulterà conforme ex post, non può essere sanato se non rientrava in precedenti condoni straordinari del passato. La Corte Costituzionale, ad esempio, ha ribadito nel 2024 che la riforma non elimina la doppia conformità per gli abusi maggiori, ma anzi ne conferma la necessità (Corte Cost., sent. n. 124/2024).
Gli abusi realizzati in aree con vincoli inderogabili (vincolo paesaggistico, idrogeologico, beni culturali) senza le dovute autorizzazioni: il Decreto Salva Casa non tocca la normativa sui vincoli. Un’opera costruita in area protetta senza parere paesaggistico, ad esempio, rimane suscettibile di demolizione a meno che si ottenga una sanatoria paesaggistica separata (ma qui servono requisiti propri, come la compatibilità dell’intervento col vincolo e la tempestività della richiesta). La sanatoria edilizia semplificata da sola non può regolarizzare ciò che è vietato da un vincolo. Anche su questo punto la giurisprudenza amministrativa è chiara da tempo: serve la doppia tutela (urbanistica e del vincolo) e il decreto non ha istituito condoni paesaggistici.
Le opere che costituiscono nuove costruzioni rilevanti in assenza di permesso: costruire ex novo un fabbricato (anche se di piccole dimensioni, come una dependance) senza titolo resta un illecito non sanabile con art.36-bis. La differenza fra “parziale difformità” e “assenza totale di titolo” sta nella preesistenza di un permesso: se ho un permesso e ho sforato un po’, sono in difformità parziale; se non avevo alcun permesso per quell’opera, sono in totale difformità. Il Decreto Salva Casa introduce l’art.36-bis solo per le difformità parziali, mentre il classico art.36 (permesso in sanatoria per opere eseguite senza titolo) resta con silenzio-rifiuto e doppia conformità piena. Quindi una piscina interrata costruita senza alcun permesso, per dirne uno, potrà essere sanata solo se le norme urbanistiche sia attuali che dell’epoca l’avrebbero consentita e presentando un’istanza ex art.36 (nessun silenzio-assenso qui, anzi il silenzio vale rigetto).
Gli abusi edilizi gravi scoperti prima della riforma e già sanzionati definitivamente: il Decreto Salva Casa non è retroattivo. Ce lo ricorda il Consiglio di Stato (Sez. II) nella sentenza n. 1394/2025: in quel caso, dei proprietari avevano presentato una SCIA in sanatoria nel gennaio 2024 per opere già eseguite, e poi avevano invocato l’applicazione del sopravvenuto d.l. 69/2024 per ottenere il silenzio-assenso. Il Consiglio di Stato ha escluso la retroattività della nuova disciplina, citando il principio generale “tempus regit actum”. In mancanza di norme transitorie esplicite, le istanze presentate prima dell’entrata in vigore del decreto non beneficiano del silenzio-assenso introdotto dopo, né possono riaprire casi ormai chiusi. Inoltre la sentenza evidenzia come l’art.3, comma 4, del Decreto esclude espressamente qualsiasi diritto a restituzioni di somme già pagate a titolo sanzionatorio secondo la normativa previgente. In sintesi: chi ha già pagato una sanzione o ha subito un provvedimento definitivo in base alle vecchie regole non può invocare la nuova legge per annullarle.
Opere che violano parametri essenziali oltre le nuove tolleranze: ad esempio, se il Decreto consente una tolleranza del 6% sulla superficie (ipotesi), ma un ampliamento abusivo ha incrementato la superficie del 20%, questo esubero non rientra nelle tolleranze e dunque rimane abuso non sanabile (a meno che il 20% di ampliamento sia comunque conforme allo strumento urbanistico e allora si procederebbe con art.36, ma senza garanzie di accoglimento automatico).
In conclusione, il messaggio è chiaro: nessuna sanatoria facile per chi ha costruito illegalmente in modo significativo o in zone vietate. Il sistema vuole invece evitare che piccolezze burocratiche o deviazioni modeste dal progetto finiscano nel calderone degli illeciti gravi. La differenza pratica è enorme: i proprietari di immobili con piccoli abusi possono tirare un sospiro di sollievo e regolarizzare la situazione più agevolmente; viceversa chi sperava in un condono mascherato per grossi abusi, deve ricredersi.
Le prime sentenze del 2025: come i giudici applicano la riforma
A quasi un anno dall’entrata in vigore del Decreto Salva Casa, diverse pronunce giudiziarie ne hanno interpretato i contenuti, delineando un quadro abbastanza coerente. Già citata è la sentenza del Consiglio di Stato n.1394/2025, che ha chiarito il regime intertemporale: la riforma non ha effetti retroattivi sugli iter di sanatoria avviati prima, a conferma che il legislatore non intendeva “sanare” automaticamente il passato ma offrire strumenti nuovi per il futuro (Cons. Stato, Sez. II, sent. n. 1394/2025). In quella vicenda, i ricorrenti avevano anche invocato il silenzio-assenso sulla loro SCIA in sanatoria, ma il Consiglio di Stato ha negato che potesse formarsi, perché all’epoca della domanda (gennaio 2024) l’art.36-bis non era ancora in vigore e l’art.37 (vecchio testo) non prevedeva affatto il silenzio-assenso. Dunque, niente effetto retroattivo: il silenzio del Comune su istanze presentate prima rimane silenzio-inadempimento, non approvazione tacita.
Un’altra pronuncia interessante è dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 16/2023 (poco prima della legge Salva Casa, ma richiamata nelle sentenze successive). La Plenaria ha offerto una ricostruzione sistematica della materia degli abusi edilizi e delle relative sanatorie, ponendo le basi interpretative accolte poi dal legislatore. Ha sottolineato che il sistema previgente, basato sulla rigida distinzione tra abuso totale (art.31-36 TUE) e parziale (art.34), se applicato senza flessibilità rischiava di equiparare situazioni molto diverse. La Plenaria ha evidenziato come la doppia conformità resti un caposaldo per evitare mini-condoni mascherati, ma ha anche suggerito che per gli abusi minori sarebbe opportuna una disciplina ad hoc – anticipando in un certo senso lo spirito del Decreto Salva Casa. I principi della Plenaria (tempus regit actum, divieto di retroattività delle sanatorie se non stabilito espressamente, e necessità di tutela dell’affidamento del privato in caso di lunghi silenzi della P.A.) oggi trovano riscontro nelle nuove norme e nelle sentenze che le applicano.
Sul fronte dei TAR, meritano menzione:
Tar Puglia, Bari, Sez. II, sent. n. 553/2025: ha affermato la prevalenza della normativa nazionale sopravvenuta in tema di destinazione d’uso rispetto ai regolamenti comunali precedenti. Un Comune pugliese aveva annullato d’ufficio una SCIA di cambio d’uso presentata da un cittadino, ritenendolo in contrasto con una norma tecnica locale; il TAR ha annullato l’atto comunale, richiamando le “novellate disposizioni” del Decreto Salva Casa che liberalizzano alcuni cambi d’uso. In pratica, i giudici hanno detto: se la legge statale ora consente quel cambio con una semplice SCIA, il Comune non può applicare retroattivamente una sua regola più severa per bloccarlo, perché la nuova disciplina è immediatamente applicabile e favorisce il privato. È un segnale importante di come l’orientamento sia uniformare le prassi su standard nazionali più semplici.
Tar Lazio, Roma, Sez. I quater (ordinanza): in almeno un caso noto alle cronache del 2025, il Tar capitolino ha sospeso un’ingiunzione di demolizione relativa a un abuso di modesta entità, ritenendo che l’amministrazione non avesse tenuto conto delle nuove norme del Decreto Salva Casa. Nella fattispecie, si trattava di una veranda realizzata senza permesso: il Tar, in sede cautelare, ha valorizzato la possibilità per il ricorrente di chiedere la sanatoria ai sensi del nuovo art.36-bis, cosa che l’ingiunzione comunale non considerava. In attesa del merito, l’ordine di demolizione è stato fermato, con il giudice che sottolinea l’interesse pubblico a privilegiare la regolarizzazione rispetto alla repressione, quando possibile. Questo provvedimento, ancorché interlocutorio, riflette l’orientamento di favorire l’applicazione della riforma.
Parallelamente, i giudici evidenziano i limiti già discussi: il Consiglio di Stato (Sez. II) nella sentenza n.10076/2024 ha confermato che la nuova sanatoria non elimina il requisito della doppia conformità per gli abusi gravi e ha richiamato anche una decisione della Corte Costituzionale, la n.124/2024, la quale ha escluso che la novella legislativa legittimi interventi che prima non erano condonabili. In altre parole, nessun “via libera” a costruzioni fuori legge: il Decreto Salva Casa va letto come un alleggerimento procedurale, non come un condono sostanziale. Questo equilibrio interpretativo garantisce che la riforma non violi l’art. 3 Cost. (principio di uguaglianza) trattando nello stesso modo l’abuso lieve e quello grave.
Come comportarsi: consigli pratici per proprietari e tecnici
Alla luce di quanto esposto, ecco alcuni suggerimenti per chi si trovi coinvolto in questioni di abusi edilizi:
Mappare subito le eventuali difformità: se siete proprietari di un immobile, fate verificare a un tecnico (geometra, ingegnere, architetto) se lo stato di fatto corrisponde ai progetti approvati. Piccole differenze (una finestra spostata, un vano in più, altezze differenti) potrebbero emergere. È importante individuarle perché ora avete l’opportunità di regolarizzarle con costi e tempi ragionevoli.
Approfittare delle tolleranze: alcune irregolarità potrebbero rientrare nelle tolleranze edilizie aggiornate e quindi non richiedere nemmeno sanatoria. Ad esempio, scarti dimensionali entro i limiti di legge non costituiscono violazione. Occorre però che il tecnico asseveri che rientrate nelle tolleranze dell’art.34-bis: in tal caso, basterà aggiornare gli atti catastali e i progetti senza sanzioni.
Presentare istanza di sanatoria per gli abusi minori fuori tolleranza: se avete un ampliamento o una modifica non autorizzata che non rientra nelle tolleranze ma è comunque conforme alle norme urbanistiche attuali, conviene presentare quanto prima una SCIA in sanatoria o un’istanza di accertamento di conformità ai sensi degli artt.36 o 36-bis. Prima si presenta, prima decorre il termine per il silenzio-assenso (dove previsto). Ad esempio, per opere in parziale difformità, l’art.36-bis potrebbe prevedere 60 giorni per il silenzio-assenso: se il Comune non risponde, avrete la sanatoria automaticamente. È bene allegare tutti i documenti e pareri necessari per evitare dinieghi per difetto documentale.
Verificare i vincoli: fate attenzione se l’immobile è in area vincolata (paesaggio, centro storico, ecc.). In tal caso, oltre alla sanatoria edilizia occorre spesso la sanatoria paesaggistica (che ha criteri propri: l’opera dev’essere compatibile col vincolo e non aumentare volumi). Il Decreto Salva Casa non vi esime da questa procedura parallela. Consultate un esperto in diritto amministrativo se vi trovate in questa situazione, perché servono due percorsi coordinati.
Non demolire precipitosamente: se avete ricevuto un’ordinanza di demolizione per un abuso minore, valutate con un legale la possibilità di impugnarla o chiedere una sospensiva, invocando le nuove norme. Come visto, i TAR hanno talora sospeso demolizioni per dare modo di applicare la riforma. Ad esempio, se l’ordine riguarda un abuso ora sanabile con art.36-bis, potete presentare ricorso al TAR sostenendo che l’amministrazione doveva consentirvi la sanatoria. Ovviamente, questo va ponderato caso per caso con l’avvocato, ma è una chance di salvare l’opera.
Pagare le sanzioni dovute: la sanatoria, anche quando concessa, comporta il pagamento di una somma (oblazione o sanzione pecuniaria). Mettetelo in conto: è comunque meglio che perdere l’immobile abusivo. Importante: se avevate già pagato una sanzione in passato per quell’abuso, non aspettatevi rimborsi grazie alla nuova legge – come detto, niente effetto retroattivo in melius di quel tipo.
Affidarsi a professionisti: la materia, come evidente, è tecnica e coinvolge sia aspetti urbanistici sia legali. Il successo di una sanatoria dipende da un progetto ben fatto e dalla corretta interpretazione delle norme. Un tecnico qualificato e un avvocato amministrativista possono collaborare per preparare un’istanza efficace, evitando errori formali che potrebbero far perdere il beneficio del silenzio-assenso o causare un rigetto. Ad esempio, presentare la domanda sbagliata (come se fosse un art.36 anziché un 36-bis) potrebbe farvi perdere tempo prezioso.
Il Decreto Salva Casa rappresenta una ventata di ragionevolezza nel panorama dell’edilizia italiana. Senza legittimare abusi eclatanti, il legislatore ha preso atto che molte situazioni di irregolarità nascono più da formalismi o piccole necessità familiari che da reale volontà di violare la legge. La nuova normativa offre dunque un percorso di emersione dall’illegalità per chi intende mettersi in regola, distinguendo il piccolo errore dal grande abuso. Le prime applicazioni giudiziarie confermano questo approccio: i tribunali stanno dando attuazione alle semplificazioni, pur vigilando affinché i furbi non ne approfittino indebitamente. Per proprietari e tecnici, si apre una fase di opportunità: conviene regolarizzare oggi ciò che è possibile, sfruttando tolleranze e sanatorie, piuttosto che rischiare domani sanzioni ben più gravi. Ogni caso va valutato singolarmente – “casus a nullo praescriptus”, ogni caso fa storia a sé, dicevano i latini – ma la direzione è tracciata: collaborazione tra cittadini e Pubblica Amministrazione per risolvere le piccole irregolarità edilizie senza contenziosi infiniti.
In definitiva, se avete a cuore la vostra casa e vi trovate con qualche abuso minore, questo è il momento giusto per intervenire. Studio Legale MP vanta esperienza in diritto urbanistico e amministrativo: possiamo assistervi sia nella fase tecnica di verifica e predisposizione delle pratiche di sanatoria, sia nella tutela legale in caso di contrasti con il Comune. Non lasciate che una difformità apparentemente insormontabile diventi un incubo: grazie alle nuove norme, spesso la soluzione è a portata di mano. Contattateci per una consulenza: valuteremo insieme il da farsi, per proteggere la vostra casa e i vostri diritti con professionalità e tempestività. In civitate tot leges, quot homines – potremmo dire parafrasando un brocardo: in materia edilizia ogni caso è unico, e richiede le leggi giuste applicate al caso concreto. Il nostro Studio è qui proprio per questo: far valere le leggi nel modo migliore per voi, difendendo la vostra proprietà e garantendovi un futuro sereno nella vostra casa.
Redazione - Staff Studio Legale MP