
Il danno ai denti è un danno alla salute: In diritto, la lesione ad un dente non viene affatto considerata un problema minore o puramente estetico. Al contrario, rientra nel concetto di danno biologico, ovvero la lesione all’integrità psicofisica della persona tutelata dall’art. 32 della Costituzione (diritto alla salute). Perdere uno o più denti, o subire un danno alla struttura dentale, può comportare dolore acuto, difficoltà nella masticazione, problemi fonetici (alterazione del parlato) e un impatto estetico sul sorriso. Queste conseguenze si riflettono sulla vita quotidiana dell’individuo, causando spesso insicurezza nei rapporti sociali, disagi psicologici e limitazioni funzionali. “Primum non nocere” (anzitutto, non nuocere): questo antico principio latino ricorda ai medici – dentisti inclusi – il dovere fondamentale di non arrecare danno al paziente. Quando però tale dovere viene violato e il paziente subisce un danno, scattano precisi obblighi risarcitori. L’ordinamento giuridico italiano prevede infatti la possibilità di ottenere un risarcimento del danno alla salute per lesioni dentali, coprendo sia gli aspetti economici sia quelli non economici del pregiudizio subito. In altre parole, chi ha riportato danni ai denti per colpa altrui (errore medico, incidente, aggressione, ecc.) ha diritto ad essere ristoriato sia delle spese e perdite materiali, sia delle sofferenze fisiche e morali patite.
Responsabilità del dentista e casi di malpractice: Una significativa area di contenzioso riguarda gli errori commessi dal dentista (odontoiatra) durante cure e interventi. In questo caso si parla di responsabilità medica odontoiatrica, ambito in cui trovano applicazione sia le regole generali della responsabilità contrattuale (rapporto medico-paziente) sia la disciplina speciale introdotta dalla Legge Gelli-Bianco n. 24/2017 sulla sicurezza delle cure. Il paziente danneggiato da un intervento dentistico errato – ad esempio un impianto dentale mal eseguito, un’estrazione dentaria condotta con negligenza o una protesi difettosa – può agire legalmente per ottenere giustizia. È utile sapere che, trattandosi di una prestazione sanitaria, la responsabilità del dentista verso il paziente ha natura contrattuale (derivante dal contratto di cura, anche se implicito): ciò comporta importanti vantaggi probatori per il paziente. In linea generale, il paziente deve provare l’esistenza del rapporto (aver affidato al dentista l’esecuzione di un dato trattamento) e il danno subito (ad esempio, l’aggravarsi della sua situazione dentale o l’insorgenza di nuove patologie a causa della cura errata). Spetterà poi al dentista – per liberarsi – dimostrare di avere eseguito la prestazione con la diligenza e perizia richieste, e che gli esiti negativi lamentati dal paziente non dipendono da una sua colpa 【Cass. civ., Sez. III, sent. n. 5128/2020】. Questo principio del “principio di vicinanza della prova” è stato più volte ribadito e vale anche in tempi recenti: il medico deve provare di non aver commesso errori o che, pur essendoci stato un errore, questo non ha causato il danno al paziente. Ad esempio, la Cassazione ha confermato che in caso di gravi errori in un intervento implantologico, è onere del dentista provare l’assenza di nesso causale tra la sua condotta e il peggioramento della salute del paziente【2】. Se il dentista non riesce in questa prova liberatoria, verrà riconosciuto responsabile.
Sul piano pratico, le tipologie di errore odontoiatrico che più spesso danno luogo a risarcimento includono: trattamenti incongrui o inutili che peggiorano la situazione (come devitalizzazioni o impianti non necessari eseguiti male), omissioni diagnostiche (mancata esecuzione di esami radiografici preliminari), violazione delle linee guida e della lex artis (norme di buona pratica clinica) nelle procedure, protesi e impianti realizzati in modo imperito, nonché la mancata acquisizione di un valido consenso informato. Quest’ultimo aspetto merita attenzione: ogni intervento odontoiatrico invasivo richiede che il paziente sia informato adeguatamente su rischi, benefici e possibili alternative. Se il dentista omette di informare e il paziente, ignaro di rischi significativi, subisce poi un danno, può configurarsi un profilo di responsabilità ulteriore, distinto dall’errore tecnico. La giurisprudenza però precisa che il paziente deve dimostrare che la mancanza di informazioni gli ha provocato un danno, ad esempio privandolo della possibilità di scegliere diversamente. In una recente pronuncia, la Corte di Cassazione ha affermato che il paziente deve provare che, se correttamente informato, avrebbe rifiutato l’intervento, altrimenti non è risarcibile il solo danno da lesione del diritto all’autodeterminazione (ovvero il disagio di aver subito un trattamento senza piena consapevolezza)【1】. In altre parole, volenti non fit iniuria: a chi consente con cognizione di causa non è fatto un torto, mentre se il consenso manca o è viziato, il paziente può chiedere un risarcimento, ma solo se dimostra che avrebbe agito diversamente con un’adeguata informazione 【Cass. civ., Sez. III, ord. n. 15079/2025】.
Esempi di casi reali recenti: Le aule di giustizia hanno riconosciuto il diritto al risarcimento in numerosi casi di malasanità odontoiatrica. Ad esempio, la Corte di Cassazione penale ha recentemente esaminato un caso clamoroso di estrazione dentaria mal eseguita: un dentista, nel rimuovere un dente del giudizio inferiore, aveva lesionato irreversibilmente il nervo linguale della paziente, provocando una grave parestesia (perdita di sensibilità) permanente. Nonostante il procedimento penale per lesioni colpose si fosse concluso con la prescrizione del reato, la Cassazione ha confermato la condanna del dentista a risarcire la parte civile con circa 15.000 euro per il danno biologico subito【3】. In tale sentenza (Cass. pen., Sez. IV, n. 22474/2025), la Suprema Corte ha sottolineato che il professionista aveva agito con negligenza: aveva omesso gli approfondimenti radiologici necessari prima dell’estrazione e aveva proceduto in modo eccessivamente invasivo, danneggiando il tessuto osseo e il nervo sottostante. Questo caso dimostra come anche un singolo dente possa essere al centro di una vicenda di grave responsabilità medica: il danno ai nervi orofacciali, la perdita di sensibilità e le difficoltà funzionali conseguenti rappresentano un significativo danno alla salute, da risarcire integralmente. Un altro caso recente, deciso dal Tribunale di Pavia nel 2025, ha visto una paziente ottenere giustizia dopo una serie di cure odontoiatriche malfatte: il dentista le aveva applicato impianti e protesi in modo scorretto, causandole infezioni, dolori e un serio difetto estetico all’arcata superiore. Il Tribunale, accertata la grave inadempienza del dentista, ha dichiarato risolto il contratto per le cure, ordinando la restituzione di tutte le somme pagate dalla paziente (oltre € 8.000) e condannando il convenuto a risarcire i molteplici danni subiti【5】. In particolare, sono stati liquidati: il danno biologico temporaneo (giorni di inabilità dovuti ai trattamenti errati e ai successivi interventi necessari per rimediare), un danno morale-psicologico per il rilevante pregiudizio estetico e funzionale (sorriso deturpato e difficoltà di igiene orale e di pronuncia causate dalla protesi mal eseguita), nonché tutti i danni patrimoniali (costi delle nuove cure riparatorie, spese mediche e perfino la perdita delle detrazioni fiscali perché il dentista non aveva rilasciato fatture) 【Trib. Pavia, sent. 16 giugno 2025, n. 706】. Di rilievo, in questa sentenza, è l’aver riconosciuto un risarcimento anche per l’impatto psicologico ed esistenziale della menomazione estetica: pur in assenza di una invalidità permanente in punti (i periti non avevano riscontrato postumi permanenti una volta che la protesi verrà rifatta correttamente), il giudice ha ritenuto che vivere per anni con un sorriso gravemente compromesso e con disagi quotidiani costituisce un danno non patrimoniale meritevole di ristoro. In un ulteriore caso deciso in appello (Corte d’Appello di Bari, sent. n. 88/2025 del 23 gennaio 2025), relativo a cure odontoiatriche invasive seguite da complicanze, è stata confermata la responsabilità del dentista principale e del collega subentrato, per non aver evitato un esito peggiorativo: la sentenza ha condannato i medici a risarcire il paziente per aver aggravato le sue condizioni con terapie errate, e ha disposto la risoluzione del contratto con restituzione di parte dei compensi professionali percepiti, oltre al risarcimento dei danni biologici e morali quantificati dal consulente tecnico. Questi esempi giudiziari evidenziano che i tribunali sono sempre più attenti a tutelare il paziente in ambito odontoiatrico, riconoscendo con chiarezza il diritto al risarcimento quando vi sia stata imperizia, negligenza o imprudenza da parte del dentista.
Voci di danno risarcibili in caso di danni dentali: Una domanda frequente delle vittime di errori dentistici o di traumi ai denti è: quali danni posso farmi risarcire? In caso di lesioni personali ai denti, la legge consente di ottenere il ristoro sia dei danni patrimoniali sia dei danni non patrimoniali. In concreto, le principali voci risarcitorie sono:
Spese mediche e di cura: tutti i costi affrontati (o da affrontare in futuro) per porre rimedio al danno. Ad esempio: spese per visite specialistiche, radiografie, interventi chirurgici di riparazione (come impianti o ponti per sostituire denti persi), cure riabilitative, protesi dentarie sostitutive, farmaci antidolorifici ecc. È importante conservare ricevute e fatture, poiché questi esborsi rientrano nel danno emergente da risarcire.
Mancato guadagno e ripercussioni economiche: se a causa del danno dentale la persona ha dovuto sospendere l’attività lavorativa o ha visto ridotta la propria capacità di lavoro, può chiedere il risarcimento del lucro cessante. Ad esempio, un periodo di assenza dal lavoro per cure (con perdita di stipendio), oppure la diminuzione di opportunità professionali dovute a problemi di fonetica o di immagine, sono elementi risarcibili. In casi gravi, anche il danno alla capacità lavorativa specifica (ad esempio per chi svolge professioni a contatto col pubblico e subisce un deturpamento) può essere indennizzato.
Danno biologico: è il fulcro dei danni non patrimoniali. Consiste nella lesione dell’integrità psicofisica, comprensiva sia degli aspetti funzionali sia di quelli relazionali ed estetici. Viene di norma quantificato attraverso una perizia medico-legale che valuta l’invalidità permanente (in termini percentuali di postumo) e l’invalidità temporanea (giorni di malattia/inabilità totale o parziale). Ad esempio, la perdita di un incisivo a 30 anni potrebbe essere valutata con qualche punto di invalidità permanente per il pregiudizio estetico-funzionale; una frattura dentaria dolorosa può comportare giorni di inabilità temporanea. L’entità in denaro del danno biologico viene calcolata applicando dei parametri (spesso le tabelle del Tribunale di Milano o di Roma) che assegnano un valore al punto percentuale di invalidità, aumentato in base all’età del danneggiato e personalizzato secondo la gravità specifica. Va sottolineato che il danno estetico (ad esempio un sorriso deturpato) fa parte integrante del danno biologico, in quanto incide sulla persona nella sua sfera dinamico-relazionale: i giudici ne tengono conto aumentando il risarcimento se l’aspetto estetico del volto risulta compromesso.
Danno morale: riguarda la sofferenza interiore, il turbamento d’animo, la paura e l’angoscia provati dalla vittima a causa dell’evento dannoso. Nel caso di danni ai denti, il danno morale si manifesta, ad esempio, nel dolore fisico sofferto durante e dopo il fatto (si pensi alle lancinanti nevralgie dentali), nonché nel vissuto emotivo negativo (ansia, depressione, vergogna) conseguente. È un aspetto soggettivo del danno non patrimoniale, che il giudice liquida spesso in via equitativa, tenendo conto dell’intensità della sofferenza. Nel caso prima citato del Tribunale di Pavia, è stato riconosciuto un apprezzabile risarcimento proprio per il danno morale-psicologico legato al “significativo inestetismo” e all’impatto sulla sfera psichica della paziente【5】. Anche se le perizie non individuano un danno biologico permanente elevato, le sensazioni di vergogna nel sorridere o di disagio nelle relazioni interpersonali sono danni reali e risarcibili.
Danno esistenziale: sebbene la giurisprudenza attuale tenda a ricomprenderlo nell’unico calderone del danno non patrimoniale insieme al biologico e al morale, in termini descrittivi possiamo individuarlo nelle ripercussioni sulla vita quotidiana e sulle abitudini della vittima. Ad esempio, una persona con gravi problemi dentali post-trauma potrebbe rinunciare a certe attività (cenare in pubblico, tenere conferenze, uscire con amici) a causa dell’imbarazzo o delle difficoltà funzionali: questa alterazione forzata delle abitudini di vita costituisce un danno esistenziale. Un giudice può decidere di incrementare il risarcimento complessivo per tenere conto di queste ripercussioni ulteriori, oltre al mero danno biologico.
È importante notare che il risarcimento deve tendere a compensare integralmente tutti questi aspetti, senza duplicazioni (per evitare ingiusti arricchimenti) ma anche senza dimenticare voci di pregiudizio. Ad esempio, se viene liquidato un certo importo per il danno biologico comprensivo dell’aspetto estetico, non si darà un’ulteriore somma separata per “danno estetico”, ma si può personalizzare in aumento l’importo del biologico. Allo stesso modo, se il danno morale è intenso, può essere liquidato con una cifra aggiuntiva o con un aumento percentuale del biologico. L’orientamento attuale della Cassazione è verso una liquidazione unitaria del danno non patrimoniale, ma adeguatamente articolata nelle motivazioni. Il risultato finale deve garantire che la vittima ottenga un ristoro effettivo per tutte le conseguenze subite: fisiche, psichiche, estetiche e relazionali.
Il valore di un sorriso: Spesso ci si rende pienamente conto dell’importanza dei propri denti solo quando un evento traumatico ci priva del sorriso. “Il modo migliore di mostrare i denti è con un sorriso” scriveva Henry Miller, richiamando con questa metafora l’idea che la bellezza del sorriso è nell’uso armonioso dei denti, non certo nelle loro menomazioni. Quando un sorriso viene rovinato per colpa di terzi, il diritto interviene a ristabilirne il valore. La perdita di uno o più denti anteriori, ad esempio, oltre al dolore fisico, comporta un evidente danno estetico facciale: i denti sono fondamentali nel definire l’espressione e l’armonia del volto. Non sorprende che la giurisprudenza qualifichi lesioni di questo tipo come danno grave alla persona. Già in passato si è ritenuto che la perdita di un dente incisivo in un soggetto giovane integrasse un danno biologico non lieve, dato l’impatto sulle relazioni sociali e sulla vita emotiva di chi ne è vittima【4】. Oggi, con l’evolversi della sensibilità comune, c’è piena consapevolezza che denti sani e completi non attengono solo all’estetica, ma anche all’identità personale e alla fiducia in sé stessi. Pertanto, in sede di valutazione del danno, i giudici mostrano attenzione a questi profili: nelle sentenze recenti vediamo riconosciuti risarcimenti per danno estetico e relazionale quando il paziente affronta imbarazzo prolungato nel mostrarsi in pubblico a causa dei denti rovinati. Non solo: anche la perdita del gusto e del piacere alimentare può entrare in gioco (si pensi a chi, dovendo portare protesi mobili per rimpiazzare denti perduti, non riesce più a godere pienamente di certi cibi). Tutti questi aspetti contribuiscono a delineare il quadro del danno e vanno rappresentati dettagliatamente nella richiesta risarcitoria, spesso attraverso testimonianze e relazioni specialistiche. In giudizio, infatti, l’iter probatorio per il danno dentale prevede quasi sempre una consulenza tecnica medico-legale odontoiatrica, in cui un esperto valuta le cause del danno (accertando se vi è stata imperizia del dentista, nel caso di malpractice, o verificando il nesso causale in caso di incidente) e quantifica i postumi. È cruciale che il paziente collabori con il proprio legale nel fornire al perito e al giudice un quadro completo di come il danno ai denti abbia inciso sulla sua vita. Spesso una buona relazione peritale e la documentazione fotografica prima/dopo aiutano a ottenere il giusto riconoscimento economico.
Come procedere per ottenere il risarcimento: Chi ritiene di aver subito un danno ai denti per responsabilità altrui deve attivarsi tempestivamente per tutelare i propri diritti. In caso di errore del dentista, è consigliabile rivolgersi prontamente ad un avvocato esperto in responsabilità medica, il quale valuterà il caso acquisendo la documentazione clinica (cartella odontoiatrica, radiografie, preventivi e fatture) e, se necessario, sottoporrà il paziente a una visita medico-legale da un consulente di parte. Spesso, prima di fare causa, si tenta una composizione stragiudiziale: il legale può inviare una richiesta di risarcimento al dentista e alla sua compagnia di assicurazione (i medici sono tenuti per legge ad assicurarsi per la responsabilità professionale). La Legge Gelli prevede anche un tentativo obbligatorio di conciliazione (accertamento tecnico preventivo in sede civile o mediazione) prima di andare in giudizio, nelle controversie di malasanità: durante questo iter verrà nominato un CTU (Consulente tecnico d’ufficio) che valuterà il caso e potrà facilitare un accordo tra le parti. Se la trattativa fallisce, si procede con la causa civile per risarcimento. È importante agire entro i termini di legge: la prescrizione per la responsabilità medica contrattuale è di 10 anni dall’evento dannoso (o dalla scoperta del danno, in alcuni casi), ma è sempre meglio muoversi il prima possibile, sia per evitare decadenze sia per ragioni probatorie (col tempo, prove e testimonianze potrebbero disperdersi). In caso di incidente stradale o infortunio causato da terzi (ad esempio un’aggressione), il percorso è diverso: si tratta di responsabilità civile aquiliana (ex art. 2043 c.c.) con prescrizione di 5 anni. Qui il danneggiato dovrà provare la colpa altrui (nel sinistro stradale spesso bastano i verbali della polizia o testimonianze) e il nesso causale tra il fatto e il danno ai denti (documentato da certificati medici immediatamente dopo l’evento). Anche in tali casi, la quantificazione del danno segue gli stessi criteri: danno biologico, morale, spese, ecc., eventualmente con l’ausilio di un consulente medico-legale nominato in causa. Le assicurazioni (Rc Auto, ad esempio) tendono ad applicare le tabelle risarcitorie per lesioni macropermanenti o micropermanenti a seconda della gravità: la perdita di un dente può rientrare nelle micropermanenti (menomazioni fino al 9% di invalidità permanente) e viene indennizzata secondo la Tabella Unica Nazionale per lesioni lievi se l’evento è un incidente stradale; in ogni caso l’importo può essere aumentato in presenza di particolari conseguenze sul piano estetico psichico.
In qualsiasi scenario, il ruolo di un legale competente è fondamentale per far valere efficacemente i propri diritti. Egli saprà individuare tutte le voci di danno risarcibili, raccogliere le prove necessarie e affrontare l’eventuale causa calibrando le richieste sulle specificità del caso (ad esempio, insistendo sul gravissimo impatto di un danno estetico in un soggetto giovane, o documentando le negligenze tecniche del sanitario). È comprensibile che la persona colpita da un danno ai denti si senta smarrita e preoccupata – sia per la propria salute che per l’iter legale da intraprendere – ma è importante ricordare che la legge mette a disposizione strumenti efficaci per ottenere giustizia. Con il giusto supporto, è possibile non solo ottenere un equo risarcimento economico, ma anche affermare un principio di responsabilità: chi ha causato il danno, per imprudenza o imperizia, è tenuto a risponderne.
Conclusione – Verso il ripristino del sorriso: In sintesi, la perdita o il danneggiamento dei denti rappresenta un pregiudizio serio, che il nostro ordinamento riconosce e tutela. Dal punto di vista giuridico, non si tratta solo di “rompersi un dente”, ma di veder compromessa una parte di sé, con ripercussioni sulla salute e sulla vita di relazione. Fortunatamente, esistono chiari riferimenti normativi e pronunce giurisprudenziali a cui appellarsi per ottenere un risarcimento completo. Ogni caso fa storia a sé, ma i principi cardine emersi – colpa del dentista, nesso di causa, onere della prova agevolato per il paziente, risarcibilità di tutte le conseguenze negative – forniscono una base solida su cui costruire la tutela dei diritti del danneggiato. Se vi trovate in una situazione del genere, è fondamentale muoversi con consapevolezza: raccogliete la documentazione medica, consultate un professionista legale e non scoraggiatevi. Il percorso può essere impegnativo, ma il risultato ha un valore che va oltre l’aspetto economico: significa vedersi riconosciuto il torto subito e poter guardare di nuovo al futuro con serenità, tornando a sorridere senza paura.
Redazione - Staff Studio Legale MP