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Debitore sovraindebitato: quando è meritevole di esdebitazione? - Studio Legale MP - Verona

Errori scusabili vs. colpa grave – Come la legge sul sovraindebitamento distingue l’onesto in difficoltà dal debitore imprudente.

 

Il requisito della “meritevolezza” del debitore sovraindebitato

Chi ricorre alle procedure di sovraindebitamento (piano del consumatore, concordato minore o liquidazione controllata) deve essere meritevole: significa che non deve aver causato la propria crisi con dolo o colpa grave. In passato la legge parlava genericamente di “meritevolezza”, lasciando più discrezionalità ai giudici; oggi il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) ha reso il concetto più oggettivo, escludendo solo i comportamenti dolosi, fraudolenti o di estrema imprudenza. In sostanza, errori di gestione, scelte finanziarie azzardate o sfortunate possono essere perdonate, mentre rimangono fuori dalla “salvezza” coloro che hanno abusato in modo grave del credito o tenuto condotte scorrette verso i creditori. Come recita un antico brocardo, culpa lata dolo aequiparatur: la colpa grave è equiparata al dolo. Dunque un indebitamento causato da leggerezza imperdonabile sarà trattato alla stregua di uno provocato con malafede deliberata. La ratio di questa limitazione è chiara: le procedure di esdebitazione vogliono aiutare chi è oppressso dai debiti senza colpa grave, non diventare un “liberi tutti” per chi ha agito con spregiudicatezza.

Va sottolineato che la meritevolezza incide in due momenti diversi. All’accesso della procedura, il tribunale verifica l’assenza di cause ostative esplicite (ad esempio atti in frode ai creditori o condanne per bancarotta) e, per i piani del consumatore, che il sovraindebitamento non sia stato causato da dolo o colpa grave. Al termine della procedura, al momento di concedere l’esdebitazione, si valuta di nuovo la condotta complessiva del debitore: se emergono comportamenti gravemente scorretti, il beneficio finale può essere negato. In generale però, l’orientamento attuale è di non precludere a priori l’accesso a chi formalmente rientra nei requisiti di legge, demandando la verifica definitiva della buona fede alla fine. La Corte di Cassazione, ord. n. 22074/2025 (depositata il 31 luglio 2025) ha chiarito che il giudice non può rifiutare l’apertura di una liquidazione controllata solo per una generica idea di “non meritevolezza” del debitore: se questi soddisfa i requisiti previsti (ad esempio non ha commesso frodi né altre condotte rilevanti ex lege), la procedura va aperta. Introdurre criteri soggettivi ulteriori sarebbe arbitrario e contrario allo spirito della legge. Questo principio garantisce una chance anche a chi ha qualche ombra sul passato, rimandando al termine l’eventuale giudizio definitivo. Del resto, nemo tenetur ad impossibilia: nessuno è tenuto a fare l’impossibile, e negare qualsiasi via d’uscita a chi annaspa nei debiti sarebbe inumano. Meglio ammettere il debitore e vedere come si comporta nella procedura, piuttosto che sbarrargli subito la strada sulla base di impressioni.

Errori scusabili: quando la legge perdona il debitore onesto

La maggior parte dei sovraindebitati arriva alla crisi per errori non intenzionali: spese fuori controllo, investimenti sbagliati, garanzie prestate con troppa leggerezza a familiari o soci, eventi sfortunati come malattie o perdita del lavoro. In questi casi il sistema giuridico è orientato alla comprensione. “Errare humanum est”: l’errore è umano, e se il debitore non ha agito con malizia o estrema negligenza, merita una seconda opportunità. La giurisprudenza del 2025 conferma un atteggiamento di apertura. Ad esempio, il Tribunale di Rimini, sent. 18 aprile 2025 ha ritenuto ammissibile l’esdebitazione per un uomo finito nei debiti dopo aver fatto da fideiussore alla società di famiglia poi fallita. Firmare quella garanzia fu certamente un passo imprudente che ha compromesso la sua situazione, ma il giudice ha valutato che non vi fosse intento fraudolento né sconsideratezza estrema. Al contrario, l’uomo aveva agito per salvare l’azienda di famiglia, quindi spinto da un motivo legittimo sebbene con scarsa avvedutezza. Anche la banca creditrice, dal canto suo, aveva concesso finanziamenti in una situazione già precaria, senza troppa cautela. In tale contesto, il Tribunale ha deciso di non precludere l’accesso alla procedura: il debitore, pur avendo commesso un errore, non aveva mostrato malafede. Gli è stato quindi consentito di avviare la liquidazione controllata e puntare alla cancellazione dei debiti. Questa decisione incarna bene la filosofia odierna: non si vuole punire chi è indebitato in buona fede. Un errore di valutazione, una scelta azzardata ma comprensibile nelle circostanze, non chiude la porta della procedura. La legge e i giudici distinguono tra l’azzardo veniale e l’azzardo scellerato: il primo può essere perdonato, il secondo no.

Un altro esempio di condotta scusabile è offerto da quei casi in cui il debitore ha contratto debiti per motivi di necessità o altruistici. Si pensi a chi, pur non potendo permetterselo, si indebita per pagare cure mediche a un familiare, oppure chi accumula arretrati perché ha perso il lavoro durante una crisi economica. In situazioni del genere, la colpa morale del debitore è minima o assente. La normativa sul sovraindebitamento riconosce queste situazioni e non le esclude dall’esdebitazione. Anche quando c’è stata imprudenza, conta il contesto: il giudice valuta il comportamento complessivo e le motivazioni del debitore. La Corte di Cassazione, Sez. I civ., sent. n. 20725/2025 (22 luglio 2025) ha evidenziato proprio questo aspetto: nel giudizio di omologazione di un piano del consumatore il tribunale può tenere conto della condotta dei creditori finanziatori. Se banche e finanziarie hanno concesso credito “a cuor leggero” a un consumatore già indebitato, senza le dovute verifiche sul merito creditizio, tale negligenza non giustifica di per sé il debitore, ma va considerata nel valutare la situazione. In altre parole, la crisi da sovraindebitamento non è sempre colpa solo di chi chiede prestiti, ma talvolta anche di chi li offre con troppa facilità. Riconoscere questo porta a giudizi più equilibrati: il debitore non sarà automaticamente bollato come colpevole grave se vi è anche una responsabilità del creditore nell’aver alimentato il sovraindebitamento. Addirittura, la legge prevede che un creditore professionale colpevole (ad esempio una banca che non ha verificato la solvibilità del cliente) possa perdere il diritto di opporsi all’omologazione del piano. Ciò è sancito dall’art. 69 CCII e confermato dalla giurisprudenza: la Cassazione, ord. n. 20672/2025 (22 luglio 2025) ha chiarito che la banca che ha concorso ad aggravare l’indebitamento non può bloccare il piano per mere ragioni di convenienza, ma solo far valere eventuali violazioni di legge. Questo meccanismo tutela il debitore onesto: il suo errore “veniale” non gli preclude l’accesso alla procedura, e anzi i creditori che hanno favorito quell’errore non possono impedirgli di uscire dai debiti, purché naturalmente la proposta di soluzione offra loro il massimo soddisfacimento possibile.

Colpa grave e comportamenti scorretti: quando il debitore perde il diritto all’esdebitazione

Sul versante opposto, la legge e i tribunali mantengono il pugno duro verso quei debitori che hanno provocato il dissesto con condotte inescusabili. L’obiettivo è chiaro: evitare che le procedure di sovraindebitamento diventino una scorciatoia per furbi. Se qualcuno ha dissipato il patrimonio deliberatamente, ha vissuto al di sopra delle proprie possibilità in modo scriteriato, oppure ha nascosto beni ai creditori, non può aspettarsi clemenza. Un caso emblematico è quello del debitore che ha firmato fideiussioni su fideiussioni per importi enormemente superiori alle sue capacità, magari per sostenere imprese decotte o speculazioni altrui. Una cosa è aiutare un familiare in difficoltà con una garanzia una tantum (come visto sopra, ciò può essere considerato un errore perdonabile se fatto in buona fede); ben altra situazione è chi ripetutamente si indebita oltre ogni misura, ignorando consapevolmente il proprio rischio. In quest’ultimo caso i giudici parlano di “ricorso colposo e sproporzionato al credito”, che costituisce causa ostativa all’esdebitazione. Ad esempio, il Tribunale di Brescia, sent. 28 maggio 2025 ha negato il beneficio ad un ex imprenditore che aveva accumulato gran parte dei debiti prestando garanzie personali esagerate rispetto al suo patrimonio. Pur sostenendo che l’impresa inizialmente aveva capitali adeguati, il debitore non poteva ignorarne il declino finanziario, dato che ne era parte attiva, e ha continuato a fare da garante su nuovi finanziamenti. Il tribunale ha valutato questo comportamento come gravemente colposo, tale da integrare proprio quella “colpa lata” equiparata al dolo. Nella motivazione si legge che la sistematicità e l’entità di tali obbligazioni eccedevano la normale imprudenza: erano indice di spericolatezza consapevole. Inoltre – nota importante – il giudice ha affermato che la corresponsabilità delle banche nel concedere credito facile non elimina la colpa del debitore garante: la presenza di un comportamento imprudente da parte del finanziatore “nulla toglie” alla colpa grave del fideiussore (principio ribadito poi anche dalla Cassazione). Dunque, in casi simili, il debitore perde il diritto all’esdebitazione: la procedura potrà forse aiutarlo a gestire la crisi, ma alla fine i debiti più probabilmente resteranno in capo a lui, perché ha abusato della fiducia creditizia. Come sintetizzato dalla giurisprudenza, chi ha assunto obbligazioni ben oltre le proprie possibilità non può invocare la leggerezza altrui per cancellare i debiti. Allo stesso modo, restano esclusi dai benefici coloro che abbiano distratto o sottratto beni prima o durante la procedura (ad esempio vendendo proprietà di nascosto per non farle trovare ai creditori): fraus omnia corrumpit, la frode corrompe ogni cosa e taglia fuori il debitore disonesto dalla “seconda chance”.

Un’ulteriore ipotesi di abuso è l’uso distorto delle procedure concorsuali per fini diversi da quelli per cui sono nate. Pensiamo al caso di un socio di società di persone che tenta di usare il sovraindebitamento per liberarsi dei debiti sociali, lasciando però attiva la società. Questo confligge con principi basilari (autonomia patrimoniale e par condicio creditorum) e i tribunali lo hanno censurato. La legge infatti prevede che se è la società ad accedere a un concordato minore, i benefici si estendono ai soci illimitatamente responsabili (art. 79, co. 4 CCII), ma non viceversa. Il Tribunale di Verona, sent. 17 agosto 2025 ha dichiarato inammissibile un concordato minore presentato dal socio di due S.n.c. ancora operative, in cui quello cercava di inserire anche tutti i debiti delle società: una manovra giudicata come tentativo di aggirare la legge, neutralizzando le responsabilità solidali previste dal codice civile. Il messaggio è chiaro: la normativa sul sovraindebitamento favorisce il debitore onesto in difficoltà, ma non tollera scorciatoie indebite che pregiudichino i diritti altrui. I “furbi” che provano ad approfittarne – ad esempio per scaricare debiti di società senza passar per le procedure proprie di quelle società – vengono fermati. Si tratta comunque di casi limite, ma è importante evidenziare che la meritevolezza implica anche correttezza nell’uso degli strumenti legali: se usati strumentalmente o in malafede, i benefici vengono negati.

Equilibrio tra rigore e seconde opportunità

Dal panorama delineato emerge un equilibrio fondamentale: il sistema del sovraindebitamento è clemente verso chi è vittima dei debiti, ma rimane severo verso chi ne è artefice colpevole. Questa linea di confine tutela sia i debitori onesti sia l’integrità del sistema creditizio. Da un lato, un soggetto seriamente indebitato ma senza colpe gravi troverà oggi molte più porte aperte rispetto al passato: può proporre un piano anche se in passato ha avuto un fallimento (vedi Trib. Verona, sent. 13 giugno 2025, che ha ammesso un ex fallito alla liquidazione controllata per eliminare debiti residui), può includere nel piano i debiti fiscali (purché offra allo Stato almeno quanto otterrebbe in una liquidazione, come confermato da Cass. civ., ord. n. 5157/2025), e, se davvero nullatenente, può persino ottenere la cancellazione immediata di tutti i debiti senza pagare nulla (esdebitazione del debitore incapiente ex art. 283 CCII). Dall’altro lato, resta invalicabile il divieto di cancellare alcuni debiti per ragioni di ordine pubblico (in primis gli obblighi alimentari verso coniuge e figli, che non possono mai essere falcidiati) e soprattutto permane la barriera etica della meritevolezza: la seconda opportunità è riservata a chi ne abbisogna davvero e non l’ha deliberatamente provocata. Questa filosofia emerge con forza nelle sentenze analizzate: i giudici parlano ormai con una voce univoca nel dire al fresh start per il “debitor pauper” onesto, e no al perdono per il “debitor fraudulentus” o gravemente temerario.

In definitiva, chiunque si trovi schiacciato dai debiti deve sapere che una via d’uscita legale esiste, ma è fondamentale presentarsi con le carte in regola: trasparenza, buona fede, collaborazione e nessun tentativo di fare il furbo. La legge vuole dare una chance a chi, magari per sventura o leggerezza, è caduto nel vortice del debito, ma considera intoccabili i doveri verso la famiglia e imprescindibile la lealtà del debitore. Come scrisse Shakespeare, «la misericordia è due volte benedetta: benedice chi la dà e chi la riceve». Allo stesso modo il sistema giuridico “benedice” (favorisce) il debitore meritevole concedendogli misericordia (clemenza sui debiti), e al contempo avvantaggia la collettività recuperando una persona alla vita economica attiva. Questa misericordia verso il debitore è però bilanciata da giustizia verso i creditori: chi ha prestato soldi in buona fede non dev’essere sacrificato oltre misura, e chi ha tradito la fiducia contratta non può lavarsene le mani così facilmente. Summum ius, summa iniuria – l’applicazione troppo rigida della legge può generare ingiustizia – è un monito che il legislatore ha tenuto presente modulando le regole del sovraindebitamento. Oggi, grazie a interpretazioni evolutive e correttivi normativi, l’ago della bilancia pende verso una chance di riscatto più ampia per i debitori sinceri, senza per questo abbandonare il rigore verso chi non lo merita.

Conclusione – Ripartire senza debiti, ma a certe condizioni

In conclusione, la meritevolezza è la chiave di volta delle procedure di sovraindebitamento: rappresenta il filtro etico che separa il debitore che può essere sollevato dal peso dei debiti da quello che invece deve ancora risponderne interamente. La recente giurisprudenza italiana del 2025 ha tracciato confini più netti e al tempo stesso più giusti. Da un lato si è eliminato un eccesso di discrezionalità: non si vedranno più esclusioni arbitrarie fondate su giudizi moralistici generici, ma solo su specifiche condotte contrarie alla legge (frode, dolo o colpa gravissima). Dall’altro, si è rafforzato il principio che ogni caso va valutato nella sua particolarità, tenendo conto sia delle cause dell’indebitamento sia del comportamento del debitore durante la procedura. Chi affronta con onestà e impegno il percorso di composizione della crisi troverà nei tribunali un atteggiamento collaborativo e orientato alla soluzione; chi invece tentenna, nasconde informazioni o pretende di “scaricare” il debito senza sacrifici potrebbe vedere svanire il beneficio finale. In sostanza, il sistema offre oggi ampie possibilità di liberarsi dai debiti, persino in situazioni un tempo disperate, ma lo fa senza abbassare i propri standard di integrità: solo chi gioca pulito e non ha colpe imperdonabili potrà rinascere finanziariamente. Per un debitore onesto, ciò significa poter sperare davvero in un futuro nuovo, senza più incubi di pignoramenti e interessi che crescono – un’opportunità per tornare a vivere dignitosamente. Per il debitore disonesto, invece, la strada resta chiusa: dovrà affrontare le conseguenze delle proprie azioni senza scorciatoie.

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Affrontare una situazione di sovraindebitamento da soli può essere stressante e complicato. Le leggi offrono soluzioni concrete – dal piano del consumatore alla liquidazione controllata, fino all’esdebitazione totale del debitore incapiente – ma occorre capire quale strada è percorribile e come presentarne richiesta in modo efficace.

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  • 25 novembre 2025
  • Redazione

Autore: Redazione - Staff Studio Legale MP


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